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Obbligazione naturale e successione mortis causa

Successione mortis causa
Successione mortis causa

Abstract

Oltre all’irripetibilità di quanto spontaneamente prestato, nessun altro effetto giuridico dovrebbe esservi per l’obbligazione naturale, ai sensi dell’articolo 2034 del Codice Civile. Vi è chi ritiene, nondimeno, che l’obbligazione naturale, prima di essere adempiuta, possa essere trasferita e circolare, e possa, perciò, anche essere oggetto di successione e trasmissione per causa di morte. In questa prospettiva, la destinazione della propria posizione, attiva o passiva, nel rapporto di obbligazione naturale, dovrebbe poter anche divenire il contenuto di una disposizione testamentaria. Accanto a ciò, il testatore potrebbe, altresì, creare, attraverso un’opportuna disposizione testamentaria, un vero e proprio obbligo giuridico in capo al proprio successore, così da vincolarlo all’adempimento di un’obbligazione che, originariamente, per il testatore era solo “naturale”.

 

1. L’obbligazione naturale. Irripetibilità e altri effetti giuridici

2. La trasmissibilità mortis causa dell’obbligazione naturale

3. Obbligazione naturale e disposizione testamentaria

4. Successione e obbligazioni naturali “di riflesso”

 

1. L’obbligazione naturale. Irripetibilità e altri effetti giuridici

All’articolo 2034, primo comma, Codice Civile, si prevede che non sia ammessa la ripetizione di quanto spontaneamente prestato in esecuzione di un dovere solamente morale o sociale, vale a dire in esecuzione di una, così detta, “obbligazione naturale”. L’irripetibilità rappresenta il solo effetto giuridico pacificamente riallacciabile all’obbligazione naturale. Sempre vive, infatti, sono le dispute dottrinali in ordine alla possibilità di annodare all’obbligazione naturale altri effetti giuridici, oltre a quello dell’irripetibilità.

A tali dibattiti, non ha messo fine nemmeno l’esplicito disposto dell’articolo 2034, 2° comma, Codice Civile, con il quale si è stabilito che i doveri morali o sociali non producano altri effetti, oltre alla summenzionata irripetibilità. Le posizioni in merito alle “vicende” dell’obbligazione naturale, invero, sono molteplici ed articolate; ciò poiché è variabile la nozione che, nelle diverse dottrine, si predilige di “altri effetti”, e, dunque, varia il novero delle fattispecie alle quali, nelle numerose ricostruzioni proposte, viene ritenuta applicabile, o non applicabile, la limitazione del secondo comma dell’articolo 2034 Codice Civile Vi sono, nondimeno, effetti pacificamente esclusi, come la possibilità di accompagnare l’obbligazione naturale con una garanzia reale o personale, o come la compensazione legale e quella giudiziale.

Esistono altri effetti, viceversa, sui cui, appunto, si disputa, e, tra essi, vi è la cedibilità dell’obbligazione naturale, e, più in particolare, anche la trasmissibilità mortis causa del debito e/o del credito naturali.

 

2. La trasmissibilità mortis causa dell’obbligazione naturale

È dubbia, dunque, la possibilità di una successione mortis causa, tanto in un “dovere” soltanto morale o sociale, a cui il defunto era già “vincolato”, quanto, all’opposto, in un “diritto” unicamente morale e sociale del quale il defunto fosse reputato titolare. A questo riguardo, giova ricordare come vi siano autorevoli sostenitori della possibilità di trasmettere, anche mortis causa, o il solo “credito naturale”, o anche il “debito naturale” (Perlingieri; Romano). Una autorevolissima voce più di tutte (Perlingieri) ha sostenuto la generale cedibilità del credito naturale, e, in conseguenza di ciò, anche la trasmissibilità a causa di morte di esso.

E ciò poiché non vi sarebbero argomenti per escludere l’idoneità del “credito naturale” a costituire l’oggetto su cui fare confluire la volontà traslativa, né sarebbe rinvenibile, nella disciplina dell’obbligazione naturale, alcun limite alla modificazione dei soggetti interessati ad essa.

Con la cessione – o la trasmissione – del “credito naturale”, insomma, si avrebbe la cessione di un diritto futuro, condizionata alla venuta ad esistenza di esso, la quale coinciderebbe con l’eventuale spontanea esecuzione dell’obbligazione naturale.

In altri termini, la trasmissione resterebbe, comunque, rispettosa “della limitata rilevanza che l’ordinamento ha attribuito ai doveri morali o sociali” (Perlingieri).

L’orientamento prevalente, tuttavia, nega che possa essere trasmessa a causa di morte l’obbligazione naturale. Questa è, anzitutto, la posizione della giurisprudenza, secondo la quale l’obbligazione naturale, fino al momento della sua spontanea esecuzione, non esisterebbe dal punto di vista dell’ordinamento giuridico, e, dunque, non potrebbe formare oggetto di trasmissione ereditaria in senso tecnico, sia in quanto giuridicamente irrilevante (Cass., 5 aprile 1975, n. 1218), sia in quanto carente del carattere della patrimonialità, e, dunque, non rientrante in quel coacervo di diritti e obblighi nel quale l’ordinamento prevede il subentro dell’erede (Cass., 29 novembre 1986, n. 7064). T

ale, va aggiunto, pare anche l’orientamento maggiormente condiviso in dottrina (Biondi, Bianca, Nivarra). Da ricordare, ancora, è quell’articolata dottrina che, anzitutto, nega la successione nel c. d. “credito naturale”, poiché nega l’esistenza stessa di esso.

O, per meglio dire, nega che il debitore naturale abbia obblighi se non verso la propria coscienza, e, dunque, afferma che, quand’anche l’esecuzione di tali doveri verso la propria coscienza soddisfacesse l’interesse di un altro soggetto, detta soddisfazione sarebbe solo un “effetto ulteriore”, una soddisfazione “di riflesso”, mentre non vi sarebbe comunque alcuna diretta rilevanza – nemmeno sul piano morale e sociale – per il c. d. “credito naturale” (Jemolo). Sempre la medesima teorica, peraltro, pare ammettere la trasmissione del “dovere” morale.

Sembrerebbe configurabile, in altri termini, un obbligo morale di restituire – dunque una sorta di “debito morale” - che si trasmette di generazione in generazione: oggetto dell’obbligo, tuttavia, dovrebbe essere un bene determinato, come un quadro od un gioiello, e non potrebbe anche consistere in un patrimonio, o, comunque, in un cespite che non possa essere stato mantenuto nel tempo senza cure, impegno e lavoro.

3. Obbligazione naturale e disposizione testamentaria

Ove si ammetta che le posizioni soggettive “naturali”, attiva e passiva, o anche il solo “debito naturale”, siano trasmissibili per causa di morte, allora se ne dovrà ammettere anche la disponibilità per testamento.

E la disposizione, per chi ne affermi l’ammissibilità, potrebbe, ad esempio, configurarsi come segue: “dispongo che il signor Emilio Giusti. mi succeda nel credito naturale di 800 piastre, che vanto nei confronti del signor Antonello Paolini, in conseguenza di alcune mie vincite al giuoco, come risulta da dichiarazione scritta e sottoscritta dal medesimo signor Paolini, depositata fiduciariamente presso lo studio del Dott. …, Notaio in …, etc. ”.

Si ricordi, infine, che ben diversa è la disposizione “civile” con la quale il testatore, che si senta gravato da un debito morale o sociale, intenda assicurarsi che il suo successore provvederà ad adempiere a tale debito: tale disposizione avrà piena tutela dall’ordinamento.

In tal caso, allora, potrebbe essere assai utile, per il testatore, dedurre l’adempimento dell’obbligazione originariamente naturale in una condizione testamentaria, o in un modus, o, ancora, in un legato ad effetti obbligatori.

Occorre evidenziare, altresì, come in questi casi il preesistente dovere morale o sociale del testatore rappresenti unicamente una sorta di “motivo” di un’ultima volontà, senza che si ricada in un’ipotesi di disposizione dell’obbligazione naturale in quanto tale, che sarebbe senza effetto secondo una comune lettura dell’articolo 2034, 2° comma, Codice Civile

4. Successione e obbligazioni naturali “di riflesso”

Va ricordato, infine, come, sempre in giurisprudenza, si sia precisato che l’intrasmissibilità del rapporto obbligatorio naturale non ne indichi anche il carattere personalissimo, sicché i doveri morali e sociali possono sorgere anche nei confronti dei congiunti (o dei successori) più stretti di coloro che hanno tenuto i comportamenti, od occasionato i fatti, generatori dei doveri medesimi (Cass., 5 aprile 1975, n. 1218).

L’affermata intrasmissibilità non escluderebbe, inoltre, che il congiunto (o il successore) possa essere tenuto in via originaria ad assolvere una sua propria obbligazione naturale sorta “di riflesso”, in conseguenza di quella che gravava sul defunto, (Cass., 29 novembre 1986, n. 7064. In dottrina, Oppo, che porta l’esempio del debito di giuoco, come caso nel quale la prestazione eseguita al successore potrebbe ritenersi, anch’essa, adempimento di obbligazione naturale).

Letture consigliate:

G. Oppo, Adempimento e liberalità, Milano, 1947, p. 205 ss.;

Salv. Romano, Note sulle obbligazioni naturali, Firenze, 1953, II ed.;

B. Biondi, Adempimento e liberalità, nota a Cass. civ., 13 agosto 1965, n. 1960, in Giur. it., 1966, I, 1, cc. 1133 ss.;

A. C. Jemolo, “Gli occhiali del giurista” - Cessione dell’aspettativa che nasce dell’obbligazione di coscienza?, in Riv. dir. civ., 1966, II, p. 430 ss.;

P. Perlingieri, Le vicende dell’obbligazione naturale, in Riv. dir. civ., 1969, I, p. 357 ss.;

C. M. Bianca, Diritto civile, vol. IV, L’obbligazione, Milano, 1991, p. 789 s.;

L. Nivarra, voce Obbligazione naturale, in Digesto, IV ed., Disc. priv., Sez. civ., vol. XII, Torino, 1995, p. 366 ss.