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Il whistleblowing in Italia: quali effetti per il diritto penale?*

Whistleblowing in Italy: which impact on criminal law?
Fiume Reno, 2020
Ph. Mario Lamma / Fiume Reno, 2020

Abstract

Il legislatore italiano ha introdotto, per la prima volta otto anni fa, il whistleblowing nell’ordinamento come strumento per contrastare in modo efficace la corruzione. L’obiettivo di questo elaborato è analizzare l’impatto che questo istituto ha avuto sul diritto penale sostanziale.

Nell’elaborato è stata anche analizzata l’efficacia del whistleblowing utilizzando i dati raccolti dall’Agenzia Nazionale Anticorruzione e dall’associazione Transparency International.

Whistleblowing was introduced in the italian legislation for the first time eight years ago as tool to fight corruption in an effective way. This paper is intended to analyze the impact that whistleblowing had on the italian criminal law.

In the paper was also analyzed the effectiveness using the data gathered by the National Agency against corruption and by Transparency International. 

 

Sommario

1. Premessa. Nozione e finalità del whistleblowing

2. La tutela dell’identità dei whistleblower

3. La responsabilità del segnalante per calunnia e diffamazione

4. Il rapporto tra il whistleblowing e le informazioni coperte da segreto

5. Quale rapporto tra la segnalazione di illeciti e la responsabilità ex art. 40 co. 2 c.p.?

6. Analisi dell’efficacia dell’istituto

 

Summary

1. Introduction. Notion and purpose of whistleblowing

2. Whistleblower’s identity protection

3. Slander and defamation in whistleblower’s report

4. Whistleblowing and informations covered by secret

5. Which relation between whistleblowing an the responsibility stated in art. 40 paragraph 2 of the criminal code?

6. Analysis of the effectiveness of the institution

 

1. Premessa. Nozione e finalità del whistleblowing

Il whistleblowing può essere definito come “un atto eticamente orientato che si caratterizza nel denunciare condotte illecite di cui si viene a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, con l’obiettivo di prevenirle o contribuire ad accertarne le responsabilità se già verificatesi”. [1] Si tratta di un istituto nato e sviluppatosi negli Stati Uniti come strumento di contrasto alle frodi commesse ai danni del governo federale da parte delle società appaltatrici, e agli atti illeciti commessi dalle società quotate in borsa, tutelando dalle ritorsioni contro i dipendenti di queste che segnalano alle autorità competenti i suddetti illeciti. Dagli Stati Uniti l’istituto si è poi diffuso negli altri sistemi di common law e recentemente è stato trapiantato anche nell’ordinamento italiano.

La ricezione del whistleblowing da parte del legislatore italiano è avvenuta in seguito alla pressione delle associazioni di cittadinanza attiva, come Transparency International, e alla sottoscrizioni di numerose convenzioni internazionali anticorruzione, tra cui le più importanti sono la Civil law convention against corruption del Consiglio di Europa del 1999 e la Convenzione di Mérida del 2003, che impegnano gli stati che le hanno sottoscritte ad adottare degli strumenti per tutelare i dipendenti che segnalano illeciti, nel quadro di un approccio di prevenzione del fenomeno corruttivo dato che l’approccio esclusivamente repressivo aveva dimostrato di essere limitato e inefficace. [2]

Il legislatore italiano è intervenuto per la prima volta sull’argomento con la legge 190/2012 che ha modificato il d.lgs. 165/2001 aggiungendo l’art. 54-bis. La norma ha stabilito la nullità del licenziamento e delle altre misure ritorsive (come atti di mobbing, bossing, mancate promozioni, demansionamento, trasferimento ingiustificato ad altra sede etc.) inflitte al dipendente pubblico che avesse segnalato al superiore gerarchico o denunciato alla magistratura attività o comportamenti illegali, irregolari o immorali di cui fosse venuto a conoscenza nell’esercizio delle proprie mansioni lavorative. [3] Il provvedimento era stato giudicato unanimemente come limitato e insufficiente soprattutto per quanto riguardava l’ambito di applicazione soggettivo, limitato ai soli dipendenti pubblici, che oltre ai lavoratori del settore privato escludeva anche i collaboratori, i consulenti, e i dipendenti delle imprese appaltatrici della pubblica amministrazione, e non menzionava i dipendenti degli enti pubblici economici e quelli degli enti privati sottoposti pubblico. Il legislatore per questo motivo è intervenuto nuovamente sulla materia con la legge 179/2017 estendendo l’ambito di applicazione dell’articolo 54-bis alle categorie non menzionate nella precedente versione. Il dipendente può quindi denunciare alla magistratura, ordinaria o contabile, o segnalare all’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito ANAC) un fatto o un comportamento illecito di cui sia venuto a conoscenza nel corso dell’esercizio delle proprie mansioni lavorative; la legge si impegna a tutelare la riservatezza del segnalante, nei modi e nei limiti dell’art. 329 c.p.p. nel caso in cui dalla segnalazione scaturisca un procedimento penale, mentre nel caso di un procedimento disciplinare l’identità del segnalante può essere rivelata se necessaria ai fini dell’esercizio del potere disciplinare. La norma si chiude infine stabilendo la sottrazione della denuncia al diritto di accesso civico previsto dalla legge su procedimento amministrativo (legge 241/1990).

La legge 179/2017 ha inoltre esteso la tutela dei whistleblower anche al settore privato modificando l’art. 6 del d.lgs. 231/2001: i modelli di gestione e controllo devono prevedere la presenza di canali per la presentazione, da parte dei dipendenti, di segnalazioni di condotte illecite di cui questi siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. [4] Alla normativa devono uniformarsi quelle società che applicano per l’organizzazione interna il cosiddetto “modello 231” e l’ambito di applicazione soggettivo è limitato ai soli dipendenti delle società. Per poter ottenere la tutela inoltre il whistleblower deve segnalare un comportamento compreso tra i reati che ai sensi del decreto 231, se integrati, comportano la responsabilità degli enti. [5] 

 

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