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Il massimale corrisponde alla cifra massima per la quale la Compagnia si obbliga: importi “minimi” e supero degli stessi

Massimale assicurativo
Massimale assicurativo

Sinallagma del contratto assicurativo consta, da una parte, nel versamento nelle casse della Compagnia assicurativa di una determinata cifra (c.d. premio) e, dall’altra, nell’obbligo che quest’ultima si assume nel tenere indenne il contraente al verificarsi di un sinistro: il tutto, indipendentemente dai veicoli e/o soggetti coinvolti, entro una prestabilita cifra massima che prende – per l’appunto – il nome di massimale.

Pertanto, si può definire il massimale come quell’obbligazione indennitaria limitata alle somme contenute entro lo stesso e che circoscrive l’esposizione debitoria dell’assicuratore in relazione ai rischi dedotti in contratto ovvero quel valore massimo di cui la Compagnia assicurativa si fa garante nelle ipotesi di danni materiali riportati alle vetture o alle persone eventualmente coinvolte nel sinistro[1]; da ciò deriva che, ove l’ammontare del danno sia maggiore della somma pattuita, la parte eccedente ricadrà direttamente sul responsabile civile.

La predeterminazione del limite dell’obbligazione indennitaria trova giustificazione per l’impossibilità di calcolare già al momento del contratto la somma che l’assicuratore è tenuto ad erogare per l’avveramento del rischio e, tuttavia, il trascorrere del tempo può rivelarsi un fattore vantaggioso per il debitore per procrastinare la realizzazione delle aspettative di risarcimento del danno[2].

Tale delimitazione, che riflette uno specifico contenuto del contratto assicurativo, si proietta all’esterno della cerchia dei contraenti giacché l’entità del massimale è pienamente opponibile al terzo danneggiato mentre alla Società assicurativa è, invece, preclusa la facoltà di opporre eccezioni fondate sul contratto entro il valore delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione, così come disciplinato nel primo capoverso dell’articolo 18, comma 2, Legge 990/1969 "per l’intero massimale di polizza l’assicuratore non può opporre al danneggiato, che agisca direttamente nei suoi confronti, eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno"[3].

 

  • MASSIMALI “MINIMI”

Le cifre dei massimali vengono aggiornati con cadenza quinquennale in relazione alla variazione percentuale indicata dall’Indice europeo dei prezzi al consumo e, ad oggi[4], sono stabiliti in € 6.070.000 per sinistro in caso di danni alle persone indipendentemente dal numero dei soggetti coinvolti ed in € 1.220.000 per sinistro per i danni alle cose indipendentemente, sempre, dal numero dei soggetti e delle cose danneggiate.

Inoltre, il comma 1 lettera b-bis dell’articolo 128 del Codice delle Assicurazioni Private prevede per i veicoli a motore adibiti al trasporto di persone aventi più di 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente e più pesanti di 5 tonnellate, un importo minimo di copertura pari ad € 15.000.000 per sinistro per i danni alle persone ed € 1.000.000 per sinistro per i danni alle cose, indipendentemente dal numero dei danneggiati.

Naturalmente tali valori si riferiscano alle cifre minime cui un soggetto deve obbligarsi, potendo questo benissimo prediligere – tutelandosi in maniera più solida – stipulare una polizza con massimali superiore a quelli stabiliti dalla legge.

 

  • SUPERO DEL MASSIMALE

Il principio generale per il quale il debito dell’impresa è fin dall’origine contenuto entro un valore prefissato che non può essere oltrepassato senza vulnerare l’autonomia dei contraenti, trova alcune eccezioni giacché il superamento del massimale è ammesso per talune delle spese processuali inerenti al giudizio risarcitorio.

Un esempio ne è la recente Ordinanza n. 109595/2018 della III Sezione della Cassazione Civile in base alla quale la Compagnia assicuratrice, oltre a dovere tenere indenne – entro i limiti del massimale – il proprio contraente dalle cosiddette spese di soccombenza (ovvero dell'esborso che il terzo danneggiato ha dovuto sostenere per far valere le proprie ragioni nel processo), deve farsi carico pure delle spese di resistenza processuali sostenute da questo per resistere alle pretese dei danneggiati anche ove provochino il supero del massimale e purché circoscritte al limite stabilito dall'articolo 1917, comma 3 del Codice civile del 25% della somma assicurata.

La Suprema Corte ha, infatti, precisato che l'assicurato contro i rischi della responsabilità civile allorquando compia un fatto illecito dal quale scaturisca una lite giudiziaria, può andare incontro a 3 differenti tipologie di spese processuali:

  1. "le spese di soccombenza, cioè quelle che egli è tenuto a rifondere alla parte avversa vittoriosa, in conseguenza della condanna alle spese posta a suo carico dal giudice;
  2. le spese di resistenza, cioè quelle sostenute per remunerare il proprio difensore ed eventualmente i propri consulenti, allo scopo di resistere alla pretesa attorea;
  3. le spese di chiamata in causa, cioè quelle sostenute per convenire in giudizio il proprio assicuratore, chiedendogli di essere tenuto in caso di accoglimento della pretesa del terzo danneggiato".

Riassumendo, pertanto, per quanto riguarda le spese di soccombenza, costituendo queste una delle tante conseguenze possibili scaturenti dal fatto illecito, l'assicurato – nei limiti del massimale – ha diritto di ripetizione nei confronti dell'Impresa assicuratrice.

Le spese di resistenza, invece, possono anche eccedere il limite del massimale, nel limite fissato dall'articolo 1917 Codice civile, comma 3. Come affermato nell'ordinanza in discussione dette spese “non costituiscono propriamente una conseguenza del fatto illecito, ma rientrano nel genus delle spese di salvataggio (articolo 1914 Codice civile), in quanto sostenute per un interesse comune all'assicurato ed all'assicuratore”; mentre le spese di chiamata in causa della Compagnia non costituiscono né conseguenze del rischio assicurato né spese di salvataggio ma comuni esborsi processuali soggetti, perciò, alla disciplina degli articoli 91 e 92 Codice procedura civile.

Infine, riprendendo il comma terzo dell'articolo 1917 del Codice civile nell'eventualità in cui al danneggiato sia dovuta una somma superiore al capitale assicurato "le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse".

 

[1] Decreto Legislativo numero 198 del 6 novembre 2007.

[2] Scalfi G., Effetti dell’inflazione sui contratti di assicurazione: alcuni temi giuridici, in RC, 1978, 833 ss.

[3] Fortunato Giuseppe, Assicurazione e responsabilità nella circolazione stradale. Problematiche generali e questioni applicative, Giuffrè Editore, Milano, 2005, 164 ss.

[4] Così entrati in vigore in data 11.06.2017