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La generica collaborazione nella gestione sportiva in ambito dilettantistico esclude la tutela assicurativa in ipotesi di infortunio

Il tema giuridico in questione, non privo di un certo interesse, è stato oggetto di una recentissima pronuncia del Tribunale di Pescara -Sez. Lavoro- cui si era rivolto un soggetto al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro occorso nel mentre questi faceva rientro, con mezzo proprio, nella propria abitazione dal luogo di lavoro.

In particolare, il ricorrente riteneva di avere diritto al risarcimento dei danni da parte dell’I.N.A.I.L., invocando l’istituto del c.d. infortunio in itinere, attesa, a suo dire, la natura subordinata dell’attività lavorativa svolta con mansioni di Direttore Sportivo in favore di un sodalizio calcistico dilettantistico.

Si costituiva in giudizio l’I.N.A.I.L. eccependo, in primo luogo, l’insussistenza di un rapporto di lavoro sportivo di natura subordinata tra il soggetto presunto danneggiato e la società sportiva di appartenenza, mentre, in secondo luogo, il medesimo ente precisava che, ex art. 51 L. n. 289/2002, a decorrere dal 01/07/2003, l’assicurazione per gli infortuni e le malattie professionali deve considerarsi estesa agli sportivi dilettanti limitatamente, però, agli infortuni, dai quali sia derivata la morte o un’inabilità permanente, avvenuti in occasione ed a causa dello svolgimento delle attività sportive.

Enunciati i fatti di causa, prima di procedere all’illustrazione del contenuto della pronuncia richiamata, è opportuno operare un sintetico riferimento alla disciplina che presidia tutta la materia afferente all’assicurazione degli sportivi dilettanti tesserati in qualità di atleti, dirigenti e tecnici tesserati presso le Federazioni Sportive Nazionali (F.S.N.), le Discipline Sportive Associate (D.S.A.) e gli Enti di Promozione Sportiva (E.P.S.).

Essa è contenuta nel D.M. 17/12/2004 (G.U. n. 97 del 28/04/2005) che ha ad oggetto proprio i profili di tutela assicurativa connessi alle conseguenze degli infortuni accaduti in danno dei soggetti indicati durante lo svolgimento delle attività sportive ovvero nell’espletamento delle loro funzioni nell’ambito dell’organizzazione di appartenenza.

La tutela assicurativa, in particolare, si estende oltre che, come detto agli infortuni, dai quali sia derivata la morte o un’inabilità permanente, avvenuti in occasione ed a causa dello svolgimento delle attività sportive, anche a quelli occorsi in occasione degli allenamenti, anche individuali o isolati, a condizione che essi siano previsti, disposti autorizzati e/ o controllati dall’organizzazione sportiva competente, anche attraverso proprie società affiliate.

Inoltre, detta forma di tutela opera anche con riferimento agli infortuni che abbiano luogo in occasione dei trasferimenti da e verso il luogo di svolgimento dell’attività prevista, esclusi gli incidenti verificatisi in conseguenza di infrazioni o di inosservanza delle norme di legge che regolano il viaggio del soggetto assicurato.

Nello specifico, tra le ipotesi che escludono l’operatività della garanzia assicurativa, sono individuate gli eventi derivanti da abuso di alcolici e psicofarmaci o uso non terapeutico di stupefacenti o allucinogeni, dall’assunzione di sostanze dopanti o dall’accertamento che il soggetto assicurato sia affetto alcolismo, tossicodipendenza, epilessia o altre infermità mentali.

Ora, passando all’esame del caso indicato, è emerso che il ricorrente non ha fornito alcuna prova concreta in ordine alla propria qualifica che, a voler concedere, avrebbe potuto essere ricondotta a quella di dirigente, giammai, invece, a quella di atleta o tecnico.

Infatti, da un lato, si deve considerare come il nome del ricorrente medesimo non fosse ricompreso in seno all’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi tenuto dalla F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), dall’altro, come nel settore dilettantistico non fosse prevista la figura professionale del Direttore Sportivo quale professionista avente rilievo in ambito federale ex L. n. 91/81 (c.d. legge sul professionismo sportivo).

In definitiva, il Tribunale di Pescara -Sez. Lavoro- ha ritenuto, anche all’esito delle prove testimoniali assunte, che l’attività svolta dal ricorrente non potesse essere assimilata a qualsivoglia incarico professionale, men che meno di natura subordinata, soprattutto tenuto conto del fatto che, in ambito dilettantistico, quale principio generale, è esclusa qualunque forma di lavoro subordinato.

Vero è, d’altro canto, che il nuovo Regolamento (art. 43) della Lega Nazionale Dilettanti (L.N.D.), di recente emanazione, ha introdotto, in favore delle società sportive alla medesima associate, la possibilità di avvalersi della figura del Direttore Sportivo,.

Infatti, la richiamata disposizione regolamentare stabilisce che “le Società o Associazioni partecipanti ai Campionati Nazionali della Lega Nazionale Dilettanti,nonchè ai Campionati Regionali e Provinciali, possono tesserare soggetti iscritti all’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi, affidando loro le mansioni previste nel relativo regolamento.

I rapporti di cui al comma 1 sono disciplinati dalle norme stabilite dalla Lega Nazionale Dilettanti d’intesa con l’Associazione Direttori Sportivi e Segretari.

La L.N.D., d’intesa con l’A.DI.SE. (Associazione dei Direttori Sportivi e dei Segretari Sportivi) e con il supporto del Settore Tecnico F.I.G.C., promuove ed organizza i corsi di abilitazione per l’esercizio di tale attività, avvalendosi della collaborazione dei Comitati Regionali, fissando i requisiti minimi per l’ammissione agli stessi, nonchè le modalità di svolgimento”.

Alla luce della superiore circostanza e degli sviluppi che il fenomeno potrà manifestare di qui ai prossimi tempi, si ritiene che, in relazione a fattispecie analoghe a quella illustrata, il Giudice del Lavoro eventualmente investito della questione possa ragionevolmente orientarsi in senso difforme rispetto a quello pescarese.

Il tema giuridico in questione, non privo di un certo interesse, è stato oggetto di una recentissima pronuncia del Tribunale di Pescara -Sez. Lavoro- cui si era rivolto un soggetto al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro occorso nel mentre questi faceva rientro, con mezzo proprio, nella propria abitazione dal luogo di lavoro.

In particolare, il ricorrente riteneva di avere diritto al risarcimento dei danni da parte dell’I.N.A.I.L., invocando l’istituto del c.d. infortunio in itinere, attesa, a suo dire, la natura subordinata dell’attività lavorativa svolta con mansioni di Direttore Sportivo in favore di un sodalizio calcistico dilettantistico.

Si costituiva in giudizio l’I.N.A.I.L. eccependo, in primo luogo, l’insussistenza di un rapporto di lavoro sportivo di natura subordinata tra il soggetto presunto danneggiato e la società sportiva di appartenenza, mentre, in secondo luogo, il medesimo ente precisava che, ex art. 51 L. n. 289/2002, a decorrere dal 01/07/2003, l’assicurazione per gli infortuni e le malattie professionali deve considerarsi estesa agli sportivi dilettanti limitatamente, però, agli infortuni, dai quali sia derivata la morte o un’inabilità permanente, avvenuti in occasione ed a causa dello svolgimento delle attività sportive.

Enunciati i fatti di causa, prima di procedere all’illustrazione del contenuto della pronuncia richiamata, è opportuno operare un sintetico riferimento alla disciplina che presidia tutta la materia afferente all’assicurazione degli sportivi dilettanti tesserati in qualità di atleti, dirigenti e tecnici tesserati presso le Federazioni Sportive Nazionali (F.S.N.), le Discipline Sportive Associate (D.S.A.) e gli Enti di Promozione Sportiva (E.P.S.).

Essa è contenuta nel D.M. 17/12/2004 (G.U. n. 97 del 28/04/2005) che ha ad oggetto proprio i profili di tutela assicurativa connessi alle conseguenze degli infortuni accaduti in danno dei soggetti indicati durante lo svolgimento delle attività sportive ovvero nell’espletamento delle loro funzioni nell’ambito dell’organizzazione di appartenenza.

La tutela assicurativa, in particolare, si estende oltre che, come detto agli infortuni, dai quali sia derivata la morte o un’inabilità permanente, avvenuti in occasione ed a causa dello svolgimento delle attività sportive, anche a quelli occorsi in occasione degli allenamenti, anche individuali o isolati, a condizione che essi siano previsti, disposti autorizzati e/ o controllati dall’organizzazione sportiva competente, anche attraverso proprie società affiliate.

Inoltre, detta forma di tutela opera anche con riferimento agli infortuni che abbiano luogo in occasione dei trasferimenti da e verso il luogo di svolgimento dell’attività prevista, esclusi gli incidenti verificatisi in conseguenza di infrazioni o di inosservanza delle norme di legge che regolano il viaggio del soggetto assicurato.

Nello specifico, tra le ipotesi che escludono l’operatività della garanzia assicurativa, sono individuate gli eventi derivanti da abuso di alcolici e psicofarmaci o uso non terapeutico di stupefacenti o allucinogeni, dall’assunzione di sostanze dopanti o dall’accertamento che il soggetto assicurato sia affetto alcolismo, tossicodipendenza, epilessia o altre infermità mentali.

Ora, passando all’esame del caso indicato, è emerso che il ricorrente non ha fornito alcuna prova concreta in ordine alla propria qualifica che, a voler concedere, avrebbe potuto essere ricondotta a quella di dirigente, giammai, invece, a quella di atleta o tecnico.

Infatti, da un lato, si deve considerare come il nome del ricorrente medesimo non fosse ricompreso in seno all’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi tenuto dalla F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), dall’altro, come nel settore dilettantistico non fosse prevista la figura professionale del Direttore Sportivo quale professionista avente rilievo in ambito federale ex L. n. 91/81 (c.d. legge sul professionismo sportivo).

In definitiva, il Tribunale di Pescara -Sez. Lavoro- ha ritenuto, anche all’esito delle prove testimoniali assunte, che l’attività svolta dal ricorrente non potesse essere assimilata a qualsivoglia incarico professionale, men che meno di natura subordinata, soprattutto tenuto conto del fatto che, in ambito dilettantistico, quale principio generale, è esclusa qualunque forma di lavoro subordinato.

Vero è, d’altro canto, che il nuovo Regolamento (art. 43) della Lega Nazionale Dilettanti (L.N.D.), di recente emanazione, ha introdotto, in favore delle società sportive alla medesima associate, la possibilità di avvalersi della figura del Direttore Sportivo,.

Infatti, la richiamata disposizione regolamentare stabilisce che “le Società o Associazioni partecipanti ai Campionati Nazionali della Lega Nazionale Dilettanti,nonchè ai Campionati Regionali e Provinciali, possono tesserare soggetti iscritti all’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi, affidando loro le mansioni previste nel relativo regolamento.

I rapporti di cui al comma 1 sono disciplinati dalle norme stabilite dalla Lega Nazionale Dilettanti d’intesa con l’Associazione Direttori Sportivi e Segretari.

La L.N.D., d’intesa con l’A.DI.SE. (Associazione dei Direttori Sportivi e dei Segretari Sportivi) e con il supporto del Settore Tecnico F.I.G.C., promuove ed organizza i corsi di abilitazione per l’esercizio di tale attività, avvalendosi della collaborazione dei Comitati Regionali, fissando i requisiti minimi per l’ammissione agli stessi, nonchè le modalità di svolgimento”.

Alla luce della superiore circostanza e degli sviluppi che il fenomeno potrà manifestare di qui ai prossimi tempi, si ritiene che, in relazione a fattispecie analoghe a quella illustrata, il Giudice del Lavoro eventualmente investito della questione possa ragionevolmente orientarsi in senso difforme rispetto a quello pescarese.