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Giustizia sportiva: un breve focus

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Giustizia sportiva: un breve focus
 

Ai sensi dell’art. 1 d.l. n. 220 del 2003, la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, da intendersi quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. La norma, come chiarisce testualmente il comma secondo, nel delineare i rapporti tra ordinamento statale ed ordinamento sportivo, sancisce il cd. principio di autonomia, ovvero riconosce l’esistenza di una diversità tale tra i due sistemi da consentire all’ordinamento sportivo di autodisciplinarsi in alcuni aspetti senza interferenze da parte dell’ordinamento statale.

Tale autonomia trova fondamento costituzionale negli artt. 2 e 18. Più precisamente, all’art. 2 la Repubblica garantisce e riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità; con l’art. 18, ancora, si chiarisce il diritto di ciascun individuo di associarsi e, dunque, implicitamente e nei limiti di quel che qui interessa, di dar vita a Federazioni Nazionali Sportive o al Coni che rappresenta massima espressione dell’ordinamento sportivo. Chiarito il rilievo che il principio assume a livello generale e costituzionale, occorre evidenziare come sia la legge stessa, a mezzo del decreto legge n. 220 del 2003, ad indicare quali sono gli ambiti applicativi della predetta autonomia.

Ci si riferisce all’art. 2 della predetta legge, il quale riserva all’ordinamento sportivo ogni questione avente ad oggetto il corretto svolgimento delle attività sportive ed agonistiche; i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive, nonché l’ammissione e l’applicazione alle federazioni e lo svolgimento/organizzazione delle attività agonistiche non programmato ed a programma illimitato. Ciascuna delle materie indicate, proprio in ragione del principio di autonomia è oggetto di tutela dinanzi agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo in via esclusiva.

La riserva anche in punto di giurisdizione trova, tuttavia, un limite nel secondo periodo dell’art. 1 comma secondo della legge citata il quale fa salvi i casi di effettiva rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive, ancorché le stesse siano connesse con le questioni e materie riservate all’ordinamento sportivo. Tale limitazione dell’ambito di applicazione della tutela giurisdizionale sportiva (o, più precisamente, il rilievo che il legislatore ha inteso attribuire alla connessione con le situazioni giuridiche del diritto soggettivo e dell’interesse legittimo) trova fondamento, ancora una volta, fortemente costituzionale e si ancora alla necessità di garantire l’attuazione della tutela giurisdizionale che si ricava dal combinato disposto degli artt. 24, 111 e 113 comma primo della Costituzione.

Tale ultimo comma dispone (ed anzi, impone) il riconoscimento, in ossequio al principio di effettività della tutela, della tutela giurisdizionale ordinaria o amministrativa, avverso tutti gli atti della pubblica amministrazione e, dunque, ipoteticamente o quantomeno prima facie, anche nelle ipotesi in cui il diritto soggettivo o l’interesse legittimo insorgano in relazione ad atti emanati da soggetti pubblici quali sono qualificabili le Federazioni sportive. La tutela delle posizioni giuridiche soggettive, oltre ad essere piena e costituzionalmente riconosciuta, ha origini antiche e risale ad un’epoca addirittura antecedente alla Carta Costituzionale che, semplicemente, l’ha recepita.

Basti pensare alla circostanza secondo la quale con legge di abolizione del contenzioso amministrativo agli artt. 4 e 5 si attribuiva al giudice ordinario una piena cognizione del diritto soggettivo e si riconosceva un generale potere di disapplicazione dell’atto amministrativo ovvero di cognizione incidentale ed indiretta dello stesso, al fine di apprestare piena tutela al privato, senza dunque attribuirgli anche un potere di annullamento dell’atto amministrativo che, per contro, una parte della dottrina oggi conferisce al giudice ordinario in relazione alle sanzioni, delle autorità garante della privacy o in tema di circolazione degli extracomunitari alla luce del combinato disposto dei commi primo ed ultimo dell’art. 113 Cost.

Ancora, la tutela dell’interesse legittimo ha iniziato a svilupparsi, in primis, in forma di tutela annullatoria con la IV Sez. del Consiglio di Stato istituita con Legge Crispi 1889 poi, in seguito, in forma risarcitoria, all’esito dell’emanazione della sentenza n. 500 del 1999 con la quale se ne è espressamente sancita la risarcibilità e poi con legge n. 205 del 2000 con la quale si è attribuito espressamente al giudice amministrativo il potere di garantire non solo la tutela demolitoria ma anche il risarcimento del danno scaturente dalla lesione dell’interesse (da quel momento in poi) sia pretensivo che oppositivo senza imporre al privato il ricorso, a tale ultimo fine, al giudice ordinario, da sempre giudice naturale dei diritti fondamentali. Tale tutela ha visto completare la propria sfera di azione mediante emanazione del codice del processo amministrativo.

Con legge n. 104 del 2010 si è infatti non solo chiarita all’art. 7 la portata della tutela innanzi al giudice amministrativo, riconoscendola ogniqualvolta vi sia anche non un atto bensì un comportamento (amministrativo) mediatamente riconducibile all’esercizio del potere autoritativo e ponendo, all’esito dell’emanazione delle storiche sentenze nn. 204 del 2004 e 191 del 2006, le fondamenta per la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, oggi disciplinata nell’art. 133 Cpa.

L’evoluzione storica della pienezza della tutela giurisdizionale ordinaria ed amministrativa consente dunque di comprendere come il principio di autonomia dell’ordinamento sportivo possa e debba considerarsi esaurito ogniqualvolta la questione giuridica cessi di essere tecnica e dunque cessi di avere piena attinenza sportiva ed abbracci le due situazioni giuridiche di più ampio respiro alla cui tutela si ispirano le primarie norme della giustizia amministrativa, al fine di attribuire loro le dovute garanzie costituzionali già esaminate e soprattutto processuali.

Al fine di comprendere meglio il senso di tale ultima tutela occorre partire dal presupposto che la corretta definizione della garanzia processuale risente delle difficoltà di definizione della linea di confine tra i due ordinamenti.

Più precisamente, una volta chiarito che in virtù del principio di autonomia, le questioni sportive e tecniche spettano ai giudici sportivi e che, in ragione dell’evoluzione storica e del tessuto costituzionale di cui agli artt. 24 e 113 Cost. le questioni concernenti i diritti soggettivi e gli interessi legittimi ancorché connesse all’ordinamento sportivo, spettano al giudice ordinario ed al giudice amministrativo, occorre comprendere quando effettivamente si sia nell’ambito dell’una o dell’altra tutela e dunque sotto un profilo processuale quando i giudici amministrativi ed ordinari chiamati a conoscere di situazioni connesse agli organi sportivi siano in grado di fornire la relativa tutela risarcitoria e/o demolitoria.

Al fine di esplicare le predette questioni, può essere utile esaminare i più frequenti casi che la giurisprudenza amministrativa è stata chiamata a risolvere. Ci si riferisce ai casi dubbi riguardanti le sanzioni disciplinari emanate dalle Federazioni Sportive. Riguardo ad esse, ad un primo orientamento fortemente ancorato al principio di autonomia che attraeva ogni controversia nel genus della giustizia sportiva, si è contrapposto un altro e diverso orientamento che ha sostenuto la possibilità che siano devolute alla tutela giurisdizionale statale le controversie inerenti sanzioni non squisitamente tecniche. Il predetto contrasto giurisprudenziale non ha tuttavia inficiato la pacifica devoluzione al giudice ordinario dei rapporti patrimoniali tra società, associazione ed atleti. Ciò in quanto i diritti patrimoniali si presentano totalmente svincolati rispetto al potere autoritativo sia esso statale/sportivo (che però è posseduto da soggetti pubblici come il Coni e le altre Federazioni). Diverso è, invece, il caso delle sanzioni generiche e di altri atti emanati dagli organi sportivi.

La posizione giuridica del privato in relazione agli stessi è difficilmente qualificabile. Normalmente, il criterio utilizzato per l’identificazione delle posizioni giuridiche soggettive è il criterio della carenza di potere – cattivo uso del potere, pertanto è l’esistenza della norma attributiva stessa che, di fatto, giustifica l’affievolimento e la degradazione nella posizione di interesse legittimo, mentre, per contro, la sua assenza lascerebbe presagire l’esistenza di un diritto soggettivo. Tuttavia, al fine di garantire l’esaltazione del principio di concentrazione delle tutele si è ritenuto, all’art. 3 comma primo decreto-legge n. 220 del 2003, che la garanzia debba essere esclusiva del giudice amministrativo quando non sussiste giurisdizione dei giudici sportivi. Tali precisazioni non sono ancora sufficienti a dirimere le controversie inerenti ai rapporti tra i due ordinamenti.

Ciò in quanto la diversità ordinamentale incide in punto di conoscibilità da parte dei giudici statali degli atti sportivi dai quali promana la lesione della situazione giuridica soggettiva oggetto di tutela. Il problema non si pone per le ipotesi di giurisdizione del giudice ordinario, le quali, se inerenti organi sportivi, sono, come visto, normalmente aventi ad oggetto diritti esclusivamente patrimoniali che nulla hanno a che vedere con gli atti amministrativi. Il problema per contro si pone per le controversie che pur essendo tecniche comunque, in virtù della connessione con diritti soggettivi ed interessi legittimi, sconfinano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Al riguardo, occorre considerare che il giudice amministrativo, in linea teorica non potrebbe conoscere di atti connotati da così elevata specificazione tecnica. Pertanto, l’unica tutela concretamente estrinsecabile dovrebbe essere quella risarcitoria attualmente possibile all’esito dell’evoluzione storica precedentemente ricostruita. Così facendo, dunque, si imporrebbe al giudice amministrativo solamente una cognizione incidentale dell’atto, analoga a quella limitata che l’ordinamento, dai tempi della LAC, riconosce al giudice ordinario. Tale tesi, tuttavia, collide con la considerazione secondo la quale la Corte Costituzionale, agli artt. 103 e 113, riconosce una piena tutela avverso qualsiasi atto degli organi amministrativi.

Partendo dal presupposto che anche le Federazioni Sportive ed il Coni, come più volte indicato, sono soggetti pubblici, seppur inseriti in un ordinamento talmente peculiare da essere autonomo, è apparso opportuno aderire ad un secondo orientamento che, superando il confine tra giustizia amministrativa e giustizia sportiva, attribuisce al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la doppia tutela demolitoria ed impugnatoria. Restano, pertanto, aperte le questioni giuridiche inerenti al tipo di atto che, concretamente, può essere di volta in volta considerato foriero di connessioni con le situazioni giuridiche soggettive.

N.B.

Il presente contributo era già stato pubblicato come “bozza” il 8 Giugno 2022.