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Gli utenti della telefonia in Italia e l’incubo dei servizi non richiesti. Quando la cura è peggiore del male. Osservazioni critiche sul Decreto Ministeriale 2 Marzo 2006 n. 145 (G.U. n. 84 del 10 Aprile 2006).

La fatturazione di servizi non richiesti dagli utenti è la principale piaga che affligge il mercato della telefonia in Italia. L’esplosione di questo fenomeno si è avuta nel 2003 quando a centinaia di famiglie, alle prese con le prime incerte quanto volenterose connessioni ad internet, pervennero dalla Telecom Italia (operatore incumbent obbligato alla fatturazione per conto degli operatori ai sensi della Delibera n. 06/02/CIR) bollette a 3 cifre per connessioni a numerazioni a pagamento con prefisso 709, di cui erano titolari alcune società concessionarie dette O.L.O.

Il piano di numerazione nazionale (Delibera AGCOM n. 9/02/CIR, art. 4) vietava in modo espresso ed inequivocabile la fornitura di servizi e prodotti con successivo addebito sul traffico telefonico mediante codici ad identificazione non geografica 709X, utilizzabili solo per l’accesso alla rete Internet, disponendo che: "La numerazione per servizi Internet, in conformità con il piano di numerazione nazionale è utilizzabile esclusivamente per l’accesso alla rete Internet. E’ fatto divieto di fornire prodotti e servizi per il tramite dell’addebito all’utente del traffico svolto indirizzato a dette numerazioni".

Nonostante il divieto, nei primi 8 mesi del 2003, l’uso indiscriminato sulla rete dei software dialer portò il complessivo giro d’affari delle 3 maggiori società titolari delle numerazioni alla strabiliante cifra di € 211.534.322,00 (fonte AGCOM).

Ne le risibili sanzioni applicate dalla AGCOM nel 2004 (Delibere n. 327-328-329/CONS/04), ne tantomeno la revisione del piano di numerazione nazionale svolta con Delibera n. 09/03/CIR, portarono alla diminuzione del fenomeno.

Le truffe on line migrarono, infatti, su altre numerazioni stavolta con prefisso 899 o satellitare internazionale e 892, questi ultimi non disabilitabili dall’utente in modo gratuito.

Nonostante gli accorati appelli delle associazioni dei consumatori, nulla il Ministero delle Comunicazioni ha fatto in questi anni per arginare il lucroso mercato dei dialer e degli atri tipi servizi non richiesti che, nel frattempo, si estendeva a macchia d’olio nella telefonia fissa.

Sono all’ordine del giorno le proteste degli utenti per attivazioni abusive di carrier preselection verso altre compagnie telefoniche, spesso persino con contratti posticci, linee adsl e relativi modem consegnati ad ignari pensionati, nonché opzioni tariffarie e segreterie telefoniche di cui l’utente non sa nulla se non dopo il pervenimento di fatture dagli importi superiori alla media o di altre società.

In questi anni è stato solo grazie alle associazioni dei consumatori se migliaia di utenti hanno potuto vedersi rettificare le bollette, ottenendo prima il congelamento e poi lo storno di servizi inesistenti, o chiamate a numeri a pagamento per non si sa quale servizio.

Un calcolo approssimativo vede circa 1 milione di utenti alle prese con problemi di fatturazione abusiva.

Dopo anni di ruberie e qualche isolata sentenza di Giudici di Pace (Gdp Foggia 17.06.04-Gdp Benevento 27.08.04 e 04.09.05), molto poco a proprio agio con le con le norme del Codice delle Comunicazioni elettroniche e le Delibere della Autorità, il Ministero delle comunicazioni è recentemente intervenuto con un nuovo Regolamento ministeriale in materia di servizi audiotex e videotex che sostituisce l’ormai vetusto D.M. n. 385/95.

La nuova norma, dopo le tante malefatte subite dai consumatori potrebbe apparire l’atteso rimedio, tuttavia dopo una attenta lettura i buoni propositi e le belle parole di presentazione dell’ufficio stampa ministeriale cedono il passo al più incredibile sgomento.

Il nuovo decreto si caratterizza per il fatto che quale obbiettivo sembra avere non tanto l’ eliminazione delle truffe, quanto il garantire delle truffe limitate quanto agli importi.

Viene ribadita la necessità di informazioni chiare e trasparenti sui servizi a sovrapprezzo offerti dalle società, tramite una serie di informazioni obbligatorie.

Il centralinista dell’operatore, una finestra che compare sul sito web o un sms inviato sul cellulare dovrebbero spiegare chiaramente al consumatore la natura ed i costi del servizio da acquistare.

La prestazione, e quindi il pagamento, non potrebbero essere fornite senza quello che il Ministero definisce in modo ambiguo quanto generico “consenso espresso” del cliente, definito però dopo un paio di articoli “consenso esplicito”.

Naturalmente l’ormai ex Ministro delle comunicazioni Landolfi ed i tecnici del Ministero si sono ben guardati dal chiarire i modi attraverso cui gli operatori dovranno accertare e dimostrare il consenso dell’acquirente.

Se c’è un modo in cui il legislatore non tutela i consumatori, è quello di emanare norme che fissino vaghi principi generali di correttezza e trasparenza contrattuale, che poi si affievoliranno ed annulleranno nelle regole di dettaglio, tutte a favore del contraente forte ovvero l’impresa. Alcuni lo chiamano liberismo economico.

Ed infatti la decantata necessità di chiarezza e di trasparenza contrattuale prevista dal regolamento viene subito smentita dal Ministero laddove stabilisce che, per servizi che comportino una spesa massima inferiore ad 1,00 euro, l’avviso di presentazione con il dettaglio del fornitore e del servizio non è obbligatorio!

Medesima esclusione per giochi a premio, televoti e sondaggi il cui costo sia di € 0, 080 iva inclusa.

L’apice del paradosso giuridico e gli evidenti interessi economici che tenta di garantire la norma emergono in modo straordinario nella parte relativa ai servizi destinati ai minori.

Ignorando i principi basilari dell’ ordinamento civilistico italiano (art. 2 Codice Civile), il Ministero delle Comunicazioni con questo decreto regala ai minori italiani la capacità di agire e di concludere contratti per forniture di servizi telefonici anche se solo sino ad € 2, 75, iva inclusa. Come potrebbe un minore comprendere le norme di un contratto a distanza mediante cellulare ovvero conoscere i propri diritti tra cui il recesso resta un mistero.

Su chi graveranno i costi di questa scellerata decisione, che cerca di dare una parvenza di legittimità al lucroso mercato di loghi e suonerie, i genitori ne sono consapevoli da tempo.

Ma al peggio non c’è mai fine, dunque il salvifico regolamento, dopo aver ribadito la necessità di avviare la tassazione solo dopo il “consenso”, stabilisce che “ove tecnicamente possibile l’addebito è subordinato alla effettiva erogazione del servizio”. Si può quindi desumere che per il Ministero l’addebito potrà anche essere effettuato in assenza di fornitura di quanto richiesto.

Ma i consumatori possono stare tranquilli visto che fino a 15 euro i servizi a sovraprezzo saranno fatturati dalla propria compagnia telefonica mentre, per gli importi superiori, la fattura la invierà direttamente la società titolare della numerazione che si è chiamato (consapevolmente o meno).

Il vero colpo di grazia alle aspettative dei consumatori il Ministero lo assesta stabilendo quella che può definirsi una sorta di doppia franchigia per le truffe.

I nuovi utenti all’atto della stipula del contratto telefonico, i vecchi, con un modulo appositamente fornito dalla compagnia, non potranno chiedere la disabilitazione delle numerazioni per i servizi a sovrapprezzo, bensì soltanto determinare un limite di spesa mensile per queste chiamate, che sarà di 50 o 100 euro. Addirittura, la mancata comunicazione dell’utente che non spedirà il modulo, anche se potrebbe non essergli stato mai inviato, determinerà l’assenza di un tetto massimo di spesa per i detti servizi che, pertanto, nella abnorme prospettiva di chi ha fatto elaborare il regolamento, ne comporterebbero la liceità, indipendentemente da una legittima richiesta dell’utente.

Il Ministero inoltre si guarda bene dal confermare la gratuità e l’obbligatorietà del blocco selettivo di chiamata che le società telefoniche offrivano gratuitamente per le numerazioni a pagamento non geografiche, limitandosi a chiarire che “le condizioni contrattuali del servizio sono rese accessibili e praticabili per gli abbonati attraverso procedure semplici e chiare”.

Ancora una volta non si può non prendere atto come il settore della telefonia sia in Italia una vera e propria giungla senza regole, in cui persino le Autorità preposte non riescono a garantire certezze ai consumatori. Il nuovo Decreto Ministeriale sui servizi audiotex si pone in questa scia. Una norma a posteriori fatta ad hoc per cercare di dare una copertura giuridica ad un mercato senza regole e che di fatto sfrutta la scarsa informazione dei cittadini.

Fortunatamente per i consumatori non tutte le ciambelle riescono col buco visto che gli sforzi del Ministero per tutelare le aziende rischiano oggi di essere vanificati da un terzo incomodo. A seguito delle migliaia di denunce degli utenti e delle associazioni dei consumatori, il Garante della Privacy con una Delibera del 16.02.06 è intervenuto sulla materia dei servizi telefonici a pagamento, spiazzando il Ministero delle Comunicazioni e la stessa Autorità per le Comunicazioni, ancora oggi impegnata a “catalogare” le varie frodi ai danni degli utenti, senza irrogare alcuna sanzione.

Il Garante ha infatti stabilito che entro il 31 Maggio 2006 i fornitori di servizi di comunicazione elettronica dovranno:

1) indicare con precisione l’origine dei dati già nel corso della chiamata o comunicazione promozionale da parte di operatori e gestori di servizi di call center, a prescindere da una richiesta del destinatario; 2) sviluppare o integrare strumenti idonei ad identificare l’incaricato del trattamento dei dati che ha effettuato l’attivazione del servizio; 3) registrare subito presso il servizio di call center interno od esterno all’operatore la volontà manifestata dalla persona contattata che si opponga all’utilizzo dei dati per attivare il servizio proposto e/o per ulteriori promozioni, ed adottare contestualmente idonee procedure affinché tale volontà sia rispettata; 4) predisporre idonee misure organizzative per agevolare l’esercizio dei diritti degli interessati e riscontrare le richieste relative all’origine dei dati personali, fornendo anche gli estremi identificativi del rivenditore che ha attivato i servizi o le utenze non richieste o del soggetto che svolge per conto dell’operatore un servizio di call center.

Dopo anni di incertezze qualcuno sembra sia deciso a garantire che gli utenti si obblighino a pagare dei servizi scelti consapevolmente e solo dopo un consenso espresso.

Intervento più che lodevole come dimostra la circostanza che alcune compagnie telefoniche stanno già per avviare un ricorso al Tar Lazio contro la decisione del Garante.

La fatturazione di servizi non richiesti dagli utenti è la principale piaga che affligge il mercato della telefonia in Italia. L’esplosione di questo fenomeno si è avuta nel 2003 quando a centinaia di famiglie, alle prese con le prime incerte quanto volenterose connessioni ad internet, pervennero dalla Telecom Italia (operatore incumbent obbligato alla fatturazione per conto degli operatori ai sensi della Delibera n. 06/02/CIR) bollette a 3 cifre per connessioni a numerazioni a pagamento con prefisso 709, di cui erano titolari alcune società concessionarie dette O.L.O.

Il piano di numerazione nazionale (Delibera AGCOM n. 9/02/CIR, art. 4) vietava in modo espresso ed inequivocabile la fornitura di servizi e prodotti con successivo addebito sul traffico telefonico mediante codici ad identificazione non geografica 709X, utilizzabili solo per l’accesso alla rete Internet, disponendo che: "La numerazione per servizi Internet, in conformità con il piano di numerazione nazionale è utilizzabile esclusivamente per l’accesso alla rete Internet. E’ fatto divieto di fornire prodotti e servizi per il tramite dell’addebito all’utente del traffico svolto indirizzato a dette numerazioni".

Nonostante il divieto, nei primi 8 mesi del 2003, l’uso indiscriminato sulla rete dei software dialer portò il complessivo giro d’affari delle 3 maggiori società titolari delle numerazioni alla strabiliante cifra di € 211.534.322,00 (fonte AGCOM).

Ne le risibili sanzioni applicate dalla AGCOM nel 2004 (Delibere n. 327-328-329/CONS/04), ne tantomeno la revisione del piano di numerazione nazionale svolta con Delibera n. 09/03/CIR, portarono alla diminuzione del fenomeno.

Le truffe on line migrarono, infatti, su altre numerazioni stavolta con prefisso 899 o satellitare internazionale e 892, questi ultimi non disabilitabili dall’utente in modo gratuito.

Nonostante gli accorati appelli delle associazioni dei consumatori, nulla il Ministero delle Comunicazioni ha fatto in questi anni per arginare il lucroso mercato dei dialer e degli atri tipi servizi non richiesti che, nel frattempo, si estendeva a macchia d’olio nella telefonia fissa.

Sono all’ordine del giorno le proteste degli utenti per attivazioni abusive di carrier preselection verso altre compagnie telefoniche, spesso persino con contratti posticci, linee adsl e relativi modem consegnati ad ignari pensionati, nonché opzioni tariffarie e segreterie telefoniche di cui l’utente non sa nulla se non dopo il pervenimento di fatture dagli importi superiori alla media o di altre società.

In questi anni è stato solo grazie alle associazioni dei consumatori se migliaia di utenti hanno potuto vedersi rettificare le bollette, ottenendo prima il congelamento e poi lo storno di servizi inesistenti, o chiamate a numeri a pagamento per non si sa quale servizio.

Un calcolo approssimativo vede circa 1 milione di utenti alle prese con problemi di fatturazione abusiva.

Dopo anni di ruberie e qualche isolata sentenza di Giudici di Pace (Gdp Foggia 17.06.04-Gdp Benevento 27.08.04 e 04.09.05), molto poco a proprio agio con le con le norme del Codice delle Comunicazioni elettroniche e le Delibere della Autorità, il Ministero delle comunicazioni è recentemente intervenuto con un nuovo Regolamento ministeriale in materia di servizi audiotex e videotex che sostituisce l’ormai vetusto D.M. n. 385/95.

La nuova norma, dopo le tante malefatte subite dai consumatori potrebbe apparire l’atteso rimedio, tuttavia dopo una attenta lettura i buoni propositi e le belle parole di presentazione dell’ufficio stampa ministeriale cedono il passo al più incredibile sgomento.

Il nuovo decreto si caratterizza per il fatto che quale obbiettivo sembra avere non tanto l’ eliminazione delle truffe, quanto il garantire delle truffe limitate quanto agli importi.

Viene ribadita la necessità di informazioni chiare e trasparenti sui servizi a sovrapprezzo offerti dalle società, tramite una serie di informazioni obbligatorie.

Il centralinista dell’operatore, una finestra che compare sul sito web o un sms inviato sul cellulare dovrebbero spiegare chiaramente al consumatore la natura ed i costi del servizio da acquistare.

La prestazione, e quindi il pagamento, non potrebbero essere fornite senza quello che il Ministero definisce in modo ambiguo quanto generico “consenso espresso” del cliente, definito però dopo un paio di articoli “consenso esplicito”.

Naturalmente l’ormai ex Ministro delle comunicazioni Landolfi ed i tecnici del Ministero si sono ben guardati dal chiarire i modi attraverso cui gli operatori dovranno accertare e dimostrare il consenso dell’acquirente.

Se c’è un modo in cui il legislatore non tutela i consumatori, è quello di emanare norme che fissino vaghi principi generali di correttezza e trasparenza contrattuale, che poi si affievoliranno ed annulleranno nelle regole di dettaglio, tutte a favore del contraente forte ovvero l’impresa. Alcuni lo chiamano liberismo economico.

Ed infatti la decantata necessità di chiarezza e di trasparenza contrattuale prevista dal regolamento viene subito smentita dal Ministero laddove stabilisce che, per servizi che comportino una spesa massima inferiore ad 1,00 euro, l’avviso di presentazione con il dettaglio del fornitore e del servizio non è obbligatorio!

Medesima esclusione per giochi a premio, televoti e sondaggi il cui costo sia di € 0, 080 iva inclusa.

L’apice del paradosso giuridico e gli evidenti interessi economici che tenta di garantire la norma emergono in modo straordinario nella parte relativa ai servizi destinati ai minori.

Ignorando i principi basilari dell’ ordinamento civilistico italiano (art. 2 Codice Civile), il Ministero delle Comunicazioni con questo decreto regala ai minori italiani la capacità di agire e di concludere contratti per forniture di servizi telefonici anche se solo sino ad € 2, 75, iva inclusa. Come potrebbe un minore comprendere le norme di un contratto a distanza mediante cellulare ovvero conoscere i propri diritti tra cui il recesso resta un mistero.

Su chi graveranno i costi di questa scellerata decisione, che cerca di dare una parvenza di legittimità al lucroso mercato di loghi e suonerie, i genitori ne sono consapevoli da tempo.

Ma al peggio non c’è mai fine, dunque il salvifico regolamento, dopo aver ribadito la necessità di avviare la tassazione solo dopo il “consenso”, stabilisce che “ove tecnicamente possibile l’addebito è subordinato alla effettiva erogazione del servizio”. Si può quindi desumere che per il Ministero l’addebito potrà anche essere effettuato in assenza di fornitura di quanto richiesto.

Ma i consumatori possono stare tranquilli visto che fino a 15 euro i servizi a sovraprezzo saranno fatturati dalla propria compagnia telefonica mentre, per gli importi superiori, la fattura la invierà direttamente la società titolare della numerazione che si è chiamato (consapevolmente o meno).

Il vero colpo di grazia alle aspettative dei consumatori il Ministero lo assesta stabilendo quella che può definirsi una sorta di doppia franchigia per le truffe.

I nuovi utenti all’atto della stipula del contratto telefonico, i vecchi, con un modulo appositamente fornito dalla compagnia, non potranno chiedere la disabilitazione delle numerazioni per i servizi a sovrapprezzo, bensì soltanto determinare un limite di spesa mensile per queste chiamate, che sarà di 50 o 100 euro. Addirittura, la mancata comunicazione dell’utente che non spedirà il modulo, anche se potrebbe non essergli stato mai inviato, determinerà l’assenza di un tetto massimo di spesa per i detti servizi che, pertanto, nella abnorme prospettiva di chi ha fatto elaborare il regolamento, ne comporterebbero la liceità, indipendentemente da una legittima richiesta dell’utente.

Il Ministero inoltre si guarda bene dal confermare la gratuità e l’obbligatorietà del blocco selettivo di chiamata che le società telefoniche offrivano gratuitamente per le numerazioni a pagamento non geografiche, limitandosi a chiarire che “le condizioni contrattuali del servizio sono rese accessibili e praticabili per gli abbonati attraverso procedure semplici e chiare”.

Ancora una volta non si può non prendere atto come il settore della telefonia sia in Italia una vera e propria giungla senza regole, in cui persino le Autorità preposte non riescono a garantire certezze ai consumatori. Il nuovo Decreto Ministeriale sui servizi audiotex si pone in questa scia. Una norma a posteriori fatta ad hoc per cercare di dare una copertura giuridica ad un mercato senza regole e che di fatto sfrutta la scarsa informazione dei cittadini.

Fortunatamente per i consumatori non tutte le ciambelle riescono col buco visto che gli sforzi del Ministero per tutelare le aziende rischiano oggi di essere vanificati da un terzo incomodo. A seguito delle migliaia di denunce degli utenti e delle associazioni dei consumatori, il Garante della Privacy con una Delibera del 16.02.06 è intervenuto sulla materia dei servizi telefonici a pagamento, spiazzando il Ministero delle Comunicazioni e la stessa Autorità per le Comunicazioni, ancora oggi impegnata a “catalogare” le varie frodi ai danni degli utenti, senza irrogare alcuna sanzione.

Il Garante ha infatti stabilito che entro il 31 Maggio 2006 i fornitori di servizi di comunicazione elettronica dovranno:

1) indicare con precisione l’origine dei dati già nel corso della chiamata o comunicazione promozionale da parte di operatori e gestori di servizi di call center, a prescindere da una richiesta del destinatario; 2) sviluppare o integrare strumenti idonei ad identificare l’incaricato del trattamento dei dati che ha effettuato l’attivazione del servizio; 3) registrare subito presso il servizio di call center interno od esterno all’operatore la volontà manifestata dalla persona contattata che si opponga all’utilizzo dei dati per attivare il servizio proposto e/o per ulteriori promozioni, ed adottare contestualmente idonee procedure affinché tale volontà sia rispettata; 4) predisporre idonee misure organizzative per agevolare l’esercizio dei diritti degli interessati e riscontrare le richieste relative all’origine dei dati personali, fornendo anche gli estremi identificativi del rivenditore che ha attivato i servizi o le utenze non richieste o del soggetto che svolge per conto dell’operatore un servizio di call center.

Dopo anni di incertezze qualcuno sembra sia deciso a garantire che gli utenti si obblighino a pagare dei servizi scelti consapevolmente e solo dopo un consenso espresso.

Intervento più che lodevole come dimostra la circostanza che alcune compagnie telefoniche stanno già per avviare un ricorso al Tar Lazio contro la decisione del Garante.