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La responsabilità degli amministratori alla luce della riforma del diritto societario

INDICE

1. Executives Directors.

2. Non Executives Directors.

3. Tipi di responsabilità.

4. I "Director indemnification agreements".

5. I modelli societari.

Il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, e tutto il corpus normativo successivo ad esso, ha di fatto minato alle fondamenta un dogma dell’ordinamento giuridico, il brocardo "societas delinquere non potest" sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato, rendendo l’ente responsabile a livello amministrativo. In realtà il sistema di responsabilità, così definita amministrativa, è in realtà una responsabilità penale a tutto raggio.

La responsabilità della società si attua per il solo fatto che il reato venga compiuto da una persona fisica legata ad essa da un rapporto funzionale con la società stessa.

Il collegamento tra soggetto agente e società è oggettivo, e viene posto in essere, in buona sostanza, a vantaggio o nell’interesse della società.

Ciò che rileva, ai fini del presente articolo, è il tipo di rapporto funzionale che lega l’autore del reato alla persona giuridica al fine di individuare e meglio graduare la responsabilità stessa all’ente.

Per inquadrare al meglio la problematica, la valutazione deve essere fatta seguendo un duplice binario: da una parte devono essere analizzate le condotte degli amministratori cd. executives directors, e gli amministratori cd. non executives directors, dove se il soggetto è in posizione apicale si avrà una responsabilità tendenzialmente assoluta dell’ente, dove invece l’autore del reato è un soggetto sottoposto alla direzione di altro soggetto, si avrà una responsabilità dell’ente solo per colpa. L’elemento costante della fattispecie è l’inadempimento di un dovere, mentre l’elemento variabile è la diligenza richiesta, a seconda della funzione ricoperta dall’autore del reato.

1. Executives Directors.

Per quanto riguarda gli executives directors, amministratore delegato, amministratore unico o organo collegiale di amministrazione, si può annoverare una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5718/2004) che individua nella responsabilità a carico di queste figure due elementi: uno positivo, il porre in essere un comportamento imposto dalla legge o dallo Statuto; e un elemento negativo, che consiste nell’assenza di una impossibilità ad adempiere, definita "come impedimento all’adempimento superabile usando la diligenza che può ragionevolmente pretendersi dal best director, avuto riguardo anche delle specifiche competenze dell’amministratore", cioè secondo uno standard di diligenza media.

Analizzando più nello specifico la fattispecie, per ciò che concerne l’inadempimento di un obbligo specifico, la diligenza richiesta è un "parametro valutativo dell’elemento che esonera dalla responsabilità". Nel senso che la violazione esiste per il solo fatto che la regola, posta dalle leggi o dallo statuto, non sia stata eseguita, ma se esisteva un ostacolo IRREMOVIBILE, con la normale diligenza, allora da tale violazione non deriva la responsabilità dell’amministratore.

Per quanto invece attiene al secondo aspetto di cui sopra, la fattispecie sta nell’inadempimento dell’obbligo di diligente e prudente gestione, l’inadempimento rilevante ai fini di legge è quello che viene imputato alla sola attività gestoria e che si basa su varie componenti: a) ragionevolezza dei criteri di scelta; b) esaustiva e completa informativa, relativamente alla valutazione di costi-benefici di singole operazioni, valutate secondo gli standard di diligenza media richiesta ad un professionista d’impresa; c) diligenza dell’amministratore, ex art. 1176, II° comma c.c..

Per l’attività processuale, si accenna solo che provare l’inadempimento grava su chi esercita l’azione, giacché la responsabilità degli amministratori nei confronti della società ha carattere contrattuale, spetterà invece all’amministratore provare l’esistenza di una causa di esonero.

2. Non Executives Directors.

Nell’ipotesi invece di amministratori non executives in presenza di un organo delegato, la responsabilità contrattuale e solidale di una eventuale violazione è prevista in solido con gli executives: i primi si presumono responsabili fino a prova contraria; esiste quindi, a livello procedurale, una inversione dell’onere della prova.

La responsabilità solidale viene meno solo quando la decisione di porre in essere un atto pregiudizievole ai danni della società venga presa in seno all’adunanza collegiale, ovvero che l’atto venga compiuto dai vertici in assenza di qualsiasi delibera. Se è in seno ad una adunanza allora per aversi esenzione di responsabilità si devono verificare due ipotesi: a) assenza di culpa in vigilando; b) annotazione nel libro delle adunanze del dissenso.

Se la decisione pregiudizievole è presa addirittura in assenza di qualsiasi adunanza, si dovrà stabilire se l’amministratore fosse o meno a conoscenza della decisione nociva. In tale ultima ipotesi egli può esonerarsi solo provando di aver agito in modo informato, diversamente l’esonero della responsabilità richiede la maggior prova di aver posto in essere tutte le dovute cautele per impedire che l’esecuzione della decisione venisse esplicata o, comunque, di aver attenuato o eliminato le conseguenze dannose del fatto. Come è stato rilevato dalla Suprema Corte "in tal caso vi è responsabilità in quanto c’è inadempimento dell’obbligo di vigilanza, ma il fatto colposo proprio, a differenza che per gli amministratori vertici, si presume, e spetta al convenuto provare di aver agito diligentemente.

Si avrà allora l’azione sociale di responsabilità, da contratto, nel caso in cui gli effetti dell’azione illegale siano pregiudizievoli per il patrimonio dell’ente; sarà responsabilità invece diretta verso i soci e/o i creditori, se gli effetti di tale condotta si sono verificati a danno del patrimonio di ciascuno di questi senza prima l’impoverimento della società.

3. Tipi di responsabilità.

L’analisi dottrinaria che ci si propone ora di tracciare è di individuare i requisiti considerati necessari per l’esonero della responsabilità. Secondo una autorevole corrente di pensiero la responsabilità dell’amministratore è di tipo oggettivo, cioè può venir meno solo dall’impossibilità assoluta di agire per eliminare il danno. Un’altra teoria invece, che trova conferma nell’art. 2392 c.c., collega la responsabilità al fatto colposo proprio.

L’amministratore risponderebbe solo nelle ipotesi di mancata adozione di tutte le cautele che, da una analisi in abstracto, sarebbe stato naturale e ragionevole aspettarsi dal gestore di impresa, considerate anche quelle ulteriori cautele che era ragionevole attendersi sulla base delle specifiche competenze professionali del particolare amministratore. Tale ultimo orientamento interpretativo si è sviluppato già dalla metà degli anni novanta ed ha contribuito a costituire un movimento sistematico pretorio di notevoli proporzioni. La Giurisprudenza infatti ha inteso sempre di più applicare il concetto di diligenza speciale dell’art. 1176, comma II c.c., piuttosto che la diligenza media ex art. 1176, comma I c.c.. Come autorevolmente sostenuto da vari autori, in tale ricostruzione "l’impossibilità che esonera la responsabilità sarebbe integrata non solo dall’ostacolo invincibile, ma anche da quell’ostacolo che può essere vinto solo con una vis maggiore da quella che si può pretendere da un normale amministratore diligente". Per connotare esattamente il tipo di responsabilità da ascrivere al soggetto si analizzano i due tipi di rapporto: il rapporto di rappresentanza e il rapporto di subordinazione, che si muovono in maniera inversa a seconda rispettivamente se l’autore del reato è un executive, allora la responsabilità dell’ente è pressoché assoluta, sussistendo l’altro rapporto si avrà una responsabilità dell’ente solo per colpa.

4. I "Director indemnification agreements".

Si accenna ora alla possibilità, introdotta dalla Legge societaria di elaborare, per gli amministratori apicali, i cd. "Director indemnification agreements". Questi contratti prevedono l’obbligo per la società di indennizzare gli amministratori dalla responsabilità "amministrativa" e di anticipare loro le spese di giudizio nei casi di "change of control". La validità di tali agreement è stata messa in dubbio da un’autorevole autore, che ha argomentato il carattere fortemente elusivo della procedura di rinuncia dell’azione di responsabilità alla conseguente violazione di quei principi di ordine pubblico. La prassi societaria internazionale opta per attribuire contrattualmente agli amministratori di una affiliata italiana la possibilità nell’imminenza di una change of control, di ottenere da parte della corporate straniera la costituzione di un trustee estero sufficiente a costituire e a rifondere gli amministratori delle eventuali spese e responsabilità dell’azione nei loro confronti.

5. I modelli societari.

I modelli di prevenzione posti in essere dalle aziende al fine di tutelarsi dalla commissione dei reati cd. "societari" di cui al Decreto in commento, costituiscono regole cautelari, autonormate cioè poste in essere non dalla normativa ma dall’ente stesso che creerà, al proprio interno, tutti i meccanismi atti ed idonei alla gestione e controllo del rischio, secondo le attività aziendali, il mercato di riferimento e, direi soprattutto, le indicazioni dei suoi azionisti di riferimento.

Il modello organizzativo richiede: l’identificazione del rischio e la progettazione di un sistema di controllo. Si è visto che, nel caso di colpa per fatto dei subordinati, la predisposizione preventiva di un modello di organizzazione evita l’imputazione della colpa di mancata organizzazione nella predisposizione dello strumento protettivo dell’azienda dallo specifico rischio, cd. "rischio d’impresa".

Nel caso di colpa dei vertici si attua una speciale inversione dell’onere della prova in base alla quale scatta l’esimente di responsabilità se il vertice aziendale (vedi C.d.A.) dimostri di aver attuato, prima della commissione del fatto, i modelli di organizzazione aziendale idonei alla prevenzione di detti reati, nonché di aver affidato il compito di vigilanza, con tutti gli oneri che ne derivano, primi fra tutti il continuo aggiornamento, ad un organismo interno all’ente stesso, ed in ultimo che le persone fisiche che hanno commesso il fatto illecito abbiano agito eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione.

Congeniato in tal modo il modello tende ad eliminare il rischio di commissione di reati, anche rispetto all’errore umano, negligenze e/o errori, la sua efficacia troverebbe un limite nella sola attività fraudolenta del soggetto apicale. Da ciò la necessità che il modello organizzativo debba esser considerato ed effettivamente sentito dai vertici societari come un effettivo e valido strumento di prevenzione dei reati societari, il controllo sull’effettività del modello presuppone una autonomia gestionale e funzionale dell’organismo interno di vigilanza che dovrà essere fornito di poteri adeguati alla funzione, in caso contrario sarebbe una mera scatola vuota, assolutamente incapace di adempiere alla sua funzione e al ruolo assegnatogli dalla legge. La sua autonomia non è in contraddizione con la circostanza che l’organismo non è estraneo all’ente, bensì ne fa parte, essendone un’articolazione. La soluzione ottimale sarebbe in realtà comporre l’organismo con professionisti esterni all’ente stesso, ovvero anche con personale interno dell’ente stesso, come in verità avviene nella maggior parte dei casi, ma che si tratti di persone che non siano coinvolte a diverso titolo nell’amministrazione attiva dell’ente, onde evitare una commistione tra il ruolo di vigilanza e quello di amministrazione.

Per di più, come segnala un autorevole penalista l’adozione di un sistema di controllo carente "si risolve in un contributo causale fornito con colpa dalla società, come partecipe esterno, al reato commesso da una figura propria, vale a dire da un soggetto collocato in posizione apicale. La negligente organizzazione dell’ente sul versante della prevenzione del rischio reato agevola la commissione del reato da parte della persona fisica che la rappresenta, e cristallizza la responsabilità amministrativa dell’ente".

Concretamente in azienda si dovrà procedere ad una attenta analisi delle aree maggiormente esposte ai rischi di commissione dei reati de quo, e successivamente si dovrà predisporre una attenta analisi dei rischi potenziali che dovrà poi essere formalizzata e documentata. I processi mappati e monitorati si avvarranno: del codice etico indirizzato a tutti i componenti della società, ispirato a regole di trasparenza e onestà; di un sistema organizzativo che eviti la concentrazione in una sola mano dei poteri decisionali più di altri soggetti a rischio commissione reati; di verifiche costanti su comportamenti aziendali; di un sistema di controlli sui flussi finanziari; di procedure e manualistica di pronto uso e di argomentazioni chiari sui possibili rischi di commissione di reato; di efficaci sistemi di diffusione aziendale; di programmi di formazione costante del personale; ed infine di un sistema disciplinare che renda effettivo il protocollo scelto.

Quanto sarà "fortunata" la Novella del 2001 dipenderà dalla reale volontà della Giurisprudenza a valutare l’idoneità e soprattutto la effettiva validità dei modelli di organizzazione adottati dalle aziende non solo come strumenti astratti, ma come veri e propri ausili per la tutela della realtà aziendale.

Invero il Tribunale di Roma, in una delle prime decisioni in materia di applicazione del D. Lgs. 231/2001, ha affrontato con indubbia chiarezza e serietà la necessità per l’ente, in questo caso ex post alla commissione del fatto illecito, di predisporre una valida serie di tutele nella direzione di prevenire la commissione di altri ulteriori reati. La lettura dell’ordinanza (GIP di Roma del 4-14 aprile 2003) autorizza a ritenere che il meccanismo delle misure cautelari, "quando determina l’ente che trasgredito ad introdurre ex post un modello organizzativo, ed a rimuovere le condizioni oggettive di rischio, può essere utilizzato con finalità di prevenzione, che è forse uno degli scopi se non il principale, perseguiti dal Legislatore".

INDICE

1. Executives Directors.

2. Non Executives Directors.

3. Tipi di responsabilità.

4. I "Director indemnification agreements".

5. I modelli societari.

Il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, e tutto il corpus normativo successivo ad esso, ha di fatto minato alle fondamenta un dogma dell’ordinamento giuridico, il brocardo "societas delinquere non potest" sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato, rendendo l’ente responsabile a livello amministrativo. In realtà il sistema di responsabilità, così definita amministrativa, è in realtà una responsabilità penale a tutto raggio.

La responsabilità della società si attua per il solo fatto che il reato venga compiuto da una persona fisica legata ad essa da un rapporto funzionale con la società stessa.

Il collegamento tra soggetto agente e società è oggettivo, e viene posto in essere, in buona sostanza, a vantaggio o nell’interesse della società.

Ciò che rileva, ai fini del presente articolo, è il tipo di rapporto funzionale che lega l’autore del reato alla persona giuridica al fine di individuare e meglio graduare la responsabilità stessa all’ente.

Per inquadrare al meglio la problematica, la valutazione deve essere fatta seguendo un duplice binario: da una parte devono essere analizzate le condotte degli amministratori cd. executives directors, e gli amministratori cd. non executives directors, dove se il soggetto è in posizione apicale si avrà una responsabilità tendenzialmente assoluta dell’ente, dove invece l’autore del reato è un soggetto sottoposto alla direzione di altro soggetto, si avrà una responsabilità dell’ente solo per colpa. L’elemento costante della fattispecie è l’inadempimento di un dovere, mentre l’elemento variabile è la diligenza richiesta, a seconda della funzione ricoperta dall’autore del reato.

1. Executives Directors.

Per quanto riguarda gli executives directors, amministratore delegato, amministratore unico o organo collegiale di amministrazione, si può annoverare una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5718/2004) che individua nella responsabilità a carico di queste figure due elementi: uno positivo, il porre in essere un comportamento imposto dalla legge o dallo Statuto; e un elemento negativo, che consiste nell’assenza di una impossibilità ad adempiere, definita "come impedimento all’adempimento superabile usando la diligenza che può ragionevolmente pretendersi dal best director, avuto riguardo anche delle specifiche competenze dell’amministratore", cioè secondo uno standard di diligenza media.

Analizzando più nello specifico la fattispecie, per ciò che concerne l’inadempimento di un obbligo specifico, la diligenza richiesta è un "parametro valutativo dell’elemento che esonera dalla responsabilità". Nel senso che la violazione esiste per il solo fatto che la regola, posta dalle leggi o dallo statuto, non sia stata eseguita, ma se esisteva un ostacolo IRREMOVIBILE, con la normale diligenza, allora da tale violazione non deriva la responsabilità dell’amministratore.

Per quanto invece attiene al secondo aspetto di cui sopra, la fattispecie sta nell’inadempimento dell’obbligo di diligente e prudente gestione, l’inadempimento rilevante ai fini di legge è quello che viene imputato alla sola attività gestoria e che si basa su varie componenti: a) ragionevolezza dei criteri di scelta; b) esaustiva e completa informativa, relativamente alla valutazione di costi-benefici di singole operazioni, valutate secondo gli standard di diligenza media richiesta ad un professionista d’impresa; c) diligenza dell’amministratore, ex art. 1176, II° comma c.c..

Per l’attività processuale, si accenna solo che provare l’inadempimento grava su chi esercita l’azione, giacché la responsabilità degli amministratori nei confronti della società ha carattere contrattuale, spetterà invece all’amministratore provare l’esistenza di una causa di esonero.

2. Non Executives Directors.

Nell’ipotesi invece di amministratori non executives in presenza di un organo delegato, la responsabilità contrattuale e solidale di una eventuale violazione è prevista in solido con gli executives: i primi si presumono responsabili fino a prova contraria; esiste quindi, a livello procedurale, una inversione dell’onere della prova.

La responsabilità solidale viene meno solo quando la decisione di porre in essere un atto pregiudizievole ai danni della società venga presa in seno all’adunanza collegiale, ovvero che l’atto venga compiuto dai vertici in assenza di qualsiasi delibera. Se è in seno ad una adunanza allora per aversi esenzione di responsabilità si devono verificare due ipotesi: a) assenza di culpa in vigilando; b) annotazione nel libro delle adunanze del dissenso.

Se la decisione pregiudizievole è presa addirittura in assenza di qualsiasi adunanza, si dovrà stabilire se l’amministratore fosse o meno a conoscenza della decisione nociva. In tale ultima ipotesi egli può esonerarsi solo provando di aver agito in modo informato, diversamente l’esonero della responsabilità richiede la maggior prova di aver posto in essere tutte le dovute cautele per impedire che l’esecuzione della decisione venisse esplicata o, comunque, di aver attenuato o eliminato le conseguenze dannose del fatto. Come è stato rilevato dalla Suprema Corte "in tal caso vi è responsabilità in quanto c’è inadempimento dell’obbligo di vigilanza, ma il fatto colposo proprio, a differenza che per gli amministratori vertici, si presume, e spetta al convenuto provare di aver agito diligentemente.

Si avrà allora l’azione sociale di responsabilità, da contratto, nel caso in cui gli effetti dell’azione illegale siano pregiudizievoli per il patrimonio dell’ente; sarà responsabilità invece diretta verso i soci e/o i creditori, se gli effetti di tale condotta si sono verificati a danno del patrimonio di ciascuno di questi senza prima l’impoverimento della società.

3. Tipi di responsabilità.

L’analisi dottrinaria che ci si propone ora di tracciare è di individuare i requisiti considerati necessari per l’esonero della responsabilità. Secondo una autorevole corrente di pensiero la responsabilità dell’amministratore è di tipo oggettivo, cioè può venir meno solo dall’impossibilità assoluta di agire per eliminare il danno. Un’altra teoria invece, che trova conferma nell’art. 2392 c.c., collega la responsabilità al fatto colposo proprio.

L’amministratore risponderebbe solo nelle ipotesi di mancata adozione di tutte le cautele che, da una analisi in abstracto, sarebbe stato naturale e ragionevole aspettarsi dal gestore di impresa, considerate anche quelle ulteriori cautele che era ragionevole attendersi sulla base delle specifiche competenze professionali del particolare amministratore. Tale ultimo orientamento interpretativo si è sviluppato già dalla metà degli anni novanta ed ha contribuito a costituire un movimento sistematico pretorio di notevoli proporzioni. La Giurisprudenza infatti ha inteso sempre di più applicare il concetto di diligenza speciale dell’art. 1176, comma II c.c., piuttosto che la diligenza media ex art. 1176, comma I c.c.. Come autorevolmente sostenuto da vari autori, in tale ricostruzione "l’impossibilità che esonera la responsabilità sarebbe integrata non solo dall’ostacolo invincibile, ma anche da quell’ostacolo che può essere vinto solo con una vis maggiore da quella che si può pretendere da un normale amministratore diligente". Per connotare esattamente il tipo di responsabilità da ascrivere al soggetto si analizzano i due tipi di rapporto: il rapporto di rappresentanza e il rapporto di subordinazione, che si muovono in maniera inversa a seconda rispettivamente se l’autore del reato è un executive, allora la responsabilità dell’ente è pressoché assoluta, sussistendo l’altro rapporto si avrà una responsabilità dell’ente solo per colpa.

4. I "Director indemnification agreements".

Si accenna ora alla possibilità, introdotta dalla Legge societaria di elaborare, per gli amministratori apicali, i cd. "Director indemnification agreements". Questi contratti prevedono l’obbligo per la società di indennizzare gli amministratori dalla responsabilità "amministrativa" e di anticipare loro le spese di giudizio nei casi di "change of control". La validità di tali agreement è stata messa in dubbio da un’autorevole autore, che ha argomentato il carattere fortemente elusivo della procedura di rinuncia dell’azione di responsabilità alla conseguente violazione di quei principi di ordine pubblico. La prassi societaria internazionale opta per attribuire contrattualmente agli amministratori di una affiliata italiana la possibilità nell’imminenza di una change of control, di ottenere da parte della corporate straniera la costituzione di un trustee estero sufficiente a costituire e a rifondere gli amministratori delle eventuali spese e responsabilità dell’azione nei loro confronti.

5. I modelli societari.

I modelli di prevenzione posti in essere dalle aziende al fine di tutelarsi dalla commissione dei reati cd. "societari" di cui al Decreto in commento, costituiscono regole cautelari, autonormate cioè poste in essere non dalla normativa ma dall’ente stesso che creerà, al proprio interno, tutti i meccanismi atti ed idonei alla gestione e controllo del rischio, secondo le attività aziendali, il mercato di riferimento e, direi soprattutto, le indicazioni dei suoi azionisti di riferimento.

Il modello organizzativo richiede: l’identificazione del rischio e la progettazione di un sistema di controllo. Si è visto che, nel caso di colpa per fatto dei subordinati, la predisposizione preventiva di un modello di organizzazione evita l’imputazione della colpa di mancata organizzazione nella predisposizione dello strumento protettivo dell’azienda dallo specifico rischio, cd. "rischio d’impresa".

Nel caso di colpa dei vertici si attua una speciale inversione dell’onere della prova in base alla quale scatta l’esimente di responsabilità se il vertice aziendale (vedi C.d.A.) dimostri di aver attuato, prima della commissione del fatto, i modelli di organizzazione aziendale idonei alla prevenzione di detti reati, nonché di aver affidato il compito di vigilanza, con tutti gli oneri che ne derivano, primi fra tutti il continuo aggiornamento, ad un organismo interno all’ente stesso, ed in ultimo che le persone fisiche che hanno commesso il fatto illecito abbiano agito eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione. >INDICE

1. Executives Directors.

2. Non Executives Directors.

3. Tipi di responsabilità.

4. I "Director indemnification agreements".

5. I modelli societari.

Il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, e tutto il corpus normativo successivo ad esso, ha di fatto minato alle fondamenta un dogma dell’ordinamento giuridico, il brocardo "societas delinquere non potest" sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato, rendendo l’ente responsabile a livello amministrativo. In realtà il sistema di responsabilità, così definita amministrativa, è in realtà una responsabilità penale a tutto raggio.

La responsabilità della società si attua per il solo fatto che il reato venga compiuto da una persona fisica legata ad essa da un rapporto funzionale con la società stessa.

Il collegamento tra soggetto agente e società è oggettivo, e viene posto in essere, in buona sostanza, a vantaggio o nell’interesse della società.

Ciò che rileva, ai fini del presente articolo, è il tipo di rapporto funzionale che lega l’autore del reato alla persona giuridica al fine di individuare e meglio graduare la responsabilità stessa all’ente.

Per inquadrare al meglio la problematica, la valutazione deve essere fatta seguendo un duplice binario: da una parte devono essere analizzate le condotte degli amministratori cd. executives directors, e gli amministratori cd. non executives directors, dove se il soggetto è in posizione apicale si avrà una responsabilità tendenzialmente assoluta dell’ente, dove invece l’autore del reato è un soggetto sottoposto alla direzione di altro soggetto, si avrà una responsabilità dell’ente solo per colpa. L’elemento costante della fattispecie è l’inadempimento di un dovere, mentre l’elemento variabile è la diligenza richiesta, a seconda della funzione ricoperta dall’autore del reato.

1. Executives Directors.

Per quanto riguarda gli executives directors, amministratore delegato, amministratore unico o organo collegiale di amministrazione, si può annoverare una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5718/2004) che individua nella responsabilità a carico di queste figure due elementi: uno positivo, il porre in essere un comportamento imposto dalla legge o dallo Statuto; e un elemento negativo, che consiste nell’assenza di una impossibilità ad adempiere, definita "come impedimento all’adempimento superabile usando la diligenza che può ragionevolmente pretendersi dal best director, avuto riguardo anche delle specifiche competenze dell’amministratore", cioè secondo uno standard di diligenza media.

Analizzando più nello specifico la fattispecie, per ciò che concerne l’inadempimento di un obbligo specifico, la diligenza richiesta è un "parametro valutativo dell’elemento che esonera dalla responsabilità". Nel senso che la violazione esiste per il solo fatto che la regola, posta dalle leggi o dallo statuto, non sia stata eseguita, ma se esisteva un ostacolo IRREMOVIBILE, con la normale diligenza, allora da tale violazione non deriva la responsabilità dell’amministratore.

Per quanto invece attiene al secondo aspetto di cui sopra, la fattispecie sta nell’inadempimento dell’obbligo di diligente e prudente gestione, l’inadempimento rilevante ai fini di legge è quello che viene imputato alla sola attività gestoria e che si basa su varie componenti: a) ragionevolezza dei criteri di scelta; b) esaustiva e completa informativa, relativamente alla valutazione di costi-benefici di singole operazioni, valutate secondo gli standard di diligenza media richiesta ad un professionista d’impresa; c) diligenza dell’amministratore, ex art. 1176, II° comma c.c..

Per l’attività processuale, si accenna solo che provare l’inadempimento grava su chi esercita l’azione, giacché la responsabilità degli amministratori nei confronti della società ha carattere contrattuale, spetterà invece all’amministratore provare l’esistenza di una causa di esonero.

2. Non Executives Directors.

Nell’ipotesi invece di amministratori non executives in presenza di un organo delegato, la responsabilità contrattuale e solidale di una eventuale violazione è prevista in solido con gli executives: i primi si presumono responsabili fino a prova contraria; esiste quindi, a livello procedurale, una inversione dell’onere della prova.

La responsabilità solidale viene meno solo quando la decisione di porre in essere un atto pregiudizievole ai danni della società venga presa in seno all’adunanza collegiale, ovvero che l’atto venga compiuto dai vertici in assenza di qualsiasi delibera. Se è in seno ad una adunanza allora per aversi esenzione di responsabilità si devono verificare due ipotesi: a) assenza di culpa in vigilando; b) annotazione nel libro delle adunanze del dissenso.

Se la decisione pregiudizievole è presa addirittura in assenza di qualsiasi adunanza, si dovrà stabilire se l’amministratore fosse o meno a conoscenza della decisione nociva. In tale ultima ipotesi egli può esonerarsi solo provando di aver agito in modo informato, diversamente l’esonero della responsabilità richiede la maggior prova di aver posto in essere tutte le dovute cautele per impedire che l’esecuzione della decisione venisse esplicata o, comunque, di aver attenuato o eliminato le conseguenze dannose del fatto. Come è stato rilevato dalla Suprema Corte "in tal caso vi è responsabilità in quanto c’è inadempimento dell’obbligo di vigilanza, ma il fatto colposo proprio, a differenza che per gli amministratori vertici, si presume, e spetta al convenuto provare di aver agito diligentemente.

Si avrà allora l’azione sociale di responsabilità, da contratto, nel caso in cui gli effetti dell’azione illegale siano pregiudizievoli per il patrimonio dell’ente; sarà responsabilità invece diretta verso i soci e/o i creditori, se gli effetti di tale condotta si sono verificati a danno del patrimonio di ciascuno di questi senza prima l’impoverimento della società.

3. Tipi di responsabilità.

L’analisi dottrinaria che ci si propone ora di tracciare è di individuare i requisiti considerati necessari per l’esonero della responsabilità. Secondo una autorevole corrente di pensiero la responsabilità dell’amministratore è di tipo oggettivo, cioè può venir meno solo dall’impossibilità assoluta di agire per eliminare il danno. Un’altra teoria invece, che trova conferma nell’art. 2392 c.c., collega la responsabilità al fatto colposo proprio.

L’amministratore risponderebbe solo nelle ipotesi di mancata adozione di tutte le cautele che, da una analisi in abstracto, sarebbe stato naturale e ragionevole aspettarsi dal gestore di impresa, considerate anche quelle ulteriori cautele che era ragionevole attendersi sulla base delle specifiche competenze professionali del particolare amministratore. Tale ultimo orientamento interpretativo si è sviluppato già dalla metà degli anni novanta ed ha contribuito a costituire un movimento sistematico pretorio di notevoli proporzioni. La Giurisprudenza infatti ha inteso sempre di più applicare il concetto di diligenza speciale dell’art. 1176, comma II c.c., piuttosto che la diligenza media ex art. 1176, comma I c.c.. Come autorevolmente sostenuto da vari autori, in tale ricostruzione "l’impossibilità che esonera la responsabilità sarebbe integrata non solo dall’ostacolo invincibile, ma anche da quell’ostacolo che può essere vinto solo con una vis maggiore da quella che si può pretendere da un normale amministratore diligente". Per connotare esattamente il tipo di responsabilità da ascrivere al soggetto si analizzano i due tipi di rapporto: il rapporto di rappresentanza e il rapporto di subordinazione, che si muovono in maniera inversa a seconda rispettivamente se l’autore del reato è un executive, allora la responsabilità dell’ente è pressoché assoluta, sussistendo l’altro rapporto si avrà una responsabilità dell’ente solo per colpa.

4. I "Director indemnification agreements".

Si accenna ora alla possibilità, introdotta dalla Legge societaria di elaborare, per gli amministratori apicali, i cd. "Director indemnification agreements". Questi contratti prevedono l’obbligo per la società di indennizzare gli amministratori dalla responsabilità "amministrativa" e di anticipare loro le spese di giudizio nei casi di "change of control". La validità di tali agreement è stata messa in dubbio da un’autorevole autore, che ha argomentato il carattere fortemente elusivo della procedura di rinuncia dell’azione di responsabilità alla conseguente violazione di quei principi di ordine pubblico. La prassi societaria internazionale opta per attribuire contrattualmente agli amministratori di una affiliata italiana la possibilità nell’imminenza di una change of control, di ottenere da parte della corporate straniera la costituzione di un trustee estero sufficiente a costituire e a rifondere gli amministratori delle eventuali spese e responsabilità dell’azione nei loro confronti.

5. I modelli societari.

I modelli di prevenzione posti in essere dalle aziende al fine di tutelarsi dalla commissione dei reati cd. "societari" di cui al Decreto in commento, costituiscono regole cautelari, autonormate cioè poste in essere non dalla normativa ma dall’ente stesso che creerà, al proprio interno, tutti i meccanismi atti ed idonei alla gestione e controllo del rischio, secondo le attività aziendali, il mercato di riferimento e, direi soprattutto, le indicazioni dei suoi azionisti di riferimento.

Il modello organizzativo richiede: l’identificazione del rischio e la progettazione di un sistema di controllo. Si è visto che, nel caso di colpa per fatto dei subordinati, la predisposizione preventiva di un modello di organizzazione evita l’imputazione della colpa di mancata organizzazione nella predisposizione dello strumento protettivo dell’azienda dallo specifico rischio, cd. "rischio d’impresa".

Nel caso di colpa dei vertici si attua una speciale inversione dell’onere della prova in base alla quale scatta l’esimente di responsabilità se il vertice aziendale (vedi C.d.A.) dimostri di aver attuato, prima della commissione del fatto, i modelli di organizzazione aziendale idonei alla prevenzione di detti reati, nonché di aver affidato il compito di vigilanza, con tutti gli oneri che ne derivano, primi fra tutti il continuo aggiornamento, ad un organismo interno all’ente stesso, ed in ultimo che le persone fisiche che hanno commesso il fatto illecito abbiano agito eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione.

Congeniato in tal modo il modello tende ad eliminare il rischio di commissione di reati, anche rispetto all’errore umano, negligenze e/o errori, la sua efficacia troverebbe un limite nella sola attività fraudolenta del soggetto apicale. Da ciò la necessità che il modello organizzativo debba esser considerato ed effettivamente sentito dai vertici societari come un effettivo e valido strumento di prevenzione dei reati societari, il controllo sull’effettività del modello presuppone una autonomia gestionale e funzionale dell’organismo interno di vigilanza che dovrà essere fornito di poteri adeguati alla funzione, in caso contrario sarebbe una mera scatola vuota, assolutamente incapace di adempiere alla sua funzione e al ruolo assegnatogli dalla legge. La sua autonomia non è in contraddizione con la circostanza che l’organismo non è estraneo all’ente, bensì ne fa parte, essendone un’articolazione. La soluzione ottimale sarebbe in realtà comporre l’organismo con professionisti esterni all’ente stesso, ovvero anche con personale interno dell’ente stesso, come in verità avviene nella maggior parte dei casi, ma che si tratti di persone che non siano coinvolte a diverso titolo nell’amministrazione attiva dell’ente, onde evitare una commistione tra il ruolo di vigilanza e quello di amministrazione.

Per di più, come segnala un autorevole penalista l’adozione di un sistema di controllo carente "si risolve in un contributo causale fornito con colpa dalla società, come partecipe esterno, al reato commesso da una figura propria, vale a dire da un soggetto collocato in posizione apicale. La negligente organizzazione dell’ente sul versante della prevenzione del rischio reato agevola la commissione del reato da parte della persona fisica che la rappresenta, e cristallizza la responsabilità amministrativa dell’ente".

Concretamente in azienda si dovrà procedere ad una attenta analisi delle aree maggiormente esposte ai rischi di commissione dei reati de quo, e successivamente si dovrà predisporre una attenta analisi dei rischi potenziali che dovrà poi essere formalizzata e documentata. I processi mappati e monitorati si avvarranno: del codice etico indirizzato a tutti i componenti della società, ispirato a regole di trasparenza e onestà; di un sistema organizzativo che eviti la concentrazione in una sola mano dei poteri decisionali più di altri soggetti a rischio commissione reati; di verifiche costanti su comportamenti aziendali; di un sistema di controlli sui flussi finanziari; di procedure e manualistica di pronto uso e di argomentazioni chiari sui possibili rischi di commissione di reato; di efficaci sistemi di diffusione aziendale; di programmi di formazione costante del personale; ed infine di un sistema disciplinare che renda effettivo il protocollo scelto.

Quanto sarà "fortunata" la Novella del 2001 dipenderà dalla reale volontà della Giurisprudenza a valutare l’idoneità e soprattutto la effettiva validità dei modelli di organizzazione adottati dalle aziende non solo come strumenti astratti, ma come veri e propri ausili per la tutela della realtà aziendale.

Invero il Tribunale di Roma, in una delle prime decisioni in materia di applicazione del D. Lgs. 231/2001, ha affrontato con indubbia chiarezza e serietà la necessità per l’ente, in questo caso ex post alla commissione del fatto illecito, di predisporre una valida serie di tutele nella direzione di prevenire la commissione di altri ulteriori reati. La lettura dell’ordinanza (GIP di Roma del 4-14 aprile 2003) autorizza a ritenere che il meccanismo delle misure cautelari, "quando determina l’ente che trasgredito ad introdurre ex post un modello organizzativo, ed a rimuovere le condizioni oggettive di rischio, può essere utilizzato con finalità di prevenzione, che è forse uno degli scopi se non il principale, perseguiti dal Legislatore".