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Debiti verso il fisco: se rinunci all’eredità non rispondi dei debiti tributari

Valencia senza sole
Ph. Giacomo Martini / Valencia senza sole

I pretesi eredi del titolare di una ditta individuale hanno ricevuto un avviso di accertamento per il recupero di IRES, IRAP e IVA, relative all’anno d’imposta 2005, e ciò in relazione ad una fattura emessa per l’importo imponibile di Euro 250.000,00.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso in Cassazione avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale per la Puglia che aveva rilevato essere intervenuta rinuncia all’eredità degli stessi appellanti (la Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi si era pronunciata a favore dell’Agenzia), non preclusa dalla presentazione della dichiarazione di successione, sicchè essi non potevano considerarsi eredi.

Secondo l’Agenzia, “benché gli appellanti avessero dichiarato di rinunciare all’eredità, ai sensi dell’articolo 525 Codice Civile, è possibile comunque revocare la rinuncia entro il termine per accettare l’eredità stessa, ossia dieci anni dall’apertura della successione, sempre che non sia intervenuta l’accettazione da parte di altri chiamati; ne consegue che detta rinuncia non è opponibile all’Agenzia e che la sentenza impugnata è erronea, non avendo considerato la non definitività della rinuncia stessa, il che comporta che la sola delazione dell’eredità è sufficiente ai fini della configurabilità della soggettività passiva del chiamato”.

La Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese (euro 7.000,00 per compensi oltre oneri) rilevando che:

“Contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia il chiamato all’eredità, che non abbia accettato e che vi rinunci, non può essere considerato in alcun modo titolare della soggettività passiva rispetto ai debiti del de cuius, neanche in ambito tributario (non è affatto casuale che il D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 65, comma 1, individui proprio gli eredi del contribuente quali i soggetti tenuto in solido al pagamento delle imposte gravanti sullo stesso de cuius), giacché il fisco, alla stregua di qualsiasi creditore, ben può utilizzare gli strumenti offerti dal codice civile a tutela della relativa posizione, come ad esempio l’impugnazione della rinuncia (articolo 524 Codice Civile), ovvero la richiesta di nomina di un curatore dell’eredità giacente (articolo 528 Codice Civile), al quale validamente notificare l’avviso di accertamento (arg. ex articolo 529 Codice Civile; v. Cass. n. 16428 del 2009), onde evitare di incorrere nella relativa decadenza per intempestività, pericolo palesato dall’Agenzia a sostegno della correttezza della propria tesi, ma all’evidenza insussistente.”.

La Cassazione – nell’ordinanza n.21006 del 22 luglio 2021 – ribadisce il proprio orientamento (affermato nella sentenza n. 15871 del 2020), secondo cui “Il chiamato all’eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del “de cuius”, neppure per il periodo intercorrente tra l’apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili “ex lege” o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione), in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex articolo 521 Codice Civile, egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili”.