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Il contratto collettivo di lavoro: dal regime corporativo ad oggi

Lacrime di foglia
Lacrime di foglia

Il contratto collettivo rappresenta la fonte interna più importante del diritto sindacale; esso si caratterizza, rispetto agli altri contratti, per essere costituito non solo da una parte obbligatoria ma anche da una parte normativa.

 

La parte obbligatoria è quella che fa sorgere obbligazioni, diritti e obblighi, in capo alle parti stipulanti (organizzazioni sindacali e imprenditoriali).

La parte normativa invece è quella che si occupa di disciplinare il rapporto di lavoro in una categoria, coinvolgendo quindi soggetti terzi interessati rispetto alle parti contrattuali.

Occupiamoci ora dell’evoluzione della contrattazione collettiva:

 

-Il contratto collettivo corporativo

 

Durante il regime corporativo (periodo fascista) c’era un solo sindacato per ogni categoria, sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, che sottoscriveva il contratto collettivo corporativo; esso aveva un’efficacia erga omnes (per tutti i lavoratori), inderogabilità in peius (non modificabilità in senso peggiorativo) e comportava la sostituzione automatica delle clausole difformi contenute nel contratto individuale.

Successivamente, nel secondo dopoguerra, con l’abolizione delle corporazioni si arrivò all’elaborazione di un nuovo contratto collettivo sulla base di quanto previsto dalla Costituzione (1° gennaio 1948).

 

-Il contratto collettivo ex art. 39 Cost.

 

Con l’entrata in vigore della Costituzione, l’art. 39 c.4. Cost. prevedeva che i sindacati possono stipulare contratti collettivi con efficacia per tutta la categoria.

Tuttavia la seconda parte dell’art. 39 Cost. rimase inattuata, comportando solo un’efficacia impeditiva.

 

-Il contratto collettivo e la L. 741/1959 (Legge Vigorelli)

 

Nel 1959 fu approvata una legge transitoria, provvisoria ed eccezionale per regolare una situazione passata e tutelare l’interesse pubblico della parità di trattamento tra lavoratori e datori di lavoro.

Con la L. 741/1959 il governo ha emesso decreti legislativi che determinavano condizioni minime di lavoro sulla base del vincolo delle clausole dei contratti collettivi esistenti.

L’efficacia soggettiva (ambito di efficacia) era erga omnes tramite il recepimento in decreti legislativi anche dei contratti collettivi stipulati prima dell’entrata in vigore della legge.

L’efficacia oggettiva (tipo di efficacia) prevedeva l’inderogabilità in peius, invalidità/inefficacia della clausola difforme del contratto individuale.

La proroga alla L. 741/1959 disposta dalla L. 1027/1960 che delegava il governo di emanare norme uniformi alle clausole dei contratti collettivi stipulati nei dieci mesi successivi dall’entrata in vigore della Legge Vigorelli, è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale in quanto anche “una sola reiterazione della delega toglie alla legge il suo carattere eccezionale e transitorio, finendo col sostituire al sistema costituzionale un sistema arbitrario costruito dal legislatore” (Corte Cost. n. 106/1962).

 

-Il contratto collettivo di diritto comune

 

Con la mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., la dottrina e la giurisprudenza hanno dovuto ricondurre il contratto collettivo alla disciplina del codice civile (artt. 1321 e ss. c.c.).

L’efficacia oggettiva prevede l’inderogabilità in peius, invalidità o inefficacia della clausola difforme del contratto individuale.

L’ambito di efficacia della parte normativa del contratto collettivo di diritto comune richiede invece un’analisi più approfondita, prendendo in considerazione il contratto collettivo nazionale e il contratto collettivo aziendale: la regola generale prevede che il contratto collettivo si applica solo ai lavoratori iscritti ai sindacati stipulanti sulla base di una rappresentanza volontaria (artt. 1387 e ss. c.c.).

Successivamente la giurisprudenza e il legislatore sono intervenuti per estendere l’efficacia soggettiva in mancanza di iscrizione del lavoratore: per il contratto collettivo nazionale la giurisprudenza ha previsto un rinvio esplicito al sistema di contrattazione collettiva mediante apposita clausola del contratto individuale, un rinvio implicito al contratto collettivo mediante l’applicazione di istituti regolati dallo stesso, un obbligo del datore di lavoro iscritto di applicare il contratto collettivo ai lavoratori che ne fanno richiesta e un’estensione dei minimi retributivi ai sensi degli artt. 36 Cost. e 2099 c.c.

Per il contratto collettivo aziendale la giurisprudenza ha previsto un’efficacia erga omnes basata sulla maggiore rappresentatività delle parti stipulanti e sull’indivisibilità degli interessi regolati.

Il legislatore ha poi elaborato una serie di ipotesi di efficacia soggettiva indiretto a causa dell’effetto impeditivo dell’art. 39 II parte Cost.: per il contratto collettivo nazionale ci si riferisce alla L. 741/1959 (Legge Vigorelli), all’art. 36 Stat. Lav. (L. 300/1970) che obbliga gli imprenditori che siano appaltatori di opere pubbliche o destinatari di agevolazioni finanziarie di applicare o di far applicare, nei confronti dei lavoratori dipendenti, condizioni di lavoro non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi della categoria.

Infine per il contratto collettivo aziendale ci si riferisce invece al contratto collettivo gestionale e al contratto collettivo di prossimità (art. 8 L. 148/2011).

 

-Le funzioni del contratto collettivo

 

Le funzioni principali del contratto collettivo sono quella obbligatoria e quella normativa.

La funzione obbligatoria riguarda le obbligazioni che sorgono in capo alle parti stipulanti; essa è svolta da alcune clausole che si occupano dei diritti di informazione, dei permessi sindacali ecc.

La funzione normativa riguarda invece le obbligazioni che regolano il rapporto di lavoro tra lavoratori e datori di lavoro; essa integra e completa il trattamento previsto dalla legge.

Per quanto riguarda il contratto collettivo aziendale posso essere previste delle particolari clausole della parte obbligatoria che svolgono una funzione gestionale, conferendo diritti a i dipendenti dell’impresa o limitando i poteri datoriali in situazioni di crisi aziendali.

 

-L’efficacia del contratto collettivo nel tempo

 

I contratti collettivi si succedono nel tempo sulla base delle regole contenute nel Protocollo Ciampi-Giugni del 1993 e nell’Accordo quadro del 2009.

Secondo il Protocollo del 1993, la durata del contratto collettivo nazionale è pari a 2 anni per la parte economica e a 4 anni per la parte normativa, mentre invece quella del contratto collettivo aziendale è parti a 4 anni.

Le trattative per il rinnovo del contratto devono iniziare tre mesi prima della sua scadenza; nel corso di tale periodo e per il mese successivo alla scadenza del contratto, le parti non potranno prendere iniziative dirette (c.d. periodo di tregua).

Dopo tre mesi dalla scadenza del contratto, in mancanza di rinnovo (c.d. periodo di vacanza contrattuale), ai lavoratori ai quali si applica il contratto viene corrisposta l’indennità di vacanza contrattuale; tuttavia la violazione del periodo di tregua comporta l’anticipazione di tre mesi del termine per l’indennità se causata dal datore di lavoro o lo slittamento di tre mesi se causata dal sindacato.

L’accordo quadro del 2009, sottoscritto dalla CISL e dalla UIL, prevede un sistema di relazioni industriali e di contrattazione collettiva che, con carattere sperimentale e per la durata di quattro anni, sostituisce le regole del Protocollo; secondo l’accordo, la durata del contratto collettivo nazionale sia per la parte economica che per quella normativa, e del contratto collettivo aziendale è pari a 3 anni.

Le trattative per il rinnovo del contratto devono iniziare sei mesi prima della sua scadenza; nel corso di tale periodo e per il mese successivo alla scadenza del contratto, le parti non potranno prendere iniziative dirette.

Il rispetto dei tempi e delle procedure è garantito dall’applicazione di un istituto che, dalla data di scadenza del contratto precedente alla data di raggiungimento dell’accordo di rinnovo, riconosce una copertura economica, stabilita dai contratti collettivi nazionali, in favore dei lavoratori in servizio.

L’efficacia del contratto collettivo nel tempo riguarda anche l’ultrattività e la retroattività: sull’ultrattività del contratto collettivo, la giurisprudenza e la dottrina recenti hanno negato l’applicazione dell’art. 2074 c.c. anche se una parte minoritaria afferma l’ultrattività di clausole sulla retribuzione ex art. 36 Cost.; questo problema di solito è risolto da particolari clausole che estendono l’efficacia del contratto collettivo oltre la sua scadenza fino al momento del rinnovo.

Sulla retroattività del contratto collettivo, la giurisprudenza e la dottrina negano al contratto collettivo di diritto comune la possibilità di un’efficacia precedente alla pubblicazione ma non alla stipulazione; questo problema, soprattutto con riferimento ai benefici economici, è stato risolto dalla giurisprudenza che permette l’efficacia retroattiva del contratto collettivo attraverso particolari clausole.

Infine è bene sottolineare come tra contratti collettivi dello stesso livello (nazionali o aziendali), vi è la possibilità da parte del contratto collettivo successivo di derogare sia in melius che in peius il contratto collettivo precedente; l’unico limite è rappresentato dai c.d. diritti quesiti, ossia quei diritti che sono già entrati a far parte del patrimonio individuale del lavoratore.

 

 

  Il contratto collettivo rappresenta la fonte interna più importante del diritto sindacale; esso si caratterizza, rispetto agli altri contratti, per essere costituito non solo da una parte obbligatoria ma anche da una parte normativa.

La parte obbligatoria è quella che fa sorgere obbligazioni, diritti e obblighi, in capo alle parti stipulanti (organizzazioni sindacali e imprenditoriali).

La parte normativa invece è quella che si occupa di disciplinare il rapporto di lavoro in una categoria, coinvolgendo quindi soggetti terzi interessati rispetto alle parti contrattuali.

Occupiamoci ora dell’evoluzione della contrattazione collettiva:

 

-Il contratto collettivo corporativo

 

Durante il regime corporativo (periodo fascista) c’era un solo sindacato per ogni categoria, sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, che sottoscriveva il contratto collettivo corporativo; esso aveva un’efficacia erga omnes (per tutti i lavoratori), inderogabilità in peius (non modificabilità in senso peggiorativo) e comportava la sostituzione automatica delle clausole difformi contenute nel contratto individuale.

Successivamente, nel secondo dopoguerra, con l’abolizione delle corporazioni si arrivò all’elaborazione di un nuovo contratto collettivo sulla base di quanto previsto dalla Costituzione (1° gennaio 1948).

 

-Il contratto collettivo ex art. 39 Cost.

 

Con l’entrata in vigore della Costituzione, l’art. 39 c.4. Cost. prevedeva che i sindacati possono stipulare contratti collettivi con efficacia per tutta la categoria.

Tuttavia la seconda parte dell’art. 39 Cost. rimase inattuata, comportando solo un’efficacia impeditiva.

 

-Il contratto collettivo e la L. 741/1959 (Legge Vigorelli)

 

Nel 1959 fu approvata una legge transitoria, provvisoria ed eccezionale per regolare una situazione passata e tutelare l’interesse pubblico della parità di trattamento tra lavoratori e datori di lavoro.

Con la L. 741/1959 il governo ha emesso decreti legislativi che determinavano condizioni minime di lavoro sulla base del vincolo delle clausole dei contratti collettivi esistenti.

L’efficacia soggettiva (ambito di efficacia) era erga omnes tramite il recepimento in decreti legislativi anche dei contratti collettivi stipulati prima dell’entrata in vigore della legge.

L’efficacia oggettiva (tipo di efficacia) prevedeva l’inderogabilità in peius, invalidità/inefficacia della clausola difforme del contratto individuale.

La proroga alla L. 741/1959 disposta dalla L. 1027/1960 che delegava il governo di emanare norme uniformi alle clausole dei contratti collettivi stipulati nei dieci mesi successivi dall’entrata in vigore della Legge Vigorelli, è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale in quanto anche “una sola reiterazione della delega toglie alla legge il suo carattere eccezionale e transitorio, finendo col sostituire al sistema costituzionale un sistema arbitrario costruito dal legislatore” (Corte Cost. n. 106/1962).

 

-Il contratto collettivo di diritto comune

 

Con la mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., la dottrina e la giurisprudenza hanno dovuto ricondurre il contratto collettivo alla disciplina del codice civile (artt. 1321 e ss. c.c.).

L’efficacia oggettiva prevede l’inderogabilità in peius, invalidità o inefficacia della clausola difforme del contratto individuale.

L’ambito di efficacia della parte normativa del contratto collettivo di diritto comune richiede invece un’analisi più approfondita, prendendo in considerazione il contratto collettivo nazionale e il contratto collettivo aziendale: la regola generale prevede che il contratto collettivo si applica solo ai lavoratori iscritti ai sindacati stipulanti sulla base di una rappresentanza volontaria (artt. 1387 e ss. c.c.).

Successivamente la giurisprudenza e il legislatore sono intervenuti per estendere l’efficacia soggettiva in mancanza di iscrizione del lavoratore: per il contratto collettivo nazionale la giurisprudenza ha previsto un rinvio esplicito al sistema di contrattazione collettiva mediante apposita clausola del contratto individuale, un rinvio implicito al contratto collettivo mediante l’applicazione di istituti regolati dallo stesso, un obbligo del datore di lavoro iscritto di applicare il contratto collettivo ai lavoratori che ne fanno richiesta e un’estensione dei minimi retributivi ai sensi degli artt. 36 Cost. e 2099 c.c.

Per il contratto collettivo aziendale la giurisprudenza ha previsto un’efficacia erga omnes basata sulla maggiore rappresentatività delle parti stipulanti e sull’indivisibilità degli interessi regolati.

Il legislatore ha poi elaborato una serie di ipotesi di efficacia soggettiva indiretto a causa dell’effetto impeditivo dell’art. 39 II parte Cost.: per il contratto collettivo nazionale ci si riferisce alla L. 741/1959 (Legge Vigorelli), all’art. 36 Stat. Lav. (L. 300/1970) che obbliga gli imprenditori che siano appaltatori di opere pubbliche o destinatari di agevolazioni finanziarie di applicare o di far applicare, nei confronti dei lavoratori dipendenti, condizioni di lavoro non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi della categoria.

Infine per il contratto collettivo aziendale ci si riferisce invece al contratto collettivo gestionale e al contratto collettivo di prossimità (art. 8 L. 148/2011).

 

-Le funzioni del contratto collettivo

 

Le funzioni principali del contratto collettivo sono quella obbligatoria e quella normativa.

La funzione obbligatoria riguarda le obbligazioni che sorgono in capo alle parti stipulanti; essa è svolta da alcune clausole che si occupano dei diritti di informazione, dei permessi sindacali ecc.

La funzione normativa riguarda invece le obbligazioni che regolano il rapporto di lavoro tra lavoratori e datori di lavoro; essa integra e completa il trattamento previsto dalla legge.

Per quanto riguarda il contratto collettivo aziendale posso essere previste delle particolari clausole della parte obbligatoria che svolgono una funzione gestionale, conferendo diritti a i dipendenti dell’impresa o limitando i poteri datoriali in situazioni di crisi aziendali.

 

-L’efficacia del contratto collettivo nel tempo

 

I contratti collettivi si succedono nel tempo sulla base delle regole contenute nel Protocollo Ciampi-Giugni del 1993 e nell’Accordo quadro del 2009.

Secondo il Protocollo del 1993, la durata del contratto collettivo nazionale è pari a 2 anni per la parte economica e a 4 anni per la parte normativa, mentre invece quella del contratto collettivo aziendale è parti a 4 anni.

Le trattative per il rinnovo del contratto devono iniziare tre mesi prima della sua scadenza; nel corso di tale periodo e per il mese successivo alla scadenza del contratto, le parti non potranno prendere iniziative dirette (c.d. periodo di tregua).

Dopo tre mesi dalla scadenza del contratto, in mancanza di rinnovo (c.d. periodo di vacanza contrattuale), ai lavoratori ai quali si applica il contratto viene corrisposta l’indennità di vacanza contrattuale; tuttavia la violazione del periodo di tregua comporta l’anticipazione di tre mesi del termine per l’indennità se causata dal datore di lavoro o lo slittamento di tre mesi se causata dal sindacato.

L’accordo quadro del 2009, sottoscritto dalla CISL e dalla UIL, prevede un sistema di relazioni industriali e di contrattazione collettiva che, con carattere sperimentale e per la durata di quattro anni, sostituisce le regole del Protocollo; secondo l’accordo, la durata del contratto collettivo nazionale sia per la parte economica che per quella normativa, e del contratto collettivo aziendale è pari a 3 anni.

Le trattative per il rinnovo del contratto devono iniziare sei mesi prima della sua scadenza; nel corso di tale periodo e per il mese successivo alla scadenza del contratto, le parti non potranno prendere iniziative dirette.

Il rispetto dei tempi e delle procedure è garantito dall’applicazione di un istituto che, dalla data di scadenza del contratto precedente alla data di raggiungimento dell’accordo di rinnovo, riconosce una copertura economica, stabilita dai contratti collettivi nazionali, in favore dei lavoratori in servizio.

L’efficacia del contratto collettivo nel tempo riguarda anche l’ultrattività e la retroattività: sull’ultrattività del contratto collettivo, la giurisprudenza e la dottrina recenti hanno negato l’applicazione dell’art. 2074 c.c. anche se una parte minoritaria afferma l’ultrattività di clausole sulla retribuzione ex art. 36 Cost.; questo problema di solito è risolto da particolari clausole che estendono l’efficacia del contratto collettivo oltre la sua scadenza fino al momento del rinnovo.

Sulla retroattività del contratto collettivo, la giurisprudenza e la dottrina negano al contratto collettivo di diritto comune la possibilità di un’efficacia precedente alla pubblicazione ma non alla stipulazione; questo problema, soprattutto con riferimento ai benefici economici, è stato risolto dalla giurisprudenza che permette l’efficacia retroattiva del contratto collettivo attraverso particolari clausole.

Infine è bene sottolineare come tra contratti collettivi dello stesso livello (nazionali o aziendali), vi è la possibilità da parte del contratto collettivo successivo di derogare sia in melius che in peius il contratto collettivo precedente; l’unico limite è rappresentato dai c.d. diritti quesiti, ossia quei diritti che sono già entrati a far parte del patrimonio individuale del lavoratore.