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Informazione ambientale e diritto di accesso: normativa in ambito nazionale e comunitario

Le problematiche afferenti l’informazione ambientale e l’accesso a dette informazioni riveste oggi una peculiare importanza in quanto, parallelamente all’aggravamento delle questioni ambientali e alla presa di coscienza delle complessità delle soluzioni, si è sviluppata la necessità di informare i cittadini su tali argomenti per sensibilizzarli e, al contempo, contribuire alla crescita della consapevolezza, ma soprattutto della responsabilità individuale e collettiva.

Il tema della partecipazione, dell’accesso all’informazione e della comunicazione ambientale, rappresenta, pertanto, un riferimento sempre più presente nel quadro normativo e programmatico comunitario, internazionale e nazionale dello sviluppo sostenibile.

Emerge chiaramente che per far fronte in maniera efficace ai problemi ambientali e perseguire uno sviluppo economico e sociale sostenibile, in grado di preservare l’ambiente in cui viviamo e garantirlo alle generazioni future, i governi e le amministrazioni debbano informare e coinvolgere la collettività nelle decisioni che investono il territorio e la qualità della vita.

Tra le esigenze di tutela ambientale e il diritto all’informazione vi è una stretta interdipendenza: per nessun altro bene o valore come per l’ambiente, la diffusione e la circolazione adeguata delle informazioni e delle conoscenze, anche di carattere tecnico, è indispensabile per una corretta definizione degli oggetti e delle modalità di tutela.

Il diritto all’informazione in materia ambientale è stato, infatti, sancito da numerose convenzioni, atti e leggi a livello nazionale e internazionale.

1.1 Il diritto all’informazione ed il diritto di partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale, è stato oggetto di molte convenzioni internazionali ambientali.

La formulazione di principi di libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale, è avvenuta in prima istanza nelle sedi internazionali, il c.d. “soft-law” in quanto non direttamente vincolante per gli Stati. Fin dalle prime formulazioni, vi è la chiara consapevolezza che non esiste efficace tutela ambientale senza informare e partecipare([1]).

Nel 1972, con l’adozione della Dichiarazione di Stoccolma, per la prima volta la comunità internazionale afferma l’importanza dell’educazione e dell’informazione ambientale quali strumenti essenziali per la tutela e la valorizzazione dell’ ambiente umano([2]).

La Conferenza di Stoccolma organizzata dall’ONU, attraverso un documento di 27 principi, riporta, nel 19°, la necessità di "un’educazione ai problemi ambientali attraverso il senso di responsabilità di singoli e collettività per la protezione e il miglioramento dell’ambiente nella sua piena dimensione umana allo scopo di garantire progresso e sviluppo anche alle generazioni future". La presente dichiarazione è stata approvata il 16 giugno 1972 dai capi delle 110 delegazioni che hanno partecipato alla Conferenza.

Nel rapporto Brundtland, anche denominato “Our common future” (il nostro avvenire per tutti), pubblicato nel 1987, la Commissione Mondiale indipendente per l’Ambiente e lo Sviluppo (CMAS) delle Nazioni Unite dichiarò la necessità di un sistema politico in grado di assicurare l’effettiva partecipazione dei cittadini e delle ONG ai processi ed alle politiche concernenti l’ambiente per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile.

Nello stesso, la Commissione Mondiale per l’Ambiente ha adottato una lista di principi giuridici volti alla protezione dell’ambiente e a uno sviluppo sostenibile, in testa ai quali figura "il diritto fondamentale dell’uomo ad un ambiente sufficiente per assicurare la salute e il suo benessere”.

Durante la “Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo”(UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 luglio 1992, è stato più volte affrontato l’argomento della partecipazione del pubblico al processo legislativo in materia ambientale quale elemento essenziale dello sviluppo sostenibile. La Conferenza, organizzata a vent’anni dalla Conferenza di Stoccolma, rappresenta un evento dall’importanza indiscutibile in quanto rappresenta una tappa decisiva per l’affermazione e la diffusione a livello internazionale del tema del coinvolgimento e della partecipazione della società civile alle decisioni che riguardano l’ambiente. Dopo due anni e mezzo di lavori preparatori, ha dato vita ad alcuni documenti con indubbia rilevanza dal punto di vista del diritto internazionale: la Dichiarazione di Rio composta da 27 principi relativi all’integrazione ambiente-sviluppo e l’Agenda XXI, monumentale programma d’azione in 40 capitoli che individua gli obiettivi dello sviluppo sostenibile definendo gli interventi necessari a realizzarlo.

L’educazione ambientale, dunque, intesa come strumento per la promozione di sistemi di vita e di produzione sostenibili, al fine di garantire un uso delle risorse distribuito equamente tra i popoli e le generazioni presenti e future ([3]). Lo stesso capitolo 8.3 del testo emerso dal summit dell’UNCHE di Rio ritiene necessario un miglioramento dei meccanismi per facilitare il coinvolgimento di tutti i gruppi interessati al processo decisionale.

La Dichiarazione di Salisburgo sulla protezione del diritto all’informazione e alla partecipazione del 3 dicembre 1980 (iniziativa congiunta di due organizzazioni non governative, l’Istituto dei diritti dell’uomo e l’Istituto per una politica europea), può essere considerata il diretto precedente della Convenzione di Aarhus. E’ anch’essa articolata in “tre pilastri”: informazione, partecipazione e tutela giurisdizionale dedicando ampio spazio all’aspetto attivo dell’informazione ambientale e alle politiche di promozione ecologica.

I principi della Dichiarazione di Salisburgo sono stati in un secondo momento meglio elaborati nel quadro delle Nazioni Unite, con la Carta della Natura .

In materia di diritto di accesso all’informazione ambientale, la Carta mondiale della natura, adottata dalle Nazioni Unite il 28 ottobre 1982 con risoluzione 37/7, nel principio 16 dispone che tutti i dati concernenti le strategie di conservazione della natura dovranno essere portati a conoscenza del pubblico tramite mezzi adeguati ed in tempi tali da permettere la consultazione delle informazioni e la partecipazione alle decisioni.

La stessa enuncia determinati obblighi in capo agli Stati e agli individui al fine di mettere in pratica i principi in essa formulati. Indica in particolare che “ogni persona avrà la possibilità in conformità con la legislazione del suo Paese di partecipare, individualmente o con altri, all’elaborazione delle decisioni che riguardano direttamente il suo ambiente e, nel caso lo stesso subisca danni o deterioramento, ella avrà accesso ai mezzi di ricorso per ottenerne riparazione” (principio 23).

Anche la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, adottata a Nairobi il 28 giugno 1981 dalla Conferenza dei Capi di Stato e di Governo dell’Organizzazione dell’Unità Africana, riconoscendo il diritto dei popoli a vivere in un ambiente sano e “favorevole allo sviluppo”, sottolinea all’art. 9 che “tutte le persone hanno diritto di accesso all’informazione” e riconosce a tutti i cittadini il diritto di partecipare liberamente alla direzione degli affari pubblici del proprio Paese (art. 13).

Il diritto degli individui di essere informati e di partecipare ai processi decisionali in materia ambientale, è riconosciuto anche nella Carta europea dell’ambiente e della salute adottata dai Ministri dell’ambiente e della sanità degli stati membri della regione europea dell’organizzazione mondiale della sanità riunitisi per la prima volta a Francoforte il 7-8 dicembre 1989 .

Il primo principio riconosce a ciascun individuo il diritto a disporre di un ambiente tendente al più elevato livello raggiungibile di salute e benessere. Viene altresì riconosciuto il diritto ad ogni cittadino di essere informato e consultato su decisioni ed iniziative suscettibili di influire sull’ambiente e sulla salute e di partecipare ai processi decisionali in materia ambientale.

Veniva così firmata nel 1990 la Carta Europea di Parigi con la quale la comunità internazionale si impegnava a promuovere la consapevolezza e l’educazione dell’opinione pubblica in merito all’ambiente, alla pubblica informazione dell’impatto ambientale delle politiche, dei progetti e dei programmi. Sempre nello stesso anno si tenne il Forum di Siena sul diritto internazionale dell’ambiente in occasione del quale venne indicata la necessità non solo, di favorire il miglioramento della raccolta, dell’elaborazione e della divulgazione dei dati in materia ambientale, ma anche di sviluppare una politica di istruzione ambientale per consentire la partecipazione effettiva e l’assolvimento delle responsabilità individuali riguardo all’ambiente.

Da ricordare in materia di accesso all’informazione ambientale è inoltre la Convenzione di Parigi del 1992 per la protezione dell’ambiente marino del Nord est dell’Atlantico.

In essa, l’art. 9 conferisce agli individui ed alle altre persone interessate il diritto di ottenere le informazioni richieste che dovranno essere fornite a prescindere dalla prova di un effettivo interesse da parte del richiedente (paragrafo 1).

Per informazioni, si intendono tutti i dati disponibili riguardo allo stato dell’area marina, alle attività che la danneggiano e a quelle che potrebbero farlo potenzialmente. Vengono inoltre anche elencati i casi in cui le parti contraenti possano respingere la richiesta di informazioni.

I principi della Dichiarazione di Rio de Janeiro 1992 in materia di accesso all’informazione ambientale e partecipazione ai processi decisionali, sono stati poi ripresi, senza sostanziali novità, dal par. 119-ter del Piano di Attuazione redatto nel corso del Vertice mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (World Summit on Sustainable Development) tenutosi a Johannesburg (Sudafrica) dal 26 agosto al 4 settembre 2002 ([4]).

Lo stesso Piano di attuazione ritiene necessario “assicurare l’accesso al livello nazionale, all’informazione ambientale e ai procedimenti giudiziari e amministrativi in materia ambientale per promuovere il principio 10 della Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo”.

Il documento che sancisce a livello internazionale il diritto all’informazione ambientale è sicuramente la Convenzione di Aarhus sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico e sul ricorso alla giustizia in materia ambientale. Firmata ad Aarhus (Danimarca) il 25 giugno del 1998 e ratificata dalla Repubblica italiana con L. 16 marzo 2001 n. 108, è entrata in vigore il 30 ottobre 2001, data in cui è stato raggiunto il numero minimo di ratifiche previsto dall’accordo. E’ stata ratificata da 39 Parti aderenti all’UN/ECE (Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite), fra le quali la Comunità Europea (con decisione del Consiglio n. 370 del febbraio 2005), e la maggioranza dei suoi Stati membri.

La Convenzione, le cui trattative per la formulazione del testo sono iniziate a Ginevra nel giugno del 1996, con la partecipazione di numerose organizzazioni non governative, sancisce un’importante saldatura tra la salvaguardia dell’ambiente e il diritto all’informazione e alla partecipazione democratica

Il processo di ratifica della convenzione ha dato inizio ad una procedura di adeguamento della legislazione comunitaria ai requisiti in essa contenuti con un innegabile impulso sulla normativa comunitaria in materia di informazione ambientale.

Da un lato la Convenzione di Aarhus ha assunto la normativa comunitaria come base di partenza delle sue decisioni, ampliandola notevolmente, proprio a seguito di quest’ampliamento, dall’altro la Commissione ha provveduto ad adeguare il diritto comunitario ai nuovi standard di accesso all’informazione ambientale attraverso la direttiva CE 2003/4.

La necessità di migliorare l’accesso all’informazione in materia ambientale caratterizza dunque l’azione comunitaria già nell’ambito del IV programma d’azione CEE del 1987 (1987-1992) che invita a “delineare modi di accesso più agevoli da parte del pubblico alle informazioni in possesso dalle autorità ambientali”([5]). Allo stesso modo il V Programma d’Azione Ambientale Comunitario (1993-2000) si impegna a lavorare prestando particolare attenzione ad alcuni aspetti tra cui una maggiore sensibilizzazione dei cittadini alle tematiche ambientali, garantendo un “accesso più agevole alle informazioni, integrazione del concetto di sviluppo sostenibile nei programmi comunitari di iscrizione e divulgazione dei risultati della politica comunitaria….” .

In Europa dunque il processo che ha assegnato all’informazione ambientale un ruolo sempre più strategico per gli obiettivi di sviluppo sostenibile comincia negli anni ’90 con il Trattato di Maastricht che può essere ritenuto la prima tappa di tale processo. Il Trattato, introducendo il diritto alla trasparenza sul piano comunitario, sancisce all’art. 130 R dell’Atto finale, che la politica comunitaria mira ad un elevato livello di tutela in campo ambientale che poggia le sue basi sul principio di prevenzione e di precauzione: il diritto all’informazione ambientale veniva dunque inquadrato nell’ambito dell’azione preventiva.

L’Atto Unico europeo pone come obiettivo dell’Unione Europea, la promozione di uno sviluppo sostenibile affermando il diritto di accesso del pubblico alle informazioni di cui dispongono le istituzioni. A partire da tale documento il quadro normativo e programmatico comunitario in materia ambientale ha conosciuto un crescente sviluppo con l’obiettivo di orientare le politiche degli Stati membri, sottolineando l’obbligo ma anche la necessità per Stati membri e le amministrazioni ai vari livelli di sviluppare politiche e strategie d’informazione affinché i cittadini possano ricevere le informazioni necessarie sulle tematiche ambientali.

La direttiva 90/313/CEE, emanata dal Consiglio nel 1990 nel dare attuazione al IV programma d’Azione delle Comunità Europee([6]), sulla libertà di accesso all’informazione in materia ambientale, è stata il primo strumento legislativo a livello internazionale a riconoscere un diritto di accesso all’informazione in tale materia.

La direttiva si propone dunque di garantire l’accesso alle informazioni in materia ambientale in possesso delle autorità pubbliche e la loro diffusione stabilendo altresì i termini e le condizioni fondamentali in base ai quali siffatte informazioni devono essere rese reperibili.

In data 28 gennaio 2003, in materia di accesso, il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva n. 2003/4/CE (abrogativa della direttiva 90/313).

La direttiva attua pienamente quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus in materia di informazione ambientale, ed anzi in alcuni casi ne amplia la portata, sia sotto il profilo “soggettivo”(definizione di autorità pubblica), sia sotto quello “oggettivo”(nozione di informazione ambientale da rendere accessibile e diffondere)([7]). Viene ampliato e rafforzato l’esercizio del diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale e si intende proseguire l’adeguamento della legislazione comunitaria in materia in attesa del completo recepimento della stessa da parte delle istituzioni comunitarie.

1.2 La norma di riferimento per l’analisi del diritto di accesso all’informazione in materia ambientale nell’ordinamento interno è rappresentato dall’art. 14 della L. 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente.

Essa rappresenta la prima legge organica in Italia sulla protezione dell’ambiente e i suoi rapporti con gli altri ministeri e gli altri organi della Pubblica Amministrazione([8]).

In particolare l’art. 14 comma 3 della presente legge recita come segue: “Qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili, in conformità delle leggi vigenti, presso gli uffici della pubblica amministrazione e può ottenere copia previo rimborso delle spese effettive di ufficio il cui importo è stabilito con atto dell’amministrazione interessata”.

Solo con il decreto legislativo n. 39 del 24 febbraio 1997 viene data attuazione ai principi comunitari in materia di accesso all’informazione ambientale, insiti nella citata direttiva 90/313.

Il d.lgs. 39/1997, ma ancor prima la legge 349/1986, ha derogato alla disciplina generale del diritto di accesso di cui alla legge 241/1990, ampliandolo sia oggettivamente che soggettivamente, svincolandolo da una particolare posizione legittimante del richiedente, dando per presupposto, considerata la particolare rilevanza del bene in questione, la prevalenza dell’interesse all’informazioni sulle condizioni ambientali, e consentendo in tal modo, il controllo diffuso su tali beni([9]).

Dunque, il diritto di accesso viene riconosciuto a chiunque sia intenzionato ad esercitarlo escludendo qualsivoglia forma di selezione. Si tratterebbe dunque di un “diritto soggettivo perfetto”, spettante a qualunque individuo indipendentemente da particolari qualifiche e presupposti di legittimazione([10]).

1.3 La direttiva 2003/4 in materia di accesso al pubblico all’informazione ambientale è stata recepita a livello nazionale dal D. lgs. n. 195 del 19 agosto 2005.

Il nuovo decreto legislativo attua adesso una sorta di rivoluzione in relazione al ruolo della Pubblica Amministrazione che da fornitore passivo di informazioni, diviene erogatore delle stesse. Infatti, accanto all’art. 3 relativo all’ ”accesso all’informazione ambientale su richiesta”, si aggiungono le disposizioni sulla “diffusione dell’informazione ambientale” di cui all’art. 8. Nello stabilire i principi generali in materia di informazione ambientale, il d. lgs. n. 195/2005, ai sensi dell’art. 1, intende “garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuto dalle autorità pubbliche” stabilendone i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio.



[1]. Cfr. Montanaro, R., “La partecipazione ai procedimenti in materia ambientale”, in Vipiana P.M. (a cura di), Il diritto all’ambiente salubre: gli strumenti di tutela, Milano, Giuffrè, 2005, p. 185.

[2]. Cutillo Fagioli M., “Il diritto di accesso alle informazioni e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale nel diritto internazionale”, in Riv. giur. amb., 3-4/1996, 535.

[3]. Brutti N., Il diritto all’informazione ambientale, Torino, Giappichelli, 2005, 63 ss.

[4]. Marchisio S., “Il diritto internazionale ambientale da Rio a Johannesburg”, in Del Vecchio A., Dal Ri A.J. (a cura di), Il diritto internazionale dell’ambiente dopo il vertice di Johannesburg, Editoriale Scientifica, 2005, 30 ss.

Per approfondimento si veda R. Giuffrida “Lo sviluppo sostenibile:i caratteri delle norme internazionali e il loro operare nella soluzione delle controversie” in Studi di Diritto Internazionale in onore di Gaetano Arangio-Ruiz – Editoriale Scientifica.

[5]. Pelosi E., “Rafforzamento dell’accesso all’informazione ambientale alla luce della direttiva 2003/4/CE”, in Riv. Giur. Amb., 1/2004, 25.

32. Pozzato M., “Brevi note in materia di accesso all’informazione ambientale”, in Diritto e giurisprudenza agraria dell’ambiente, 5/1997, 301.

[7]. Fonderico F., “Il diritto di accesso all’informazione ambientale”, in Giornale di diritto amministrativo, 6/2006, 676.

[8]. Montini M., “Il diritto di accesso all’informazione ambientale: la mancata attuazione della direttiva CE 90/313”, in Riv. giur. amb., 2/1997, 328.

[9]. ibidem, cit. pag. 638.

[10]. Brutti N., Il diritto all’informazione ambientale. Profili comparatistici, Torino, Giappichelli, 2005, 64 ss.

Le problematiche afferenti l’informazione ambientale e l’accesso a dette informazioni riveste oggi una peculiare importanza in quanto, parallelamente all’aggravamento delle questioni ambientali e alla presa di coscienza delle complessità delle soluzioni, si è sviluppata la necessità di informare i cittadini su tali argomenti per sensibilizzarli e, al contempo, contribuire alla crescita della consapevolezza, ma soprattutto della responsabilità individuale e collettiva.

Il tema della partecipazione, dell’accesso all’informazione e della comunicazione ambientale, rappresenta, pertanto, un riferimento sempre più presente nel quadro normativo e programmatico comunitario, internazionale e nazionale dello sviluppo sostenibile.

Emerge chiaramente che per far fronte in maniera efficace ai problemi ambientali e perseguire uno sviluppo economico e sociale sostenibile, in grado di preservare l’ambiente in cui viviamo e garantirlo alle generazioni future, i governi e le amministrazioni debbano informare e coinvolgere la collettività nelle decisioni che investono il territorio e la qualità della vita.

Tra le esigenze di tutela ambientale e il diritto all’informazione vi è una stretta interdipendenza: per nessun altro bene o valore come per l’ambiente, la diffusione e la circolazione adeguata delle informazioni e delle conoscenze, anche di carattere tecnico, è indispensabile per una corretta definizione degli oggetti e delle modalità di tutela.

Il diritto all’informazione in materia ambientale è stato, infatti, sancito da numerose convenzioni, atti e leggi a livello nazionale e internazionale.

1.1 Il diritto all’informazione ed il diritto di partecipazione ai processi decisionali in materia ambientale, è stato oggetto di molte convenzioni internazionali ambientali.

La formulazione di principi di libertà di accesso alle informazioni in materia ambientale, è avvenuta in prima istanza nelle sedi internazionali, il c.d. “soft-law” in quanto non direttamente vincolante per gli Stati. Fin dalle prime formulazioni, vi è la chiara consapevolezza che non esiste efficace tutela ambientale senza informare e partecipare([1]).

Nel 1972, con l’adozione della Dichiarazione di Stoccolma, per la prima volta la comunità internazionale afferma l’importanza dell’educazione e dell’informazione ambientale quali strumenti essenziali per la tutela e la valorizzazione dell’ ambiente umano([2]).

La Conferenza di Stoccolma organizzata dall’ONU, attraverso un documento di 27 principi, riporta, nel 19°, la necessità di "un’educazione ai problemi ambientali attraverso il senso di responsabilità di singoli e collettività per la protezione e il miglioramento dell’ambiente nella sua piena dimensione umana allo scopo di garantire progresso e sviluppo anche alle generazioni future". La presente dichiarazione è stata approvata il 16 giugno 1972 dai capi delle 110 delegazioni che hanno partecipato alla Conferenza.

Nel rapporto Brundtland, anche denominato “Our common future” (il nostro avvenire per tutti), pubblicato nel 1987, la Commissione Mondiale indipendente per l’Ambiente e lo Sviluppo (CMAS) delle Nazioni Unite dichiarò la necessità di un sistema politico in grado di assicurare l’effettiva partecipazione dei cittadini e delle ONG ai processi ed alle politiche concernenti l’ambiente per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile.

Nello stesso, la Commissione Mondiale per l’Ambiente ha adottato una lista di principi giuridici volti alla protezione dell’ambiente e a uno sviluppo sostenibile, in testa ai quali figura "il diritto fondamentale dell’uomo ad un ambiente sufficiente per assicurare la salute e il suo benessere”.

Durante la “Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo”(UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 luglio 1992, è stato più volte affrontato l’argomento della partecipazione del pubblico al processo legislativo in materia ambientale quale elemento essenziale dello sviluppo sostenibile. La Conferenza, organizzata a vent’anni dalla Conferenza di Stoccolma, rappresenta un evento dall’importanza indiscutibile in quanto rappresenta una tappa decisiva per l’affermazione e la diffusione a livello internazionale del tema del coinvolgimento e della partecipazione della società civile alle decisioni che riguardano l’ambiente. Dopo due anni e mezzo di lavori preparatori, ha dato vita ad alcuni documenti con indubbia rilevanza dal punto di vista del diritto internazionale: la Dichiarazione di Rio composta da 27 principi relativi all’integrazione ambiente-sviluppo e l’Agenda XXI, monumentale programma d’azione in 40 capitoli che individua gli obiettivi dello sviluppo sostenibile definendo gli interventi necessari a realizzarlo.

L’educazione ambientale, dunque, intesa come strumento per la promozione di sistemi di vita e di produzione sostenibili, al fine di garantire un uso delle risorse distribuito equamente tra i popoli e le generazioni presenti e future ([3]). Lo stesso capitolo 8.3 del testo emerso dal summit dell’UNCHE di Rio ritiene necessario un miglioramento dei meccanismi per facilitare il coinvolgimento di tutti i gruppi interessati al processo decisionale.

La Dichiarazione di Salisburgo sulla protezione del diritto all’informazione e alla partecipazione del 3 dicembre 1980 (iniziativa congiunta di due organizzazioni non governative, l’Istituto dei diritti dell’uomo e l’Istituto per una politica europea), può essere considerata il diretto precedente della Convenzione di Aarhus. E’ anch’essa articolata in “tre pilastri”: informazione, partecipazione e tutela giurisdizionale dedicando ampio spazio all’aspetto attivo dell’informazione ambientale e alle politiche di promozione ecologica.

I principi della Dichiarazione di Salisburgo sono stati in un secondo momento meglio elaborati nel quadro delle Nazioni Unite, con la Carta della Natura .

In materia di diritto di accesso all’informazione ambientale, la Carta mondiale della natura, adottata dalle Nazioni Unite il 28 ottobre 1982 con risoluzione 37/7, nel principio 16 dispone che tutti i dati concernenti le strategie di conservazione della natura dovranno essere portati a conoscenza del pubblico tramite mezzi adeguati ed in tempi tali da permettere la consultazione delle informazioni e la partecipazione alle decisioni.

La stessa enuncia determinati obblighi in capo agli Stati e agli individui al fine di mettere in pratica i principi in essa formulati. Indica in particolare che “ogni persona avrà la possibilità in conformità con la legislazione del suo Paese di partecipare, individualmente o con altri, all’elaborazione delle decisioni che riguardano direttamente il suo ambiente e, nel caso lo stesso subisca danni o deterioramento, ella avrà accesso ai mezzi di ricorso per ottenerne riparazione” (principio 23).

Anche la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, adottata a Nairobi il 28 giugno 1981 dalla Conferenza dei Capi di Stato e di Governo dell’Organizzazione dell’Unità Africana, riconoscendo il diritto dei popoli a vivere in un ambiente sano e “favorevole allo sviluppo”, sottolinea all’art. 9 che “tutte le persone hanno diritto di accesso all’informazione” e riconosce a tutti i cittadini il diritto di partecipare liberamente alla direzione degli affari pubblici del proprio Paese (art. 13).

Il diritto degli individui di essere informati e di partecipare ai processi decisionali in materia ambientale, è riconosciuto anche nella Carta europea dell’ambiente e della salute adottata dai Ministri dell’ambiente e della sanità degli stati membri della regione europea dell’organizzazione mondiale della sanità riunitisi per la prima volta a Francoforte il 7-8 dicembre 1989 .

Il primo principio riconosce a ciascun individuo il diritto a disporre di un ambiente tendente al più elevato livello raggiungibile di salute e benessere. Viene altresì riconosciuto il diritto ad ogni cittadino di essere informato e consultato su decisioni ed iniziative suscettibili di influire sull’ambiente e sulla salute e di partecipare ai processi decisionali in materia ambientale.

Veniva così firmata nel 1990 la Carta Europea di Parigi con la quale la comunità internazionale si impegnava a promuovere la consapevolezza e l’educazione dell’opinione pubblica in merito all’ambiente, alla pubblica informazione dell’impatto ambientale delle politiche, dei progetti e dei programmi. Sempre nello stesso anno si tenne il Forum di Siena sul diritto internazionale dell’ambiente in occasione del quale venne indicata la necessità non solo, di favorire il miglioramento della raccolta, dell’elaborazione e della divulgazione dei dati in materia ambientale, ma anche di sviluppare una politica di istruzione ambientale per consentire la partecipazione effettiva e l’assolvimento delle responsabilità individuali riguardo all’ambiente.

Da ricordare in materia di accesso all’informazione ambientale è inoltre la Convenzione di Parigi del 1992 per la protezione dell’ambiente marino del Nord est dell’Atlantico.

In essa, l’art. 9 conferisce agli individui ed alle altre persone interessate il diritto di ottenere le informazioni richieste che dovranno essere fornite a prescindere dalla prova di un effettivo interesse da parte del richiedente (paragrafo 1).

Per informazioni, si intendono tutti i dati disponibili riguardo allo stato dell’area marina, alle attività che la danneggiano e a quelle che potrebbero farlo potenzialmente. Vengono inoltre anche elencati i casi in cui le parti contraenti possano respingere la richiesta di informazioni.

I principi della Dichiarazione di Rio de Janeiro 1992 in materia di accesso all’informazione ambientale e partecipazione ai processi decisionali, sono stati poi ripresi, senza sostanziali novità, dal par. 119-ter del Piano di Attuazione redatto nel corso del Vertice mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (World Summit on Sustainable Development) tenutosi a Johannesburg (Sudafrica) dal 26 agosto al 4 settembre 2002 ([4]).

Lo stesso Piano di attuazione ritiene necessario “assicurare l’accesso al livello nazionale, all’informazione ambientale e ai procedimenti giudiziari e amministrativi in materia ambientale per promuovere il principio 10 della Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo”.

Il documento che sancisce a livello internazionale il diritto all’informazione ambientale è sicuramente la Convenzione di Aarhus sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico e sul ricorso alla giustizia in materia ambientale. Firmata ad Aarhus (Danimarca) il 25 giugno del 1998 e ratificata dalla Repubblica italiana con L. 16 marzo 2001 n. 108, è entrata in vigore il 30 ottobre 2001, data in cui è stato raggiunto il numero minimo di ratifiche previsto dall’accordo. E’ stata ratificata da 39 Parti aderenti all’UN/ECE (Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite), fra le quali la Comunità Europea (con decisione del Consiglio n. 370 del febbraio 2005), e la maggioranza dei suoi Stati membri.

La Convenzione, le cui trattative per la formulazione del testo sono iniziate a Ginevra nel giugno del 1996, con la partecipazione di numerose organizzazioni non governative, sancisce un’importante saldatura tra la salvaguardia dell’ambiente e il diritto all’informazione e alla partecipazione democratica

Il processo di ratifica della convenzione ha dato inizio ad una procedura di adeguamento della legislazione comunitaria ai requisiti in essa contenuti con un innegabile impulso sulla normativa comunitaria in materia di informazione ambientale.

Da un lato la Convenzione di Aarhus ha assunto la normativa comunitaria come base di partenza delle sue decisioni, ampliandola notevolmente, proprio a seguito di quest’ampliamento, dall’altro la Commissione ha provveduto ad adeguare il diritto comunitario ai nuovi standard di accesso all’informazione ambientale attraverso la direttiva CE 2003/4.

La necessità di migliorare l’accesso all’informazione in materia ambientale caratterizza dunque l’azione comunitaria già nell’ambito del IV programma d’azione CEE del 1987 (1987-1992) che invita a “delineare modi di accesso più agevoli da parte del pubblico alle informazioni in possesso dalle autorità ambientali”([5]). Allo stesso modo il V Programma d’Azione Ambientale Comunitario (1993-2000) si impegna a lavorare prestando particolare attenzione ad alcuni aspetti tra cui una maggiore sensibilizzazione dei cittadini alle tematiche ambientali, garantendo un “accesso più agevole alle informazioni, integrazione del concetto di sviluppo sostenibile nei programmi comunitari di iscrizione e divulgazione dei risultati della politica comunitaria….” .

In Europa dunque il processo che ha assegnato all’informazione ambientale un ruolo sempre più strategico per gli obiettivi di sviluppo sostenibile comincia negli anni ’90 con il Trattato di Maastricht che può essere ritenuto la prima tappa di tale processo. Il Trattato, introducendo il diritto alla trasparenza sul piano comunitario, sancisce all’art. 130 R dell’Atto finale, che la politica comunitaria mira ad un elevato livello di tutela in campo ambientale che poggia le sue basi sul principio di prevenzione e di precauzione: il diritto all’informazione ambientale veniva dunque inquadrato nell’ambito dell’azione preventiva.

L’Atto Unico europeo pone come obiettivo dell’Unione Europea, la promozione di uno sviluppo sostenibile affermando il diritto di accesso del pubblico alle informazioni di cui dispongono le istituzioni. A partire da tale documento il quadro normativo e programmatico comunitario in materia ambientale ha conosciuto un crescente sviluppo con l’obiettivo di orientare le politiche degli Stati membri, sottolineando l’obbligo ma anche la necessità per Stati membri e le amministrazioni ai vari livelli di sviluppare politiche e strategie d’informazione affinché i cittadini possano ricevere le informazioni necessarie sulle tematiche ambientali.

La direttiva 90/313/CEE, emanata dal Consiglio nel 1990 nel dare attuazione al IV programma d’Azione delle Comunità Europee([6]), sulla libertà di accesso all’informazione in materia ambientale, è stata il primo strumento legislativo a livello internazionale a riconoscere un diritto di accesso all’informazione in tale materia.

La direttiva si propone dunque di garantire l’accesso alle informazioni in materia ambientale in possesso delle autorità pubbliche e la loro diffusione stabilendo altresì i termini e le condizioni fondamentali in base ai quali siffatte informazioni devono essere rese reperibili.

In data 28 gennaio 2003, in materia di accesso, il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva n. 2003/4/CE (abrogativa della direttiva 90/313).

La direttiva attua pienamente quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus in materia di informazione ambientale, ed anzi in alcuni casi ne amplia la portata, sia sotto il profilo “soggettivo”(definizione di autorità pubblica), sia sotto quello “oggettivo”(nozione di informazione ambientale da rendere accessibile e diffondere)([7]). Viene ampliato e rafforzato l’esercizio del diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale e si intende proseguire l’adeguamento della legislazione comunitaria in materia in attesa del completo recepimento della stessa da parte delle istituzioni comunitarie.

1.2 La norma di riferimento per l’analisi del diritto di accesso all’informazione in materia ambientale nell’ordinamento interno è rappresentato dall’art. 14 della L. 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente.

Essa rappresenta la prima legge organica in Italia sulla protezione dell’ambiente e i suoi rapporti con gli altri ministeri e gli altri organi della Pubblica Amministrazione([8]).

In particolare l’art. 14 comma 3 della presente legge recita come segue: “Qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili, in conformità delle leggi vigenti, presso gli uffici della pubblica amministrazione e può ottenere copia previo rimborso delle spese effettive di ufficio il cui importo è stabilito con atto dell’amministrazione interessata”.

Solo con il decreto legislativo n. 39 del 24 febbraio 1997 viene data attuazione ai principi comunitari in materia di accesso all’informazione ambientale, insiti nella citata direttiva 90/313.

Il d.lgs. 39/1997, ma ancor prima la legge 349/1986, ha derogato alla disciplina generale del diritto di accesso di cui alla legge 241/1990, ampliandolo sia oggettivamente che soggettivamente, svincolandolo da una particolare posizione legittimante del richiedente, dando per presupposto, considerata la particolare rilevanza del bene in questione, la prevalenza dell’interesse all’informazioni sulle condizioni ambientali, e consentendo in tal modo, il controllo diffuso su tali beni([9]).

Dunque, il diritto di accesso viene riconosciuto a chiunque sia intenzionato ad esercitarlo escludendo qualsivoglia forma di selezione. Si tratterebbe dunque di un “diritto soggettivo perfetto”, spettante a qualunque individuo indipendentemente da particolari qualifiche e presupposti di legittimazione([10]).

1.3 La direttiva 2003/4 in materia di accesso al pubblico all’informazione ambientale è stata recepita a livello nazionale dal D. lgs. n. 195 del 19 agosto 2005.

Il nuovo decreto legislativo attua adesso una sorta di rivoluzione in relazione al ruolo della Pubblica Amministrazione che da fornitore passivo di informazioni, diviene erogatore delle stesse. Infatti, accanto all’art. 3 relativo all’ ”accesso all’informazione ambientale su richiesta”, si aggiungono le disposizioni sulla “diffusione dell’informazione ambientale” di cui all’art. 8. Nello stabilire i principi generali in materia di informazione ambientale, il d. lgs. n. 195/2005, ai sensi dell’art. 1, intende “garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuto dalle autorità pubbliche” stabilendone i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio.



[1]. Cfr. Montanaro, R., “La partecipazione ai procedimenti in materia ambientale”, in Vipiana P.M. (a cura di), Il diritto all’ambiente salubre: gli strumenti di tutela, Milano, Giuffrè, 2005, p. 185.

[2]. Cutillo Fagioli M., “Il diritto di accesso alle informazioni e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale nel diritto internazionale”, in Riv. giur. amb., 3-4/1996, 535.

[3]. Brutti N., Il diritto all’informazione ambientale, Torino, Giappichelli, 2005, 63 ss.

[4]. Marchisio S., “Il diritto internazionale ambientale da Rio a Johannesburg”, in Del Vecchio A., Dal Ri A.J. (a cura di), Il diritto internazionale dell’ambiente dopo il vertice di Johannesburg, Editoriale Scientifica, 2005, 30 ss.

Per approfondimento si veda R. Giuffrida “Lo sviluppo sostenibile:i caratteri delle norme internazionali e il loro operare nella soluzione delle controversie” in Studi di Diritto Internazionale in onore di Gaetano Arangio-Ruiz – Editoriale Scientifica.

[5]. Pelosi E., “Rafforzamento dell’accesso all’informazione ambientale alla luce della direttiva 2003/4/CE”, in Riv. Giur. Amb., 1/2004, 25.

32. Pozzato M., “Brevi note in materia di accesso all’informazione ambientale”, in Diritto e giurisprudenza agraria dell’ambiente, 5/1997, 301.

[7]. Fonderico F., “Il diritto di accesso all’informazione ambientale”, in Giornale di diritto amministrativo, 6/2006, 676.

[8]. Montini M., “Il diritto di accesso all’informazione ambientale: la mancata attuazione della direttiva CE 90/313”, in Riv. giur. amb., 2/1997, 328.

[9]. ibidem, cit. pag. 638.

[10]. Brutti N., Il diritto all’informazione ambientale. Profili comparatistici, Torino, Giappichelli, 2005, 64 ss.