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Il criterio della competenza territoriale nel procedimento di separazione consensuale di cui all’art. 711 c.p.c.

Riflessioni a seguito delle modifiche introdotte a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 15 marzo 2005, n. 35, convertito, con emendamenti, nella L. 14 maggio 2005, n.80
A) La disciplina applicabile

In base all’art. 711 c.p.c., “nel caso di separazione consensuale previsto nell’art. 158 c.c., il presidente su ricorso di entrambi i coniugi deve sentirli nel giorno da lui stabilito e curare di conciliarsi nel modo indicato nell’art. 708 (...) Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole. La separazione consensuale acquista efficacia con l’omologazionedel tribunale”.

Nel caso della separazione consensuale dei due coniugi non sono previste regole specifiche con riferimento ai criteri di competenza da applicarsi. Pertanto, nel silenzio della disposizioni, si configurano due soluzioni possibili:

applicare le regole generali in materia di competenza di cui agli artt. 18 ss.

applicare i criteri specifici previsti dal legislatore per le separazioni personali dei coniugi di cui all’art. 706 (così come recentemente modificato dall’art. 2 comma 3° lett. e ter del decreto legge del 14 marzo 2005, n.35, convertito con modificazioni nella legge 14 maggio 2005, n. 80).

Ora, risulta condiviso anche in giurisprudenza l’orientamento in base al quale qualsiasi domanda di separazione, anche consensuale, debba comunque seguire le regole speciali in materia di competenza di cui all’art. 706 del codice di procedura civile. Tale conclusione, infatti si può agevolmente dedurre a contrario da diverse pronunce della Suprema Corte[1], in cui si afferma appunto la necessaria applicabilità delle regole comuni di cui agli artt. 18 e seguenti del codice di procedura civile nel caso di domande di modifica dei provvedimenti esclusivamente di contenuto patrimoniale disposti dal giudice nel corso del procedimento di separazione.

In altre parole, nel caso di provvedimenti aventi contenuto esclusivamente patrimoniale, adottati ai sensi dell’art.710 o dell’art. 711, quinto comma, del codice di procedura civile, si dovranno applicare le ordinarie regole in tema di competenza (per materia, per valore, per territorio), mentre in tutti i restanti casi si dovrà fare riferimento anche per la separazione consensuale alle regole previste in tema di separazione su domanda unilaterale ex art. 706 del codice di procedura civile, così come recentemente modificato dall’art. 2 comma 3° lett. e ter del D.L. 14 marzo 2005, n.35, convertito con modificazioni nella L.14 maggio 2005, n. 80.

B) Il criterio dei fori successivamenti concorrenti:

In base al nuovo art. 706, 1° comma, del codice di procedura civile, così come modificato dalla recente riforma, si prevede che “la domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata”.

Sebbene non si sia ancora sviluppata sul punto un’elaborata dottrina e giurisprudenza data la recente entrata in vigore, sulla base della mera formulazione letterale della norma, sembra comunque che il legislatore abbia voluto delineare l’esistenza di due fori cd. “successivamente concorrenti”, allorchè all’attore è rimessa la facoltà di scegliere un foro solo in mancanza dell’altro (PROTO PISANI, Diritto processuale civile, Napoli, 2002, p. 269). Il luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi costituirà quindi il primario criterio per delineare la competenza territoriale del giudice; potendo fare riferimento al luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio solo in chiave sussidaria, nell’ipotesi residuale in cui non sia possibile rinvenire l’ultima residenza comune dei due ricorrenti.

c) La rilevabilità del vizio di competenza:

Altra questione, invece, concerne la rilevabilità di tale vizio.

In primo luogo, occorre precisare se, nei confronti dell’omologazione del Presidente del Tribunale ex art. 711 c.p.c., sia possibile o meno applicare le regole generali in tema di incompetenza ai sensi dell’art. 38 c.p.c[2]. Infatti, l’art. 711 c.p.c. delinea un procedimento peculiare di separazione personale, senza peraltro precisare esplicitamente il regime applicabile.

Ora, sebbene si tratti di una pronuncia che non riguarda direttamente il procedimento di separazione consensuale ex art. 711 c.p.c., può comunque essere utile citare la sent. 11 febbraio 2004, n. 2672 della Cassazione civile in tema di art. 30 bis (laddove cioè una delle parti in causa sia un magistrato). Tale pronuncia, infatti, non solo offre un utile orientamento nel caso peculiare in cui una delle due parti rivesta una funzione all’interno dell’ordinamento giudiziario, ma costituisce anche un particolare indicatore della possibilità di applicare le regole comuni in tema di incompetenza, di cui all’art. 38 c.p.c., anche a casi simili.

Secondo la Corte, “la competenza nelle cause di cui siano parte i magistrati, individuata a norma dell’art. 30 bis c.p.c., si configura come competenza territoriale inderogabile, senza peraltro che il rilievo o l’eccezione di incompetenza possano intervenire in ogni stato e grado del giudizio, in quanto anche nell’ipotesi di incompetenza ex art. 30 bis c.p.c. citato trova applicazione la disciplina generale di cui all’art. 38 c.p.c., con la conseguenza che l’incompetenza territoriale, anche nei casi previsti dall’art. 28 c.p.c., può essere rilevata o eccepita non oltre la prima udienza di trattazione”[3].

Dopo aver, quindi, ammesso l’applicabilità dell’art. 38 c..p.c. sulla base di tale recente pronuncia del giudice di legittimità, restano comunque da chiarire le conseguenze dell’eventuale incompetenza e la sua rilevabilità.

La competanza costituisce un requisito per la valida costituzione del giudice. Ai sensi dell’art. 158 c.p.c., si stabilisce che i vizi generali relativi alla costituzione del giudice sono rilevabili d’ufficio e danno luogo a nullità insanabili (cioè non soggette a convalidazione oggettiva ex art. 156, 3° comma, c.p.c., nè a sanatoria soggettiva ex art. 157 c.p.c.). Tali nullità sono soggette inoltre al principio della conversione dei motivi di nullità in motivi di appello.

Tuttavia, i vizi di competenza e giurisdizione, pur essendo presupposti della valida costituzione del giudice, sfuggono dalla disciplina generale appena delineata dell’art. 158 c.p.c. e sono soggetti, quanto alla rilevabilità, alle regole di cui all’art. 37 e 38 c.p.c. (PROTO PISANI, Diritto processuale civile, Napoli, 2002, p. 269).

Nello specifico, in base all’art. 38 c.p.c., il vizio di incompetenza può essere rilevato anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione. Nel caso in cui tale vizio non venga rilevato tempestivamente, non sarà più possibile farlo valere. L’omologazione pronunciata dal giudice, quindi, non sarà colpita da nullità, ma sarà perfettamente valida ed efficace.



[1] In questo senso, si ritiene che “la domanda di modificazione dell’assegno alimentare o di mantenimento che venga proposta, ai sensi dell’art. 710 cod. proc. civ. e dell’art. 711 cod. proc. civ. (originario testo), da uno dei coniugi separati in base a sentenza o verbale di separazione consensuale omologato, è soggetta ai normali criteri di competenza per valore e per territorio (e, quindi, con riguardo alla competenza per territorio, anche al foro concorrente del luogo dell’esecuzione dell’obbligazione, da identificarsi con il domicilio dell’avente diritto all’assegno), tenuto conto che la domanda medesima investe rapporti obbligatori, non è equiparabile alla domanda di separazione, e si sottrae, pertanto, alle speciali regole di competenza per quest’ultima dettate dall’art. 706 cod. proc. Civ.” (Cass. civ., sez. I, 22-03-2001, n. 4099). Ed ancora, “si deve, pertanto, ritenere che gli speciali criteri di competenza per materia e per territorio, stabiliti dall’art. 706 c.p.c., non si estendono all’azione di cui agli artt. 710 e 711 (testo originario) c.p.c. con cui uno dei coniugi separati in base a sentenza o a verbale di separazione consensuale omologato tende ad ottenere una modifica dell’assegno di mantenimento o alimentare in precedenza determinato. Tale azione, avente natura di causa relativa a diritti di obbligazione, è soggetta ai normali criteri di competenza per territorio e per valore” (Cass. civ., sez. unite, 16-01-1991, n. 381).

[2] Sulla base dell’art. 38 c.p.c., si stabiliscono i criteri generali per rilevare i vizi di incompetenza per materia, per valore e per territorio ed, in particolare, che “l’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall`art. 28 sono rilevate anche d`ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione. L`incompetenza per territorio fuori dei casi previsti dall`art. 28 è eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta. L’eccezione si ha per non proposta se non contiene l`indicazione del giudice che la parte ritiene competente. Quando le parti costituite aderiscono a tale indicazione, la competenza del giudice rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo. Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall`eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni”.

[3] Cass. civ., 11 febbraio 2004, n. 2672.

A) La disciplina applicabile

In base all’art. 711 c.p.c., “nel caso di separazione consensuale previsto nell’art. 158 c.c., il presidente su ricorso di entrambi i coniugi deve sentirli nel giorno da lui stabilito e curare di conciliarsi nel modo indicato nell’art. 708 (...) Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole. La separazione consensuale acquista efficacia con l’omologazionedel tribunale”.

Nel caso della separazione consensuale dei due coniugi non sono previste regole specifiche con riferimento ai criteri di competenza da applicarsi. Pertanto, nel silenzio della disposizioni, si configurano due soluzioni possibili:

applicare le regole generali in materia di competenza di cui agli artt. 18 ss.

applicare i criteri specifici previsti dal legislatore per le separazioni personali dei coniugi di cui all’art. 706 (così come recentemente modificato dall’art. 2 comma 3° lett. e ter del decreto legge del 14 marzo 2005, n.35, convertito con modificazioni nella legge 14 maggio 2005, n. 80).

Ora, risulta condiviso anche in giurisprudenza l’orientamento in base al quale qualsiasi domanda di separazione, anche consensuale, debba comunque seguire le regole speciali in materia di competenza di cui all’art. 706 del codice di procedura civile. Tale conclusione, infatti si può agevolmente dedurre a contrario da diverse pronunce della Suprema Corte[1], in cui si afferma appunto la necessaria applicabilità delle regole comuni di cui agli artt. 18 e seguenti del codice di procedura civile nel caso di domande di modifica dei provvedimenti esclusivamente di contenuto patrimoniale disposti dal giudice nel corso del procedimento di separazione.

In altre parole, nel caso di provvedimenti aventi contenuto esclusivamente patrimoniale, adottati ai sensi dell’art.710 o dell’art. 711, quinto comma, del codice di procedura civile, si dovranno applicare le ordinarie regole in tema di competenza (per materia, per valore, per territorio), mentre in tutti i restanti casi si dovrà fare riferimento anche per la separazione consensuale alle regole previste in tema di separazione su domanda unilaterale ex art. 706 del codice di procedura civile, così come recentemente modificato dall’art. 2 comma 3° lett. e ter del D.L. 14 marzo 2005, n.35, convertito con modificazioni nella L.14 maggio 2005, n. 80.

B) Il criterio dei fori successivamenti concorrenti:

In base al nuovo art. 706, 1° comma, del codice di procedura civile, così come modificato dalla recente riforma, si prevede che “la domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata”.

Sebbene non si sia ancora sviluppata sul punto un’elaborata dottrina e giurisprudenza data la recente entrata in vigore, sulla base della mera formulazione letterale della norma, sembra comunque che il legislatore abbia voluto delineare l’esistenza di due fori cd. “successivamente concorrenti”, allorchè all’attore è rimessa la facoltà di scegliere un foro solo in mancanza dell’altro (PROTO PISANI, Diritto processuale civile, Napoli, 2002, p. 269). Il luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi costituirà quindi il primario criterio per delineare la competenza territoriale del giudice; potendo fare riferimento al luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio solo in chiave sussidaria, nell’ipotesi residuale in cui non sia possibile rinvenire l’ultima residenza comune dei due ricorrenti.

c) La rilevabilità del vizio di competenza:

Altra questione, invece, concerne la rilevabilità di tale vizio.

In primo luogo, occorre precisare se, nei confronti dell’omologazione del Presidente del Tribunale ex art. 711 c.p.c., sia possibile o meno applicare le regole generali in tema di incompetenza ai sensi dell’art. 38 c.p.c[2]. Infatti, l’art. 711 c.p.c. delinea un procedimento peculiare di separazione personale, senza peraltro precisare esplicitamente il regime applicabile.

Ora, sebbene si tratti di una pronuncia che non riguarda direttamente il procedimento di separazione consensuale ex art. 711 c.p.c., può comunque essere utile citare la sent. 11 febbraio 2004, n. 2672 della Cassazione civile in tema di art. 30 bis (laddove cioè una delle parti in causa sia un magistrato). Tale pronuncia, infatti, non solo offre un utile orientamento nel caso peculiare in cui una delle due parti rivesta una funzione all’interno dell’ordinamento giudiziario, ma costituisce anche un particolare indicatore della possibilità di applicare le regole comuni in tema di incompetenza, di cui all’art. 38 c.p.c., anche a casi simili.

Secondo la Corte, “la competenza nelle cause di cui siano parte i magistrati, individuata a norma dell’art. 30 bis c.p.c., si configura come competenza territoriale inderogabile, senza peraltro che il rilievo o l’eccezione di incompetenza possano intervenire in ogni stato e grado del giudizio, in quanto anche nell’ipotesi di incompetenza ex art. 30 bis c.p.c. citato trova applicazione la disciplina generale di cui all’art. 38 c.p.c., con la conseguenza che l’incompetenza territoriale, anche nei casi previsti dall’art. 28 c.p.c., può essere rilevata o eccepita non oltre la prima udienza di trattazione”[3].

Dopo aver, quindi, ammesso l’applicabilità dell’art. 38 c..p.c. sulla base di tale recente pronuncia del giudice di legittimità, restano comunque da chiarire le conseguenze dell’eventuale incompetenza e la sua rilevabilità.

La competanza costituisce un requisito per la valida costituzione del giudice. Ai sensi dell’art. 158 c.p.c., si stabilisce che i vizi generali relativi alla costituzione del giudice sono rilevabili d’ufficio e danno luogo a nullità insanabili (cioè non soggette a convalidazione oggettiva ex art. 156, 3° comma, c.p.c., nè a sanatoria soggettiva ex art. 157 c.p.c.). Tali nullità sono soggette inoltre al principio della conversione dei motivi di nullità in motivi di appello.

Tuttavia, i vizi di competenza e giurisdizione, pur essendo presupposti della valida costituzione del giudice, sfuggono dalla disciplina generale appena delineata dell’art. 158 c.p.c. e sono soggetti, quanto alla rilevabilità, alle regole di cui all’art. 37 e 38 c.p.c. (PROTO PISANI, Diritto processuale civile, Napoli, 2002, p. 269).

Nello specifico, in base all’art. 38 c.p.c., il vizio di incompetenza può essere rilevato anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione. Nel caso in cui tale vizio non venga rilevato tempestivamente, non sarà più possibile farlo valere. L’omologazione pronunciata dal giudice, quindi, non sarà colpita da nullità, ma sarà perfettamente valida ed efficace.



[1] In questo senso, si ritiene che “la domanda di modificazione dell’assegno alimentare o di mantenimento che venga proposta, ai sensi dell’art. 710 cod. proc. civ. e dell’art. 711 cod. proc. civ. (originario testo), da uno dei coniugi separati in base a sentenza o verbale di separazione consensuale omologato, è soggetta ai normali criteri di competenza per valore e per territorio (e, quindi, con riguardo alla competenza per territorio, anche al foro concorrente del luogo dell’esecuzione dell’obbligazione, da identificarsi con il domicilio dell’avente diritto all’assegno), tenuto conto che la domanda medesima investe rapporti obbligatori, non è equiparabile alla domanda di separazione, e si sottrae, pertanto, alle speciali regole di competenza per quest’ultima dettate dall’art. 706 cod. proc. Civ.” (Cass. civ., sez. I, 22-03-2001, n. 4099). Ed ancora, “si deve, pertanto, ritenere che gli speciali criteri di competenza per materia e per territorio, stabiliti dall’art. 706 c.p.c., non si estendono all’azione di cui agli artt. 710 e 711 (testo originario) c.p.c. con cui uno dei coniugi separati in base a sentenza o a verbale di separazione consensuale omologato tende ad ottenere una modifica dell’assegno di mantenimento o alimentare in precedenza determinato. Tale azione, avente natura di causa relativa a diritti di obbligazione, è soggetta ai normali criteri di competenza per territorio e per valore” (Cass. civ., sez. unite, 16-01-1991, n. 381).

[2] Sulla base dell’art. 38 c.p.c., si stabiliscono i criteri generali per rilevare i vizi di incompetenza per materia, per valore e per territorio ed, in particolare, che “l’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall`art. 28 sono rilevate anche d`ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione. L`incompetenza per territorio fuori dei casi previsti dall`art. 28 è eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta. L’eccezione si ha per non proposta se non contiene l`indicazione del giudice che la parte ritiene competente. Quando le parti costituite aderiscono a tale indicazione, la competenza del giudice rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo. Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall`eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni”.

[3] Cass. civ., 11 febbraio 2004, n. 2672.