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Il distacco del lavoratore in Italia e all’estero: approfondimento

Il presente contributo, ai sensi della Circolare Ministero del Lavoro del 18 marzo 2004, ha natura personale e non impegnativa per la Pubblica Amministrazione di appartenenza, in quanto le considerazioni in esso esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autrice.

Sul piano positivo, prima del varo della riforma del diritto del lavoro recata da D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276[1] non vi era una regolamentazione generale del distacco del personale e le indicazioni circa l’inquadramento giuridico di tale fenomeno dovevano essere ritratte dalle interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali nonché dall’applicazione analogica delle disposizioni dettate per regolamentare talune ipotesi di distacco specificamente disciplinate nel settore dell’impiego pubblico.

Il distacco del lavoratore su base consensuale[2] è disciplinato dall’art. 30 del D.lgs 276/2003[3], nonché dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 3/04[4] e si realizza quando un datore per soddisfare un proprio interesse, pone[5] provvisoriamente un lavoratore, anche se precario[6], a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa, anche solo parzialmente, per cui il lavoratore svolgerà la sua attività in parte presso il distaccante e in parte presso il distaccato. Il fenomeno del distacco di personale è diffuso in particolare tra imprese appartenenti a gruppi multinazionali ove il lavoratore distaccato dipendente di una società del gruppo presta la propria opera per alta società del medesimo gruppo.

Va inoltre ricordato che, in linea di principio, le somme ed i valori ricevuti dal lavoratore distaccato in ragione della propria attività svolta all’estero concorreranno per intero a formare il reddito di lavoro dipendente da assoggettare ad Irpef.

Fra i requisiti specifici della figura, va ricordato in primis l’interesse del datore distaccante che può anche eventualmente sostituire il distaccato con altro lavoratore a termine e la temporaneità del distacco, fermo restando che il distaccante[7] rimane responsabile[8] del trattamento economico- normativo e contributivo a favore del distaccato e che qualora il distacco sia superiore a 50 km, esso deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

I requisiti dell’UE di un corretto distacco che eviti cioè il criterio della doppia imposizione fiscale, riguardano: 1) L’attività oggetto del distacco: il lavoratore inviato all’estero deve svolgere presso l’impresa estera di impiego un’attività a favore del distaccante. Tale condizione è simile al requisito di "interesse" previsto anche dalla normativa italiana per la liceità ‑ in Italia ‑ del distacco tra imprese. 2) Il rapporta lavoratore distaccato/impresa distaccante: durante tutto il periodo di distacco deve esistere un legame organico che si manifesta tramite: la permanenza della subordinazione nei confronti dell’impresa distaccante, la responsabilità dell’impresa distaccante in materia di assunzione del lavoratore, gestione del contratto di lavoro, risoluzione del rapporto di lavoro, determinazione della natura del lavoro da svolgere.

3) La tipologia del distacco: che si distingue tra: A) distacco del personale "abituale”: si tratta di dipendenti che esercitano normalmente la loro attività subordinata sul territorio dello Stato in cui ha sede l’impresa da cui dipendono. Il distacco di questo personale, per essere valido come distacco UE, deve avere natura episodica e può avvenire anche presso più imprese il lavoratore continui a ad esercitare la sua attività per conto dell’impresa distaccante. B) distacco di personale "assunto per essere distaccato": si tratta di dipendenti assunti presso una sede dell’impresa, specificamente allo scopo di essere inviati a lavorare in un altro Stato UE. C) La durata del distacco: può configurare distacco UE l’invio all’estero che si protrae fino al limite massimo normale di 12 mesi. E’ possibile una proroga di tale limite se la durata del lavoro da effettuare all’estero si prolunga per circostanze imprevedibili. In questo ultimo caso gli effetti contributivi del distacco UE possono proseguire oltre il dodicesimo mese fino al completamento del lavoro e comunque entro un massimo di ulteriori 12 mesi.

Non può invece parlarsi di distacco quando l’impresa distacchi il lavoratore presso un’impresa di uno Stato membro, e questa, a sua volta, la distacchi presso impresa di altro Stato membro (doppio distacco) oppure quando il lavoratore venga assunto in uno Stato membro da un’impresa situata in altro Stato membro, per svolgere attività nel primo Paese.

Il distacco può avvenire sia nel territorio nazionale che in uno stato membro, in questo caso esso è regolato dal D.lgs 72/2000 che per evitare fenomeni di dumping[9] sociale applica il principio della lex loci e statuisce la responsabilità solidale degli imprenditori che hanno appaltato il servizio all’appaltatore transnazionale per i trattamenti retributivi dovuti ai lavoratori distaccati che possono agire direttamente contro l’appaltante per i diritti loro spettanti.

Specifica disciplina regola il distacco finalizzato ad evitare riduzioni del personale[10] che prevede una serie di accordi sindacali ed ancora il distacco presso un’altra azienda del gruppo quale strumento alternativo alla cassa integrazione[11].

Il distacco può comportare previo consenso del lavoratore, un mutamento di mansioni o anche un trasferimento ad una unità produttiva situata a più di 50 Km da quella in cui il lavoratore è adibito.

In ogni caso il distaccato avrà ugualmente diritto agli assegni per il nucleo famigliare, all’eventuale indennità di malattia, maternità, disoccupazione o mobilità, ma non potrà usufruire delle integrazioni salariali elargite dal distaccatario perché a tutti gli effetti il distaccato rimane dipendente dell’azienda di origine.

Per quanto attiene però all’assicurazione infortuni[12] i premi INAIL pur essendo a carico del distaccante, sono calcolati sulla base delle tariffe applicate al distaccatario. Il distaccato è tenuto a comunicare l’eventuale infortunio al distaccante che dovrà effettuare le relative comunicazioni alle autorità di pubblica sicurezza, in caso contrario analogo onere incombe in capo al distaccatario nei confronti del distaccante.

Nel distacco il lavoratore pur operando all’estero ha diritto al mantenimento del regime previdenziale del paese di provenienza, tale diritto viene meno nel caso di permanenza oltre il massimo consentito dagli accordi internazionali, con il conseguente assoggettamento al regime di sicurezza sociale del paese ospite.

L’INPS è tenuta a rilasciare al lavoratore assicurato un certificato di distacco che ha la funzione di evitare la doppia imposizione contributiva, il lavoratore distaccato dovrà portare con sé il certificato ed esibirlo in caso di eventuali controlli.

Il periodo di distacco può essere prorogato per un periodo uguale a quello del distacco originario, la proroga deve essere autorizzata dall’autorità competente del paese ospitante e la domanda deve essere inoltrata dal datore prima della scadenza.

Il distacco interessa diverse categorie, particolare disciplina vige però per il lavoratore edile[13] che può essere temporaneamente distaccato presso un’altra impresa a condizione che vi sia il previo consenso del lavoratore stesso ed esista l’interesse economico e produttivo dell’impresa distaccante. Durante il periodo di distacco il lavoratore presta la propria opera nei confronti dell’impresa distaccataria conservando il rapporto contrattuale con l’impresa distaccante e al termine rientra presso quest’ultima.

In merito al distacco del lavoratore italiano in una paese della UE, il datore che distacca il lavoratore in altro paese della UE[14] continua ad applicare al rapporto tutta la normativa italiana in materia di avviamento, tenuta dei documenti obbligatori e disciplina contrattuale individuale, tuttavia l’impresa deve osservare le disposizioni del paese ospite in materia di: retribuzione minima fissata dal contratto collettivo applicabile in quel paese, tenuta di una serie di documenti sociali di lavoro presso lo stabilimento.

Per i paesi comunitari il certificato di distacco è costituito dal modello E101[15] che può essere utilizzato anche per il distacco in paesi extracomunitari non convenzionati per i quali manca una specifica modulistica. La giurisprudenza comunitaria[16] ha affermato che fino a quando non venga invalidato o revocato il modello 101, questo vincola l’ordinamento giuridico dello stato membro in cui sono distaccati i lavoratori, pertanto il giudice del paese ospitante non può verificare la validità di un modello E101 per quanto riguarda l’attestazione degli elementi in base ai quali è stato rilasciato.

Per i paesi comunitari il periodo massimo di distacco non può superare i 5 anni salvo quando la richiesta di una ulteriore proroga sia motivata dall’interesse specifico del lavoratore. La richiesta di proroga va effettuata previo l’invio di uno specifico formulario, cd E102 che può essere impiegato anche per il distacco in paesi extracomunitari convenzionati per i quali manca una specifica modulistica.

Il lavoratore italiano distaccato riceve le prestazioni sanitarie nel paese ospite con le modalità in vigore nel paese stesso ma l’onere delle prestazioni è sostenuto dagli enti italiani, a tal fine i lavoratori devono presentare la tessera sanitaria europea TEAM valevole su tutto il territorio della UE, se invece il lavoratore trasferisce la residenza avrà diritto al rilascio del modello E106 che assicura assistenza in forma diretta al pari di un lavoratore del posto.

In caso di malattia del lavoratore distaccato, questi deve fornire adeguata certificazione all’INPS e al datore nei tempi utili per aver diritto all’indennità di malattia che è a carico degli enti previdenziali italiani.

In caso di infortunio invece l’erogazione della prestazione avviene direttamente dall’istituto competente del paese ospitante cui l’INAIL effettuerà successivamente il dovuto rimborso.

Se l’azienda distaccante è interessata da una procedura di cassa integrazione o mobilità, il distacco è revocato e il distaccato sarà destinatario dei relativi provvedimenti al pari degli altri dipendenti appartenenti alla medesima unità produttiva e non distaccati.

La permanenza all’Estero per periodi superiori a 12 + 12 mesi comporta, salvo specifica autorizzazione Ministeriale, l’assoggettamento del lavoratore alla contribuzione del Paese Cee in cui svolge la propria attività lavorativa.

Devono essere notificate all’INPS le modifiche intervenute nel distacco originariamente previsto, con particolare riguardo ai casi di mancato invio all’estero del lavoratore, interruzioni non temporanee, assegnazioni del lavoratore ad altra impresa per fusioni, trasferimenti od altre operazioni societarie.

Da un punto di vista fiscale, nel caso in cui la permanenza del lavoratore distaccato sia per un periodo inferiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi, il regime di imposizione fiscale applicato è quello del Paese di origine (Italia). In caso contrario, se il Paese in cui il lavoratore è distaccato prevede una Convenzione contro le doppie imposizioni, vige il criterio della “tassazione concorrente”, altrimenti si applica il regime di doppia imposizione fiscale. Questo è un concetto estremamente importante, pertanto prima della partenza occorre accertarsi se il paese di destinazione sia convenzionato, se così non fosse e si superano le 183 giornate nel corso di 12 mesi, si avrà purtroppo una doppia imposizione fiscale.

Per quanto riguarda il lavoratore autonomo, si applicano per analogia le norme previste per il subordinato con la differenza che questi, diversamente dal lavoratore subordinato, può non avere una posizione assicurativa preesistente al distacco. Ciò significa che il lavoratore autonomo, prima di trasferirsi in altro Stato membro, deve aver già esercitato per un certo tempo la sua attività nello Stato in cui risiede ed aver già versato la corrispondente contribuzione. Parimenti a quanto accade per i lavoratori subordinati, i lavoratori autonomi debbono premunirsi del formulario E101 (per l’Italia presso l’INPS) e del formulario E102 per l’eventuale proroga. Inoltre va anche ricordato che per poter conservare l’iscrizione al regime previdenziale del Paese in cui risiede, il lavoratore autonomo, durante il periodo di lavoro all’estero, dovrà mantenere nel territorio del Paese da cui proviene l’infrastruttura necessaria a proseguirvi la sua attività dopo il suo ritorno. La permanenza di una tale infrastruttura potrà essere valutata in base: all’esistenza e all’uso di idonei locali nel Paese di provenienza; al versamento dei contributi e delle imposte; al possesso di una tessera professionale e di un numero di partita Iva; nonché all’iscrizione presso le Camere di Commercio e a ordini o organizzazioni professionali.

In merito al distacco del lavoratore comunitario in Italia, si definisce distaccato il lavoratore abitualmente occupato in uno stato membro della UE diverso dall’Italia che, per un periodo di tempo limitato, svolge il proprio lavoro in territorio italiano.

A tal proposito occorre ricordare che valgono le condizioni del luogo in cui i lavoratori distaccati effettuano le proprie prestazioni ovvero vige il principio della lex loci.

Tuttavia nei casi di distacchi in Italia di lavoratori comunitari, extracomunitari provenienti da Paesi extra-UE convenzionati, è contemplata la possibilità, nei limiti stabiliti negli stessi accordi e previa adozione della specifica modulistica, di continuare a versare i contributi esclusivamente nel Paese di provenienza del lavoratore.

Per quanto attiene però agli obblighi contributivi, con l’interpello n. 6/2009, il Ministero del lavoro, della salute e della politiche sociali, rinviando a quanto già precisato nella precedente risposta ad interpello n. 24/2007 e facendo propri i principi richiamati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4035/2008, ha chiarito che ciò che forma materia tipica del DURC, o di altra documentazione equivalente rilasciata dal competente istituto del Paese straniero, non può essere surrogato, nella sua funzione probante, dalla dichiarazione sostitutiva dell’interessato, né tanto meno dai modelli utilizzati per il pagamento dei contributi previdenziali.

In merito al distacco del lavoratore extracomunitario in Italia, occorre invece ricordare che la procedura volta ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è necessaria solo per il primo ingresso in Italia dello straniero, infatti qualora lo straniero sia già titolare di un permesso di soggiorno rilasciato anche per motivi diversi dal lavoro, può esercitare attività di lavoro subordinato utilizzando o convertendo il proprio permesso a determinate condizioni stabilite dalla legge.[17]

Qualora non esistano convenzioni in materia di sicurezza sociale con il paese straniero distaccante o esistono solo convenzioni parziali, l’obbligo assicurativo deve essere assolto in Italia dal distaccante con le ordinarie modalità in vigore per la generalità dei dipendenti, pertanto l’azienda distaccante dovrà provvedere all’apertura di una posizione assicurativa e al versamento della contribuzione in Italia nominando a tal fine un procuratore.



[1] I requisiti di legittimità del distacco sono stati chiariti dal Ministero del Lavoro con circolare n. 3/2004: la temporaneità delle prestazione presso il distaccatario da intendersi come non definitività, indipendentemente dalla durata del distacco, purché la durata sia funzionale all’interesse del distaccante; l’interesse legato ad esigenze produttive del distaccante e che sussista per tutto il periodo del distacco.

[2] In realtà la Corte di Cassazione con sentenza n. 4003/2007 ha previsto che il consenso del prestatore non sia necessario, quindi ciò significa che il distacco può essere anche coatto.

[3] Si veda anche circolare del Ministero del lavoro n. 3 del 15 gennaio 2004.

[4] In particolare, la prassi del distacco, che può essere legittimata da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui, è legittima anche all’interno dei gruppi di impresa, le quali corrispondono a una reale esigenza di imprenditorialità, volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo (si veda anche nota del Ministero del Lavoro n. 5/26183 del 11.4.2001).

[5] Il datore dovrà comunque procedere alla comunicazione del distacco al CPI competente entro 5 giorni come previsto dall’art. 1, comma 1183 della L. 296/2006.

[6] Il distacco è ammesso infatti anche per i lavoratori a termine nel rispetto dei limiti di validità del rapporto, si veda la risposta ad interpello del Ministero del Lavoro del 12 aprile 2005, prot. 387.

[7] Cass. SU 1751/1989.

[8] Il lavoratore distaccato continuerà ad essere inserito nel modello di denuncia mensile del datore di lavoro (DM/10) e continuerà ad essere inquadrato nel medesimo settore previdenziale, indipendentemente dal settore contributivo della società distaccataria. Tutti gli adempimenti continueranno ad essere assolti dal datore di lavoro distaccante, in riferimento alla sede aziendale di provenienza. Allo stesso modo il datore di lavoro è tenuto a continuare a svolgere la sua funzione di sostituto d’imposta.

[9] La direttiva comunitaria n. 96/71/CE ha introdotto l’obbligo di applicare ai lavoratori distaccati lo stesso trattamento previsto da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative esistenti nel luogo di esecuzione del lavoro.

[10] Si veda la L. 236/93, tale distacco deve essere regolato da accordi sindacali per tutelare i lavoratori dal licenziamento o dalla messa in mobilità.

[11] Circolare del Ministero del lavoro n. 28/2005.

[12] Si veda Nota INAIL 10 giugno 2005 e Circolare INAIL 39/2005.

[13] Si veda art. 96 CCNL 20 maggio 2004 e la Nota del Ministero del Lavoro n. 1006/2005.

[14]La Direttiva CE 16 dicembre 1996, 96/71 ha regolato la disciplina del distacco del lavoratore all’estero all’interno delle prestazioni di servizi. La suddetta Direttiva si applica alle imprese di uno Stato membro che, all’interno di prestazioni di servizi transnazionali, distacchino uno o più lavoratori nel territorio di un altro Stato membro.

[15] Il modello E101 può essere rilasciato non solo qualora il distacco sia già in corso ma perfino dopo che il periodo di distacco sia concluso, vale a dire dopo la scadenza del periodo al quale lo stesso modello si riferisce (Circolare INPS 173/2002).

[16] Corte di Giustizia Europea 2/05 del 26/01/2006.

[17] Si veda art. 6, comma 1 del D.lgs 186/98, art. 14, comma 1 lettera a del DPR 394/99 e Circolare del Ministero del Lavoro n. 55/2000.

Il presente contributo, ai sensi della Circolare Ministero del Lavoro del 18 marzo 2004, ha natura personale e non impegnativa per la Pubblica Amministrazione di appartenenza, in quanto le considerazioni in esso esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autrice.

Sul piano positivo, prima del varo della riforma del diritto del lavoro recata da D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276[1] non vi era una regolamentazione generale del distacco del personale e le indicazioni circa l’inquadramento giuridico di tale fenomeno dovevano essere ritratte dalle interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali nonché dall’applicazione analogica delle disposizioni dettate per regolamentare talune ipotesi di distacco specificamente disciplinate nel settore dell’impiego pubblico.

Il distacco del lavoratore su base consensuale[2] è disciplinato dall’art. 30 del D.lgs 276/2003[3], nonché dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 3/04[4] e si realizza quando un datore per soddisfare un proprio interesse, pone[5] provvisoriamente un lavoratore, anche se precario[6], a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa, anche solo parzialmente, per cui il lavoratore svolgerà la sua attività in parte presso il distaccante e in parte presso il distaccato. Il fenomeno del distacco di personale è diffuso in particolare tra imprese appartenenti a gruppi multinazionali ove il lavoratore distaccato dipendente di una società del gruppo presta la propria opera per alta società del medesimo gruppo.

Va inoltre ricordato che, in linea di principio, le somme ed i valori ricevuti dal lavoratore distaccato in ragione della propria attività svolta all’estero concorreranno per intero a formare il reddito di lavoro dipendente da assoggettare ad Irpef.

Fra i requisiti specifici della figura, va ricordato in primis l’interesse del datore distaccante che può anche eventualmente sostituire il distaccato con altro lavoratore a termine e la temporaneità del distacco, fermo restando che il distaccante[7] rimane responsabile[8] del trattamento economico- normativo e contributivo a favore del distaccato e che qualora il distacco sia superiore a 50 km, esso deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

I requisiti dell’UE di un corretto distacco che eviti cioè il criterio della doppia imposizione fiscale, riguardano: 1) L’attività oggetto del distacco: il lavoratore inviato all’estero deve svolgere presso l’impresa estera di impiego un’attività a favore del distaccante. Tale condizione è simile al requisito di "interesse" previsto anche dalla normativa italiana per la liceità ‑ in Italia ‑ del distacco tra imprese. 2) Il rapporta lavoratore distaccato/impresa distaccante: durante tutto il periodo di distacco deve esistere un legame organico che si manifesta tramite: la permanenza della subordinazione nei confronti dell’impresa distaccante, la responsabilità dell’impresa distaccante in materia di assunzione del lavoratore, gestione del contratto di lavoro, risoluzione del rapporto di lavoro, determinazione della natura del lavoro da svolgere.

3) La tipologia del distacco: che si distingue tra: A) distacco del personale "abituale”: si tratta di dipendenti che esercitano normalmente la loro attività subordinata sul territorio dello Stato in cui ha sede l’impresa da cui dipendono. Il distacco di questo personale, per essere valido come distacco UE, deve avere natura episodica e può avvenire anche presso più imprese il lavoratore continui a ad esercitare la sua attività per conto dell’impresa distaccante. B) distacco di personale "assunto per essere distaccato": si tratta di dipendenti assunti presso una sede dell’impresa, specificamente allo scopo di essere inviati a lavorare in un altro Stato UE. C) La durata del distacco: può configurare distacco UE l’invio all’estero che si protrae fino al limite massimo normale di 12 mesi. E’ possibile una proroga di tale limite se la durata del lavoro da effettuare all’estero si prolunga per circostanze imprevedibili. In questo ultimo caso gli effetti contributivi del distacco UE possono proseguire oltre il dodicesimo mese fino al completamento del lavoro e comunque entro un massimo di ulteriori 12 mesi.

Non può invece parlarsi di distacco quando l’impresa distacchi il lavoratore presso un’impresa di uno Stato membro, e questa, a sua volta, la distacchi presso impresa di altro Stato membro (doppio distacco) oppure quando il lavoratore venga assunto in uno Stato membro da un’impresa situata in altro Stato membro, per svolgere attività nel primo Paese.

Il distacco può avvenire sia nel territorio nazionale che in uno stato membro, in questo caso esso è regolato dal D.lgs 72/2000 che per evitare fenomeni di dumping[9] sociale applica il principio della lex loci e statuisce la responsabilità solidale degli imprenditori che hanno appaltato il servizio all’appaltatore transnazionale per i trattamenti retributivi dovuti ai lavoratori distaccati che possono agire direttamente contro l’appaltante per i diritti loro spettanti.

Specifica disciplina regola il distacco finalizzato ad evitare riduzioni del personale[10] che prevede una serie di accordi sindacali ed ancora il distacco presso un’altra azienda del gruppo quale strumento alternativo alla cassa integrazione[11].

Il distacco può comportare previo consenso del lavoratore, un mutamento di mansioni o anche un trasferimento ad una unità produttiva situata a più di 50 Km da quella in cui il lavoratore è adibito.

In ogni caso il distaccato avrà ugualmente diritto agli assegni per il nucleo famigliare, all’eventuale indennità di malattia, maternità, disoccupazione o mobilità, ma non potrà usufruire delle integrazioni salariali elargite dal distaccatario perché a tutti gli effetti il distaccato rimane dipendente dell’azienda di origine.

Per quanto attiene però all’assicurazione infortuni[12] i premi INAIL pur essendo a carico del distaccante, sono calcolati sulla base delle tariffe applicate al distaccatario. Il distaccato è tenuto a comunicare l’eventuale infortunio al distaccante che dovrà effettuare le relative comunicazioni alle autorità di pubblica sicurezza, in caso contrario analogo onere incombe in capo al distaccatario nei confronti del distaccante.

Nel distacco il lavoratore pur operando all’estero ha diritto al mantenimento del regime previdenziale del paese di provenienza, tale diritto viene meno nel caso di permanenza oltre il massimo consentito dagli accordi internazionali, con il conseguente assoggettamento al regime di sicurezza sociale del paese ospite.

L’INPS è tenuta a rilasciare al lavoratore assicurato un certificato di distacco che ha la funzione di evitare la doppia imposizione contributiva, il lavoratore distaccato dovrà portare con sé il certificato ed esibirlo in caso di eventuali controlli.

Il periodo di distacco può essere prorogato per un periodo uguale a quello del distacco originario, la proroga deve essere autorizzata dall’autorità competente del paese ospitante e la domanda deve essere inoltrata dal datore prima della scadenza.

Il distacco interessa diverse categorie, particolare disciplina vige però per il lavoratore edile[13] che può essere temporaneamente distaccato presso un’altra impresa a condizione che vi sia il previo consenso del lavoratore stesso ed esista l’interesse economico e produttivo dell’impresa distaccante. Durante il periodo di distacco il lavoratore presta la propria opera nei confronti dell’impresa distaccataria conservando il rapporto contrattuale con l’impresa distaccante e al termine rientra presso quest’ultima.

In merito al distacco del lavoratore italiano in una paese della UE, il datore che distacca il lavoratore in altro paese della UE[14] continua ad applicare al rapporto tutta la normativa italiana in materia di avviamento, tenuta dei documenti obbligatori e disciplina contrattuale individuale, tuttavia l’impresa deve osservare le disposizioni del paese ospite in materia di: retribuzione minima fissata dal contratto collettivo applicabile in quel paese, tenuta di una serie di documenti sociali di lavoro presso lo stabilimento.

Per i paesi comunitari il certificato di distacco è costituito dal modello E101[15] che può essere utilizzato anche per il distacco in paesi extracomunitari non convenzionati per i quali manca una specifica modulistica. La giurisprudenza comunitaria[16] ha affermato che fino a quando non venga invalidato o revocato il modello 101, questo vincola l’ordinamento giuridico dello stato membro in cui sono distaccati i lavoratori, pertanto il giudice del paese ospitante non può verificare la validità di un modello E101 per quanto riguarda l’attestazione degli elementi in base ai quali è stato rilasciato.

Per i paesi comunitari il periodo massimo di distacco non può superare i 5 anni salvo quando la richiesta di una ulteriore proroga sia motivata dall’interesse specifico del lavoratore. La richiesta di proroga va effettuata previo l’invio di uno specifico formulario, cd E102 che può essere impiegato anche per il distacco in paesi extracomunitari convenzionati per i quali manca una specifica modulistica.

Il lavoratore italiano distaccato riceve le prestazioni sanitarie nel paese ospite con le modalità in vigore nel paese stesso ma l’onere delle prestazioni è sostenuto dagli enti italiani, a tal fine i lavoratori devono presentare la tessera sanitaria europea TEAM valevole su tutto il territorio della UE, se invece il lavoratore trasferisce la residenza avrà diritto al rilascio del modello E106 che assicura assistenza in forma diretta al pari di un lavoratore del posto.

In caso di malattia del lavoratore distaccato, questi deve fornire adeguata certificazione all’INPS e al datore nei tempi utili per aver diritto all’indennità di malattia che è a carico degli enti previdenziali italiani.

In caso di infortunio invece l’erogazione della prestazione avviene direttamente dall’istituto competente del paese ospitante cui l’INAIL effettuerà successivamente il dovuto rimborso.

Se l’azienda distaccante è interessata da una procedura di cassa integrazione o mobilità, il distacco è revocato e il distaccato sarà destinatario dei relativi provvedimenti al pari degli altri dipendenti appartenenti alla medesima unità produttiva e non distaccati.

La permanenza all’Estero per periodi superiori a 12 + 12 mesi comporta, salvo specifica autorizzazione Ministeriale, l’assoggettamento del lavoratore alla contribuzione del Paese Cee in cui svolge la propria attività lavorativa.

Devono essere notificate all’INPS le modifiche intervenute nel distacco originariamente previsto, con particolare riguardo ai casi di mancato invio all’estero del lavoratore, interruzioni non temporanee, assegnazioni del lavoratore ad altra impresa per fusioni, trasferimenti od altre operazioni societarie.

Da un punto di vista fiscale, nel caso in cui la permanenza del lavoratore distaccato sia per un periodo inferiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi, il regime di imposizione fiscale applicato è quello del Paese di origine (Italia). In caso contrario, se il Paese in cui il lavoratore è distaccato prevede una Convenzione contro le doppie imposizioni, vige il criterio della “tassazione concorrente”, altrimenti si applica il regime di doppia imposizione fiscale. Questo è un concetto estremamente importante, pertanto prima della partenza occorre accertarsi se il paese di destinazione sia convenzionato, se così non fosse e si superano le 183 giornate nel corso di 12 mesi, si avrà purtroppo una doppia imposizione fiscale.

Per quanto riguarda il lavoratore autonomo, si applicano per analogia le norme previste per il subordinato con la differenza che questi, diversamente dal lavoratore subordinato, può non avere una posizione assicurativa preesistente al distacco. Ciò significa che il lavoratore autonomo, prima di trasferirsi in altro Stato membro, deve aver già esercitato per un certo tempo la sua attività nello Stato in cui risiede ed aver già versato la corrispondente contribuzione. Parimenti a quanto accade per i lavoratori subordinati, i lavoratori autonomi debbono premunirsi del formulario E101 (per l’Italia presso l’INPS) e del formulario E102 per l’eventuale proroga. Inoltre va anche ricordato che per poter conservare l’iscrizione al regime previdenziale del Paese in cui risiede, il lavoratore autonomo, durante il periodo di lavoro all’estero, dovrà mantenere nel territorio del Paese da cui proviene l’infrastruttura necessaria a proseguirvi la sua attività dopo il suo ritorno. La permanenza di una tale infrastruttura potrà essere valutata in base: all’esistenza e all’uso di idonei locali nel Paese di provenienza; al versamento dei contributi e delle imposte; al possesso di una tessera professionale e di un numero di partita Iva; nonché all’iscrizione presso le Camere di Commercio e a ordini o organizzazioni professionali.

In merito al distacco del lavoratore comunitario in Italia, si definisce distaccato il lavoratore abitualmente occupato in uno stato membro della UE diverso dall’Italia che, per un periodo di tempo limitato, svolge il proprio lavoro in territorio italiano.

A tal proposito occorre ricordare che valgono le condizioni del luogo in cui i lavoratori distaccati effettuano le proprie prestazioni ovvero vige il principio della lex loci.

Tuttavia nei casi di distacchi in Italia di lavoratori comunitari, extracomunitari provenienti da Paesi extra-UE convenzionati, è contemplata la possibilità, nei limiti stabiliti negli stessi accordi e previa adozione della specifica modulistica, di continuare a versare i contributi esclusivamente nel Paese di provenienza del lavoratore.

Per quanto attiene però agli obblighi contributivi, con l’interpello n. 6/2009, il Ministero del lavoro, della salute e della politiche sociali, rinviando a quanto già precisato nella precedente risposta ad interpello n. 24/2007 e facendo propri i principi richiamati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4035/2008, ha chiarito che ciò che forma materia tipica del DURC, o di altra documentazione equivalente rilasciata dal competente istituto del Paese straniero, non può essere surrogato, nella sua funzione probante, dalla dichiarazione sostitutiva dell’interessato, né tanto meno dai modelli utilizzati per il pagamento dei contributi previdenziali.

In merito al distacco del lavoratore extracomunitario in Italia, occorre invece ricordare che la procedura volta ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è necessaria solo per il primo ingresso in Italia dello straniero, infatti qualora lo straniero sia già titolare di un permesso di soggiorno rilasciato anche per motivi diversi dal lavoro, può esercitare attività di lavoro subordinato utilizzando o convertendo il proprio permesso a determinate condizioni stabilite dalla legge.[17]

Qualora non esistano convenzioni in materia di sicurezza sociale con il paese straniero distaccante o esistono solo convenzioni parziali, l’obbligo assicurativo deve essere assolto in Italia dal distaccante con le ordinarie modalità in vigore per la generalità dei dipendenti, pertanto l’azienda distaccante dovrà provvedere all’apertura di una posizione assicurativa e al versamento della contribuzione in Italia nominando a tal fine un procuratore.



[1] I requisiti di legittimità del distacco sono stati chiariti dal Ministero del Lavoro con circolare n. 3/2004: la temporaneità delle prestazione presso il distaccatario da intendersi come non definitività, indipendentemente dalla durata del distacco, purché la durata sia funzionale all’interesse del distaccante; l’interesse legato ad esigenze produttive del distaccante e che sussista per tutto il periodo del distacco.

[2] In realtà la Corte di Cassazione con sentenza n. 4003/2007 ha previsto che il consenso del prestatore non sia necessario, quindi ciò significa che il distacco può essere anche coatto.

[3] Si veda anche circolare del Ministero del lavoro n. 3 del 15 gennaio 2004.

[4] In particolare, la prassi del distacco, che può essere legittimata da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui, è legittima anche all’interno dei gruppi di impresa, le quali corrispondono a una reale esigenza di imprenditorialità, volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo (si veda anche nota del Ministero del Lavoro n. 5/26183 del 11.4.2001).

[5] Il datore dovrà comunque procedere alla comunicazione del distacco al CPI competente entro 5 giorni come previsto dall’art. 1, comma 1183 della L. 296/2006.

[6] Il distacco è ammesso infatti anche per i lavoratori a termine nel rispetto dei limiti di validità del rapporto, si veda la risposta ad interpello del Ministero del Lavoro del 12 aprile 2005, prot. 387.

[7] Cass. SU 1751/1989.

[8] Il lavoratore distaccato continuerà ad essere inserito nel modello di denuncia mensile del datore di lavoro (DM/10) e continuerà ad essere inquadrato nel medesimo settore previdenziale, indipendentemente dal settore contributivo della società distaccataria. Tutti gli adempimenti continueranno ad essere assolti dal datore di lavoro distaccante, in riferimento alla sede aziendale di provenienza. Allo stesso modo il datore di lavoro è tenuto a continuare a svolgere la sua funzione di sostituto d’imposta.

[9] La direttiva comunitaria n. 96/71/CE ha introdotto l’obbligo di applicare ai lavoratori distaccati lo stesso trattamento previsto da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative esistenti nel luogo di esecuzione del lavoro.

[10] Si veda la L. 236/93, tale distacco deve essere regolato da accordi sindacali per tutelare i lavoratori dal licenziamento o dalla messa in mobilità.

[11] Circolare del Ministero del lavoro n. 28/2005.

[12] Si veda Nota INAIL 10 giugno 2005 e Circolare INAIL 39/2005.

[13] Si veda art. 96 CCNL 20 maggio 2004 e la Nota del Ministero del Lavoro n. 1006/2005.

[14]La Direttiva CE 16 dicembre 1996, 96/71 ha regolato la disciplina del distacco del lavoratore all’estero all’interno delle prestazioni di servizi. La suddetta Direttiva si applica alle imprese di uno Stato membro che, all’interno di prestazioni di servizi transnazionali, distacchino uno o più lavoratori nel territorio di un altro Stato membro.

[15] Il modello E101 può essere rilasciato non solo qualora il distacco sia già in corso ma perfino dopo che il periodo di distacco sia concluso, vale a dire dopo la scadenza del periodo al quale lo stesso modello si riferisce (Circolare INPS 173/2002).

[16] Corte di Giustizia Europea 2/05 del 26/01/2006.

[17] Si veda art. 6, comma 1 del D.lgs 186/98, art. 14, comma 1 lettera a del DPR 394/99 e Circolare del Ministero del Lavoro n. 55/2000.