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Il remote working degli italiani all’estero

L’esperienza irlandese.
Remote working
Remote working

1. l fenomeno del remote working in Irlanda

2. I vari e diversi concern sul remote working in Italia

3. Considerazioni giuridiche e fiscali per la persona fisica (lavoratore dipendente)

4. Considerazioni giuridiche e fiscali per l’impresa (datore di lavoro)

5. Conclusioni

 

1. Il fenomeno del remote working in Irlanda

In Irlanda il remote working – scelta obbligata per tutti a causa dell’emergenza sanitaria – è stato messo in atto in modo semplice e, in linea generale, vissuto con uno spirito positivo dai soggetti coinvolti (datori di lavoro e lavoratori). La tecnologia sempre all’avanguardia e l’informatizzazione di uffici pubblici, imprese e professionisti sul territorio, hanno consentito da un giorno all’altro di effettuare questo passaggio senza difficoltà.

C’è stato tuttavia un risvolto che probabilmente, in una fase iniziale del lockdown, non era stato previsto.

Molti lavoratori dipendenti stranieri in Irlanda – tra i quali, ovviamente, quelli italiani – hanno chiesto al proprio datore di lavoro di poter lavorare in remote working dall’Italia invece che da casa in Irlanda, magari con la possibilità di agganciare periodi ferie in corrispondenza dei mesi estivi.

 

2. I vari e diversi concern sul remote working in Italia

Il mio team di Italian Desk ha ricevuto in questi mesi diverse richieste di assistenza da parte di società irlandesi, preoccupate che la permanenza in Italia dei propri dipendenti in remote working potesse far sorgere obblighi sia giuridici che di natura impositiva, quali ad esempio il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali “italiani” e l’obbligo della ritenuta alla fonte.

I lavoratori dipendenti italiani, a propria volta, hanno richiesto assistenza per capire se lo spostamento in remote working in Italia avrebbe potuto generare obblighi di versamento di imposte o di dichiarazioni fiscali in Italia.

 

3. Considerazioni giuridiche e fiscali per la persona fisica (lavoratore dipendente)

Partiamo dall’ultima questione, quella del lavoratore italiano impiegato in Irlanda. La situazione esaminata è appunto quella in cui il lavoratore si sposti a lavorare in Italia in remote working per un periodo determinato di tempo, e magari fruendo anche di un periodo di ferie sempre in Italia.

Un passaggio fondamentale per individuare l’esistenza di eventuali obblighi impositivi del lavoratore in Italia consiste nel determinarne la residenza.

Le regole sulla residenza tra Irlanda e Italia non differiscono molto.

In Irlanda una persona fisica è considerata residente se trascorre in territorio irlandese un periodo di tempo superiore a 183 giorni in un periodo di imposta oppure più di 280 giorni in due periodi di imposta consecutivi (a condizione che si trascorrano in Irlanda almeno 30 giorni l’anno). In Italia il codice civile dispone che la residenza è il luogo dove la persona ha la sua dimora abituale e tiene conto sia sulla permanenza del soggetto in quel luogo determinato, sia sulla volontà di farlo (elemento soggettivo, quest’ultimo, di rilevanza secondaria).

In linea generale e con qualche approssimazione si può quindi giungere alla conclusione che, nella situazione descritta, e mantenendo il lavoratore italiano la residenza in Irlanda, la permanenza in Italia – in remote working, in ferie, o in entrambe le situazioni – non genera obblighi di versamento di imposte o di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.

 

4. Considerazioni giuridiche e fiscali per l’azienda (datore di lavoro)

I concern delle società irlandesi, quali datori di lavoro, riguardano invece la possibilità che il contratto di lavoro irlandese in essere con il lavoratore italiano possa essere alterato per effetto di norme di legge imperative in vigore in Italia, in ragione della permanenza anche temporanea del lavoratore in remote working sul suolo italiano.

Trai quesiti ricorrenti da parte delle aziende irlandesi vi è quello relativo all’insorgere di obblighi di versamento dei contributi in Italia.

Il fattore tempo è dirimente nella questione del versamento obbligatorio dei contributi, che in linea generale segue il principio della territorialità. Italian Desk ha quindi potuto rassicurare le imprese irlandesi che accettavano di far lavorare i propri dipendenti italiani in remote working in Italia, fornendo loro precise coordinate temporali per fare in modo che non scattassero gli obblighi contributivi.

Altro fattore chiave consiste nel fatto che la società-datore di lavoro sia una società di diritto irlandese e non residente in Italia ai fini fiscali, per evitare obblighi di ritenuta alla fonte in Italia sulla remunerazione del dipendente.

Alcune aziende irlandesi hanno anche formulato quesiti sulla possibilità che la permanenza di lavoratori dipendenti su suolo italiano potesse di fatto configurare un permanent establishment dell’azienda in Italia, con tutte le relative conseguenze.

Su questo punto, può essere utile ricordare che sia la Commissione Europea sia la Corte di Giustizia hanno rispettivamente confermato che il mero fatto di impiegare del personale in uno stato diverso da quello dell’impresa/dato di lavoro non costituisce di per sé prova del fatto che vi sia un permanent establishment in un diverso Paese dell’UE.

 

5. Conclusioni

In conclusione, nei mesi scorsi molti lavoratori dipendenti italiani in Irlanda hanno chiesto e perlopiù ottenuto di lavorare in remote working in Italia.

In linea generale, Italian Desk ha potuto dare rassicurazioni alle aziende irlandesi sull’assenza di conseguenze negative di rilievo sul piano fiscale e giuridico rispetto a tale situazione, che comunque si presentava limitata a periodi temporali tutto sommato contenuti.

Ciò detto, la rassicurazione che personalmente non mi sento di dare è quella sul valore dell’opportunità di trasferirsi all’estero a lavorare in remote working.

Se la prospettiva è per un italiano quella di andare a lavorare all’estero ma in appartamento piuttosto che in ufficio, senza quindi la condivisione culturale e umana che fino a ieri esisteva principalmente nei luoghi di lavoro, possono essere l’incremento di stipendio o il nome di un’azienda importante sul curriculum fattori sufficienti a motivare una tale scelta?