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La costituzione di parte civile e la normativa ai sensi del Decreto Legislativo n. 231/2001

responsabilità amministrativa
responsabilità amministrativa

Indice:

1. La natura della responsabilità ai sensi del Decreto Legislativo n. 231/2001

2. La costituzione di parte civile nel processo contro gli enti: la giurisprudenza

3. Il caso e la decisione del Tribunale di Lecce

 

1. La natura della responsabilità ai sensi del Decreto Legislativo n. 231/2001

Nella tradizione penalistica europea del ‘900 si è a lungo sostenuto il principio secondo cui la responsabilità penale dovesse essere intesa in una prospettiva antropocentrica in ossequio al principio secondo cui societas delinquer non potest. La convinzione secondo la quale soltanto gli individui potessero essere capaci di commettere un reato e, pertanto, essere destinatari di una sanzione panale, trova(va) fondamento nel principio della necessaria personalità della responsabilità personale ai sensi dell’articolo 27 Costituzione, escludendo pertanto ogni forma di responsabilità oggettiva dal novero del codice italiano.

All’indomani dell’evoluzione dello scenario e degli attori che operano nel mondo dell’economia (e non solo), si è avvertita l’esigenza di adattare la disciplina della sanzionabilità delle condotte antigiuridiche in capo ai soggetti al vertice delle persone giuridiche e si è assistito all’introduzione del Decreto Legislativo 8 giungo 2001, n. 231 che disciplina la responsabilità amministrativa delle società e degli enti.

A seguito dell’adozione del decreto in oggetto, è nato un acceso dibattitto (dottrinale e giurisprudenziale) sulla qualifica della natura della responsabilità amministrativa dell’ente che, ad oggi, risulta ancora non aver trovato un orientamento comune né tantomeno pacifico.

Prima di procedere con la trattazione della questione centrale oggetto dell’elaborato, è necessario e propedeutico descrivere, seppur brevemente, quelli che sono le teorie in merito alla natura giuridica della responsabilità delle persone giuridiche.

Secondo gli orientamenti principali risultano presenti tre tesi principali che rispettivamente qualificano la responsabilità dell’ente come amministrativa (sostenuta da Marinucci-Dolcini e da Romani), come penale (Musco, Padovani, De Vero) o come un tertium genus (Fiorella, Flora, Politano).

Giova, per dovere di trattazione, soffermarsi sui principali argomenti a sostegno delle relative tesi, avendo cura di sottolineare nuovamente come la questione risulta ancora oggi controversa in dottrina, stante anche l’assenza di una posizione univoca ed unitaria della giurisprudenza di legittimità.

Per quanto concerne la tesi che individua come amministrativa la responsabilità ex Decreto Legislativo 231/2001, la stessa fa leva sulla previsione all’interno del testo normativo di disposizioni divergenti dalla disciplina penale (si pensi alla prescrizione o alle vicende modificative) e, più in generale, sul nomen juris individuato dal legislatore.

La tesi della natura penale della responsabilità si basa sulla circostanza secondo cui all’interno della disposizione del 2001 siano previsti principi ed elementi tipici della repressione dei reati (ex multis: l’estensione dei principi di legalità, tassatività ed irretroattività; l’applicazione della disciplina del tentativo e del concorso formale) oltre alla tipologia del rito scelto (quello penale) per l’accertamento della responsabilità stessa.

Da ultimo, la tesi che ricollega la natura della responsabilità degli enti ad un tertium genus, pur accogliendo il presupposto logico della circoscrizione dell’applicazione del diritto penale solo ai soggetti fisici e riconoscendo la naturale commistione con l’impianto penalistico, individua nel Decreto Legislativo n. 231/2001 un microsistema del tutto autonomo ed autosufficiente che prescinde tanto dall’ambito penalistico quanto da quello amministrativo (a sostengo di tale ultima tesi si sono espresse le SS.UU della Suprema Corte con sentenza 18 settembre 2014, n. 28243, che conferma la necessità di ascrivere la responsabilità ad un tertium genus dal carattere essenzialmente punitivo).

 

2. La costituzione di parte civile nel processo contro gli enti: la giurisprudenza

È stata a lungo controversa la possibilità di ammettere la costituzione di parte civile contro l’ente ai sensi dell’articolo 185, co. 2 codice penale per reati commessi dall’ente medesimo.

Deve evidenziarsi come il silenzio sul punto del Decreto Legislativo n. 231/2001 ha generato lo sviluppo di differenti posizioni in merito all’ammissibilità dell’azione di risarcimento del danno direttamente nella sede penale.

Se in un primo momento il contrasto emerso vedeva la contrapposizione tra coloro che, propendendo per la soluzione negativa, aderivano alla teoria della natura amministrativa della responsabilità dell’ente, con i sostenitori dell’essenza penale della responsabilità stessa, successivamente è intervenuta la Cassazione penale con sent. 22 gennaio 2011, n. 2251.

La Suprema Corte, svincolando la questione dalla tematica della individuazione della natura della responsabilità, ha concluso per l’inammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell’ente, sostenendo che il silenzio sul punto da parte della normativa speciale non sia configurabile come una “lacuna” ma bensì come una consapevole scelta del legislatore.

A conferma di quanto deciso della Corte di Cassazione, a seguito dell’ordinanza del Tribunale di Firenze del 9 febbraio 2011 con la quale si sollevava la questione della conformità al diritto dell’Unione della disciplina italiana ai sensi del Decreto Legislativo n. 231/2001 laddove non prevedeva espressamente la possibilità che gli enti, nel processo penale incardinato per accertare le eventuali proprie responsabilità, potessero rispondere per i danni cagionati alle vittime dei reati, è intervenuta la Corte di giustizia dell’Unione europea con statuizione del 12 luglio 2012, C-79/11.

Ed ancora, sempre a sostengo della tesi che esclude l’ammissibilità della costituzione di parte civile, la Corte Costituzionale con sent. n. 218/2004, dichiarando costituzionalmente legittima la disciplina che non prevede la possibilità per le vittime del reato commesso dall’ente di ottenere il risarcimento del danno direttamente nella sede penale, ha rilevato come non sussistano “irragionevoli compressioni del diritto di difesa”, potendo le suddette vittime far valere le proprie ragioni in un autonomo processo civile.

 

3. Il caso TAP e la decisione del Tribunale di Lecce

Si è avuto modo di notare come l’orientamento maggioritario dominante in giurisprudenza sia concorde nell’escludere la possibilità per le vittime del reato commesso dall’ente di costituirsi parte civile nell’apposita sede penale.

Per i motivi già esposti, risulta di notevole rilievo l’ordinanza del Tribunale di Lecce, sezione II penale, del 29 gennaio 2021 a firma del Giudice dott.ssa Silvia Saracino con la quale si dichiarava l’ammissibilità della costituzione di parte civile nel processo avverso la società Trans Adriatic Pipeline Ag Italia per la responsabilità di cui al Decreto Legislativo n. 231/2001.

Il caso in esame riguarda il gasdotto TAP, il quale sarebbe stato costruito “in assenza di autorizzazioni ambientali, idrogeologiche, paesaggistiche ed edilizie in considerazione della illegittimità dell’Autorizzazione di Compatibilità Ambientale rilasciata con il doppio decreto del Ministero dell’Ambiente del 2014 e del 2015, in quanto adottata “senza valutazione degli effetti cumulativi esterni ed interni” ed in violazione di direttive e convenzioni europee.

Oltre a quanto pocanzi riportato, l’accusa, nel decreto di citazione diretta a giudizio per 19 imputati vertici e responsabili della società, contesta anche numerosi reati ambientali tra i quali l’aver realizzato il tratto finale del gasdotto su aree sottoposte a vincolo paesaggistico senza autorizzazioni e lo sversamento di acque reflue industriali che avrebbero contaminato con sostanze pericolose la falda acquifera.

Tornando ora all’importanza di quanto riportato nell’ordinanza della dott.ssa Saracino con la quale si è ammessa la costituzione di parte civile non soltanto dei Comuni dei luoghi interessati dalla costruzione del gasdotto e della Regione Puglia ma anche di diversi comitati ambientalisti che si sono, sin da subito, opposti alla costruzione dell’importante infrastruttura, il Tribunale di Lecce ha statuito che “il rinvio operato dagli artt. 34 e 35 del D. Lgs. 231/2001 consente l’estensione al procedimento degli illeciti amministrativi dipendenti da reato delle norme di procedura penale in quanto compatibili e l’estensione all’ente della disciplina relativa all’imputato, sempre in quanto compatibile”.

Ciò sulla base di diversi argomenti:

  • argomento letterale, ovvero che “quando il legislatore ha inteso discostarsi dalle disposizioni del codice di rito, lo ha espressamente affermato, mentre nessuna norma del decreto 231 vieta espressamente la costituzione di parte civile nei confronti dell’ente. Del pari, nessuna norma del decreto vieta espressamente la costituzione di parte civile nei confronti dell’ente”;
  • argomento storico-interpretativo, ovvero che “nessun argomento si può trarre in proposito dalla relazione illustrativa del D. Lgs. 231/2001, che non contiene alcuna indicazione relativa alla inammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell’ente”;
  • argomento sistematico, ovvero che “non si rinviene alcun ostacolo a tale interpretazione estensiva nella disciplina specifica in tema di accertamento dell’illecito amministrativo. Si consideri, in proposito, che il reato ommesso dal soggetto inserito nella compagine dell’ente, in vista del perseguimento dell’interesse o del vantaggio di questo, è qualificabile come proprio anche della persona giuridica in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda. Vi è, infatti, stretta connessione tra reato e responsabilità da reato degli enti sia con riferimento ai criteri d’imputazione oggettiva dei reati all’ente – rappresentati dal riferimento contenuto nell’articolo 5 all’interesse o al vantaggio alternativi e concorrenti tra di loro, che nei reati colposi d’evento, vanno di necessitò riferiti alla condotta e non all’esito antigiuridico”. Ed ancora, concludendo: “Non può escludersi, quindi, ce dal fatto dell’ente (c.d. “colpa di organizzazione”; deficit di organizzazione e di controllo rispetto ad un modello di diligenza esigibile, ex artt. 6 e 7 del Decreto Legislativo n. 231/2001), possa derivare un danno risarcibile per fatto proprio dell’ente, che lo obbliga, a norma dell’articolo 185 codice penale, come richiamato dall’articolo 74 codice penalep.”.

Il Tribunale di Lecce, nello stabilire quanto sopra riportato, ha affermato inoltre che non trovano spazio né possono essere ritenute decisive le argomentazioni asserite con sentenza C-79/11 del 12 luglio 2012 della Corte di Giustizia UE e della Corte Costituzionale del 2014.

In conclusione, è evidente come l’ordinanza oggetto di analisi, in linea con altre decisioni di merito, si ponga in contrasto con l’orientamento prevalente che ritiene non ammissibile la costituzione di parte civile nei processi per l’accertamento della responsabilità di cui al Decreto Legislativo n. 231/2001, dando spazio a possibili mutamenti in tema di proponibilità dell’azione civile all’interno della sede penale per i quali si dovrà attendere del tempo per conoscere le possibili evoluzioni e conseguenze che tale statuizione potrà influenzare.