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La diplomazia

Capi dei governi europei e chiesa cattolica chiedono la giusta solidarietà e un dialogo con Putin
diplomazia
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Abstract

Nessun paese europeo vuole la guerra e le sanzioni emanate nei confronti della Russia non stanno portando a buoni risultati, ma solamente gravi situazioni economiche.

 

Sommario

1. A che punto siamo?

2. Apparati di sicurezza

 

1. A che punto siamo?

Il prossimo viaggio della diplomazia forse sarebbe meglio farlo a Mosca. Dopo le rassicurazioni e la giusta solidarietà portata al popolo ucraino, i capi dei principali governi europei, quelli che saranno i più colpiti, dopo l’Ucraina si intende, dalla guerra con la Russia, devono provare a parlare con Putin. Lo chiede il Santo Padre, lo chiedono i cittadini europei, lo pretendono alcuni studiosi accorti di Geopolitica e strategie militari.

Visto che nessuno di noi vuole la guerra, e dato l’evidente limite che stanno mostrando le sanzioni economiche alla Russia, delle quali ad oggi nessun economista accorto osa vedere un concreto e imminente danno all’invasore dell’Ucraina, dobbiamo sbrigarci. Il taglio delle forniture di gas all’Italia, volendo parlare con un po’ di egoismo che credo possa esserci consentito, viene dato come allarmante dal nostro Ministero per la transizione ecologica, e da chiunque possa avere un po’ di buon senso.

 

2. Apparati di sicurezza

La sostituzione delle fonti non è attualmente possibile, e anche se dovesse richiedere un anno – nelle stime più ottimistiche ritenute comunque improbabili –, il vantaggio competitivo e strategico che si lascia a Putin non possiamo permettercelo.

Il rafforzamento delle strategie militari della NATO e dell’Europa potrà anche avvenire: resta ovvia l’esigenza protettiva e preventiva degli apparati di sicurezza.

Ogni guerra si può concludere con la pace, negoziata però su basi reciproche che partono da un’iniziativa di una delle parti. In questo caso sembra di poter parlare in maniera sensata solamente con Zelensky, il quale, con il nostro convinto sostegno, dovrà proporsi quale altrettanto convinto assertore dell’inutilità di continuare una guerra militare che non può vincere e virare su un iniziativa diplomatica che, al contrario, gli consentirebbe di rimanere il leader di un popolo eroico, soprattutto dopo l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.