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Il Giurì del design

Testo della relazione tenuta al convegno "Forma Design Prodotti", Università di Parma, 24 ottobre 2008
Il Giurì del Design è un riuscito esempio di sussidiarietà nel settore della tutela dei diritti e della regolamentazione della competizione economica tra imprese.

Confindustria e ADI (Associazione per il Disegno Industriale) hanno infatti deciso di dar vita nel 1992 a una struttura che in qualche modo colmasse le inadeguatezze e le contraddizioni di un sistema legislativo e di una interpretazione giuresprudenziale di esso non particolarmente favorevoli alla tutela del design.

La soluzione del problema è arrivata insomma non dalle leggi dello Stato, ma dal basso attraverso la costituzione di un organismo nel quale importanti design, imprenditori e giuristi esperti in materia hanno dato vita a una reazione per la tutela del design e si sono innanzitutto dotati di un Codice di Autodisciplina.

Il Codice di Autodisciplina è la base di tutto.

In esso hanno trovato spazio due elementi che stentano ad essere riconosciuti dall’ordinamento dello Stato.

Certamente dal 1992 ad oggi molte leggi hanno tutelato il design ma i due elementi principali del Codice di Autodisciplina del Design sono ancora all’avanguardia rispetto alla legislazione in materia.

I due elementi sono una definizione moderna di design e la individuazione dei comportamenti scorretti.

Tutto il Codice di Autodisciplina del Design si fonda sul semplice principio che le creazioni di disegno industriale devono essere realizzate con prestazioni proprie senza imitazioni o comportamenti sleali.

I punti fondamentali del codice sono dunque la definizione di disegno industriale e l’individuazione dei comportamenti sleali.

Per il Codice di Autodisciplina l’espressione disegno industriale indica l’ideazione, la progettazione, la produzione e la comunicazione di oggetti, strumenti, macchine, parti o accessori disegni di superficie o altro, secondo forme esteticamente e funzionalmente coerenti. Prodotto è ogni risultato dell’attività di disegno industriale.

E sempre secondo il Codice di Autodisciplina sono considerati sleali e devono essere evitati l’imitazione o lo sfruttamento abusivo senza causa del risultato del lavoro altrui.

In particolare è considerata sleale la ripresa di un’altrui prestazione senza apporto originale o innovativo con sfruttamento del risultato del lavoro altrui.

L’imitazione e lo sfruttamento sistematico delle forme delle linee, dei colori e comunque degli elementi significativi degli oggetti e di disegno industriale deve essere evitato e il principio va applicato con particolare rigore allorché i comportamenti imitativi possano trarre in inganno il consumatore sulla provenienza dei prodotti.

Sulla base di questi semplici principi il Giurì del Design ha emesso nel corso degli anni decine e decine di determinazioni in merito ai prodotti più disparati.

Si è pronunciato in materia di sedute per uso domestico e per comunità, sgabelli, tavoli, letti, biancheria, contenitori per archiviazione, contenitori di sicurezza, sistemi di mobili per ufficio, per il bagno, imbottiti, lampade, lampioni, bilance pesapersone e da cucina, forni, vasche da bagno, porte, posate, bicchieri, maniglie, cassettiere, materiali da rivestimento, giochi per bambini, lampade abbronzanti, yachts, arredo urbano, contenitori per alimenti, etc.

L’esigenza di dare una risposta immediata alle esigenze del mondo imprenditoriale che lamentava e tuttora lamenta una scarsa tutela del frutto del lavoro di studio, di ricerca e di sviluppo che si cristallizza in un’opera di design è venuta insomma dallo stesso mondo imprenditoriale e dei designers.

È nato così il Giurì del Design che è lo strumento più idoneo oggi a fare chiarezza nelle controversie del design.

La competenza del Giurì è una competenza per materia e la sua valutazione è una valutazione organica multidisciplinare.

Esso è infatti composto da uomini che rappresentano il mondo imprenditoriale, il mondo del design e il mondo del diritto, i quali tutti assieme risolvono ogni caso discutendone assieme.

A quanto io ricordi tutte le decisioni del Giurì sono state prese all’unanimità.

Fatto forse ancora più importante è che le decisioni del Giurì vengono prese in tempi brevi, eccezionalmente brevi se si confrontano con i tempi della giustizia ordinaria.

Lo spontaneo adeguamento delle parti alla determinazione del Giurì è quasi una regola. Nei pochissimi casi in cui le questioni sono poi comunque state trascinate dalle parti anche in Tribunale dopo essere state trattate avanti al Giurì, la determinazione del Giurì ha assunto il valore di un parere pro veritate obbiettivo ed autorevole.

Senza poi dire che il costo dell’attività del Giurì è veramente contenuto dato che i suoi membri operano volontariamente senza alcun compenso.

Dalla collaborazione in un unico organo tra designer imprenditori e giuristi sono nate delle idee e delle prassi di giudizio che hanno approfondito notevolmente il discorso intorno alla tutela del design.

Da un lato i designer hanno fatto esperienza dei problemi legati al conflitto tra soggetti, che chiedono la tutela dei propri diritti, d’altro lato i giuristi hanno potuto valutare più da vicino il fenomeno del design avvicinandosi alla comprensione del momento della creazione delle opere del design e del loro valore.

Con ciò è nata la coscienza che non si può parlare di tutela del design come normalmente avviene in ambito giuridico e cioè come se si trattasse di un problema unicamente di tutela della forma del prodotto industriale.

Il design è molto più che la forma del prodotto.

Il design è infatti tutta l’attività di progettazione di ideazione di produzione di comunicazione di ogni oggetto industriale.

Tutta quanta l’attività merita tutela.

L’aspetto positivo dell’opera svolta dal Giurì risiede oltre che nella tutela dell’originalità di un’opera di design anche nell’incentivo alla creatività dei designer affinché pervengano allo studio e alla creazione di nuove opere.

Il Giurì infatti sanziona la mera riproduzione o sfruttamento dell’altrui lavoro e non il fatto che un’opera altrui possa fungere da ispirazione per la creazione di un’altra opera che si caratterizzi in ogni caso per un certo grado di novità creatività e originalità.

Un concetto che nell’elaborazione giurisprudenziale del Giurì è venuto assumendo un ruolo determinante è quello di “rispettosa distanza” tra due progetti.

Dando infatti per pacifico il fatto che è sempre più difficile concepire delle novità assolute in un mestiere che è costretto ad obbedire a logiche di mercato, la ricerca di una distanza dovuta che il Giurì chiama rispettosa è il metro che può consentire di distinguere ciò che può essere consentito da ciò che non è consentito tra progettisti.

Il Giurì del design ed il Codice di Autodisciplina del Design nascono quindi non solo dalla volontà di tutelare il design ma anche dalla volontà degli stessi designers di darsi delle regole, perché il design possa continuare ad esistere ed ad espandersi anche dopo aver superato gli anni gloriosi dei pioneri ed essendo giunto negli anni della globalizzazione.

E come il design si allarga ad ogni settore così per la sua tutela il Giurì del Design deve essere pronto ad estendere la propria attività intervenendo anche in via preventiva, prima dell’insorgere di un conflitto, per tutelare tutti gli utilizzatori e non solo i protagonisti del mondo del design.

Il Giurì del Design è un riuscito esempio di sussidiarietà nel settore della tutela dei diritti e della regolamentazione della competizione economica tra imprese.

Confindustria e ADI (Associazione per il Disegno Industriale) hanno infatti deciso di dar vita nel 1992 a una struttura che in qualche modo colmasse le inadeguatezze e le contraddizioni di un sistema legislativo e di una interpretazione giuresprudenziale di esso non particolarmente favorevoli alla tutela del design.

La soluzione del problema è arrivata insomma non dalle leggi dello Stato, ma dal basso attraverso la costituzione di un organismo nel quale importanti design, imprenditori e giuristi esperti in materia hanno dato vita a una reazione per la tutela del design e si sono innanzitutto dotati di un Codice di Autodisciplina.

Il Codice di Autodisciplina è la base di tutto.

In esso hanno trovato spazio due elementi che stentano ad essere riconosciuti dall’ordinamento dello Stato.

Certamente dal 1992 ad oggi molte leggi hanno tutelato il design ma i due elementi principali del Codice di Autodisciplina del Design sono ancora all’avanguardia rispetto alla legislazione in materia.

I due elementi sono una definizione moderna di design e la individuazione dei comportamenti scorretti.

Tutto il Codice di Autodisciplina del Design si fonda sul semplice principio che le creazioni di disegno industriale devono essere realizzate con prestazioni proprie senza imitazioni o comportamenti sleali.

I punti fondamentali del codice sono dunque la definizione di disegno industriale e l’individuazione dei comportamenti sleali.

Per il Codice di Autodisciplina l’espressione disegno industriale indica l’ideazione, la progettazione, la produzione e la comunicazione di oggetti, strumenti, macchine, parti o accessori disegni di superficie o altro, secondo forme esteticamente e funzionalmente coerenti. Prodotto è ogni risultato dell’attività di disegno industriale.

E sempre secondo il Codice di Autodisciplina sono considerati sleali e devono essere evitati l’imitazione o lo sfruttamento abusivo senza causa del risultato del lavoro altrui.

In particolare è considerata sleale la ripresa di un’altrui prestazione senza apporto originale o innovativo con sfruttamento del risultato del lavoro altrui.

L’imitazione e lo sfruttamento sistematico delle forme delle linee, dei colori e comunque degli elementi significativi degli oggetti e di disegno industriale deve essere evitato e il principio va applicato con particolare rigore allorché i comportamenti imitativi possano trarre in inganno il consumatore sulla provenienza dei prodotti.

Sulla base di questi semplici principi il Giurì del Design ha emesso nel corso degli anni decine e decine di determinazioni in merito ai prodotti più disparati.

Si è pronunciato in materia di sedute per uso domestico e per comunità, sgabelli, tavoli, letti, biancheria, contenitori per archiviazione, contenitori di sicurezza, sistemi di mobili per ufficio, per il bagno, imbottiti, lampade, lampioni, bilance pesapersone e da cucina, forni, vasche da bagno, porte, posate, bicchieri, maniglie, cassettiere, materiali da rivestimento, giochi per bambini, lampade abbronzanti, yachts, arredo urbano, contenitori per alimenti, etc.

L’esigenza di dare una risposta immediata alle esigenze del mondo imprenditoriale che lamentava e tuttora lamenta una scarsa tutela del frutto del lavoro di studio, di ricerca e di sviluppo che si cristallizza in un’opera di design è venuta insomma dallo stesso mondo imprenditoriale e dei designers.

È nato così il Giurì del Design che è lo strumento più idoneo oggi a fare chiarezza nelle controversie del design.

La competenza del Giurì è una competenza per materia e la sua valutazione è una valutazione organica multidisciplinare.

Esso è infatti composto da uomini che rappresentano il mondo imprenditoriale, il mondo del design e il mondo del diritto, i quali tutti assieme risolvono ogni caso discutendone assieme.

A quanto io ricordi tutte le decisioni del Giurì sono state prese all’unanimità.

Fatto forse ancora più importante è che le decisioni del Giurì vengono prese in tempi brevi, eccezionalmente brevi se si confrontano con i tempi della giustizia ordinaria.

Lo spontaneo adeguamento delle parti alla determinazione del Giurì è quasi una regola. Nei pochissimi casi in cui le questioni sono poi comunque state trascinate dalle parti anche in Tribunale dopo essere state trattate avanti al Giurì, la determinazione del Giurì ha assunto il valore di un parere pro veritate obbiettivo ed autorevole.

Senza poi dire che il costo dell’attività del Giurì è veramente contenuto dato che i suoi membri operano volontariamente senza alcun compenso.

Dalla collaborazione in un unico organo tra designer imprenditori e giuristi sono nate delle idee e delle prassi di giudizio che hanno approfondito notevolmente il discorso intorno alla tutela del design.

Da un lato i designer hanno fatto esperienza dei problemi legati al conflitto tra soggetti, che chiedono la tutela dei propri diritti, d’altro lato i giuristi hanno potuto valutare più da vicino il fenomeno del design avvicinandosi alla comprensione del momento della creazione delle opere del design e del loro valore.

Con ciò è nata la coscienza che non si può parlare di tutela del design come normalmente avviene in ambito giuridico e cioè come se si trattasse di un problema unicamente di tutela della forma del prodotto industriale.

Il design è molto più che la forma del prodotto.

Il design è infatti tutta l’attività di progettazione di ideazione di produzione di comunicazione di ogni oggetto industriale.

Tutta quanta l’attività merita tutela.

L’aspetto positivo dell’opera svolta dal Giurì risiede oltre che nella tutela dell’originalità di un’opera di design anche nell’incentivo alla creatività dei designer affinché pervengano allo studio e alla creazione di nuove opere.

Il Giurì infatti sanziona la mera riproduzione o sfruttamento dell’altrui lavoro e non il fatto che un’opera altrui possa fungere da ispirazione per la creazione di un’altra opera che si caratterizzi in ogni caso per un certo grado di novità creatività e originalità.

Un concetto che nell’elaborazione giurisprudenziale del Giurì è venuto assumendo un ruolo determinante è quello di “rispettosa distanza” tra due progetti.

Dando infatti per pacifico il fatto che è sempre più difficile concepire delle novità assolute in un mestiere che è costretto ad obbedire a logiche di mercato, la ricerca di una distanza dovuta che il Giurì chiama rispettosa è il metro che può consentire di distinguere ciò che può essere consentito da ciò che non è consentito tra progettisti.

Il Giurì del design ed il Codice di Autodisciplina del Design nascono quindi non solo dalla volontà di tutelare il design ma anche dalla volontà degli stessi designers di darsi delle regole, perché il design possa continuare ad esistere ed ad espandersi anche dopo aver superato gli anni gloriosi dei pioneri ed essendo giunto negli anni della globalizzazione.

E come il design si allarga ad ogni settore così per la sua tutela il Giurì del Design deve essere pronto ad estendere la propria attività intervenendo anche in via preventiva, prima dell’insorgere di un conflitto, per tutelare tutti gli utilizzatori e non solo i protagonisti del mondo del design.