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La classificazione acustica dei territori comunali: le Linee Guida APAT

Pochi mesi fa sono state pubblicate le Linee guida APAT (http://www.apat.gov.it/site/it-IT/APAT/Pubblicazioni/Altre_Pubblicazioni.html) aventi ad oggetto i criteri per la classificazione acustica dei territori comunali. Predisposte dal Dipartimento Stato dell’Ambiente e della Metrologia Ambientale dell’Agenzia, le Linee guida rappresentano il risultato finale della collaborazione tra differenti Agenzie Regionali (ed in particolare: tra ARPA Emilia - Romagna, che ha coordinato i lavori, ARPA Lombardia, ARPA Piemonte, ARPA Sicilia, ARPA Toscana e ARPA Veneto che hanno invece costituito il Gruppo Attuatori). Queste ultime, riunite in Tavoli Tecnici Interagenziali, hanno collaborato alla realizzazione di un progetto comune volto a favorire l’attuazione delle normative di tutela ambientale nel settore acustico.

Le Linee guida costituiscono una rassegna critica e comparativa delle normative regionali e forniscono un utile documento sia per le Regioni che debbono ancora provvedere normativamente in merito, sia per le Regioni che hanno già provveduto ma che potrebbero integrare la propria disciplina.

Classificazione acustica nei territori comunali: attuazione.

La zonizzazione - ovvero la classificazione acustica di una determinata superficie - mira a suddividere il territorio in classi omogenee sulla base dei limiti di rumore, previsti dal d.p.c.m. 14.11.97, in valore assoluto.

Dal censimento eseguito dall’APAT risulta che solamente una minima parte dei Comuni italiani ha provveduto - ad oggi - alla zonizzazione del proprio territorio ai sensi dell’art. 6 c. 1 lett. a) della l. n. 447/95. In attesa della zonizzazione, la giurisprudenza amministrativa ha comunque ritenuto corretta l’applicazione dei limiti assoluti del previgente d.p.c.m. 1.3.91 ed i limiti differenziali di cui all’art. 4 c. 1 del d.p.c.m. 14.11.97 (V. TAR Basilicata, sez. I, sent. n. 5 del 2.1.2008; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. n. 3656 del 24.10.2007; TAR Toscana, sez .II, sent. n. 39 del 24.1.2003; TAR Bologna, Sez. II, sent. n. 634 del 23.11.99).

Dalla rassegna ed analisi della normativa regionale eseguita nel documento dell’Agenzia nazionale sui criteri ufficialmente emanati (e non quindi anche sui documenti ancora da emanare, anche se in fase di avanzata stesura) emerge inoltre come non tutte le Regioni, ma solamente la maggior parte di esse abbiano definito, ai sensi della legge n. 447/95, i criteri in base ai quali i comuni devono provvedere alla classificazione acustica del proprio territorio.

Le Regioni - che secondo APAT - si sono dimostrate “diligenti” hanno fornito i propri criteri di suddivisione delle aree comunali attraverso delibere della giunta regionale, le quali garantiscono una maggiore flessibilità qualora dovessero essere apportate eventuali modifiche ed integrazioni alla materia.

Sempre secondo lo studio eseguito da APAT, la maggior parte delle Regioni non ha previsto vere e proprie norme tecniche di attuazione della classificazione acustica, ma alcune regioni (Emilia - Romagna, Umbria e Campania) hanno precisato che il piano comunale di zonizzazione dovrà essere corredato da una sorta di regolamento che stabilisca le modalità di attuazione del piano medesimo. Al riguardo, l’Emillia Romagna ha ritenuto opportuno che i comuni predispongano una relazione di accompagnamento alla classificazione acustica che disciplini le trasformazioni e le “criticità transitorie”. La zonizzazione viene pertanto a comprendere anche le regole di gestione del territorio e delle eventuali ricadute acustiche conseguenti alle trasformazioni urbanistiche.

Dall’analisi contenuta nelle Linee Guida emerge che quasi tutte le Regioni hanno disposto che i piani di zonizzazione comunali siano: a) depositati per pubblica visione, b) trasmessi a enti ed amministrazioni competenti per eventuali osservazioni e pareri; c) approvati dal Comune. Qualche Regione ha altresì previsto una pubblicazione nei BUR e/o nell’albo pretorio, o addirittura in alcuni giornali o siti web. Solo alcune regioni non hanno prospettato modalità di consultazione e partecipazione dei cittadini durante la definizione del piano: Liguria, Puglia, Abruzzo e Campania (peraltro queste ultime due regioni non hanno ancora emanato un’espressa legge regionale in materia, v. tabella allegata). Probabilmente la scelta è stata determinata dalla stessa natura del piano di zonizzazione acustica che configurerebbe un atto di pianificazione nei confronti del quale non sarebbero individuabili dei diretti contro interessanti (v. TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. n. 746 del 26.6.03; TAR Lombardia, Milano, sez. I, sent. n. 4957 del 11.6.07)

ARPA: il ruolo.

Secondo lo Studio condotto dall’Agenzia nazionale, le varie discipline regionali riconoscono tutte un ruolo alle Agenzie Regionali per l’ambiente. Alcune ritengono necessario il parere tecnico e le osservazioni delle ARPA, altre prevedono che i Comuni si avvalgano o possano avvalersi delle ARPA quale supporto tecnico nella fase di predisposizione dei piani. In altri casi è solamente previsto che venga trasmessa all’Agenzia una copia del piano o la comunicazione dell’avvenuta approvazione dello stesso. Comunque, indipendentemente dalla previsione regionale, spesso le Agenzie operano ugualmente come supporto tecnico (su richiesta specifica o in regime di convenzione) sia dei Comuni che delle Province e delle Regioni in qualità di enti, questi ultimi, eventualmente deputati ad esprimersi sulle zonizzazioni effettuate dai primi. In ogni caso non viene mai messo in discussione il ruolo delle ARPA quale organo tecnico deputato agli accertamenti del superamento dei limiti di emissione (v. TAR Campania, Napoli, sez. V, sent. n. 8851 del 3.10.07; TAR Puglia, Lazio, sez. I, sent. n. 5639 del 4.12.06).

Linee guida: approccio normativo.

Dall’analisi eseguita da APAT delle normative regionali emergono tre tipi di approcci: uno “parametrico” o quantitativo che viene utilizzato sopratutto per identificare le classi intermedie (II, III, IV); uno “non parametrico” o qualitativo, che consiste in un’analisi delle destinazioni d’uso esistenti e/o previste, adottato per lo più nei territori medio/piccoli, ed infine uno “misto” o stagionale, che utilizza procedure quali-quantitative ed è adottato in quelle regioni (come la Liguria, le Marche e l’Abruzzo) i cui territori sono caratterizzati da una significativa fluttuazione stagionale turistica. Il primo ed il terzo criterio, variabili da regione a regione, utilizzano come indici determinati indicatori quali, ad esempio, la densità di popolazione o di esercizi commerciali, delle attività produttive, degli uffici, delle infrastrutture di trasporto.

Pianificazione urbanistica e acustica: connessione.

Sempre secondo le Linee guida, poiché la normativa nazionale prevede una stretta correlazione tra pianificazione urbanistica e acustica (in particolare l’art. 6 della legge 447/95, impone ai Comuni di coordinare le due pianificazioni e l’art. 1 co. 2 del d.p.c.m. 14.11.1997, che definisce le “classi di destinazione d’uso del territorio”, lo conferma), i piani di classificazione dovrebbero essere effettuati in base a criteri che garantiscano livelli di inquinamento da rumore compatibili con la destinazione d’uso e le attività umane svolte. Per questa ragione le varie normative regionali hanno, per lo più, previsto che i comuni debbano prendere spunto dagli stessi Piani Regolatori Comunali, cercando di coordinarli con essi nella creazione di una sorta di Piano Regolatore Acustico.

In particolare, la L.R. n. 15/01 dell’Emilia Romagna ha, conformemente al disposto di legge, incluso fra i suoi obiettivi quello di realizzare una stretta connessione tra normativa urbanistica e zonizzazione, prevedendo che in fase di formazione della suddivisione si operi un raffronto fra stato di fatto e stato di progetto, rendendo evidenti le eventuali conseguenze acustiche di determinate scelte urbanistiche al fine di meglio valutare la sostenibilità ambientale. La Regione ha previsto, peraltro, il frazionamento del territorio comunale in unità territoriali omogenee (UTO) su base urbanistica. A tal fine dovrebbero essere utilizzate basi cartografiche indicative del tessuto urbano esistente e dei suoi usi reali, con riferimento alle tipologie di destinazione d’uso disciplinate dagli strumenti urbanistici e dati socio-demografici aggiornati, nel caso di trasformazioni urbanistiche potenziali, i parameri delle UTO andrebbero individuati con riferimento all’intera zona omogenea definita PRG e non ancora attuata al momento della formazione della classificazione acustica.

Differentemente, la normativa toscana - come peraltro quella umbra, marchigiana e laziale – non ha previsto una così stretta correlazione con la pianificazione urbanistica, ma ha prescritto l’utilizzo delle sezioni di censimento ISTAT (che forniscono informazioni sulla densità della popolazione) come unità minima territoriale, previo controllo per evitare microsuddivioni o suddivisioni non adeguate al territorio. Solo in questo caso di “aggiustamento” delle aree sarebbero richiamati, unitamente ai confini fisici naturali, le zone individuate dal PRG.

Il divieto di contiguità: soluzioni.

Il raffronto eseguito da APAT fra le diverse normative permette di riflettere sulle migliori soluzioni ai differenti problemi applicativi come, ad esempio, il divieto di contiguità di aree con classi che differiscono di più di 5 dBA. L’art. 4 della legge n. 447/95 ha previsto che debba essere adottato un piano di risanamento acustico nel caso in cui non sia possibile rispettare il divieto a causa di preesistenti destinazioni d’uso del territorio, ma non sempre tale proibizione di legge è stata correttamente applicata dai Comuni (il Tribunale Amministrativo per il Veneto, con sentenza n. 187/2007, ha dichiarato ingiustificata la creazione di macroaree, comprendenti parti del territorio del tutto eterogenee fra loro, allo scopo di aggirare il divieto). Naturalmente, tutte le norme regionali recepiscono, almeno formalmente, quanto previsto nell’art. 4, tranne nel caso in cui si sia in presenza di discontinuità morfologiche o urbanistiche in grado di produrre un opportuno abbattimento acustico. Alcune Regioni (tra cui l’Emilia Romagna e l’Abruzzo) hanno previsto però l’adozione di un piano di risanamento acustico qualora sia concretamente accertata la sussistenza, fra le diverse aree, di differenze acustiche, mentre altre Regioni (come: Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Puglia) hanno disposto l’inserimento di fasce cuscinetto, le quali però non permettono una reale corrispondenza con le caratteristiche acustiche del territorio.

Ulteriori temi di confronto.

Sempre secondo le Linee guida, quasi tutte le Regioni, pur riconoscendo che il rumore delle infrastrutture di trasporto è regolato attraverso decreti specifici che introducono le fasce di pertinenza ed i relativi limiti, hanno indicato delle metodiche per classificare le aree prossime alle infrastrutture. E ciò perché la loro presenza è annoverata nella tab. A del d.p.c.m. 14.11.97 tra i parametri che concorrono nella definizione delle varie classi acustiche e comunque rappresenta la maggiore fonte di inquinamento (che influenza, peraltro, l’uso del territorio stesso).

Per quanto riguarda, infine, le scelte della simbologia grafica, nei piani acustici spesso viene utilizzata la norma UNI 9884.

Per concludere.

Ciò che emerge dalle Linee Guida APAT sui criteri di classificazione acustici dei territori comunali è che la zonizzazione non si riduce ad una mera suddivisione in aree caratterizzate da una data attribuzione di valori limite da rispettare, ma rappresenta un importante strumento di gestione del territorio che – attraverso il coordinamento con i criteri della pianificazione urbanistica – consente l’avvio di un processo di risanamento acustico dello stato di fatto e la prevenzione efficace dell’inquinamento da rumore fin dalla fase di progettazione.

Tale conclusione - “suggerita” anche a livello comunitario dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europea, che recentemente si è pronunciata sugli obblighi imposti dalla direttiva 2002/30/CE sul contenimento del rumore negli aeroporti e dalla direttiva 2002/49/CE sulla valutazione e gestione del rumore ambientale (v. es. CGCE, Sez. III, 14 Giugno 2007, causa C 422/05; CGCE, Sez. V, 14 dicembre 2006, Causa C-138/06, CGCE, Sez. V, 7 dicembre 2006, Causa C-78/06) - non può che essere sostenuta a livello nazionale e incentivata a livello locale.

Pertanto non si può che condividere quanto conclusivamente affermato da APAT al termine della propria rassegna critica e comparativa in materia acustica: risulta fondamentale una pressione da parte dell’amministrazione centrale affinché le regioni inadempienti provvedano ad emanare le norme di loro competenza indispensabili per la classificazione del territorio da parte dei Comuni e l’attribuzione di risorse alle Regioni e ai Comuni per l’attivazione alla pianificazione acustica, la cui adozione non può essere ulteriormente rimandata.

Allegato:

REGIONE

/ PROVINCIA RIFERIMENTI

PIEMONTE L.R. n. 52 del 20.10.00 (BUR n. 43 del 25.10.00)

D.G.R. n. 85/3802 del 6.8.01 (BUR n. 33 del 14.8.01)

VALLE D’AOSTA L.R. n. 9 del 29.3.06 (BUR n. 17 del 26.4.06)

D.G.R. n. 3355 del 10.11.06 (BUR n. 5 del 30.1.07)

LOMBARDIA L.R. n. 13 del 10.8.01 (BUR n. 1, SO n. 33 del 13.8.01)

D.G.R. n. VII/9776 del 12.7.02 (BUR n. 29 del 15.7.02)

TRENTO L.P. n. 10 del 11.9.98 (BUR n. 38 del 15.9.98)

D.P.G.P. n. 38-110/Leg. del 26.11.98 (BUR n. 39-111/Leg. del 2.2.99)

D.G.P. n. 14002 del 11.12.98 (BUR n. 5/I-II del 26.1.99)

VENETO L.R. n. 21 del 10.5.99 (BUR n. 42 del 14.5.99)

LIGURIA L.R. n. 12 del 20.3.98 (BUR n. 6 del 15.4.98)

D.G.R. n. 1585 del 23.12.99 (BUR n. 8 del 12.1.00)

EMILIA - ROMAGNA L.R. n. 15 del 9.5.01 (BUR n. 62 del 11.5.01)

D.G.R. n. 2053 del 9.10.01 (BUR n. 155 del 31.10.01)

TOSCANA L.R. n. 89 del 1.12.98 modif. con LR n. 67 del 29.11.04 (BUR n. 48 del 3.12.04)

D.C.R. n. 77 del 22.2.00 (BUR n. 12 del 22.3.00)

UMBRIA L.R. n. 8 del 6.6.02 (BUR n. 27 del 19.6.02)

Regolamento Reg. n. 1 del 13.8.2004 (BUR n. 35 del 25.8.04, SO)

MARCHE L.R. n. 28 del 14.11.01 (BUR n. 137 del 29.11.01)

D.G.R. n. 896 AM/TAM del 24.6.03 (BUR n. 62 del 11.07.03)

LAZIO L.R. n. 18 del 3.8.01 (BUR n. 22 del 10.8.01, SO n. 5)

ABRUZZO Determinazione DF2/188 del 17.11.04 (BUR n. 6 del 28.1.05)

CAMPANIA D.G.R. n. 2436 del 1.8.03 (BUR n. 41 del 15.9.03)

PUGLIA L.R. n. 3 del 12.2.02 (BUR n. 25 del 20.2.02)

SARDEGNA D.G.R. n. 30/9 del 8.7.05 (BUR SS n. 32 del 21.10.05)

Pochi mesi fa sono state pubblicate le Linee guida APAT (http://www.apat.gov.it/site/it-IT/APAT/Pubblicazioni/Altre_Pubblicazioni.html) aventi ad oggetto i criteri per la classificazione acustica dei territori comunali. Predisposte dal Dipartimento Stato dell’Ambiente e della Metrologia Ambientale dell’Agenzia, le Linee guida rappresentano il risultato finale della collaborazione tra differenti Agenzie Regionali (ed in particolare: tra ARPA Emilia - Romagna, che ha coordinato i lavori, ARPA Lombardia, ARPA Piemonte, ARPA Sicilia, ARPA Toscana e ARPA Veneto che hanno invece costituito il Gruppo Attuatori). Queste ultime, riunite in Tavoli Tecnici Interagenziali, hanno collaborato alla realizzazione di un progetto comune volto a favorire l’attuazione delle normative di tutela ambientale nel settore acustico.

Le Linee guida costituiscono una rassegna critica e comparativa delle normative regionali e forniscono un utile documento sia per le Regioni che debbono ancora provvedere normativamente in merito, sia per le Regioni che hanno già provveduto ma che potrebbero integrare la propria disciplina.

Classificazione acustica nei territori comunali: attuazione.

La zonizzazione - ovvero la classificazione acustica di una determinata superficie - mira a suddividere il territorio in classi omogenee sulla base dei limiti di rumore, previsti dal d.p.c.m. 14.11.97, in valore assoluto.

Dal censimento eseguito dall’APAT risulta che solamente una minima parte dei Comuni italiani ha provveduto - ad oggi - alla zonizzazione del proprio territorio ai sensi dell’art. 6 c. 1 lett. a) della l. n. 447/95. In attesa della zonizzazione, la giurisprudenza amministrativa ha comunque ritenuto corretta l’applicazione dei limiti assoluti del previgente d.p.c.m. 1.3.91 ed i limiti differenziali di cui all’art. 4 c. 1 del d.p.c.m. 14.11.97 (V. TAR Basilicata, sez. I, sent. n. 5 del 2.1.2008; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. n. 3656 del 24.10.2007; TAR Toscana, sez .II, sent. n. 39 del 24.1.2003; TAR Bologna, Sez. II, sent. n. 634 del 23.11.99).

Dalla rassegna ed analisi della normativa regionale eseguita nel documento dell’Agenzia nazionale sui criteri ufficialmente emanati (e non quindi anche sui documenti ancora da emanare, anche se in fase di avanzata stesura) emerge inoltre come non tutte le Regioni, ma solamente la maggior parte di esse abbiano definito, ai sensi della legge n. 447/95, i criteri in base ai quali i comuni devono provvedere alla classificazione acustica del proprio territorio.

Le Regioni - che secondo APAT - si sono dimostrate “diligenti” hanno fornito i propri criteri di suddivisione delle aree comunali attraverso delibere della giunta regionale, le quali garantiscono una maggiore flessibilità qualora dovessero essere apportate eventuali modifiche ed integrazioni alla materia.

Sempre secondo lo studio eseguito da APAT, la maggior parte delle Regioni non ha previsto vere e proprie norme tecniche di attuazione della classificazione acustica, ma alcune regioni (Emilia - Romagna, Umbria e Campania) hanno precisato che il piano comunale di zonizzazione dovrà essere corredato da una sorta di regolamento che stabilisca le modalità di attuazione del piano medesimo. Al riguardo, l’Emillia Romagna ha ritenuto opportuno che i comuni predispongano una relazione di accompagnamento alla classificazione acustica che disciplini le trasformazioni e le “criticità transitorie”. La zonizzazione viene pertanto a comprendere anche le regole di gestione del territorio e delle eventuali ricadute acustiche conseguenti alle trasformazioni urbanistiche.

Dall’analisi contenuta nelle Linee Guida emerge che quasi tutte le Regioni hanno disposto che i piani di zonizzazione comunali siano: a) depositati per pubblica visione, b) trasmessi a enti ed amministrazioni competenti per eventuali osservazioni e pareri; c) approvati dal Comune. Qualche Regione ha altresì previsto una pubblicazione nei BUR e/o nell’albo pretorio, o addirittura in alcuni giornali o siti web. Solo alcune regioni non hanno prospettato modalità di consultazione e partecipazione dei cittadini durante la definizione del piano: Liguria, Puglia, Abruzzo e Campania (peraltro queste ultime due regioni non hanno ancora emanato un’espressa legge regionale in materia, v. tabella allegata). Probabilmente la scelta è stata determinata dalla stessa natura del piano di zonizzazione acustica che configurerebbe un atto di pianificazione nei confronti del quale non sarebbero individuabili dei diretti contro interessanti (v. TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. n. 746 del 26.6.03; TAR Lombardia, Milano, sez. I, sent. n. 4957 del 11.6.07)

ARPA: il ruolo.

Secondo lo Studio condotto dall’Agenzia nazionale, le varie discipline regionali riconoscono tutte un ruolo alle Agenzie Regionali per l’ambiente. Alcune ritengono necessario il parere tecnico e le osservazioni delle ARPA, altre prevedono che i Comuni si avvalgano o possano avvalersi delle ARPA quale supporto tecnico nella fase di predisposizione dei piani. In altri casi è solamente previsto che venga trasmessa all’Agenzia una copia del piano o la comunicazione dell’avvenuta approvazione dello stesso. Comunque, indipendentemente dalla previsione regionale, spesso le Agenzie operano ugualmente come supporto tecnico (su richiesta specifica o in regime di convenzione) sia dei Comuni che delle Province e delle Regioni in qualità di enti, questi ultimi, eventualmente deputati ad esprimersi sulle zonizzazioni effettuate dai primi. In ogni caso non viene mai messo in discussione il ruolo delle ARPA quale organo tecnico deputato agli accertamenti del superamento dei limiti di emissione (v. TAR Campania, Napoli, sez. V, sent. n. 8851 del 3.10.07; TAR Puglia, Lazio, sez. I, sent. n. 5639 del 4.12.06).

Linee guida: approccio normativo.

Dall’analisi eseguita da APAT delle normative regionali emergono tre tipi di approcci: uno “parametrico” o quantitativo che viene utilizzato sopratutto per identificare le classi intermedie (II, III, IV); uno “non parametrico” o qualitativo, che consiste in un’analisi delle destinazioni d’uso esistenti e/o previste, adottato per lo più nei territori medio/piccoli, ed infine uno “misto” o stagionale, che utilizza procedure quali-quantitative ed è adottato in quelle regioni (come la Liguria, le Marche e l’Abruzzo) i cui territori sono caratterizzati da una significativa fluttuazione stagionale turistica. Il primo ed il terzo criterio, variabili da regione a regione, utilizzano come indici determinati indicatori quali, ad esempio, la densità di popolazione o di esercizi commerciali, delle attività produttive, degli uffici, delle infrastrutture di trasporto.

Pianificazione urbanistica e acustica: connessione.

Sempre secondo le Linee guida, poiché la normativa nazionale prevede una stretta correlazione tra pianificazione urbanistica e acustica (in particolare l’art. 6 della legge 447/95, impone ai Comuni di coordinare le due pianificazioni e l’art. 1 co. 2 del d.p.c.m. 14.11.1997, che definisce le “classi di destinazione d’uso del territorio”, lo conferma), i piani di classificazione dovrebbero essere effettuati in base a criteri che garantiscano livelli di inquinamento da rumore compatibili con la destinazione d’uso e le attività umane svolte. Per questa ragione le varie normative regionali hanno, per lo più, previsto che i comuni debbano prendere spunto dagli stessi Piani Regolatori Comunali, cercando di coordinarli con essi nella creazione di una sorta di Piano Regolatore Acustico.

In particolare, la L.R. n. 15/01 dell’Emilia Romagna ha, conformemente al disposto di legge, incluso fra i suoi obiettivi quello di realizzare una stretta connessione tra normativa urbanistica e zonizzazione, prevedendo che in fase di formazione della suddivisione si operi un raffronto fra stato di fatto e stato di progetto, rendendo evidenti le eventuali conseguenze acustiche di determinate scelte urbanistiche al fine di meglio valutare la sostenibilità ambientale. La Regione ha previsto, peraltro, il frazionamento del territorio comunale in unità territoriali omogenee (UTO) su base urbanistica. A tal fine dovrebbero essere utilizzate basi cartografiche indicative del tessuto urbano esistente e dei suoi usi reali, con riferimento alle tipologie di destinazione d’uso disciplinate dagli strumenti urbanistici e dati socio-demografici aggiornati, nel caso di trasformazioni urbanistiche potenziali, i parameri delle UTO andrebbero individuati con riferimento all’intera zona omogenea definita PRG e non ancora attuata al momento della formazione della classificazione acustica.

Differentemente, la normativa toscana - come peraltro quella umbra, marchigiana e laziale – non ha previsto una così stretta correlazione con la pianificazione urbanistica, ma ha prescritto l’utilizzo delle sezioni di censimento ISTAT (che forniscono informazioni sulla densità della popolazione) come unità minima territoriale, previo controllo per evitare microsuddivioni o suddivisioni non adeguate al territorio. Solo in questo caso di “aggiustamento” delle aree sarebbero richiamati, unitamente ai confini fisici naturali, le zone individuate dal PRG.

Il divieto di contiguità: soluzioni.

Il raffronto eseguito da APAT fra le diverse normative permette di riflettere sulle migliori soluzioni ai differenti problemi applicativi come, ad esempio, il divieto di contiguità di aree con classi che differiscono di più di 5 dBA. L’art. 4 della legge n. 447/95 ha previsto che debba essere adottato un piano di risanamento acustico nel caso in cui non sia possibile rispettare il divieto a causa di preesistenti destinazioni d’uso del territorio, ma non sempre tale proibizione di legge è stata correttamente applicata dai Comuni (il Tribunale Amministrativo per il Veneto, con sentenza n. 187/2007, ha dichiarato ingiustificata la creazione di macroaree, comprendenti parti del territorio del tutto eterogenee fra loro, allo scopo di aggirare il divieto). Naturalmente, tutte le norme regionali recepiscono, almeno formalmente, quanto previsto nell’art. 4, tranne nel caso in cui si sia in presenza di discontinuità morfologiche o urbanistiche in grado di produrre un opportuno abbattimento acustico. Alcune Regioni (tra cui l’Emilia Romagna e l’Abruzzo) hanno previsto però l’adozione di un piano di risanamento acustico qualora sia concretamente accertata la sussistenza, fra le diverse aree, di differenze acustiche, mentre altre Regioni (come: Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Puglia) hanno disposto l’inserimento di fasce cuscinetto, le quali però non permettono una reale corrispondenza con le caratteristiche acustiche del territorio.

Ulteriori temi di confronto.

Sempre secondo le Linee guida, quasi tutte le Regioni, pur riconoscendo che il rumore delle infrastrutture di trasporto è regolato attraverso decreti specifici che introducono le fasce di pertinenza ed i relativi limiti, hanno indicato delle metodiche per classificare le aree prossime alle infrastrutture. E ciò perché la loro presenza è annoverata nella tab. A del d.p.c.m. 14.11.97 tra i parametri che concorrono nella definizione delle varie classi acustiche e comunque rappresenta la maggiore fonte di inquinamento (che influenza, peraltro, l’uso del territorio stesso).

Per quanto riguarda, infine, le scelte della simbologia grafica, nei piani acustici spesso viene utilizzata la norma UNI 9884.

Per concludere.

Ciò che emerge dalle Linee Guida APAT sui criteri di classificazione acustici dei territori comunali è che la zonizzazione non si riduce ad una mera suddivisione in aree caratterizzate da una data attribuzione di valori limite da rispettare, ma rappresenta un importante strumento di gestione del territorio che – attraverso il coordinamento con i criteri della pianificazione urbanistica – consente l’avvio di un processo di risanamento acustico dello stato di fatto e la prevenzione efficace dell’inquinamento da rumore fin dalla fase di progettazione.

Tale conclusione - “suggerita” anche a livello comunitario dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europea, che recentemente si è pronunciata sugli obblighi imposti dalla direttiva 2002/30/CE sul contenimento del rumore negli aeroporti e dalla direttiva 2002/49/CE sulla valutazione e gestione del rumore ambientale (v. es. CGCE, Sez. III, 14 Giugno 2007, causa C 422/05; CGCE, Sez. V, 14 dicembre 2006, Causa C-138/06, CGCE, Sez. V, 7 dicembre 2006, Causa C-78/06) - non può che essere sostenuta a livello nazionale e incentivata a livello locale.

Pertanto non si può che condividere quanto conclusivamente affermato da APAT al termine della propria rassegna critica e comparativa in materia acustica: risulta fondamentale una pressione da parte dell’amministrazione centrale affinché le regioni inadempienti provvedano ad emanare le norme di loro competenza indispensabili per la classificazione del territorio da parte dei Comuni e l’attribuzione di risorse alle Regioni e ai Comuni per l’attivazione alla pianificazione acustica, la cui adozione non può essere ulteriormente rimandata.

Allegato:

REGIONE

/ PROVINCIA RIFERIMENTI

PIEMONTE L.R. n. 52 del 20.10.00 (BUR n. 43 del 25.10.00)

D.G.R. n. 85/3802 del 6.8.01 (BUR n. 33 del 14.8.01)

VALLE D’AOSTA L.R. n. 9 del 29.3.06 (BUR n. 17 del 26.4.06)

D.G.R. n. 3355 del 10.11.06 (BUR n. 5 del 30.1.07)

LOMBARDIA L.R. n. 13 del 10.8.01 (BUR n. 1, SO n. 33 del 13.8.01)

D.G.R. n. VII/9776 del 12.7.02 (BUR n. 29 del 15.7.02)

TRENTO L.P. n. 10 del 11.9.98 (BUR n. 38 del 15.9.98)

D.P.G.P. n. 38-110/Leg. del 26.11.98 (BUR n. 39-111/Leg. del 2.2.99)

D.G.P. n. 14002 del 11.12.98 (BUR n. 5/I-II del 26.1.99)

VENETO L.R. n. 21 del 10.5.99 (BUR n. 42 del 14.5.99)

LIGURIA L.R. n. 12 del 20.3.98 (BUR n. 6 del 15.4.98)

D.G.R. n. 1585 del 23.12.99 (BUR n. 8 del 12.1.00)

EMILIA - ROMAGNA L.R. n. 15 del 9.5.01 (BUR n. 62 del 11.5.01)

D.G.R. n. 2053 del 9.10.01 (BUR n. 155 del 31.10.01)

TOSCANA L.R. n. 89 del 1.12.98 modif. con LR n. 67 del 29.11.04 (BUR n. 48 del 3.12.04)

D.C.R. n. 77 del 22.2.00 (BUR n. 12 del 22.3.00)

UMBRIA L.R. n. 8 del 6.6.02 (BUR n. 27 del 19.6.02)

Regolamento Reg. n. 1 del 13.8.2004 (BUR n. 35 del 25.8.04, SO)

MARCHE L.R. n. 28 del 14.11.01 (BUR n. 137 del 29.11.01)

D.G.R. n. 896 AM/TAM del 24.6.03 (BUR n. 62 del 11.07.03)

LAZIO L.R. n. 18 del 3.8.01 (BUR n. 22 del 10.8.01, SO n. 5)

ABRUZZO Determinazione DF2/188 del 17.11.04 (BUR n. 6 del 28.1.05)

CAMPANIA D.G.R. n. 2436 del 1.8.03 (BUR n. 41 del 15.9.03)

PUGLIA L.R. n. 3 del 12.2.02 (BUR n. 25 del 20.2.02)

SARDEGNA D.G.R. n. 30/9 del 8.7.05 (BUR SS n. 32 del 21.10.05)