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Successione ereditaria: sospensione ed indegnità

Rose rose 23 maggio 2021
Ph. Francesca Russo / Rose rose 23 maggio 2021

Abstract

Il nuovo articolo 463 bis Codice Civile prevede che quel soggetto indagato per omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge o dell’unito civile, nonché nei confronti di uno o entrambi i genitori, del fratello o della sorella, venga sospeso dalla successione della vittima. La norma de qua sembra superare il principio di diritto romano indignus potest capere sed non ritenere in quanto in tale nuova ipotesi l’indegno non può non solo trattenere i beni ereditari ma nemmeno riceverli

The new Article 463 bis of the italian Civil Code provides that subject under investigation for voluntary or attempted homicide against the spouse or civil union partner of the vicitm, as well as against one or both parents, brother or sister, is suspended from the succession of the victim. The rule in question seems to go beyond the principle of Roman law indignus potest capere sed ritenere because in this new hypothesis the unworthy can not only retain the hereditary goods but not even receive them

 

Indice

1. Introduzione

2. L’indegnità nella successione ereditaria

3. La sentenza d’indegnità e la riabilitazione

4. La sospensione della successione ex articolo 463 bis Codice Civile

5. Conclusioni

 

1. Introduzione

La legge 11 gennaio 2018 n. 4 ha inserito nel codice civile l’articolo 463 bis, rubricato “sospensione della successione”, riformando contestualmente il codice di procedura penale.

Ciò rappresenta una novità molto importante nell’ambito della figura dell’indegnità a succedere disciplinata nel Capo Terzo, Titolo Primo, Libro Secondo del Codice Civile.

La nuova norma prevede la sospensione dalla successione nei confronti di chi risulti indagato per l’omicidio volontario o il tentato omicidio del coniuge/unito civile o del genitore o del fratello o della sorella fino all’emissione del decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento.

La nuova fattispecie di sospensione della delazione ereditaria, supera, o sembra superare, il noto principio di diritto romano indignus potest capere sed non ritenere potest, in quanto in tale nuova ipotesi l’indegno non può non solo trattenere i beni ereditari ma nemmeno riceverli a causa della mancata delazione.

Per meglio comprendere la funzione e la portata di tale norma è bene analizzare la figura dell’indegnità.

 

2. L’indegnità nella successione ereditaria

L’indegnità è una causa di rimozione dell’eredità per opera della legge relativamente ad una persona che, per la sua condotta verso il defunto, non è ritenuta dalla legge meritevole di succedere.

Ai sensi dell’articolo 463 Codice Civile è indegno a succedere:

- chi abbia volontariamente ucciso o tentato di uccidere l’ereditando o un suo stretto congiunto: coniuge, discendente o ascendente. A meno che la punibilità dell’omicida, o attentatore, non sia esclusa a norma della legge penale;

- chi abbia attentato all’integrità morale, denunciato calunniosamente (se accertato in giudizio penale) il de cuius o un suo stretto congiunto: coniuge, discendente o ascendente. Inoltre, è ritenuto indegno, colui che commette falsa testimonianza, contro tali persone, causandone l’imputazione per reati punibili con l’ergastolo o con la reclusione, per un tempo non inferiore a tre anni;

- chi abbia attentato alla libertà di testare del de cuius o lo abbia indotto, con dolo o violenza, a revocare o mutare il testamento;

- chi sia decaduto dalla responsabilità genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratti e non sia stato integrato in tale potestà alla data di apertura della successione;

- chi ha volontariamente soppresso, celato o alterato il testamento;

- chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto uso consapevolmente.

La dottrina prevalente [ex multis A. CICU, Successioni per causa di morte, Parte Generale, cit. pag. 52 ss. G. CAPOZZI, Successioni e Donazioni, cit. pag. 178] ritiene che l’indegnità rappresenti una sanzione civile con fondamento pubblicistico, qualificando come socialmente ingiusto un vantaggio conseguito da un soggetto che commette un fatto illecito.

Essa non può trovare fondamento nella presunta volontà del de cuius di escludere dalla successione chi si è macchiato di tali illeciti, poiché essa priva l’indegno anche nel diritto che abbia come legittimario, diritto spettante ex lege e, quindi, non dipendente dalla volontà del testatore [A. CICU, Successioni per causa di morte, Parte Generale, cit., 88].

Quanto alla natura giuridica esistono due principali orientamenti.

Secondo una tesi [A. CICU, Successioni per causa di morte, cit. 162; C.M. BIANCA, Diritto Civile 2, La famiglia, Le successioni, cit., 409-410] essa rappresenta un’incapacità a succedere: l’indegno non può nemmeno trattenere i beni, perché una volta pronunciata l’indegnità essi non sono devoluti ai successori dell’indegno ma ai chiamati in subordine.

Ne consegue che la sentenza che pronuncia l’indegnità ha natura meramente dichiarativa.

Secondo altra opinione [N. COVIELLO, Delle Successioni. Parte generale, cit. 78 ss.; L. BARASSI, Le Successioni per causa di morte, cit., 53 ss.], avallata anche dalla giurisprudenza [ex multis Cassazione 16 febbraio 2005, n.3096], l’indegnità costituisce una causa di esclusione dalla successione.  Ciò perché il legislatore letteralmente fa riferimento a “esclusione della successione” e inquadra tale istituto in un capo autonomo e differente da quello relativo all’incapacità, sia perché dai lavori preparatori del Codice Civile risulta che il legislatore volle seguire il principio di natura romanistica secondo cui indignus potest capere sed non retinere.

Da ciò consegue che la sentenza che pronunzia l’indegnità ha natura costitutiva ed efficacia retroattiva.

 

3. La sentenza d’indegnità e la riabilitazione

Per effetto della sentenza di indegnità l’indegno, ex articolo 464 Codice Civile, è obbligato a restituire i frutti ricevuti dopo l’apertura della successione.

La sentenza di indegnità, infatti, rende l’indegno un possessore in mala fede [Cassazione 9 settembre 1958, n. 2989].

L’obbligo restitutorio è una conseguenza del principio per cui gli effetti dell’indegnità retroagiscono al momento dell’apertura della successione.

L’articolo 466 Codice Civile regola la riabilitazione dell’indegno.

Essa consiste in una dichiarazione di volontà [G. GIAMPICCOLO, Il contenuto atipico del testamento, cit., 279] con la quale la persona che intende disporre delle sue ultime volontà, può riabilitare l’indegno consentendogli di accedere alla futura eredità. Il perdono costituisce il normale movente psicologico che spinge il de cuius alla riabilitazione.

La riabilitazione è atto formale perché deve avvenire, ai sensi dell’articolo 466 Codice Civile, per atto pubblico o per testamento e per la sua funzione di perdono è irrevocabile [A. CICU, Successioni per causa di morte, Parte generale, cit., 107].

La riabilitazione dell’indegno, quindi, può avvenire in due modi:

a) riabilitazione totale, mediante espressa dichiarazione, con atto pubblico o con testamento;

b) riabilitazione parziale, quando l’indegno è contemplato in un testamento successivo al verificarsi della causa di indegnità. In tale ipotesi l’indegno potrà conseguire l’eredità solo nei limiti della disposizione testamentaria e non avrà diritto alla quota di legittima.

 

4. La sospensione della successione ex articolo 463 bis codice civile

Come anticipato, l’articolo 463 bis Codice Civile ha introdotto un’ipotesi di sospensione dalla successione per quel soggetto legato da rapporti di parentela o coniugio con il de cuius macchiatosi di omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge o unito civile del de cuius, nonché nei confronti di uno o entrambi i genitori, del fratello o della sorella.

La sospensione opera fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento.  In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti (cosiddetto patteggiamento) il responsabile è escluso ai sensi dell’articolo 463 Codice Civile. Durante la sospensione si fa luogo alla nomina di un curatore dell’eredità giacente ex articolo 528 Codice Civile, ammettendo espressamente una giacenza pro quota, sostenuta in passato da parte della dottrina [G. CAPOZZI, Successioni e Donazioni, cit., 146, Milano, 2009].

La ratio della nuova norma è sospendere gli effetti positivi della delazione ereditaria nei confronti di chi ha commesso determinati crimini.

Il chiamato “sospeso” è istituito erede alla condizione sospensiva, o meglio alla condicio iuris (condizione legale), dell’archiviazione dell’indagine o dal proscioglimento.

La novella normativa pone, altresì, alcuni dubbi interpretativi: mentre è chiaro che il riferimento del primo comma dell’articolo 463 bis Codice Civile è relativo al coniuge o unito civile del de cuius, dubbi sorgono per l’interpretazione del secondo comma ove si fa riferimento a uno o entrambi i genitori o al fratello o alla sorella.  

La norma si presta a due diverse letture:

1) il genitore, il fratello o la sorella è colui che ha tentato di uccidere il de cuius e quindi parente di questo;

2) è una disposizione avulsa dal primo comma e, quindi, si tratta di colui che ha tentato di uccidere il proprio genitore (o i propri genitori), la propria sorella o il proprio fratello.

Tale ultima interpretazione comporta l’assurdo che se un soggetto attenta alla vita del fratello sarebbe escluso da qualsiasi successione.

Ciò detto, la norma sembrerebbe ben funzionare se si fa riferimento ai genitori, fratello o sorella del de cuius, aderendo così alla prima interpretazione. Il primo comma dell’articolo 463 bis Codice Civile prevede una reciprocità tra l’indegno e la vittima: il coniuge rispetto al coniuge, l’unito civile rispetto all’unito civile. Quindi questa reciprocità dovrebbe farsi operare anche nel secondo comma, cioè quando si fa riferimento ad uno o ad entrambi i genitori, al fratello o alla sorella ci si riferisce sempre al genitore/genitori o al rispettivo fratello/sorella, quindi soggetti legati da tale vincolo col de cuius.

 

5. Conclusioni

La ratio del nuovo articolo 463 bis Codice Civile è quella di evitare che effetti positivi costituiti dalla delazione ereditaria, possano riflettersi nei confronti di un soggetto macchiatosi di determinati crimini.

Il legislatore con la novella del 2018 ha aderito a quella tesi che ravvisa nell’indegnità una ipotesi di incapacità a succedere.

Depone in favore di tale interpretazione il nuovo articolo 537 bis Codice Procedura Penale, a tenore del quale: “Quando pronuncia sentenza di condanna per uno dei fatti previsti dall’articolo 463 del codice civile, il giudice dichiara l’indegnità dell’imputato a succedere”.

È bene evidenziare, inoltre, che la sospensione della successione, introdotta dal nuovo articolo 463 bis Codice Civile ma non accompagnata da una contestuale modifica dell’articolo 463 Codice Civile cui al primo il medesimo fa rinvio, non opera a favore dei figli.

Ne consegue che è sospeso dalla successione chi uccide o attenta alla vita dei genitori o dei fratelli o delle sorelle ma non chi tiene i medesimi comportamenti nei confronti dei figli o di ulteriori discendenti.

BIBILIOGRAFIA

BIANCA, C.M., Diritto Civile 2, La famiglia, Le successioni cit. 409-410

CAPOZZI, G., Successioni e Donazioni, cit., 146,178 Milano, 2009

BARASSI, L., Le Successioni per causa di morte, cit. 53 ss., Milano, 1947

CICU, A., Successioni per causa di morte, Parte Generale, cit. p. 52 ss., p. 88, Milano, 1961

COVIELLO, N., Delle Successioni. Parte generale, cit. 78 ss., Napoli, 1935

GIAMPICCOLO, G., Il contenuto atipico del testamento, cit., 279, Milano, 1954

 

Letture Consigliate

1) Paragrafo n. 223 della Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942;

2) Capozzi, Successioni e Donazioni, Milano 2009, in particolare Sezione IX L’indegnità, pagina 177 e seguenti.