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Il retratto successorio

La prelazione a tutela della stirpe
retratto successorio
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Il retratto successorio


Abstract

Questo breve scritto nasce dall’idea di approfondire (paradossalmente in meno di 1000 parole!) una tematica spesso trascurata, nonostante il suo indiscutibile fascino sotto un profilo civilistico: la tematica del retratto successorio. In questa sede si vuole esaminare in estrema sintesi questa ipotesi di prelazione legale.

 

Il retratto successorio

A mente dell’art. 732 cc. “il coerede, che vuole alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria. Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali”. Dal semplice tenore letterale della norma, intesa nel senso più tecnico del termine e, dunque, come interpretazione della disposizione, si evincono, visto il suo apprezzabile grado di precisione, ictu oculi, gli elementi essenziali della fattispecie: la sussistenza di una comunione ereditaria (ovvero di una forma speciale di comunione ordinaria; così, C. M. BIANCA, La proprietà, Giuffré, Milano, 1999, p. 453), la sussistenza di una prelazione legale, la forza reale della prelazione e, conseguentemente, la soccombenza dell’acquirente (o successivo avente causa) dell’alienante coerede.

 

La tutela offerta dalla prelazione legale

La prelazione legale offerta dal cd. “retratto successorio” è, dunque, dotata di forza reale e non meramente obbligatoria, cosa che si verifica nell’ambito delle prelazioni convenzionali. La stessa incide direttamente sulla quota, facendola rientrare nella comunione ed impedendo, a protezione della “stirpe”, se così si può dire, l’ingresso di estranei, preservando dunque l’integrità del patrimonio familiare fino a che, post divisione, ciascuno possa poi sentirsi e dirsi libero di disporre dei beni ottenuti dalla successione nel modo che ritiene più opportuno. L’obiettivo, pertanto, è palesemente affine a quello che si mirava a raggiungere attraverso ben altri istituti. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla ratio ultima di norme quali la sostituzione fedecommissaria di cui all’art. 692 cc., norma a cui oggi si attribuisce valenza assistenziale ma che, in verità, si riferisce ad un istituto che, in tempi passati, aveva lo scopo primario di garantire il passaggio generazionale.

 

La tutela reale e la circolazione dei diritti: la posizione dell’acquirente della quota dal coerede alienante “distratto”.

La tutela offerta dalla norma è, come precedentemente asserito, reale (come reale, secondo la dottrina prevalente, nonostante qualche voce giurisprudenziale contraria rappresentata, ad esempio, dal Tribunale di Teramo n. 912 del 2018, è la tutela offerta dall’art. 2932 cc.): essa, dunque, consente ai coeredi di non “perdere la quota alienata”, facendola rientrare nella comunione, qualora, naturalmente, l’alienante distratto abbia dimenticato di adempiere all’obbligo di notifica. Ci si domanda, allora, cosa accada all’acquirente che contratta con l’alienante distratto, che ha dimenticato di notificare la vendita agli altri coeredi: ebbene, lo stesso potrebbe certamente vantare pretese risarcitorie. Tuttavia, occorre pur sempre ricordare che il contratto di compravendita non è “inficiato” dal retratto. La dichiarazione negoziale recettizia (lo classifica in questi termini, ex multis, Corte di cassazione Civile, Sez. II, 28 maggio 2019, n. 14515, in Gius. civ. Mass., richiamata nella nota 58 dell’opera di A. LA SPINA, Prelazione ereditaria e retratto successorio tra funzione riaggregativa di assetti proprietari e disponibilità dei diritti, in Riv. Jus Civile, 6/2020) interviene in un momento successivo rispetto alla stipula e presuppone l’avvenuta scelta, da parte dei coeredi, di incidere sull’atto dispositivo della quota, facendola rientrare nella comunione ereditaria. Pertanto, finché tale dichiarazione recettizia, da comunicare all’acquirente, non è stata posta in essere, la preferenza accordata alla comunione ereditaria non incide sulla sfera giuridica dell’acquirente. Non sussiste, in altri termini, nessun automatismo tra mancata notifica ed operatività del riscatto. Ciò in quanto, a conti fatti, tra retratto e vendita, sussiste una netta divergenza: il retratto, come detto, protegge il coerede, protegge “la stirpe” del de cuius, dando agli altri partecipanti alla comunione ereditaria il diritto di essere preferiti ad altri in ipotesi di alienazione della quota. Non stupisce pertanto: a.) la assoluta validità della vendita e la sua efficacia fino a che non intervenga la dichiarazione negoziale recettizia; b.) l’insussistenza del medesimo diritto di riscatto ex art. 732 cc. in capo all’acquirente che, a seguito di alienazione della quota da parte di un coerede, sia subentrato nella comunione ereditaria (si ricorda, sul punto, un utile scritto di A. LA SPINA, Prelazione ereditaria e retratto successorio tra funzione riaggregativa di assetti proprietari e disponibilità dei diritti, in Riv. Jus Civile, 6/2020, p. 1452 e ss.: “Pare pertanto potersi concludere che il diritto di prelazione e il conseguente diritto di riscatto non si trasmettano a chi acquisti una quota ereditaria per atto inter vivos da uno dei coeredi, sia che l’acquirente sia un terzo estraneo in senso lato sia che si tratti di discendenti o eventuali successibili di uno dei coeredi; viceversa, contrariamente a quanto reiteratamente confermato dalla giurisprudenza, deve ritenersi che i diritti in questione si trasmettano all’erede del coerede, defunto manente communione, che acquisti la quota iure successioni”). La dottrina, dunque, in modo più evidente rispetto a quanto fatto dalla giurisprudenza, tende a proporre il binomio “retratto-figura di erede o coerede” esaltando la ratio ultima dell’istituto, piuttosto che il binomio “retratto-compravendita”. Il retratto, pertanto, è posto a tutela della figura del coerede in quanto tale e non rappresenta uno strumento di limitazione della libertà di contrarre, ovvero non dettato dall’esigenza di tutelare interessi superiori e generali, quali sono, appunto, quelli emergenti dalla disciplina successoria.

Bibliografia e letture consigliate

C. M. BIANCA, La proprietà, Giuffré, Milano, 1999, p. 453;

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 28 maggio 2019, n. 14515, in Gius. civ. Mass.;

  1. LA SPINA, Prelazione ereditaria e retratto successorio tra funzione riaggregativa di assetti proprietari

e disponibilità dei diritti, in Riv. Jus Civile, 6/2020.

Il presente contributo era stato pubblicato come “bozza” su Academia.edu il 15 Novembre 2021