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Intermediari Finanziari e D. Lgs. n. 231/07: aspetti problematici tra vecchi destinatari degli obblighi e nuove disposizioni normative

Le recenti disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007 si inseriscono nel vasto panorama delle fonti in materia di antiriciclaggio, con l’intento di operare una rottura con la rigida e dispersiva verve normativa del recente passato.

Il testo di legge, infatti, si caratterizza per una maggiore chiarezza e linearità dei contenuti e, relativamente a determinate fattispecie, per una semplificazione dei singoli adempimenti, ferme restando le pressanti finalità della disciplina.

E’ opportuno rilevare che modifiche interessanti, sebbene non sostanziali, hanno riguardato la platea dei destinatari dei relativi adempimenti, cristallizzati dai Decreti Ministeriali n. 141, 142 e 143 del 3 febbraio 2006 nelle tre grandi categorie degli intermediari finanziari, dei professionisti e degli operatori non finanziari.

L’elenco degli intermediari finanziari, in particolare, risulta oggi parzialmente modificato rispetto al passato.

Dall’art. 11 del D. Lgs. n. 231/07, rubricato “Intermediari finanziari e altri soggetti esercenti attività finanziaria”, in confronto alle disposizioni contenute nel D.M. n. 142/06, scompare ogni riferimento ai c.d. “intermediari abilitati” e restano escluse le società finanziarie che svolgono prevalentemente attività di finanziamento o di assunzione di partecipazioni, non nei confronti del pubblico, di cui all’art. 113 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 [le c.d. ‘holding pure’], in precedenza contemplate tra i destinatari degli obblighi. Inoltre, accanto agli intermediari è presente un apposito elenco di altri soggetti che svolgono attività finanziaria tra i quali si annoverano intermediari assicurativi, mediatori creditizi, promotori finanziari, etc.

In riferimento alle sopraccitate ‘holding pure’, il dubbio se l’esclusione dagli adempimenti decorresse dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del Decreto [29 dicembre 2007] o se, piuttosto, bisognasse attendere l’emanazione dei decreti attuativi, è stato chiarito dalla Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 dicembre 2007 che considera destinatari degli obblighi antiriciclaggio unicamente i soggetti indicati nelle varie categorie del Decreto.

Si può sostenere, ad ogni buon conto, che il nuovo impianto normativo del D. Lgs. n. 231/07, abbia il pregio di aver tenuto conto dei criteri direttivi impartiti dalla Legge Comunitaria 2005 [che ha stabilito il recepimento della Direttiva 2005/60/CE, attuata dalle nuove disposizioni in commento] circa la necessità di raggruppare categorie omogenee di soggetti affini rispetto all’attività esercitata e ai singoli obblighi da questa derivanti, con evidente vantaggio sulla comprensione delle singole procedure esecutive; d’altro canto il testo di legge sembra aver lasciato irrisolti dubbi e rilievi critici sia rispetto agli adempimenti di alcuni destinatari della normativa sia, più in generale, rispetto a specifiche modalità di effettuazione degli obblighi di collaborazione.

Tali aspetti problematici interessano anche gli intermediari finanziari – sebbene siano depositari dell’impianto normativo contenuto nella c.d. “legge antiriciclaggio” fin dal lontano 1991 – che, insieme ai ‘nuovi’ soggetti interessati all’adempimento degli obblighi, scontano a volte il difettoso coordinamento normativo tra disposizioni antiriciclaggio e disciplina di settore, come pure dubbi interpretativi che riguardano specifici soggetti tenuti in linea di principio all’ottemperanza degli obblighi antiriciclaggio ma esonerati al ricorrere di determinate condizioni.

Tutto questo nonostante la oramai più che decennale vigenza degli adempimenti antiriciclaggio nel circuito bancario e finanziario.

Sul punto, un esempio di come le nuove disposizioni – al pari delle precedenti - prestino il fianco ad alcuni impasse applicativi può essere fornito dalle c.d. società di cartolarizzazione, soggetti la cui attività istituzionale è considerata quale attività di intermediazione finanziaria e, pertanto, destinatari degli obblighi di adeguata verifica della clientela, registrazione e segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio.

In realtà, l’Ufficio Italiano Cambi, con Parere del 5 luglio 2000, ha avuto modo di precisare che tali soggetti, benché intermediari obbligati al rispetto della disciplina, possano ritenersi esclusi dall’applicazione degli obblighi antiriciclaggio laddove pongano in essere operazioni – rientranti nell’ esercizio dell’attività di cartolarizzazione – che non comportano l’apertura di rapporti continuativi con i soggetti interessati.

Il Parere dell’UIC ha continuato ad illuminare ogni altro dubbio in proposito anche all’indomani dell’emanazione dei Decreti Ministeriali n. 141, 142, 143 del 3 febbraio 2006, attuativi delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 56/04, nonché delle istruzioni applicative dell’Ufficio Italiano Cambi [ora Unità di Informazione Finanziaria]; nessuna delle recenti disposizioni, né in via normativa né in via di prassi, ha infatti chiarito la sorte della esatta sussistenza degli obblighi antiriciclaggio in capo alle predette società.

Anche ad oggi, manca una disposizione o un ulteriore chiarimento in proposito e le società di cartolarizzazione, in qualità di soggetti iscritti nell’elenco generale e speciale di cui agli articoli 106 e 107 del Testo Unico Bancario, continuano ad essere contemplate, ora come allora, nell’elenco dei destinatari della normativa di cui all’art. 11, comma 1 del Decreto in parola.

Espliciti chiarimenti in materia potrebbero giungere con le emanande disposizioni attuative del D. Lgs. n. 231/07, atteso che fino a quel momento sembrerebbe trovare ancora applicazione il suddetto Parere in quanto non espressamente abrogato dal Provvedimento della Banca d’Italia del 21 dicembre 2007, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 gennaio 2008.

Sempre sul fronte dell’attività istituzionale degli intermediari finanziari, la neo-rivisitata disciplina antiriciclaggio, a ben guardare, presta il fianco ad ulteriori rilievi critici come quelli del difettoso raccordo, in alcuni passaggi, tra le disposizioni di carattere generale in esso contenute e la normativa di settore.

Un esempio, sul punto, è dato dal difficile rapporto che si profila tra l’obbligo di riservatezza, ovvero tra il ‘divieto di comunicazione’ sull’avvenuta segnalazione, di cui all’art. 46 del D. Lgs. n. 231/07 e la fattispecie di ‘mendacio e falso interno bancario’ prevista dall’art. 137, secondo comma del D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 [Testo Unico Bancario].

Laddove la disposizione antiriciclaggio vieta ai soggetti tenuti all’effettuazione della segnalazione [quindi, nel caso degli intermediari, ai dipendenti e collaboratori che materialmente danno o possono dare esecuzione alle operazioni e ai rapporti continuativi, nonché ai responsabili aziendali antiriciclaggio] e a chiunque ne sia comunque a conoscenza (i) di dare comunicazione della stessa, fuori dai casi previsti dal decreto medesimo; (ii) di comunicare l’avvenuta segnalazione sia al soggetto interessato che a soggetti terzi, punendo tale violazione con l’arresto da sei mesi a un anno o l’ammenda da € 5.000 a € 50.000, il Testo Unico Bancario, al contrario, obbliga il dipendente o chi svolge funzioni di amministrazione o di direzione a comunicare dati o notizie di cui siano a conoscenza in merito alla situazione del soggetto che richiede l’operazione o rapporto continuativo, pena l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda fino ad € 10.000.

Tali ‘storture’ normative rendono chiaramente necessario un intervento pregnante da parte di quegli organismi, istituzionali e di controllo, chiamati a redigere le future disposizioni - sia normative che di prassi – che daranno piena attuazione alla normativa in commento.

Se, pertanto, non si può negare che il nuovo testo di legge abbia, a differenza del passato, gettato le basi di un auspicabile “testo unico in materia di antiriciclaggio” resta il fatto che una disciplina come quella di contrasto al riciclaggio e alla lotta al terrorismo, imponendo ai destinatari il presidio di complesse attività di conoscenza, controllo, formazione e vigilanza sul corretto adempimento degli obblighi, dovrebbe, a sostegno di un generale e inderogabile principio di certezza del diritto e di un necessario coordinamento tra molteplici disposizioni, essere improntato a una più attenta determinatezza e sistematicità, specie se le conseguenze della mancata applicazione dei suddetti obblighi recano con sé immediati e gravi riflessi penali.

Le recenti disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007 si inseriscono nel vasto panorama delle fonti in materia di antiriciclaggio, con l’intento di operare una rottura con la rigida e dispersiva verve normativa del recente passato.

Il testo di legge, infatti, si caratterizza per una maggiore chiarezza e linearità dei contenuti e, relativamente a determinate fattispecie, per una semplificazione dei singoli adempimenti, ferme restando le pressanti finalità della disciplina.

E’ opportuno rilevare che modifiche interessanti, sebbene non sostanziali, hanno riguardato la platea dei destinatari dei relativi adempimenti, cristallizzati dai Decreti Ministeriali n. 141, 142 e 143 del 3 febbraio 2006 nelle tre grandi categorie degli intermediari finanziari, dei professionisti e degli operatori non finanziari.

L’elenco degli intermediari finanziari, in particolare, risulta oggi parzialmente modificato rispetto al passato.

Dall’art. 11 del D. Lgs. n. 231/07, rubricato “Intermediari finanziari e altri soggetti esercenti attività finanziaria”, in confronto alle disposizioni contenute nel D.M. n. 142/06, scompare ogni riferimento ai c.d. “intermediari abilitati” e restano escluse le società finanziarie che svolgono prevalentemente attività di finanziamento o di assunzione di partecipazioni, non nei confronti del pubblico, di cui all’art. 113 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 [le c.d. ‘holding pure’], in precedenza contemplate tra i destinatari degli obblighi. Inoltre, accanto agli intermediari è presente un apposito elenco di altri soggetti che svolgono attività finanziaria tra i quali si annoverano intermediari assicurativi, mediatori creditizi, promotori finanziari, etc.

In riferimento alle sopraccitate ‘holding pure’, il dubbio se l’esclusione dagli adempimenti decorresse dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del Decreto [29 dicembre 2007] o se, piuttosto, bisognasse attendere l’emanazione dei decreti attuativi, è stato chiarito dalla Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 dicembre 2007 che considera destinatari degli obblighi antiriciclaggio unicamente i soggetti indicati nelle varie categorie del Decreto.

Si può sostenere, ad ogni buon conto, che il nuovo impianto normativo del D. Lgs. n. 231/07, abbia il pregio di aver tenuto conto dei criteri direttivi impartiti dalla Legge Comunitaria 2005 [che ha stabilito il recepimento della Direttiva 2005/60/CE, attuata dalle nuove disposizioni in commento] circa la necessità di raggruppare categorie omogenee di soggetti affini rispetto all’attività esercitata e ai singoli obblighi da questa derivanti, con evidente vantaggio sulla comprensione delle singole procedure esecutive; d’altro canto il testo di legge sembra aver lasciato irrisolti dubbi e rilievi critici sia rispetto agli adempimenti di alcuni destinatari della normativa sia, più in generale, rispetto a specifiche modalità di effettuazione degli obblighi di collaborazione.

Tali aspetti problematici interessano anche gli intermediari finanziari – sebbene siano depositari dell’impianto normativo contenuto nella c.d. “legge antiriciclaggio” fin dal lontano 1991 – che, insieme ai ‘nuovi’ soggetti interessati all’adempimento degli obblighi, scontano a volte il difettoso coordinamento normativo tra disposizioni antiriciclaggio e disciplina di settore, come pure dubbi interpretativi che riguardano specifici soggetti tenuti in linea di principio all’ottemperanza degli obblighi antiriciclaggio ma esonerati al ricorrere di determinate condizioni.

Tutto questo nonostante la oramai più che decennale vigenza degli adempimenti antiriciclaggio nel circuito bancario e finanziario.

Sul punto, un esempio di come le nuove disposizioni – al pari delle precedenti - prestino il fianco ad alcuni impasse applicativi può essere fornito dalle c.d. società di cartolarizzazione, soggetti la cui attività istituzionale è considerata quale attività di intermediazione finanziaria e, pertanto, destinatari degli obblighi di adeguata verifica della clientela, registrazione e segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio.

In realtà, l’Ufficio Italiano Cambi, con Parere del 5 luglio 2000, ha avuto modo di precisare che tali soggetti, benché intermediari obbligati al rispetto della disciplina, possano ritenersi esclusi dall’applicazione degli obblighi antiriciclaggio laddove pongano in essere operazioni – rientranti nell’ esercizio dell’attività di cartolarizzazione – che non comportano l’apertura di rapporti continuativi con i soggetti interessati.

Il Parere dell’UIC ha continuato ad illuminare ogni altro dubbio in proposito anche all’indomani dell’emanazione dei Decreti Ministeriali n. 141, 142, 143 del 3 febbraio 2006, attuativi delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 56/04, nonché delle istruzioni applicative dell’Ufficio Italiano Cambi [ora Unità di Informazione Finanziaria]; nessuna delle recenti disposizioni, né in via normativa né in via di prassi, ha infatti chiarito la sorte della esatta sussistenza degli obblighi antiriciclaggio in capo alle predette società.

Anche ad oggi, manca una disposizione o un ulteriore chiarimento in proposito e le società di cartolarizzazione, in qualità di soggetti iscritti nell’elenco generale e speciale di cui agli articoli 106 e 107 del Testo Unico Bancario, continuano ad essere contemplate, ora come allora, nell’elenco dei destinatari della normativa di cui all’art. 11, comma 1 del Decreto in parola.

Espliciti chiarimenti in materia potrebbero giungere con le emanande disposizioni attuative del D. Lgs. n. 231/07, atteso che fino a quel momento sembrerebbe trovare ancora applicazione il suddetto Parere in quanto non espressamente abrogato dal Provvedimento della Banca d’Italia del 21 dicembre 2007, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 gennaio 2008.

Sempre sul fronte dell’attività istituzionale degli intermediari finanziari, la neo-rivisitata disciplina antiriciclaggio, a ben guardare, presta il fianco ad ulteriori rilievi critici come quelli del difettoso raccordo, in alcuni passaggi, tra le disposizioni di carattere generale in esso contenute e la normativa di settore.

Un esempio, sul punto, è dato dal difficile rapporto che si profila tra l’obbligo di riservatezza, ovvero tra il ‘divieto di comunicazione’ sull’avvenuta segnalazione, di cui all’art. 46 del D. Lgs. n. 231/07 e la fattispecie di ‘mendacio e falso interno bancario’ prevista dall’art. 137, secondo comma del D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 [Testo Unico Bancario].

Laddove la disposizione antiriciclaggio vieta ai soggetti tenuti all’effettuazione della segnalazione [quindi, nel caso degli intermediari, ai dipendenti e collaboratori che materialmente danno o possono dare esecuzione alle operazioni e ai rapporti continuativi, nonché ai responsabili aziendali antiriciclaggio] e a chiunque ne sia comunque a conoscenza (i) di dare comunicazione della stessa, fuori dai casi previsti dal decreto medesimo; (ii) di comunicare l’avvenuta segnalazione sia al soggetto interessato che a soggetti terzi, punendo tale violazione con l’arresto da sei mesi a un anno o l’ammenda da € 5.000 a € 50.000, il Testo Unico Bancario, al contrario, obbliga il dipendente o chi svolge funzioni di amministrazione o di direzione a comunicare dati o notizie di cui siano a conoscenza in merito alla situazione del soggetto che richiede l’operazione o rapporto continuativo, pena l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda fino ad € 10.000.

Tali ‘storture’ normative rendono chiaramente necessario un intervento pregnante da parte di quegli organismi, istituzionali e di controllo, chiamati a redigere le future disposizioni - sia normative che di prassi – che daranno piena attuazione alla normativa in commento.

Se, pertanto, non si può negare che il nuovo testo di legge abbia, a differenza del passato, gettato le basi di un auspicabile “testo unico in materia di antiriciclaggio” resta il fatto che una disciplina come quella di contrasto al riciclaggio e alla lotta al terrorismo, imponendo ai destinatari il presidio di complesse attività di conoscenza, controllo, formazione e vigilanza sul corretto adempimento degli obblighi, dovrebbe, a sostegno di un generale e inderogabile principio di certezza del diritto e di un necessario coordinamento tra molteplici disposizioni, essere improntato a una più attenta determinatezza e sistematicità, specie se le conseguenze della mancata applicazione dei suddetti obblighi recano con sé immediati e gravi riflessi penali.