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La disciplina della conciliazione

Introduzione, Ipotesi di mediazione/conciliazione già esistenti nel nostro ordinamento, Requisti richiesti dalla legge per poter svolgere l’attività di conciliatore, Materie in cui sussiste l’obbligo della conciliazione, Procedimento, Efficacia esecutiva della conciliazione, Regime delle spese processuali

Introduzione

Con il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, è stata data attuazione all’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione, definizione e prevenzione delle controversie civili e commerciali.

La disciplina della mediazione è finalizzata alla conciliazione di tutte le controversie in materia civile e commerciale, con obiettivi di deflazione dei processi e diffusione della cultura del ricorso a soluzioni alternative. Il decreto, inoltre, adegua la legislazione ad alcune norme comunitarie che la disciplinano. Infatti, in tale senso, assume fondamentale importanza la Direttiva europea sulla mediazione del 21 maggio 2008, la quale concepisce la mediazione/conciliazione come un istituto che può contribuire a favorire il miglior funzionamento del mercato interno, il quale può realizzare, di conseguenza, l’auspicata libera circolazione delle persona, dei servizi, dei capitali ecc. Ciò si può raggiungere solo cercando di garantire un migliore accesso dei cittadini alla giustizia. Pertanto, allo stato e soprattutto in Italia, l’unico modo di attuare in concreto ciò è promuovere ed adottare soluzioni alternative e complementari alla Giustizia, intesa come attività giurisdizionale.

In altre parole, le istituzione comunitarie considerano vantaggiosa la mediazione per risolvere le controversie transfrontaliere, per migliorare le relazioni amichevoli tra gli stati membri, per favorire l’esecuzione spontanea degli accordi intrapresi tra gli stessi e per porre in essere un giusto equilibrio tra attività di mediazione/conciliazione e l’attività giurisdizionale in senso proprio e per migliorare l’accesso e la qualità di quest’ultima.

Nell’ambito della suddetta direttiva, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 maggio 2011. Essi ne devono informare immediatamente la Commissione. Inoltre, entro il 21 maggio 2016 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’attuazione della presente direttiva. A tale proposito, il governo ha approvato un D.Lgs sulla mediazione in attuazione delle deleghe previste dall’art 60 della legge 69/2009. D’altro canto, prima del succitato atto normativo la figura della mediazione/conciliazione è stata oggetto di ulteriori precedenti atti comunitari:

1) Il Consiglio europeo nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato gli Stati membri ad istituire procedure extragiudiziali e alternative.

2) Nel maggio 2000 il Consiglio ha adottato conclusioni sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, sancendo che l’istituzione di principi fondamentali in questo settore è un passo essenziale verso l’appropriato sviluppo e l’operatività dei procedimenti stragiudiziali per la composizione delle controversie in materia civile e commerciale così come per semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia.

3) Nell’aprile del 2002 la Commissione ha presentato il Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, prendendo in esame la situazione attuale circa i metodi alternativi di risoluzione delle controversie nell’Unione europea e intraprendendo consultazioni ad ampio raggio con gli Stati membri e le parti interessate sulle possibili misure per promuovere l’utilizzo della mediazione.

Ipotesi di mediazione/conciliazione già esistenti nel nostro ordinamento

Nel nostro ordinamento, già esistono varie ipotesi di conciliazione. Alcune di questa sono previste obbligatoriamente (in genere per poter procedere giudizialmente per la tutela dei propri interessi), altre sono solo volontarie.

1) Conciliazione volontaria: art 185 cpc: comparizione parti; 320 cpc conciliazione GDP; 322 conciliazione GDP sede non contenziosa; art 198 cpc: conciliazione delegata ad un consulente tecnico; 696 bis cpc: tentativo di conciliazione ATP; conciliazione presso camere commercio riguardo a liti sui contratti turistici; conciliazione presso camere commercio riguardo a liti sui diritti dei consumatori; conciliazione riguardo a liti sui lavori pubblici e appalti; conciliazione presso CONSOB riguardo a liti sui contratti sottoscritti tra risparmiatori e investitori; conciliazione presso Camere commercio a liti sui contratti di affiliazione commerciale; conciliazione presso camere commercio riguardo a liti sui servizi di tintorie e lavanderie;

2) Conciliazione obbligatoria: 410 e seg. cpc: conciliazione controversie lavoro; D leg. 80/1998 e d. leg. 165/2001: conciliazione controversie lavoro pubblico; D. leg 124/2004 conciliazione lavoro e previdenza sociale; conciliazione nella separazione e divorzio; conciliazione nelle lite della subfornitura delle attività produttive; conciliazione nelle lite sulla concorrenza e la regolamentazione dei servizi di pubblica utilità; patti di famiglia ; conciliazione riguardo a controversie tra utenti e un soggetto autorizzato a fornire prodotti radiotelevisivi o di comunicazioni.

Requisti richiesti dalla legge per poter svolgere l’attività di conciliatore

Quanto ai requisiti di qualificazione professionale dei conciliatori, questi (ove non siano professori universitari in discipline economiche o giuridiche, o professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno quindici anni, ovvero magistrati in quiescenza), devono provare

a) il possesso di una specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di formazione tenuti da enti pubblici, università o enti privati accreditati presso il Ministero della Giustizia;

b) il possesso, da parte dei conciliatori, dei seguenti requisiti di onorabilità:

– non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione;

– non avere riportato condanne a pena detentiva, applicata su richiesta delle parti, non inferiore a sei mesi;

– non essere incorso nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;

– non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza;

non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

D’altro canto, a differenza degli USA dove il conciliatore opera uti singuli, in Italia il conciliatore deve operare necessariamente nell’ambito di un organismo di conciliazione, che devono avere i sotto riportati requisiti.

Anzitutto, il responsabile del Ministero deve verificare verifica la professionalità e l’efficienza degli organismi richiedenti e in particolare:

a) la forma giuridica dell’ente o dell’organismo, il suo grado di autonomia, nonché la compatibilità della sua attività con l’oggetto sociale o lo scopo associativo;

b) la consistenza dell’organizzazione di persone e mezzi, e il suo grado di adeguatezza, anche sotto il profilo patrimoniale; l’istante, in ogni caso, deve produrre polizza assicurativa di importo non inferiore a 500.000 euro per le conseguenze patrimoniali comunque derivanti dallo svolgimento del servizio di conciliazione;

c) i requisiti di onorabilità dei soci, associati, amministratori o rappresentanti dei predetti enti, non inferiori a quelli fissati a norma dell’articolo 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

d) la trasparenza amministrativa e contabile dell’ente, ivi compreso il rapporto giuridico ed economico tra l’ente e i singoli conciliatori;

e) le garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza nello svolgimento del servizio, nonché la conformità del regolamento di procedura di conciliazione alla legge e della tabella delle indennità ai criteri stabiliti dal regolamento emanato a norma dell’articolo 39 del decreto;

f) il numero dei conciliatori, non inferiore a sette, che abbiano dichiarato la disponibilità a svolgere le funzioni di conciliazione in via esclusiva per il richiedente;

g) la sede dell’organismo di conciliazione.

Il responsabile del Ministero verifica in ogni caso:

a) i requisiti di qualificazione professionale dei conciliatori per i quali, ove non siano professori universitari in discipline economiche o giuridiche, o professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno quindici anni, ovvero magistrati in quiescenza, deve risultare provato il possesso di una specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di formazione tenuti da enti pubblici, università o enti privati accreditati presso il responsabile in base ai criteri fissati a norma dell’articolo 10, comma 5;

b) il possesso, da parte dei conciliatori, dei seguenti requisiti di onorabilità:

– non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione;

– non avere riportato condanne a pena detentiva, applicata su richiesta delle parti, non inferiore a sei mesi;

– non essere incorso nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;

– non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza;

– non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

Qualora l’ente sia un’associazione tra professionisti o una società tra avvocati, all’organismo devono essere destinati, anche in via non esclusiva, almeno due prestatori di lavoro subordinato, con prevalenti compiti di segreteria, ai quali risulti applicato il trattamento retributivo e previdenziale previsto dal rispettivo contratto collettivo nazionale di lavoro; in ogni altro caso, i compiti suddetti devono essere svolti da almeno due persone nominativamente indicate con riferimento anche al tipo di trattamento giuridico ed economico applicato.

Materie in cui sussiste l’obbligo della conciliazione

Le materie del contendere in cui è inderogabile il ricorso ad un organismo di conciliazione sono le seguenti: condominio; locazione; successioni ereditarie; diritti reali (usufrutto, servitù, enfiteusi ecc.); comodato; patti di famiglia; affitto di aziende; contratti bancari, finanziari e assicurativi; richieste di risarcimento a seguito di danni in campo medico-sanitario.

D’altro canto, l’istituto de quo non si applica nei seguenti casi:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;

c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;

e) nei procedimenti in camera di consiglio;

f) nell’azione civile esercitata nel processo penale.

Ai sensi dell’art 5 del citato decreto legislativo, la mediazione stessa, diventando obbligatoria, è ritenuta presupposto di procedibilità della lite, esattamente come avviene, ad esempio, tuttora con le cause di lavoro. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del di 4 mesi. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

Procedimento

La domanda per l’attivazione della procedura deve essere depositata presso la segreteria della Camera di Conciliazione. Le parti possono avviare il procedimento di conciliazione o aderire ad esso sia utilizzando gli appositi moduli, sia in carta libera. Le parti possono anche depositare domande congiunte. Ogni parte ha diritto di accesso agli atti del procedimento, salvo per quanto le altre parti abbiano espressamente dichiarato sia riservato al solo conciliatore. Il vincolo di riservatezza che le parti dovessero imporre al conciliatore nei confronti della controparte, tuttavia, non potrà essere tale da pregiudicare la necessaria trasparenza ed informalità del procedimento.

Nel caso di deposito di domanda singola, la segreteria comunica all’altra parte, nel più breve tempo possibile, l’avvenuto deposito della domanda di conciliazione con qualsiasi mezzo alla sola condizione che sia in grado di dimostrarne l’avvenuta ricezione, invitandola a rispondere entro il termine di 15 giorni lavorativi dal ricevimento di tale comunicazione.

Se l’altra parte accetta di partecipare e invia la propria adesione, la segreteria investe l’ufficio di presidenza affinché venga nominato un conciliatore e venga fissata la data dell’incontro.

Con l’instaurazione del procedimento di conciliazione le parti accettano, altresì, l’obbligo di corrispondere le indennità e gli onorari nella misura prevista dalla tabella approvata dall’organismo stesso. Il mediatore si adopera affinche’ le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia. Il procedimento, poi, prosegue senza formalità, con incontri in base alle esigenze delle parti e della controversia e termina entro 4 mesi dal deposito della domanda di concliazione. Se e’ raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale e’ allegato il testo dell’accordo medesimo raggiunto di comune consenso con le parti in causa.

Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13 (regime delle spese). La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta posta in essere.

Se è raggiunto l’accordo amichevole ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.

D’altro canto, se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta e poi il verbale stesso è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita’ di sottoscrivere.

Nello stesso verbale, il mediatore da’ atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. Infine, il processo verbale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso e’ rilasciata copia alle parti che lo richiedono.

Efficacia esecutiva della conciliazione

Ai sensi dell’art. 12 del d. leg. in esame, il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, e’ omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarita’ formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. Il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Regime delle spese processuali

Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Medesime  disposizioni si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto, se nominato. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto, se nominato. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.

Introduzione, Ipotesi di mediazione/conciliazione già esistenti nel nostro ordinamento, Requisti richiesti dalla legge per poter svolgere l’attività di conciliatore, Materie in cui sussiste l’obbligo della conciliazione, Procedimento, Efficacia esecutiva della conciliazione, Regime delle spese processuali

Introduzione

Con il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, è stata data attuazione all’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione, definizione e prevenzione delle controversie civili e commerciali.

La disciplina della mediazione è finalizzata alla conciliazione di tutte le controversie in materia civile e commerciale, con obiettivi di deflazione dei processi e diffusione della cultura del ricorso a soluzioni alternative. Il decreto, inoltre, adegua la legislazione ad alcune norme comunitarie che la disciplinano. Infatti, in tale senso, assume fondamentale importanza la Direttiva europea sulla mediazione del 21 maggio 2008, la quale concepisce la mediazione/conciliazione come un istituto che può contribuire a favorire il miglior funzionamento del mercato interno, il quale può realizzare, di conseguenza, l’auspicata libera circolazione delle persona, dei servizi, dei capitali ecc. Ciò si può raggiungere solo cercando di garantire un migliore accesso dei cittadini alla giustizia. Pertanto, allo stato e soprattutto in Italia, l’unico modo di attuare in concreto ciò è promuovere ed adottare soluzioni alternative e complementari alla Giustizia, intesa come attività giurisdizionale.

In altre parole, le istituzione comunitarie considerano vantaggiosa la mediazione per risolvere le controversie transfrontaliere, per migliorare le relazioni amichevoli tra gli stati membri, per favorire l’esecuzione spontanea degli accordi intrapresi tra gli stessi e per porre in essere un giusto equilibrio tra attività di mediazione/conciliazione e l’attività giurisdizionale in senso proprio e per migliorare l’accesso e la qualità di quest’ultima.

Nell’ambito della suddetta direttiva, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 maggio 2011. Essi ne devono informare immediatamente la Commissione. Inoltre, entro il 21 maggio 2016 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’attuazione della presente direttiva. A tale proposito, il governo ha approvato un D.Lgs sulla mediazione in attuazione delle deleghe previste dall’art 60 della legge 69/2009. D’altro canto, prima del succitato atto normativo la figura della mediazione/conciliazione è stata oggetto di ulteriori precedenti atti comunitari:

1) Il Consiglio europeo nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato gli Stati membri ad istituire procedure extragiudiziali e alternative.

2) Nel maggio 2000 il Consiglio ha adottato conclusioni sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, sancendo che l’istituzione di principi fondamentali in questo settore è un passo essenziale verso l’appropriato sviluppo e l’operatività dei procedimenti stragiudiziali per la composizione delle controversie in materia civile e commerciale così come per semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia.

3) Nell’aprile del 2002 la Commissione ha presentato il Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, prendendo in esame la situazione attuale circa i metodi alternativi di risoluzione delle controversie nell’Unione europea e intraprendendo consultazioni ad ampio raggio con gli Stati membri e le parti interessate sulle possibili misure per promuovere l’utilizzo della mediazione.

Ipotesi di mediazione/conciliazione già esistenti nel nostro ordinamento

Nel nostro ordinamento, già esistono varie ipotesi di conciliazione. Alcune di questa sono previste obbligatoriamente (in genere per poter procedere giudizialmente per la tutela dei propri interessi), altre sono solo volontarie.

1) Conciliazione volontaria: art 185 cpc: comparizione parti; 320 cpc conciliazione GDP; 322 conciliazione GDP sede non contenziosa; art 198 cpc: conciliazione delegata ad un consulente tecnico; 696 bis cpc: tentativo di conciliazione ATP; conciliazione presso camere commercio riguardo a liti sui contratti turistici; conciliazione presso camere commercio riguardo a liti sui diritti dei consumatori; conciliazione riguardo a liti sui lavori pubblici e appalti; conciliazione presso CONSOB riguardo a liti sui contratti sottoscritti tra risparmiatori e investitori; conciliazione presso Camere commercio a liti sui contratti di affiliazione commerciale; conciliazione presso camere commercio riguardo a liti sui servizi di tintorie e lavanderie;

2) Conciliazione obbligatoria: 410 e seg. cpc: conciliazione controversie lavoro; D leg. 80/1998 e d. leg. 165/2001: conciliazione controversie lavoro pubblico; D. leg 124/2004 conciliazione lavoro e previdenza sociale; conciliazione nella separazione e divorzio; conciliazione nelle lite della subfornitura delle attività produttive; conciliazione nelle lite sulla concorrenza e la regolamentazione dei servizi di pubblica utilità; patti di famiglia ; conciliazione riguardo a controversie tra utenti e un soggetto autorizzato a fornire prodotti radiotelevisivi o di comunicazioni.

Requisti richiesti dalla legge per poter svolgere l’attività di conciliatore

Quanto ai requisiti di qualificazione professionale dei conciliatori, questi (ove non siano professori universitari in discipline economiche o giuridiche, o professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno quindici anni, ovvero magistrati in quiescenza), devono provare

a) il possesso di una specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di formazione tenuti da enti pubblici, università o enti privati accreditati presso il Ministero della Giustizia;

b) il possesso, da parte dei conciliatori, dei seguenti requisiti di onorabilità:

– non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione;

– non avere riportato condanne a pena detentiva, applicata su richiesta delle parti, non inferiore a sei mesi;

– non essere incorso nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;

– non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza;

non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

D’altro canto, a differenza degli USA dove il conciliatore opera uti singuli, in Italia il conciliatore deve operare necessariamente nell’ambito di un organismo di conciliazione, che devono avere i sotto riportati requisiti.

Anzitutto, il responsabile del Ministero deve verificare verifica la professionalità e l’efficienza degli organismi richiedenti e in particolare:

a) la forma giuridica dell’ente o dell’organismo, il suo grado di autonomia, nonché la compatibilità della sua attività con l’oggetto sociale o lo scopo associativo;

b) la consistenza dell’organizzazione di persone e mezzi, e il suo grado di adeguatezza, anche sotto il profilo patrimoniale; l’istante, in ogni caso, deve produrre polizza assicurativa di importo non inferiore a 500.000 euro per le conseguenze patrimoniali comunque derivanti dallo svolgimento del servizio di conciliazione;

c) i requisiti di onorabilità dei soci, associati, amministratori o rappresentanti dei predetti enti, non inferiori a quelli fissati a norma dell’articolo 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

d) la trasparenza amministrativa e contabile dell’ente, ivi compreso il rapporto giuridico ed economico tra l’ente e i singoli conciliatori;

e) le garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza nello svolgimento del servizio, nonché la conformità del regolamento di procedura di conciliazione alla legge e della tabella delle indennità ai criteri stabiliti dal regolamento emanato a norma dell’articolo 39 del decreto;

f) il numero dei conciliatori, non inferiore a sette, che abbiano dichiarato la disponibilità a svolgere le funzioni di conciliazione in via esclusiva per il richiedente;

g) la sede dell’organismo di conciliazione.

Il responsabile del Ministero verifica in ogni caso:

a) i requisiti di qualificazione professionale dei conciliatori per i quali, ove non siano professori universitari in discipline economiche o giuridiche, o professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno quindici anni, ovvero magistrati in quiescenza, deve risultare provato il possesso di una specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di formazione tenuti da enti pubblici, università o enti privati accreditati presso il responsabile in base ai criteri fissati a norma dell’articolo 10, comma 5;

b) il possesso, da parte dei conciliatori, dei seguenti requisiti di onorabilità:

– non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione;

– non avere riportato condanne a pena detentiva, applicata su richiesta delle parti, non inferiore a sei mesi;

– non essere incorso nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;

– non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza;

– non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

Qualora l’ente sia un’associazione tra professionisti o una società tra avvocati, all’organismo devono essere destinati, anche in via non esclusiva, almeno due prestatori di lavoro subordinato, con prevalenti compiti di segreteria, ai quali risulti applicato il trattamento retributivo e previdenziale previsto dal rispettivo contratto collettivo nazionale di lavoro; in ogni altro caso, i compiti suddetti devono essere svolti da almeno due persone nominativamente indicate con riferimento anche al tipo di trattamento giuridico ed economico applicato.

Materie in cui sussiste l’obbligo della conciliazione

Le materie del contendere in cui è inderogabile il ricorso ad un organismo di conciliazione sono le seguenti: condominio; locazione; successioni ereditarie; diritti reali (usufrutto, servitù, enfiteusi ecc.); comodato; patti di famiglia; affitto di aziende; contratti bancari, finanziari e assicurativi; richieste di risarcimento a seguito di danni in campo medico-sanitario.

D’altro canto, l’istituto de quo non si applica nei seguenti casi:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;

c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;

e) nei procedimenti in camera di consiglio;

f) nell’azione civile esercitata nel processo penale.

Ai sensi dell’art 5 del citato decreto legislativo, la mediazione stessa, diventando obbligatoria, è ritenuta presupposto di procedibilità della lite, esattamente come avviene, ad esempio, tuttora con le cause di lavoro. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del di 4 mesi. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

Procedimento

La domanda per l’attivazione della procedura deve essere depositata presso la segreteria della Camera di Conciliazione. Le parti possono avviare il procedimento di conciliazione o aderire ad esso sia utilizzando gli appositi moduli, sia in carta libera. Le parti possono anche depositare domande congiunte. Ogni parte ha diritto di accesso agli atti del procedimento, salvo per quanto le altre parti abbiano espressamente dichiarato sia riservato al solo conciliatore. Il vincolo di riservatezza che le parti dovessero imporre al conciliatore nei confronti della controparte, tuttavia, non potrà essere tale da pregiudicare la necessaria trasparenza ed informalità del procedimento.

Nel caso di deposito di domanda singola, la segreteria comunica all’altra parte, nel più breve tempo possibile, l’avvenuto deposito della domanda di conciliazione con qualsiasi mezzo alla sola condizione che sia in grado di dimostrarne l’avvenuta ricezione, invitandola a rispondere entro il termine di 15 giorni lavorativi dal ricevimento di tale comunicazione.

Se l’altra parte accetta di partecipare e invia la propria adesione, la segreteria investe l’ufficio di presidenza affinché venga nominato un conciliatore e venga fissata la data dell’incontro.

Con l’instaurazione del procedimento di conciliazione le parti accettano, altresì, l’obbligo di corrispondere le indennità e gli onorari nella misura prevista dalla tabella approvata dall’organismo stesso. Il mediatore si adopera affinche’ le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia. Il procedimento, poi, prosegue senza formalità, con incontri in base alle esigenze delle parti e della controversia e termina entro 4 mesi dal deposito della domanda di concliazione. Se e’ raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale e’ allegato il testo dell’accordo medesimo raggiunto di comune consenso con le parti in causa.

Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13 (regime delle spese). La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta posta in essere.

Se è raggiunto l’accordo amichevole ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.

D’altro canto, se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta e poi il verbale stesso è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita’ di sottoscrivere.

Nello stesso verbale, il mediatore da’ atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. Infine, il processo verbale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso e’ rilasciata copia alle parti che lo richiedono.

Efficacia esecutiva della conciliazione

Ai sensi dell’art. 12 del d. leg. in esame, il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, e’ omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarita’ formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. Il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Regime delle spese processuali

Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Medesime  disposizioni si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto, se nominato. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto, se nominato. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.