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Il giudice bislacco

Magistratura
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Al piano terreno del Tribunale di Roma c’è l’aula 11, un cubo senza finestre, una sorta di anticamera della famigerata “bagne de Cayenne”.

In questo luogo inospitale si tenevano le udienze di un giudice bislacco, con il suo ciuffo alla Presley accompagnato dai perenni Rayban.

Amava il silenzio e teneva l’udienza come se fosse la Santa Messa.

Nel corso di un processo pomeridiano, per il gran caldo e la mancanza d’aria la cancelliera svenne, battendo violentemente la testa sullo scranno.

Il Bislacco, senza batter ciglio ma soprattutto senza prestar il minimo soccorso alla sua collaboratrice, si rivolse all’assistente d’aula e disse: “Chiami in sezione, senta se c’è la sostituta devo finire l’udienza”.

La costernazione tra i presenti era palpabile, ma lui continuò a tenere udienza come se nulla fosse accaduto, mentre la cancelliera giaceva in terra svenuta.

All’imputato chiamato, per il processo seguente, vennero in mente le parole di Hugues Lamennais: “Quando penso che un uomo giudica un altro uomo, mi sento i brividi addosso”.