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La durata certa del procedimento amministrativo

Ovvero la riforma della riforma della Legge n. 241 del 1990 da parte della Legge n. 18 giugno 2009, n. 69 [1]
Una delle leggi della nostra Repubblica più rivisitate è certamente quella del 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme sul procedimento amministrativo”[2] a dimostrazione della difficoltà di attuazione che si riscontra in relazione ad una materia, che più di altre, disciplina i rapporti tra la Pubblica Amministrazione (d’ora in avanti, P.A.) ed il cittadino[3].

Al di là di una valutazione di merito della legislazione di settore va riconosciuto al nostro legislatore l’impegno a far sì che la P.A. sia sempre più una “sfera di cristallo” e sempre meno una “torre di avorio”.

In buona sostanza, si tende a fare passare il concetto di “amministrazione amica” del cittadino/utente che si rivolge ad essa per ottenere un servizio o per vedersi riconosciuto un diritto/interesse.

Anche l’attuale legislatura ha posto attenzione alla P.A. e, recentemente, lo ha fatto attraverso la legge n. 69 del 2009[4] che si occupa – tra le altre materie – della normativa sul procedimento amministrativo, con particolare riguardo alla durata del procedimento amministrativo ed alla indicazione dei termini entro cui detto procedimento deve essere licenziato[5].

In una ottica di Qualità[6] del servizio va detto che la tempestività nel riscontro alla istanza del cittadino costituisce un elemento di decisiva importanza; un indicatore per valutare la performance della P.A..[7]

Il rispetto dei termini di durata del procedimento amministrativo va garantito non semplicemente attraverso una legge o un regolamento; esso presuppone, anche e soprattutto, una riorganizzazione della intera P.A. a partire dalla ottimizzazione dei processi, passando per la qualificazione dei dipendenti, per giungere alla implementazione di strumenti informatici/informativi in grado di supportare una corretta gestione nel flusso dei dati, senza tralasciare che un buon servizio non può prescindere da una rivoluzione culturale!

Ricordiamo che originariamente, ci si riferisce alla Legge 241 del 1990, era già stabilito che la P.A. dovesse riscontrare le istanze del cittadino entro 30 giorni ma successivamente il termine fu elevato a 90 giorni allorquando ci si accorse che il rispetto dei trenta giorni poneva notevoli problemi, di tipo organizzativo/gestionale, che la P.A. non era preparata – soprattutto culturalmente – ad affrontare e risolvere.

L’avere ricondotto, con la Legge 69 del 2009, l’obbligo di conclusione del procedimento amministrativo a trenta giorni fa pensare che, nel frattempo, le difficoltà sopra evidenziate siano state affrontate e risolte!, anche perché a sostegno di questa tesi è stato introdotto un risarcimento a favore del cittadino vittima delle lungaggini della P.A[8].

Già nel 1997 furono previsti, in “default”, dall’art. 20 della Legge 15 marzo 1997 n. 59[9] una serie di misure finalizzate a migliorare e a rendere più efficace ed efficiente l’operato della P.A.; basti pensare alla “ a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti,”; così come alla “b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi;“.

Sino ad arrivare alla “h) previsione, per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento, di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione, di forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento; contestuale individuazione delle modalità di pagamento e degli uffici che assolvono all’obbligo di corrispondere l’indennizzo, assicurando la massima pubblicità e conoscenza da parte del pubblico delle misure adottate e la massima celerità nella corresponsione dell’indennizzo stesso.”

L’istituto dell’indennizzo forfettario è restato, però, una intuizione del legislatore ma non ha avuto mai attuazione anche perché la sua effettiva implementazione avrebbe dato la stura ad una serie di risarcimenti da parte della P.A. creando un grave danno per le casse dell’erario.

L’art 7 della Legge n. 69 del 2009 introduce una disposizione che sostituisce integralmente l’art 2 della Legge 241 il quale disciplina la “Conclusione del procedimento” e sancisce che “1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”.

Il termine sopra menzionato[10] è, lo ribadiamo, pari a trenta giorni e riguarda le “amministrazioni statali e …(gli) enti pubblici nazionali”[11]. Al contempo è stata però prevista la possibilità di un ampliamento di detto termine da parte delle P.A. che debbono, a tale fine, adottare regolamenti interni e prevedere un diverso termine.

A tale proposito va sottolineato che la scelta fatta dalla P.A., attraverso un regolamento nel quale elenca i procedimenti rispetto ai quali non vige la regola generale della durata dei trenta giorni, non può essere svolta arbitrariamente ma deve, invece, basarsi su almeno due aspetti: il rispetto dei termini, che devono essere congrui, e l’assetto organizzativo della Amministrazione che richiede un prolungamento di tali termini.

Il legislatore ha voluto, pertanto, “regolamentare” l’attività della P.A. ed al tempo stesso ha fornito al cittadino gli strumenti per valutare se il termine fissato per la durata di un procedimento sia o meno congruo; in caso contrario egli ha facoltà di impugnare di fronte al giudice competente, nella fattispecie il giudice amministrativo, il regolamento.

Il comma terzo del sostituito art. 2 dispone che “Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (omissis) sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali.”

Analoga procedura viene seguita dagli enti pubblici nazionali che sono autorizzati a stabilire “secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza”[12].

Un aumento del termine per concludere il procedimento, superiore ai novanta giorni, può essere previsto seguendo la procedura formalizzata attraverso il comma quarto dell’art. 2 nella ipotesi in cui in presenza di una serie di fattori, quali: “il profilo dell’organizzazione amministrativa”, la “natura degli interessi pubblici tutelati”, e la “particolare complessità del procedimento” si reputi necessario prevedere un termine superiore ai novanta giorni ma inferiore ai 180 giorni[13].

Ricorrendo l’ipotesi di cui al comma 4, del nuovo art. 2 della legge 241/90,[14] il decreto del Presidente del Consiglio va adottato anche su proposta “dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri”.

In questi casi il termine massimo dei 180 giorni è perentorio con due eccezioni relativamente ai procedimenti amministrativi inerenti l’acquisto della cittadinanza italiana e la immigrazione.

Una particolare ipotesi, contenuta nel quinto comma, è quella relativa ai procedimenti di competenza delle Autorità di garanzia e di vigilanza che “fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative (omissis) disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza”.

Il legislatore in questo caso non ha voluto inquadrare detto aspetto in quello più generale previsto per i restanti procedimenti prodotti dalle Amministrazioni centrali e dagli enti pubblici nazionali poiché ha ritenuto che vista la loro specificità fosse opportuno operare una eccezione.

Il computo del termine di conclusione del procedimento amministrativo decorre, in base a quanto stabilito dal comma sesto, “dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte”.

E’ prevista – comma settimo - la ipotesi di sospensione nella decorrenza dei termini per la conclusione del procedimento, da adottare una sola volta, e “per un periodo non superiore a trenta giorni”, allorchè la PA debba acquisire informazioni o certificazioni “relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni”. (si rimanda alla Tabella riassuntiva)

Il comma ottavo dell’art. 2 disciplina il caso in cui la P.A. si riveli ”silente” nel senso in cui non venga licenziato il provvedimento entro i termini di legge.

In questa ipotesi e “Salvi i casi di silenzio assenso” il cittadino può ricorrere contro il silenzio dell’amministrazione “anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini” di 30 o di 90 giorni.

L’ultimo comma dell’art 2 della legge 241/90, introdotto dal nono della Legge 69 del 2009, prevede un coinvolgimento del dirigente nel caso di mancata attivazione, rectius emanazione, del provvedimento entro i termini; per cui tale condotta rappresenta uno degli elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale.

Tale concetto è ribadito dall’art. 2 bis per il quale “Il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti; di esso si tiene conto al fine della corresponsione della retribuzione di risultato”.

Quadro riassuntivo dei termini per la emanazione dei provvedimenti amministrativi

Durata termineCasistica
30 giorniPer tutti i procedimenti ad istanza di parte o d’ufficio
90 giorniAmministrazioni statali: procedimenti da individuare mediante un DPCM su proposta del Ministro competente

Enti pubblici nazionali: procedimenti di propria competenza definiti dai propri ordinamenti

180 giorniAmministrazioni statali e Enti pubblici nazionali:

per i procedimenti caratterizzati da:

a) profilo organizzativo dell’amministrazione;

b) natura degli interessi publici tutelati;

c) particolare complessità del procedimento.

oltre 180 giorniSolo per i procedimenti di:

a) acquisto della cittadinanza italiana;

b) immigrazione

Spospensione terminiResponsabilità

Per un periodo massimo di trenta giorni e per una sola volta, per acquisire informazioni o certificazioni non contenuti in documenti  già in possesso dell’amministrazione o non direttamente acquisibili presso altre amministrazioni.

Se il termine di conclusione del procedimento non è stato rispettato, a causa di  un comportamento doloso o colposo, e a seguito di esso si è prodotto un danno ingiusto, scatta l’obbligo di risarcimento della P.A. così come dei soggetti privati chiamati ad erogare il servizio.

Competente ad erogare la sanzione è il giudice amministrativo.

Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni.



[1] Docente presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio”, C.d.l. in Tecnico di Laboratorio Biomedico e C.d.l. in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche – Specialistica, di Elementi di Diritto Pubblico e di Diritto Privato

[2] Sull’argomento sia consentito rimandare a Modesti G., L’esercizio del diritto di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione alla luce della Legge 15/2005; su www.diritto.it ; www.Jusreporter.it; www.dirittosuweb.com (gennaio 2006); Gli atti della P.A. e l’esercizio del diritto di accesso ai sensi della L. 15/2005, in formato power point, su www.crc-cesi.org; (marzo 2006); Il diritto di accesso da parte di un consigliere di un ente locale. Diritto ex lege 241/90 o diritto alla informazione? www.Altalex.com (marzo 2007); www.overlex.com (Quaderni di Overlex, n. 4 – aprile 2007); www.dirittosuweb.com (maggio 2007); L’esercizio del diritto di accesso del cittadino agli atti della Pubblica Amministrazione e la omissione di atti d’ufficio. Quando la ‘distrazione’ del dirigente può costare caro all’ente locale. (nota a sentenza Cassazione n. 14466 del 2 aprile 2009); www.diritto.it ; www.newlinet.it; Comunicazione Pubblica, n. 111/112 – Anno XVIII (marzo – giugno 2009).

[3] La legge 241 del 1990 è stata modificata una prima volta con legge dell’11 febbraio 2005 “Modifiche ed integrazioni alla Legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”. Successivamente il legislatore è intervenuto con il Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35 "Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 2005. Un ulteriore passaggio si è compiuto con la legge di conversione del 14 maggio 2005 n. 80 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2005 - Supplemento ordinario n. 91

[4] Legge 18 giugno 2009. n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009 – Supplemento ordinario n. 95

[5] Bibliografia: Clarich M., Tempi degli uffici, digitalizzazione e trasparenza: la chirurgia estetica non scioglie tutti i nodi; Guida al Diritto, Il Sole 24 Ore n. 27/2009; Cerchi A., La burocrazia ci riprova: risposte entro un mese, Il Sole 24 Ore del 13.10.08 Zaini G., I nuovi termini del procedimento amministrativo nella previsione della legge n. 69/09, www.diritto.it ; Lentini G., L’inosservanza dei termini procedimentali da parte della pubblica amministrazione nella legge 69/’09 di modifica della legge 241/’90. Breve esame e considerazioni alla luce della proposta di decreto legislativo di attuazione della legge 15/’09; www.diritto.it

[6] Per una più esaustiva esposizione dell’argomento, soprattutto in relazione al mondo della Sanità, si rimanda a Modesti G., Quali politiche per la introduzione della Qualità nell’Azienda sanitaria, in corso di pubblicazione su Panorama della Sanità.

[7] Per cui bene ha fatto il Parlamento ad inserire tale problematica all’interno di un più ampio processo di riforma del settore, individuando una serie di obiettivi, da realizzare entro il 2012 (cd Piano e-Gov 2012), che possiamo sintetizzare nei seguenti punti: rendere la P.A. più trasparente ed efficiente; ridurre il consumo della carta da parte degli Uffici pubblici, attraverso la cd dematerializzazione dei documenti (cd paperlees), creare un sistema pubblico di connettività, al fine di “fare spostare i dati e non le persone”; migliorare i rapporti tra il cittadino/utente e la P.A.; trasferire le conoscenze a tutti i settori della P.A.; realizzare una infrastruttura informatica/informativa sicura.

[8] Il risarcimento in questione è stato riconosciuto attraverso una sentenza della Corte di Cassazione e, successivamente, il potere esecutivo ha ritenuto di dovere prevedere il pagamento di un indennizzo per i procedimenti conclusi oltre i termini.

[9] Legge 15 marzo 1997 n. 59 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997).

[10] Già l’art. 26 del disegno di legge 1441 bis del 2008, relativo alla “Certezza dei tempi di conclusione del procedimento” prevedeva che – “1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo, mediante una manifestazione di volontà chiara e univoca, anche ai sensi degli articoli 19 e 20, entro un termine certo, stabilito conformemente alle disposizioni del presente articolo. 2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di tr

Una delle leggi della nostra Repubblica più rivisitate è certamente quella del 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme sul procedimento amministrativo”[2] a dimostrazione della difficoltà di attuazione che si riscontra in relazione ad una materia, che più di altre, disciplina i rapporti tra la Pubblica Amministrazione (d’ora in avanti, P.A.) ed il cittadino[3].

Al di là di una valutazione di merito della legislazione di settore va riconosciuto al nostro legislatore l’impegno a far sì che la P.A. sia sempre più una “sfera di cristallo” e sempre meno una “torre di avorio”.

In buona sostanza, si tende a fare passare il concetto di “amministrazione amica” del cittadino/utente che si rivolge ad essa per ottenere un servizio o per vedersi riconosciuto un diritto/interesse.

Anche l’attuale legislatura ha posto attenzione alla P.A. e, recentemente, lo ha fatto attraverso la legge n. 69 del 2009[4] che si occupa – tra le altre materie – della normativa sul procedimento amministrativo, con particolare riguardo alla durata del procedimento amministrativo ed alla indicazione dei termini entro cui detto procedimento deve essere licenziato[5].

In una ottica di Qualità[6] del servizio va detto che la tempestività nel riscontro alla istanza del cittadino costituisce un elemento di decisiva importanza; un indicatore per valutare la performance della P.A..[7]

Il rispetto dei termini di durata del procedimento amministrativo va garantito non semplicemente attraverso una legge o un regolamento; esso presuppone, anche e soprattutto, una riorganizzazione della intera P.A. a partire dalla ottimizzazione dei processi, passando per la qualificazione dei dipendenti, per giungere alla implementazione di strumenti informatici/informativi in grado di supportare una corretta gestione nel flusso dei dati, senza tralasciare che un buon servizio non può prescindere da una rivoluzione culturale!

Ricordiamo che originariamente, ci si riferisce alla Legge 241 del 1990, era già stabilito che la P.A. dovesse riscontrare le istanze del cittadino entro 30 giorni ma successivamente il termine fu elevato a 90 giorni allorquando ci si accorse che il rispetto dei trenta giorni poneva notevoli problemi, di tipo organizzativo/gestionale, che la P.A. non era preparata – soprattutto culturalmente – ad affrontare e risolvere.

L’avere ricondotto, con la Legge 69 del 2009, l’obbligo di conclusione del procedimento amministrativo a trenta giorni fa pensare che, nel frattempo, le difficoltà sopra evidenziate siano state affrontate e risolte!, anche perché a sostegno di questa tesi è stato introdotto un risarcimento a favore del cittadino vittima delle lungaggini della P.A[8].

Già nel 1997 furono previsti, in “default”, dall’art. 20 della Legge 15 marzo 1997 n. 59[9] una serie di misure finalizzate a migliorare e a rendere più efficace ed efficiente l’operato della P.A.; basti pensare alla “ a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti,”; così come alla “b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi;“.

Sino ad arrivare alla “h) previsione, per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento, di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione, di forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento; contestuale individuazione delle modalità di pagamento e degli uffici che assolvono all’obbligo di corrispondere l’indennizzo, assicurando la massima pubblicità e conoscenza da parte del pubblico delle misure adottate e la massima celerità nella corresponsione dell’indennizzo stesso.”

L’istituto dell’indennizzo forfettario è restato, però, una intuizione del legislatore ma non ha avuto mai attuazione anche perché la sua effettiva implementazione avrebbe dato la stura ad una serie di risarcimenti da parte della P.A. creando un grave danno per le casse dell’erario.

L’art 7 della Legge n. 69 del 2009 introduce una disposizione che sostituisce integralmente l’art 2 della Legge 241 il quale disciplina la “Conclusione del procedimento” e sancisce che “1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”.

Il termine sopra menzionato[10] è, lo ribadiamo, pari a trenta giorni e riguarda le “amministrazioni statali e …(gli) enti pubblici nazionali”[11]. Al contempo è stata però prevista la possibilità di un ampliamento di detto termine da parte delle P.A. che debbono, a tale fine, adottare regolamenti interni e prevedere un diverso termine.

A tale proposito va sottolineato che la scelta fatta dalla P.A., attraverso un regolamento nel quale elenca i procedimenti rispetto ai quali non vige la regola generale della durata dei trenta giorni, non può essere svolta arbitrariamente ma deve, invece, basarsi su almeno due aspetti: il rispetto dei termini, che devono essere congrui, e l’assetto organizzativo della Amministrazione che richiede un prolungamento di tali termini.

Il legislatore ha voluto, pertanto, “regolamentare” l’attività della P.A. ed al tempo stesso ha fornito al cittadino gli strumenti per valutare se il termine fissato per la durata di un procedimento sia o meno congruo; in caso contrario egli ha facoltà di impugnare di fronte al giudice competente, nella fattispecie il giudice amministrativo, il regolamento.

Il comma terzo del sostituito art. 2 dispone che “Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (omissis) sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali.”

Analoga procedura viene seguita dagli enti pubblici nazionali che sono autorizzati a stabilire “secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza”[12].

Un aumento del termine per concludere il procedimento, superiore ai novanta giorni, può essere previsto seguendo la procedura formalizzata attraverso il comma quarto dell’art. 2 nella ipotesi in cui in presenza di una serie di fattori, quali: “il profilo dell’organizzazione amministrativa”, la “natura degli interessi pubblici tutelati”, e la “particolare complessità del procedimento” si reputi necessario prevedere un termine superiore ai novanta giorni ma inferiore ai 180 giorni[13].

Ricorrendo l’ipotesi di cui al comma 4, del nuovo art. 2 della legge 241/90,[14] il decreto del Presidente del Consiglio va adottato anche su proposta “dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri”.

In questi casi il termine massimo dei 180 giorni è perentorio con due eccezioni relativamente ai procedimenti amministrativi inerenti l’acquisto della cittadinanza italiana e la immigrazione.

Una particolare ipotesi, contenuta nel quinto comma, è quella relativa ai procedimenti di competenza delle Autorità di garanzia e di vigilanza che “fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative (omissis) disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza”.

Il legislatore in questo caso non ha voluto inquadrare detto aspetto in quello più generale previsto per i restanti procedimenti prodotti dalle Amministrazioni centrali e dagli enti pubblici nazionali poiché ha ritenuto che vista la loro specificità fosse opportuno operare una eccezione.

Il computo del termine di conclusione del procedimento amministrativo decorre, in base a quanto stabilito dal comma sesto, “dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte”.

E’ prevista – comma settimo - la ipotesi di sospensione nella decorrenza dei termini per la conclusione del procedimento, da adottare una sola volta, e “per un periodo non superiore a trenta giorni”, allorchè la PA debba acquisire informazioni o certificazioni “relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni”. (si rimanda alla Tabella riassuntiva)

Il comma ottavo dell’art. 2 disciplina il caso in cui la P.A. si riveli ”silente” nel senso in cui non venga licenziato il provvedimento entro i termini di legge.

In questa ipotesi e “Salvi i casi di silenzio assenso” il cittadino può ricorrere contro il silenzio dell’amministrazione “anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini” di 30 o di 90 giorni.

L’ultimo comma dell’art 2 della legge 241/90, introdotto dal nono della Legge 69 del 2009, prevede un coinvolgimento del dirigente nel caso di mancata attivazione, rectius emanazione, del provvedimento entro i termini; per cui tale condotta rappresenta uno degli elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale.

Tale concetto è ribadito dall’art. 2 bis per il quale “Il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti; di esso si tiene conto al fine della corresponsione della retribuzione di risultato”.

Quadro riassuntivo dei termini per la emanazione dei provvedimenti amministrativi

Durata termineCasistica
30 giorniPer tutti i procedimenti ad istanza di parte o d’ufficio
90 giorniAmministrazioni statali: procedimenti da individuare mediante un DPCM su proposta del Ministro competente

Enti pubblici nazionali: procedimenti di propria competenza definiti dai propri ordinamenti

180 giorniAmministrazioni statali e Enti pubblici nazionali:

per i procedimenti caratterizzati da:

a) profilo organizzativo dell’amministrazione;

b) natura degli interessi publici tutelati;

c) particolare complessità del procedimento.

oltre 180 giorniSolo per i procedimenti di:

a) acquisto della cittadinanza italiana;

b) immigrazione

Spospensione terminiResponsabilità

Per un periodo massimo di trenta giorni e per una sola volta, per acquisire informazioni o certificazioni non contenuti in documenti  già in possesso dell’amministrazione o non direttamente acquisibili presso altre amministrazioni.

Se il termine di conclusione del procedimento non è stato rispettato, a causa di  un comportamento doloso o colposo, e a seguito di esso si è prodotto un danno ingiusto, scatta l’obbligo di risarcimento della P.A. così come dei soggetti privati chiamati ad erogare il servizio.

Competente ad erogare la sanzione è il giudice amministrativo.

Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni.



[1] Docente presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio”, C.d.l. in Tecnico di Laboratorio Biomedico e C.d.l. in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche – Specialistica, di Elementi di Diritto Pubblico e di Diritto Privato

[2] Sull’argomento sia consentito rimandare a Modesti G., L’esercizio del diritto di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione alla luce della Legge 15/2005; su www.diritto.it ; www.Jusreporter.it; www.dirittosuweb.com (gennaio 2006); Gli atti della P.A. e l’esercizio del diritto di accesso ai sensi della L. 15/2005, in formato power point, su www.crc-cesi.org; (marzo 2006); Il diritto di accesso da parte di un consigliere di un ente locale. Diritto ex lege 241/90 o diritto alla informazione? www.Altalex.com (marzo 2007); www.overlex.com (Quaderni di Overlex, n. 4 – aprile 2007); www.dirittosuweb.com (maggio 2007); L’esercizio del diritto di accesso del cittadino agli atti della Pubblica Amministrazione e la omissione di atti d’ufficio. Quando la ‘distrazione’ del dirigente può costare caro all’ente locale. (nota a sentenza Cassazione n. 14466 del 2 aprile 2009); www.diritto.it ; www.newlinet.it; Comunicazione Pubblica, n. 111/112 – Anno XVIII (marzo – giugno 2009).

[3] La legge 241 del 1990 è stata modificata una prima volta con legge dell’11 febbraio 2005 “Modifiche ed integrazioni alla Legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”. Successivamente il legislatore è intervenuto con il Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35 "Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 2005. Un ulteriore passaggio si è compiuto con la legge di conversione del 14 maggio 2005 n. 80 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2005 - Supplemento ordinario n. 91

[4] Legge 18 giugno 2009. n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009 – Supplemento ordinario n. 95

[5] Bibliografia: Clarich M., Tempi degli uffici, digitalizzazione e trasparenza: la chirurgia estetica non scioglie tutti i nodi; Guida al Diritto, Il Sole 24 Ore n. 27/2009; Cerchi A., La burocrazia ci riprova: risposte entro un mese, Il Sole 24 Ore del 13.10.08 Zaini G., I nuovi termini del procedimento amministrativo nella previsione della legge n. 69/09, www.diritto.it ; Lentini G., L’inosservanza dei termini procedimentali da parte della pubblica amministrazione nella legge 69/’09 di modifica della legge 241/’90. Breve esame e considerazioni alla luce della proposta di decreto legislativo di attuazione della legge 15/’09; www.diritto.it

[6] Per una più esaustiva esposizione dell’argomento, soprattutto in relazione al mondo della Sanità, si rimanda a Modesti G., Quali politiche per la introduzione della Qualità nell’Azienda sanitaria, in corso di pubblicazione su Panorama della Sanità.

[7] Per cui bene ha fatto il Parlamento ad inserire tale problematica all’interno di un più ampio processo di riforma del settore, individuando una serie di obiettivi, da realizzare entro il 2012 (cd Piano e-Gov 2012), che possiamo sintetizzare nei seguenti punti: rendere la P.A. più trasparente ed efficiente; ridurre il consumo della carta da parte degli Uffici pubblici, attraverso la cd dematerializzazione dei documenti (cd paperlees), creare un sistema pubblico di connettività, al fine di “fare spostare i dati e non le persone”; migliorare i rapporti tra il cittadino/utente e la P.A.; trasferire le conoscenze a tutti i settori della P.A.; realizzare una infrastruttura informatica/informativa sicura.

[8] Il risarcimento in questione è stato riconosciuto attraverso una sentenza della Corte di Cassazione e, successivamente, il potere esecutivo ha ritenuto di dovere prevedere il pagamento di un indennizzo per i procedimenti conclusi oltre i termini.

[9] Legge 15 marzo 1997 n. 59 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997).

[10] Già l’art. 26 del disegno di legge 1441 bis del 2008, relativo alla “Certezza dei tempi di conclusione del procedimento” prevedeva che – “1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo, mediante una manifestazione di volontà chiara e univoca, anche ai sensi degli articoli 19 e 20, entro un termine certo, stabilito conformemente alle disposizioni del presente articolo. 2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di tr