Indennizzo Legge n. 210/1992 sul danno da emotrasfusioni: profili problematici e recente giurisprudenza

Indennizzo trasfusioni
Indennizzo trasfusioni

Indice

1. Inquadramento della disciplina: il percorso per arrivare alla Legge 210/1992

2. I principi sottesi dalla Legge 210/1992

3. Posizioni giurisprudenziali sulla Legge 210/1992

4. Recenti pronunce sulla Legge 210/1992, in particolare sulla compensatio lucri cum damno

 

1. Inquadramento della disciplina: il percorso per arrivare alla Legge 210/1992

L’indennizzo è stato istituito nel 1992 per creare un sostegno a soggetti danneggiati in modo irreversibile da trasfusioni o somministrazione di emoderivati in contesto di ricovero ospedaliero. Il percorso che ha condotto a questa previsione legislativa necessita di un preventivo richiamo ad una pronuncia della Consulta.

Infatti, nel 1990, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 307, si è pronunciata sull’illegittimità costituzionale della Legge n. 51 del 1966, nella parte in cui non prevedeva un indennizzo per le persone lese dal vaccino antipoliomelitico o dal contagio per assistenza prestata a persona affetta dalla patologia in oggetto. La sentenza si focalizzava sul necessario ausilio economico da riconoscere ai soggetti danneggiati perché essi non si trovassero soli a fronteggiare un vulnus alla loro integrità in nome di una vaccinazione resa obbligatoria.

Questa pronuncia ha avuto un eco significativo e il Legislatore approda nel 1992 alla Legge n. 210: si tratta di un provvedimento volto al più ampio rispetto della tutela della salute e, in questo senso, la legge è stata successivamente perfezionata con interventi specifici in ordine alla protezione dei soggetti danneggiati da trasfusione.

La problematica maggiore risiedeva, soprattutto in tema trasfusionale, nell’assente o carente vaglio dei donatori e del sangue utilizzato in contesto ospedaliero.

Il regolamento di esecuzione della Legge n. 592/67 indicava criteri superficiali per la selezione dei donatori e soltanto con il D.M. 15 gennaio 1991 si sono delineati parametri adeguati. Infine, nel 1994, viene adottato dal Ministero della Salute il “piano sangue” che permette l’autosufficienza nazionale, in tema, con un modus operandi contraddistinto da specifici canoni.

I casi di persone contagiate si sono però moltiplicati nel corso dei decenni e spesso sono state riscontrate, nei pazienti trasfusi, gravi patologie epatiche fino ad ipotesi di decesso per cirrosi o epatocarcinoma. Le attuali conoscenze scientifiche hanno, via via, permesso l’utilizzo di farmaci sempre più avanzati con esiti più fausti per i pazienti.

 

2. I principi sottesi dalla Legge 210/1992

L’indennizzo della Legge 210 sorge con un carattere prettamente assistenziale e non risarcitorio.

Il presupposto, sostenuto anche dalle posizioni della Corte Costituzionale, risiede nel fatto che il vulnus alla salute del soggetto leso si sia verificato nel contesto di una prestazione sanitaria orientata ad uno scopo positivo di conservazione della salute medesima. In questo senso l’indennizzo vuole dare sostegno poiché la persona ha, indubbiamente, subito una menomazione. I principi costituzionali in evidenza, sul punto, risiedono nell’articolo 2 e nell’articolo 32 della Costituzione stessa. Il primo articolo funge da viatico alla solidarietà, mentre il secondo rappresenta il concretizzarsi della tutela della salute umana nel suo omnicomprensivo significato.

 

3. Posizioni giurisprudenziali sulla Legge 210/1992

La giurisprudenza si è dimostrata sempre accorta nell’affrontare il complesso tema esposto ed, in particolare, ha riservato attenzione al termine prescrizionale di 5 anni nel contesto di risarcimento per epatite successiva a trasfusione.

Molto importante è la pronuncia della Sezioni Unite del 2008 n. 581 che si è soffermata sul decorso della prescrizione: rileva dal momento in cui la “malattia viene percepita o può essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo”. Le Sezioni Unite individuavano tale cruciale momento nel giorno nel quale il soggetto leso approntava la domanda per l’indennizzo riconosciuto dalla Legge 210/92. Questa impostazione è stata ribadita da statuizioni della terza sezione civile della Cassazione (tra le quali la n. 20999/2012), mentre, in antecedenza pareva esservi stato un erroneo allontanarsi dall’approccio delle Sezioni Unite 2008, tanto che, sempre la terza sezione, optava per una “percezione” della malattia nel momento delle prime analisi eseguite e dalle quali emergeva poi la diagnosi. Quest’assunto modificava l’iter prescrizionale con significativo sfavore per il danneggiato (sul punto sentenza Cassazione, terza sezione, n. 12445/2012).

Malgrado tutto, le posizioni delle Sezioni Unite sono state ampiamente ossequiate in successive pronunce tanto che un’illuminante sentenza, sempre del 2012, ha specificato come “la consapevolezza della malattia non significa affatto acquisizione anche della consapevolezza della riconducibilità del suo stato morboso alla trasfusione subita”, integrandosi perciò la piena contezza solo in un momento successivo qualora si fosse chiaramente disvelato il nesso tra la drammatica situazione patologica e la trasfusione subita (Cassazione, n. 23320/2012). Di fatto l’iter prescrizionale non ha subito, in questo modo, nessun profilo di svantaggio per i danneggiati.

 

4. Recenti pronunce sulla Legge 210/1992, in particolare sulla compensatio lucri cum damno

La giurisprudenza si è sempre mostrata attenta a questo delicato tema e, in ordine al rapporto tra la Legge 210 del 1992 e il complesso argomento della compensatio lucri cum damno, pare necessario un vaglio accorto.

Sulla questione della compensatio, si riscontrano quattro sentenze delle Sezioni Unite del 2018 (sentenze nn. 12564, 12565, 12566, 12567) foriere di indiscussi profili di innovazione e chiarimento.

Per l’indennizzo ex lege 210, in definitiva interpretazione, si è giunti allo scomputo dell’indennizzo ex lege 210/92 da eventuali risarcimenti del danno. L’obiettivo è stato quello di scongiurare un indebito arricchimento in capo allo stesso soggetto per il medesimo fatto.

In precedenza, qualora vi fossero state posizioni pretensive duplici da parte di un danneggiato, si poteva cumulare risarcimento ed indennità. Questa possibilità era avvallata dalla giurisprudenza che faceva operare la compensatio qualora il danno e il profilo di incremento avessero origine dallo stesso fatto illecito. Per l’inverso, non vi poteva essere compensatio quando l’aspetto vantaggioso derivasse da titoli distinti rispetto all’illecito.

Oggi, secondo la visione giurisprudenziale aggiornata, l’occhio di riguardo deve volgere al profilo sostanziale e, pertanto, necessita indagare con cura sul collegamento esistente tra l’obbligazione sorta e l’attribuzione patrimoniale. La compensatio incontra un percorso di analisi critica da parte degli interpreti al fine di comprendere se il beneficio attribuito abbia o meno compatibilità con il risarcimento.

Si tratta di un approccio sostanzialistico molto più concreto che ben si sposa con le prospettive attuali imposte dalla dottrina europea. Sempre la Cassazione, recentemente, si è incentrata sull’annoso tema e, in definitiva ha ribadito il concetto summenzionato con un profilo chiarificatore che rende l’indagine sul nesso tra obbligazione e attribuzione patrimoniale molto più significativa (sul punto Cassazione, sezione III, ord. n. 4309/2019).

In ordine alla legge n. 210, quindi, come già espresso, avviene lo scomputo dell’indennizzo dal risarcimento con obiettivi che vogliono evitare indebiti arricchimenti.

Tutto questo è ampiamente comprensibile sotto il profilo della riflessione giuridica, ma non devono essere tralasciate le dinamiche personali dei soggetti danneggiati, lesi fisicamente e moralmente da patologie complesse a causa di trasfusioni effettuate in carenza di severi e doverosi controlli sul sangue, che solo recentemente sono stati approntati in modo accorto e significativo.

Letture consigliate:

Sentenza Corte Costituzionale n. 307/1990

Sentenza S.U. Cassazione n. 581/2008

Sentenza, sezione III, Cassazione, n. 23320/2012

Ordinanza, sezione III, Cassazione, n. 4309/2019