La costruzione sul suolo comune, anche se eseguita da uno solo dei comproprietari, è acquistata per accessione da tutti
Abstract
La Corte di Cassazione mette fine a un lungo contrasto giurisprudenziale sancendo che, nel caso di costruzione realizzata dal comproprietario sul suolo di proprietà di più soggetti, trovi applicazione la disciplina dell’accessione e non la disciplina della comunione.
The Court of Cassation puts an end to a long-standing jurisprudential contrast sanctioning that, in the case of construction on a soil owned by several subjects, the discipline of the accession is applied and not the discpiline of the communion.
Indice
1. Introduzione
2. Il caso
3. L’accessione
4. La posizione della giurisprudenza precedente alla pronuncia in esame
5. Le conclusione cui sono pervenute le sezioni unite
1. Introduzione
Con sentenza n. 3873, Sezioni Unite, del 16 febbraio 2018, la Corte di Cassazione ha risolto un’importante discordia giurisprudenziale enunciando il seguente principio di diritto:
"La costruzione eseguita dal comproprietario sul suolo comune diviene per accessione, ai sensi dell'art. 934 c.c., di proprietà comune ai comproprietari del suolo, salvo contrario accordo, traslativo della proprietà del suolo o costitutivo di un diritto reale su di esso, che deve rivestire la forma scritta “ad substantiam”. II consenso alla costruzione manifestato dal comproprietario non costruttore, pur non essendo idoneo a costituire un diritto di superficie o altro diritto reale, gli preclude lo “ius tollendi”. Ove lo “ius tollendi” non sia o non possa essere esercitato, i comproprietari del suolo sono tenuti a rimborsare al comproprietario costruttore, in proporzione alle rispettive quote di proprietà, le spese sopportate per l'edificazione dell'opera."[Massima della Sentenza a cura dell'Ufficio del Massimario tratta da www.cortedicassazione.it].
2. Il caso
L’attore, persona fisica, comproprietario di un suolo con una società a responsabilità limitata, conveniva la medesima in giudizio al fine di ottenere la divisione del suolo e la conseguente attribuzione, in ragione delle quote di proprietà, delle unità immobiliari sopra edificate da parte della società.
La convenuta, riferendosi ad accordi verbali intervenuti tra essa e parte attrice, eccepiva che i beni immobili costruiti sul suolo appartenessero alla medesima in via esclusiva e in subordine, in caso di accoglimento parziale della domanda di parte attrice, chiedeva di condannare questa a corrispondere un indennizzo per indebito arricchimento. Il Tribunale di Belluno con sentenza dell’8 aprile 2011 dichiarava che la società era esclusiva proprietaria di quanto dalla medesima sul suolo costruito.
L’attore ricorreva in appello e la Corte di Appello di Venezia confermava quanto deciso nel primo grado di giudizio: l’immobile era stato eseguito su progetto e con lavori eseguiti dall’attore ma con costi sostenuti dalla società sul presupposto che sarebbe stato di proprietà esclusiva di quest’ultima; il bene oggetto di controversia era privo di caratteristiche tali da indurlo a ritenerlo essenziale all’esistenza di beni comuni; infine era stato realizzato in funzione esclusiva di preesistenti unità immobiliari di proprietà della società.
L’attore ricorreva in Cassazione, la cui Sezione Seconda, rilevando un contrasto della giurisprudenza di legittimità sulla questione di diritto inerente il diritto di proprietà sull’opera realizzata dalla società sul suolo comune, disponeva con ordinanza la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Queste ultime, sovvertendo la posizione presa dai giudici di primo e secondo grado, hanno sancito il principio secondo cui l’articolo 934 Codice Civile ha portata generale e trova applicazione non solo quando il realizzatore della cosa accessoria sia terzo ma anche quando sia comproprietario del suolo.
Ai fini di dare una spiegazione alle conclusioni cui è pervenuta la Corte, occorre brevemente richiamare il concetto di accessione.
3. L’accessione
L’accessione costituisce un modo di acquisto della proprietà a titolo originario, tale nozione è ricavabile dall’articolo 934 Codice Civile che stabilisce che: “qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo salvo quanto è disposto dagli articoli 933, 936, 937e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge”.
Il legislatore in particolare si occupa della cosiddetta “accessione verticale” ossia di accessione di immobile a mobile, disciplinando come figure autonome l’accessione di immobile a immobile (si vedano gli incrementi fluviali) e le accessioni tra mobile a mobile (unione, commistione, specificazione) [SALARIS, L’acquisto della proprietà, in Trattato di Diritto Privato, a cura di RESCIGNO P., volume VII, tomo primo, Torino, 2005, pag. 824 e ss.].
Il proprietario della cosa principale diviene proprietario ipso iure della cosa accessoria quando quest’ultima si congiunge stabilmente alla prima per incorporazione, non essendo necessario né pronunzia del giudice [ex multis Cassazione, 31 marzo 1987, n.3103] né una dichiarazione del proprietario [ex multis Cassazione, Sezione Seconda, 15 maggio 2013, n.11742].
Mentre con riguardo all’accessione di mobile a mobile spetta al giudice accertare in concreto quale sia la cosa principale e quale quella accessoria, nel caso di “accessione verticale” è la stessa legge che stabilisce la preminenza del suolo rispetto alle cose che sullo stesso vengono incorporate [GENGHINI L. I diritti reali, Padova 2012, pag. 194].
L’articolo 934 Codice Civile prevede che il principio dell’accessione possa essere derogato dal titolo o dalla legge. Il titolo avente ad oggetto la costituzione o il trasferimento della proprietà superficiaria dovrà essere di natura bilaterale e di forma scritta ad substantiam [ex multis Cassazione, Sezione Prima, 23 febbraio 1999, n.1453]
Quanto alle deroghe legali la dottrina ha individuato una prima deroga nel rilascio di una concessione amministrativa che attribuisca il diritto di realizzare, su beni pubblici demaniali o del patrimonio indisponibile, opere aventi carattere di stabilità [GENGHINI L., I diritti reali, pagg.198-199].
Altra ipotesi si verifica nel caso di costruzioni di opere incorporate nel fondo servente da parte del di titolare della servitù poste in essere dal medesimo nel proprio interesse e a proprie spese [BRANCA G., Delle servitù prediali, in Commentario al Codice Civile, a cura di SCIALOJA A. e BRANCA G., Bologna-Roma 1987, pagg.109-110].
Le norme di cui agli articoli 935, 936, 937 Codice Civile non costituiscono deroghe al principio accessorium sequitur principale ma ipotesi di regolamentazione dei rapporti tra il proprietario ed il costruttore. L’unica vera eccezione è quella dell’articolo 938 Codice Civile ove si prevede che, nel rispetto di determinate prescrizioni, la costruzione costruita dal terzo in buona fede sul suolo altrui spetti a questo [SANGERMANO F. in Codice Civile Commentato a cura di ALPA G. e MARICONDA V., pag. 2769, 2013].
4. La posizione della giurisprudenza precedente alla pronuncia in esame
La medesima giurisprudenza di legittimità, prima della pronuncia oggetto di analisi, era divisa in due principali orientamenti.
Un primo orientamento, tradizionale e meno recente, riteneva, nel caso di comproprietà del suolo, la piena applicabilità dell’articolo 934 Codice Civile: in virtù del principio dell’accessione la costruzione su suolo comune è anch’essa comune salvo contrario accordo bilaterale che richiede la forma scritta ad substantiam ex art. 1350 Codice Civile [ex multis Cassazione, Sezione Seconda, 11 luglio 1978 n. 3479, Cassazione, Sezione Prima, 23 febbraio 1999, n.1543, supra citata].
Altro orientamento più recente, invece, ritiene che la disciplina dell’accessione non troverebbe applicazione nel caso di specie in quanto preclusa dall’operatività delle norme sulla comunione di cui agli articoli 1102 e seguenti del Codice Civile [Cassazione, Sezione Seconda, 24 gennaio 2011 n.1556].
La conseguenza di tale assunto è che la nuova costruzione edificata sul suolo è di proprietà di tutti i comunisti nel solo caso in cui sia stata rispettata la disciplina della comunione, mentre le opere realizzate in violazione di tale disciplina devono considerarsi appartenenti al proprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica [ex multis Cassazione, Sezione Seconda, 27 marzo 2007, n.7523].
La dottrina si è schierata a favore del primo orientamento ritenendo che l’acquisto in capo al comproprietario che edifica senza o contro il consenso degli altri si potrebbe spiegare soltanto facendo ricorso ad un’ipotesi di acquisto a titolo originario che non trova fondamento normativo [GENGHINI L., I diritti reali, Padova 2012, pag.220; Consiglio Nazionale Notariato, studio n.175-2008 a firma di TRIMARCHI G.A.M.].
5. Le conclusioni cui sono pervenute le sezioni unite
Il Supremo Collegio ritiene che consentire a un comunista di costruire ed acquistare il bene costruito iure pretorio costituirebbe una violazione della riserva di legge di cui all’articolo 42 della Costituzione relativa ai modi di acquisto della proprietà. A parere della Corte la disciplina della comunione non configura affatto una deroga legale al principio di accessione di cui all’articolo 934 Codice Civile in quanto l’accessione è mero fatto giuridico che opera per il solo fatto dell’incorporazione.
Perciò ove sussista una comunione del suolo ed uno solo dei comproprietari costruisca su di esso non è applicabile l’art. 936 Codice Civile non potendo il comproprietario costruttore essere qualificato “terzo” rispetto agli altri comproprietari del suolo [ex multis Cassazione, Sezione Seconda, 14 gennaio 2009, n.743].
Ancora la Corte precisa che l’articolo 934 Codice Civile fa riferimento a deroghe previste dalla legge o dal titolo ma non può ritenersi che la disciplina dell’accessione trovi una deroga in quella della comunione in quanto tra esse non intercorre alcun rapporto tra genus e species.
Mentre la prima è un modo di acquisto della proprietà, la seconda regola la proprietà medesima nell’ipotesi in cui vi siano più proprietari, cosicché la disciplina giuridica che deve regolare i rapporti tra comproprietario costruttore e comproprietario non costruttore è ricavata dalle norme che regolano la comunione. Conseguentemente va ripudiata l’idea che la disciplina della comunione costituisca deroga a quella relativa ai modi di acquisto della proprietà sì da escludere l’operare dell’accessione.
Da quanto premesso è necessario tenere distinte tre ipotesi:
I) Il comunista costruttore ha edificato con conoscenza e senza resistenza dell’altro comunista o con suo espresso consenso verbale.
II) Il comunista costruttore ha agito di nascosto dal comunista non costruttore o contro il palese diniego di questo.
III) Il comunista costruttore ha edificato sulla base di un accordo bilaterale, avente forma scritta ad substantiam, con il quale il comunista non costruttore abbia trasferito il diritto di proprietà del suolo, o altro diritto reale, a favore del primo.
Nella prima ipotesi, essendovi stato il consenso esplicito o anche implicito del comunista non costruttore, va scartata la possibilità che il primo possa pretendere l’abbattimento dell’opera.
Nella seconda ipotesi, va riconosciuto lo “ius tollendi” al comproprietario non costruttore, il quale può agire per il ripristino dello status quo ante, nel rispetto dei principi di tolleranza, di affidamento e buona fede.
Ove lo ius tollendi non venga o non possa essere esercitato, i comproprietari non costruttori sono tenuti a rimborsare al comproprietario costruttore, in proporzione alle rispettive quote di proprietà, le spese sostenute per l’erezione dell’opera.
Nella terza ipotesi, il comproprietario costruttore acquista il bene in virtù di un titolo che deroga alla naturale accessione di cui all’art. 934 Codice Civile.