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Se nell’asse vi è un edifico “abusivo”, la divisione fatta dal testatore vince e la divisione ereditaria perde

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Abstract

La Suprema corte a Sezioni unite rivoluziona i precedenti orientamenti sulla natura della divisione ereditaria, e la qualifica come atto tra vivi, ad effetti traslativo/costitutivi. Da ciò discende che anche la divisione ereditaria incorra nelle nullità previste dalla disciplina urbanistica, riguardanti la maggior parte degli atti tra vivi, che si vorrebbero diretti a produrre effetti reali su edifici “abusivi”. Ciò, salvo casi particolari, impedisce, altresì, di addivenire pure alla divisione giudiziale di quei medesimi edifici. Nessuna nullità, viceversa, può riguardare la divisione dell’edificio “abusivo” fatta dal testatore ex articolo 734 codice civile, la quale certamente è, e rimane, disposizione mortis causa. Per l’apporzionamento tra gli eredi, o comunque per l’attribuzione ad uno di essi, dell’edificio “abusivo” ricompreso nell’asse, così, proprio quest’ultima diviene la via maestra.

 

Indice:

1. Le Sezioni unite rileggono la divisione ereditaria

2. Il punto di partenza: l’orientamento tradizionale della Cassazione, in tema di divisione ereditaria

3. Le novità del 2019: per le Sezioni unite la divisione ereditaria non può validamente riguardare edifici “abusivi”, perché è atto tra vivi…

4. …e perché è atto traslativo/costitutivo, e non dichiarativo

5. Gli edifici “abusivi” possono però essere validamente apporzionati con la divisione fatta dal testatore

 

1. Le Sezioni unite rileggono la divisione ereditaria

La natura della divisione ereditaria è stata oggetto di una recente e approfondita rilettura da parte della Suprema corte a Sezioni unite (Cass., S.u., 7.10.2019, n. 25021). Il caso che ha dato origine a questa innovativa decisione riguardava la divisione di un edificio “abusivo”, caduto in comunione ereditaria tra tre fratelli. Poteva quell’immobile divenire oggetto di una valida divisione, ovvero la divisione di esso avrebbe dovuto essere colpita dalle nullità previste, dalla l. n. 47 del 1985 (e oggi anche dal d.P.R. 380 del 2001), per molti atti rivolti ad incidere su diritti reali sopra edifici, appunto, “abusivi”?

Poiché le fonti normative appena ricordate, per un verso colpiscono con nullità una buona parte degli atti tra vivi che incidano su diritti reali sopra edifici “abusivi” (viceversa non sono nulli, ad es., gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di servitù, o di diritti reali di garanzia, nonché gli atti a effetti meramente obbligatori), mentre, per altro verso, nessuna nullità prevedono per gli atti mortis causa che pure concernano edificazioni “abusive”, per decidere sulla validità della divisione ereditaria di un fabbricato “abusivo” diviene determinante la riconduzione di essa tra gli atti tra vivi, ovvero tra quelli a causa di morte. E la Suprema Corte, nella ricordata decisione a Sezioni unite, ha stabilito che la divisione ereditaria è, non un atto a causa di morte, ma un atto tra vivi.

Sempre nella stessa decisione, nondimeno, si precisa che rientra – e non potrebbe essere diversamente – tra le disposizioni mortis causa la divisione operata dal testatore, ai sensi dell’articolo 734 codice civile. Da ciò deriva, pertanto, che se l’edificio “abusivo” cade in comunione ereditaria, non potrà (salvo casi particolari) divenire oggetto di valida divisione, mentre esso potrà essere validamente ripartito tra gli eredi (o anche trasmesso a uno solo di essi) con un’opportuna disposizione riversata nel testamento, ai sensi dell’articolo 734 codice civile.

Dunque, dal 2019, ove nell’asse siano compresi edifici “abusivi”, la divisione fatta dal testatore conviene assai rispetto alla divisione ereditaria. Questa la sintesi estrema. Ora, nondimeno, è ora il caso di ricapitolare, seppure sempre in estremo sunto, alcuni passaggi del ragionamento svolto dalle Sezioni unite.

 

2. Il punto di partenza: l’orientamento tradizionale della Cassazione, in tema di divisione ereditaria

Come è noto, prima della ricordata pronunzia a Sezioni unite, la giurisprudenza della Suprema corte in tema di divisione ereditaria, era nel senso che questa sfuggisse alle nullità previste per gli atti incidenti su diritti reali sopra edifici “abusivi”, in quanto la stessa veniva qualificata, se non come vero e proprio atto mortis causa, almeno come atto non autonomo rispetto agli atti mortis causa, in quanto conclusivo della vicenda successoria.

Questo argomentando, anzitutto, dall’articolo 757 codice civile, che attribuisce chiara efficacia retroattiva alla divisione ereditaria, e ricavando da ciò, secondo un tradizionale ragionamento, che essa avesse natura soltanto dichiarativa, e non traslativo-costitutiva.

La divisione ereditaria, insomma, in quanto retroattiva sarebbe stata anche solo dichiarativa, e, dunque, nulla avrebbe potuto trasferire, e si sarebbe posta come mero atto conclusivo della vicenda successoria, non inter vivos, e, quindi, non soggetto ad alcuna delle nullità sancite per gli atti inter vivos su edifici “abusivi” (tra le tante, cfr.: Cass., 7.11.2017, n. 26351; Cass., 5.8.2011, n. 17061; Cass., 1.2.2010, n. 2313; Cass., 28.11.2001, n. 15133). Nel 2019, le Sezioni unite hanno, tuttavia, respinto questa impostazione, portando una rivoluzione sul punto, in base a diversi e articolati argomenti, alcuni dei principali tra i quali cerco di sintetizzare di seguito.

 

3. Le novità del 2019: per le Sezioni unite la divisione ereditaria non può validamente riguardare edifici “abusivi”, perché è atto tra vivi…

In primo luogo, le Sezioni unite affermano che, se la morte dell’autore del negozio, come determinante degli effetti di esso, è l’evento che permette di qualificare un atto come mortis causa, tale non può essere il contratto di scioglimento della comunione ereditaria, che produce i propri effetti per volontà degli eredi e indipendentemente dalla volontà (e dalla morte) del de cuius. La divisione ereditaria, vale a dire, è da assimilare alla divisione della comunione ordinaria, senza che la diversa origine della comunione muti la natura e gli effetti del negozio divisorio.

Occorre, pertanto, affermare l’autonomia della divisione ereditaria rispetto alla vicenda successoria. Ciò anche perché la divisione resta, in ogni caso, un atto eventuale, che gli eredi ben possono anche non compiere, rispetto alla comunione ereditaria. Inoltre, diversi sono gli esempi di atti che, pur inserendosi nella vicenda successoria, non vengono qualificati come mortis causa. Si pensi, ad es., all’accettazione dell’eredità. La divisione della comunione ereditaria, insomma, va considerata atto pienamente inter vivos, non diversamente dalla divisione della comunione ordinaria.

 

4. …e perché è atto traslativo/costitutivo, e non dichiarativo

In secondo luogo, le Sezioni unite attaccano e contestano l’antico dogma secondo il quale l’atto con effetti retroattivi sarebbe, per ciò stesso, anche atto meramente dichiarativo. Affermano le S.u., infatti, che, tutto al contrario, la retroazione degli effetti non può avere come presupposto logico se non la costitutività/traslatività dell’atto. Se l’atto si limita a dichiarare, infatti, non c’è bisogno di spostare all’indietro la decorrenza degli effetti di esso, perché già quella decorrenza è indietro nel tempo, tanto che l’atto stesso l’ha, appunto, soltanto accertata, e non prodotta.

Unicamente dove è l’atto, con efficacia costitutiva, che produce esso stesso gli effetti, potrà essere scelto, in casi determinati, di farne retroagire gli effetti. Non si può far retroagire, in altri termini, un effetto che già si è prodotto nel passato, e che l’atto unicamente accerta. Ove occorra, va fatto retroagire, viceversa, un effetto che è stato prodotto successivamente, da un atto costitutivo/traslativo.

La previsione, ex articolo 757 codice civile, della retroazione degli effetti della divisione, dunque, sarebbe insensata se la divisione stessa fosse meramente dichiarativa, mentre è resa necessaria, appunto, dall’efficacia traslativo/costitutiva di essa, e di tale efficacia traslativo/costitutiva costituisce una chiara dimostrazione. Concludono le Sezioni unite, dunque, che “dalla disposizione di cui all’articolo 757 codice civile e dall’efficacia retroattiva dell’atto divisionale, non può argomentarsi la natura meramente dichiarativa del contratto di divisione ereditaria e, tantomeno, la sua natura di atto mortis causa” (Cass., S.u., 7.10.2019, n. 25021).

Da ciò (come da altri argomenti portati dalle S.u., che qui non riporto) discende che gli atti di divisione delle comunioni ereditarie su edifici “abusivi” siano anch’essi riguardati dalle nullità previste, per molti negozi tra vivi a effetti reali, dalla l. n. 47 del 1985 e dal d.P.R. 380 del 2001. Vale la pena di rammentare, ancora e per inciso, come le S. u., per un verso, abbiano deciso per la indivisibilità pure giudiziale degli edifici “abusivi” caduti in comunione ereditaria, e, per altro verso, abbiano stabilito che lo scioglimento della comunione (anche ordinaria) sull’edificio “abusivo”, il quale sia necessario nell’àmbito dell’espropriazione di beni indivisi, o di una procedura concorsuale che coinvolga tali beni, resta sottratto alle ricordate nullità (va ricordato che proprio dalla domanda di divisione di un edificio in comunione ereditaria riguardato da una procedura concorsuale, si era generato il caso oggetto della decisione delle Sezioni unite).

 

5. Gli edifici “abusivi” possono però essere validamente apporzionati con la divisione fatta dal testatore

Rimane da rammentare, per concludere, come le S. u. abbiano anche espressamente ribadito la natura mortis causa della disposizione testamentaria con cui il de cuius divida i suoi beni tra gli eredi, ai sensi dell’articolo 734 codice civile.

Nel tracciare la distinzione tra divisione ereditaria e divisione fatta dal testatore, infatti, la Cassazione ribadisce (né avrebbe potuto accadere altrimenti) che la seconda è certamente atto (rectius, disposizione) mortis causa, che discende solo dalla volontà del testatore e che produce i propri effetti, reali ed attributivi, solo con la morte di questi, e direttamente alla morte di questi.

Senza poter, in questo limitato spazio, prendere in specifica considerazione i vari argomenti addotti dalle S. u., che in parte ho cercato di riassumere sopra, concludo ripetendo come, in conseguenza di Cass., S.u., 7.10.2019, n. 25021, si generi una forte convenienza, per chi abbia nel proprio patrimonio edifici “abusivi”, a provvedere alla ripartizione di essi direttamente con una opportuna disposizione testamentaria ai sensi dell’articolo 734 codice civile, così da evitarne la caduta in comunione ereditaria e la, conseguente, indivisibilità.

Detta in poche e conclusive parole, dopo le Sezioni unite del 2019, ove nell’asse vi siano edifici “abusivi”, la divisione fatta dal testatore vince e la divisione ereditaria perde.

Letture consigliate:

G. Amadio, Divisione ereditaria ed efficacia costitutiva: la fine del dogma della dichiaratività, in Nuova giur. civ. comm., 2020, II, p. 696 ss.;

L. Benincasa, Natura giuridica della divisione ereditaria e menzioni urbanistiche obbligatorie, in Studium iuris, 2020, p. 470 ss.;

S. Bosa, Divisione ereditaria e nullità urbanistiche: questioni qualificatorie e processuali, in Giur. it., 2020, p. 1070 ss.;

E. Migliaccio, Sulla natura e sugli effetti della divisione, in Dir. succ. fam., 2020, p. 135 ss.