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La mancanza di sede operativa nelle operazioni soggettivamente inesistenti

Alcune considerazioni sull’assolvimento dell’onere della prova a partire dall’ordinanza 5059/2022
operazioni soggettivamente inesistenti
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L’ordinanza 5059/2022 della Suprema Corte sulla insufficienza della sola prova di assenza della sede operativa adeguata

La mancanza di sede operativa nelle operazioni soggettivamente inesistenti
 

Abstract.

L’ordinanza 5059/2022 della Suprema Corte sulla insufficienza della sola prova di assenza della sede operativa adeguata allo svolgimento dell’attività consente di fare una ricognizione sull’assolvimento dell’onere della prova nelle operazioni soggettivamente inesistenti
 

L’ordinanza 5059/2022 della Corte di cassazione

Questa pronuncia è resa in un ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate, parte soccombente nel secondo grado di giudizio.

L’avviso di accertamento aveva basato la prova della consapevolezza dell’acquirente di bestiame di partecipare ad una frode IVA sulla mancanza di una sede idonea e sull’omessa tenuta della contabilità da parte del cedente.

Tali prove erano state ritenute insufficienti sia in primo che in secondo grado.

Il ricorso per cassazione è stato ritenuto infondato, dal momento che tali fatti non attengono alla prova della consapevolezza dell’acquirente.


Cosa sono le operazioni soggettivamente inesistenti

Come anticipato nell’abstract, la pronuncia 5059/2022 offre la possibilità di approfondire il tema della prova nelle operazioni soggettivamente inesistenti.

Occorre premettere una sintetica digressione sulla nozione di operazioni soggettivamente inesistenti.

La caratteristica delle operazioni soggettivamente inesistenti è la simulazione relativa del soggetto cedente o acquirente.

Pertanto, si tratta di operazioni di compravendita realmente avvenute, ma tra soggetti diversi da quelli che vengono indicati nei documenti obbligatori ai fini IVA.

Ad esempio, un soggetto non può svolgere una determinata attività per mancanza delle necessarie autorizzazioni amministrative e si avvale di un soggetto che le possiede.

Quest’ultimo svolge la funzione di filtro, in quanto si interpone tra chi effettivamente svolge il servizio e chi effettivamente lo riceve.

Tutte le operazioni soggettivamente inesistenti sono false e tutte impediscono al soggetto acquirente la detrazione dell’IVA assolta al momento dell’acquisto.

Particolarmente pericolose, all’interno della categoria delle operazioni soggettivamente inesistenti, sono le frodi IVA.

L’obiettivo delle frodi IVA è di consentire una detrazione a cui, altrimenti, gli acquirenti non avrebbero diritto.

La frode si realizza inframettendo tra chi effettivamente cede il bene o presta il servizio e l’acquirente un terzo soggetto, che è un filtro e che, normalmente, è una società “cartiera”.

La società “cartiera” ha come unico suo oggetto sociale la fornitura di documenti, formalmente corretti, che vengono utilizzati per permettere agli acquirenti di detrarre l’IVA.

La società “cartiera”, non svolgendo attività effettiva, si caratterizza per la mancanza di struttura: impianti, personale e mezzi (macchinari e liquidità) e non versa l’IVA all’Erario l’IVA incassata.

Un esempio pratico può aiutare la comprensione di questo fenomeno.

Una società austriaca cede delle materie prime ad una società italiana; si tratta di un acquisto intracomunitario in cui l’IVA viene assolta con il meccanismo del reverse charge che non comporta l’emersione di un’IVA detraibile.

Una società “cartiera” italiana si frappone tra il cedente austriaco e l’acquirente italiano: assolve l’IVA con il reverse charge, vende il bene all’acquirente italiano con IVA che viene incassata dalla società “cartiera”, ma non viene versata.

L’acquirente italiano acquisisce il diritto di detrarre l’IVA e, nelle liquidazioni periodiche, incrementa la propria IVA a credito e in ciò sta il vantaggio ingiusto che egli consegue con la frode IVA.

L’Erario non incassa l’IVA sulla vendita e nelle liquidazioni periodiche l’acquirente sottrae  l’IVA sull’acquisto dall’IVA a debito.
 

L’onere della prova nelle operazioni soggettivamente inesistenti
 

L’onere della prova è addossato all’Amministrazione finanziaria che, per negare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta dall’acquirente, deve:

  1. Provare che il cedente sia una società “cartiera”;
  2. Provare che l’acquirente fosse consapevole di acquistare da una tale società o fosse connivente.

Tale prova deve riguardare entrambi gli aspetti e può essere fornita anche con prove presuntive.

Ad esempio, la prova della società “cartiera” è assolvibile provando i fatti noti che sono gli indizi di inesistenza: estraneità dell’attività fatturata rispetto all’oggetto sociale dichiarato alla Camera di Commercio, mancanza di locali idonei allo svolgimento dell’attività, mancanza di personale ecc.

Tali prove indiziarie devono essere gravi, precise e concordanti e devono essere calibrate al tipo di attività svolta dalla società che l’Amministrazione finanziaria assume essere una “cartiera”.

Infatti, la produzione di piastrelle necessità di una struttura produttiva di una certa complessità, ciò che è del tutto ridondante per un’agente che si intermedia nella commercializzazione di bevande.

Inoltre, gli elementi indiziari devono essere più di uno, anche se, in alcune fattispecie, è ritenuto sufficiente un solo indizio, caratterizzato dalla gravità.

Ad esempio, la mancanza di un minimo “punto d’appoggio” e della minima dotazione strumentale.

Si pensi ad un’attività commerciale che può essere svolta anche dalla propria abitazione, adibita in modo promiscuo allo svolgimento di attività d’impresa.

Se all’interno dell’abitazione non si trovano nemmeno un collegamento ad Internet o una stampante, si può ritenere che vi sia un indizio grave di inesistenza ed inoperatività della società.

Anche la prova della partecipazione del contribuente alla frode o della sua consapevolezza è molto stringente e non deve addossare all’acquirente delle attività istruttorie o investigative che non gli spettano e per le quali non ha i poteri.

Si richiede che l’acquirente appuri, con la media diligenza dell’imprenditore avveduto di quel particolare settore, che chi si propone come fornitore abbia le possibilità di vendere il bene o rendere il servizio e che lo faccia in modo normale, come tutti gli altri fornitori del medesimo bene o servizio.

La prova della consapevolezza dell’acquirente è molto difficile da fornire e si deve fondare su elementi oggettivi.

Alla luce di questi approfondimenti è comprensibile e condivisibile il rigetto del ricorso.

Infatti, l’avviso di accertamento aveva utilizzato la mancanza di un sede operativa idonea allo svolgimento dell’attività e dell’omessa tenuta della contabilità come indizi della consapevolezza dell’acquirente, mentre essi riguardano la prova della sussistenza di una società “cartiera”.