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La securitization ovvero la cartolarizzazione dei crediti.

Origine, struttura e nozione.
La securitization ovvero la cartolarizzazione dei crediti.

Origine, struttura e nozione.

Introduzione

1. Origine, struttura e nozione.

1.1. Linee generali.

1.2. Due schemi tipo

Introduzione

La necessità del mercato finanziario di poter fondare la propria stabilità su di un costante sviluppo del processo di distribuzione e attribuzione delle risorse è legato, e strettamente dipendente, alla creazione di strumenti nuovi, che rivestano le caratteristiche più idonee a favorire i bisogni dei diversi operatori del settore.

Per poter considerare detti strumenti adatti, con duplice riferimento al momento storico e agli interessi della iniziativa privata, la valutazione è sempre stata basata sull’adeguatezza di tali nuovi interventi con relazione ai fattori dei flussi di liquidità da essi scaturenti, del fattore del possibile rendimento e del contenimento dell’ulteriore elemento del rischio, congiuntamente alla capacità dei medesimi di superarne le problematiche congenite.

Cosa avviene, dunque, all’interno dello strumento della securitization? Ebbene, la valutazione non si fonda sulla capacità d’impresa di produrre redditi in ragione della semplice detenzione di attività fruttifere; all’opposto, suo fondamento è lo sfruttamento della capacità di un portafoglio, di beni o diritti, “estranei” dal contesto aziendale di provenienza, di produrre flussi di cassa superiori al valore attuale di mercato di beni o diritti dai quali essi hanno origine.

La securitization ha vissuto in Europa alterni destini.

In Italia, l’Asset-backed securitization (Abs) riconosciuta dagli operatori economici, e soprattutto finanziari, come valido strumento funzionale a numerosi dei fini propri delle imprese, vede le sue prime applicazione sul nascere degli anni Novanta.

Ciononostante, le grandi potenzialità di sviluppo di tale istituto erano vanificate dall’assenza di una normativa specifica in materia. Gli operatori di settore erano sempre costretti a “correggere” in corsa la struttura tipica dell’operazione generando, allo stesso tempo, profonde incertezze sul trattamento effettivo dell’operazione sottoposta ad ingenti costi, non corrispondenti alla vera natura “architettonica” dell’operazione.

L’approvazione di un testo normativo ad hoc risponde, dunque, ad una duplice esigenza. Esso consente agli operatori nazionali di ricorrere alla asset securitization liberamente, garantendo l’equilibrio tra i benefici ottenibili e i costi da sostenere e, parallelamente, potenziare il mercato interno, riducendo la dispersione di risorse finanziarie.

Vedremo, tuttavia, come sia estremamente difficoltoso proporre una nozione omnicomprensiva dell’attività di securitization, ciò in ragione sia della varietà di forme nella quali l’operazione può perfezionarsi, sia in virtù delle diverse esigenze che muovono i vari soggetti che vi partecipano.

Nel presente studio l’avvicinamento alla piena comprensione dell’istituto in esame sarà graduale, e sarà diviso in distinti momenti.

In prima analisi l’argomento sarà affrontato in comparazione con le precedenti esperienza estere, e in particolare con quella anglosassone, che ne hanno conosciuto i meccanismi anticipatamente, al fine di sottolinearne i modelli che si sono sviluppati sullo schema base di tale operazione finanziaria.

Successivamente, l’esame dell’istituto affronterà lo studio dei diversi ruoli e delle differenti funzioni riconosciute in capo ai soggetti economici presenti nell’ambito dell’operazione, per poi affrontare le caratteristiche strutturali della stessa e i suoi meccanismi di attuazione.

In tal modo apparirà più agevole l’avvicinamento alla disciplina dettata dalla legge n. 130/1999. L’ultimo passo, infatti, è stato compiuto affrontando il problema dal punto di vista della normativa italiana che ha accolto nel nostro ordinamento l’istituto della securitization, introdotto con il termine di “cartolarizzazione dei crediti” dal nostro legislatore.

Nostra intenzione era, in conclusione, quella di cercare di cogliere il grado di coerenza tra le disposizioni previste dalla legge italiana sulla cartolarizzazione e la natura dell’operazione come nata e sviluppatasi nella prassi internazionale ricostruendo, in maniera più completa e uniforme possibile, i contorni dell’operazione finanziaria di securitization, antecedente naturale del nostro istituto sulla cartolarizzazione dei crediti.

1. Origine, struttura e nozione.

1.1. Linee generali.

Le imprese, e principalmente quelle il cui oggetto sociale consiste in, o include, operazioni di finanziamento a terzi, hanno a loro volta il rilevante problema del proprio autofinanziamento.

Se sono di estrazione bancaria, la provvista deriverà in primo luogo dalla raccolta del risparmio; se al contrario si tratta di imprese industriali o commerciali, dovranno ricorrere a contratti di finanziamento.

Entrambi questi tipi di imprese, proprio in ragione delle loro attività, si vengono a trovare nella disponibilità nel proprio portafoglio di una pluralità di crediti: da qui la necessità dello smobilizzo di questa massa di crediti al fine di acquisire nuove liquidità e di proseguire l’attività di finanziamento verso terzi.

Il punto è rilevante: da tempo tutti gli ordinamenti giuridici affrontano con notevole difficoltà il bisogno di produrre norme intese ad agevolare la provvista delle imprese dedite al credito fondiario ([1]). Nel nostro ordinamento possiamo risalire sino al 1905, anno in cui il r.d. n. 646 istituì le “cartelle fondiarie”, che evidenziavano un collegamento tra i mutui e i titoli emessi dai fondiari a fronte dell’acquisizione della provvista, e che altresì proteggevano i fondiari dalle revocatorie ([2]).

Accanto ai tradizionali strumenti di finanziamento che si concretizzano nell’erogazione di somme di danaro, secondo il consolidato schema dei “contratti di credito”([3]), la prassi finanziaria ha elaborato diversi nuovi meccanismi, che si fondano sull’utilizzo di poste attive di immobilizzazione.

Uno degli strumenti di maggiore spicco che il mercato finanziario ha ideato allo scopo è la securitization, consistente nel tramutare il frutto dell’attività di finanziamento in valori mobiliari da immettere poi sul mercato per raccogliere denaro contante ([4]).

Sebbene l’istituto in considerazione non sia facilmente tipizzabile, vista la moltitudine di varianti che di volta in volta ne possono scaturire, sia in ragione dei vari tipi crediti che possono divenirne oggetto e delle modalità per il loro trasferimento, sia per il folto numero di soggetti che possono partecipare all’operazione, possiamo affermare che la cartolarizzazione si presta alla necessità di procedere allo smobilizzo dei crediti presenti in un portafoglio crediti, e consiste nel reperire sul mercato dei capitali somme dirette a finanziare l’impresa titolare di tale portafoglio. In contropartita, lo stesso portafoglio crediti è destinato unicamente alla soddisfazione dei diritti degli investitori, ossia alla restituzione del capitale impegnato e agli interessi correlati ad esso ([5]).

Lo studio dell’etimologia del termine anglosassone ci permette poi di cogliere l’essenza dell’operazione: il termine securitization prende origine dalla radice security, la quale assume comunemente il significato di “garanzia in generale”; ma, nella forma plurale, securities, essa è impiegata per indicare “titoli mobiliari”, non necessariamente assistiti da garanzia ([6]). Ebbene, nell’ambito dell’istituto che il termine securitization qualifica, entrambe queste caratteristiche sono presenti.

Questo ci porta ad una prima considerazione e cioè che, come meglio potremo analizzare in seguito, nelle operazioni di securitization, che è bene fin d’ora puntualizzare non possono prescindere per la loro realizzazione dell’esistenza di un negozio di cessione dei crediti ([7]), il cessionario non viene garantito dal patrimonio del cedente, in quanto di norma la cessione avviene pro soluto, ma dalla natura stessa dei rapporti ceduti, i quali comportano, in ragione delle garanzie dalle quali sono accompagnate, un notevole frazionamento del rischio di insolvenze.

Siamo dunque nelle condizioni di dare un primo sguardo a quella che è la struttura dell’operazione.

Essa solitamente si articola in due momenti: da un lato l’impresa finanziata (originator) cede il proprio portafoglio crediti, o comunque altre attività in grado di generare flussi di cassa pluriennali, ad un altro soggetto (la società cessionaria o Special Purpose Vehicle); dall’altro, ad opera della società cessionaria, costituitasi proprio al fine di porre in essere l’operazione di cessione e cartolarizzazione e che deve quindi avere quale oggetto esclusivo la gestione di tale procedimento, viene posta in atto l’emissione di titoli rappresentativi di diritti al pubblico ([8]), destinati ad essere soddisfatti grazie al rendimento degli attivi ceduti.

In Italia il termine securitization viene tradotto con “cartolarizzazione o titolarizzazione dei crediti”, ma per dare una definizione completa ed esauriente, soffermandosi, ma solo in prima analisi, sull’aspetto economico dell’istituto, possiamo seguire la definizione che viene fornita dall’ABI ([9]): “La securitization è una tecnica finanziaria mediante la quale i flussi di cassa derivanti da impieghi creditizi, mutui o altre classi di attivo predeterminate, vengono selezionati ed aggregati al fine di costituire supporto finanziario e garanzia ai titoli (asset backed securities), rappresentativi di tali classi di attivo, collocati nel mercato di capitali ([10]).

In prima analisi, dunque, e sempre dal punto di vista economico, sembra possibile inquadrare i vantaggi dell’operazione da un lato, per i soggetti ([11]) che decideranno di porre in essere tali operazioni di securitization, in una migliore gestione dello stato patrimoniale, nella creazione di pronta liquidità, in un abbassamento del rischio valutario e in un aumento di visibilità e di immagine sui mercati ([12]). Dall’altro, prima delle conseguenze di tale pratica, dovrebbe essere quella di favorire lo sviluppo del listino dei titoli negoziabili e al contempo costituire l’alternativa all’interesse circoscritto alle privatizzazioni e alle operazioni di poche, grandi società ([13]).

1.2. Due schemi tipo

Per meglio comprendere dunque le modalità di attuazione di una operazione di securitization, vogliamo qui analizzare in termini essenziali anche mediante il soccorso a modelli grafici, le due trame più comuni per mezzo delle quali è possibile procedere ([14]).

Nel primo modello ([15]), il generatore di crediti, o comunque il finanziatore (originator), ha in portafoglio una massa di crediti che vengono ceduti ad una società, o ente (Special Purpose Vehicle), costituita quest’ultima appositamente per acquistare tali crediti, pagandoli dando vita ad un’operazione di raccolta sul mercato presso il pubblico degli investitori, istituzionali o meno, che saranno garantiti dal portafoglio crediti del finanziatore. Apparentemente semplice, dunque, la struttura delineata da questa ipotesi.

Molto più complessa la struttura del secondo tipo ([16]): in questo caso il titolare dei crediti, allo scopo di assicurarsi una maggiora attendibilità della valutazione sul rischio dell’operazione, li riunisce in un pacchetto ben definito e li cede ad una società finanziaria appositamente istituita (SPV).

Tale società, per corrispondere il corrispettivo dei crediti, emette dei titoli, che possono essere in partecipazione oppure direttamente garantiti dal portafoglio che ha acquisito. Fin qui l’operazione non si discosta da quella appena descritta in precedenza: la gestione dei flussi di pagamento, quella delle eventuali sofferenze ed il recupero degli eventuali insoluti sono tutte operazioni delle quali sia il titolare dei crediti ceduti che il cessionario possono occuparsi; se però questo non avviene, subentra nello schema un terzo soggetto, chiamato “Servicer”, che si impegna contrattualmente a svolgere queste mansioni.

A questo punto fa il suo ingresso nell’andamento dell’operazione, almeno di regola, un quarto soggetto, denominato “credit enhancer”, la cui funzione è fornire garanzia allo SPV, con il conseguente miglioramento del rating del portafoglio crediti, allo scopo di diminuire il rischio di sottoscrizione in capo agli investitori. Infine, i sottoscrittori (underwriters), si onerano di collocare i titoli sul mercato per mezzo dei canali cui hanno accesso. Tale funzione è spesso svolta da una merchant bank ([17]).

In definitiva un meccanismo decisamente complesso e particolareggiato, di difficile traduzione al livello giuridico. Per tale ragione si rende ora necessario un conciso ma esauriente esame dell’evoluzione storica di questo istituto, al fine anche di apprezzare dal profilo comparatistico le precedenti esperienze di sistemi giuridici stranieri.



([1]) Secondo COX, “Introduction and Overwiew”, in “Securitization” a cura di BONSALL, 1990, lontane antenate dello strumento della securitization sono le cartelle rappresentative di mutui ipotecari emesse in Prussia già due secoli orsono;

([2]) Pur essendo la struttura della attuale securitization senza dubbio innovativa, non è senza significato rilevare che tali operazioni abbiano, in realtà, radici molto risalenti nel tempo e che prestiti sotto forma di titoli negoziabili siano esistiti sin dalle prime fasi dell’evoluzione del mercato finanziario. “Già nel secolo passato, in Francia, esistevano meccanismi, incentrati sull’emissione di particolari titoli, simili alle attuali forme di securitization”, così sostengono F. BELLI e F. MAZZINI, in “Per lanciare il sistema della cartolarizzazione si punta su procedure agili e fisco leggero”, in Guida al Diritto n. 25/1999; In Italia, come detto, si fece ricorso alle c.d. “cartelle fondiarie”. Esse furono rimpiazzate negli anni 1975-1976 con l’introduzione delle obbligazioni fondiarie, e nel 1981 con l’introduzione dei certificati di deposito. Il d.p.r. 21 gennaio 1976 n. 7, inoltre, ammetteva al mercato dei mutui ipotecari gli istituti di credito fondiario e sezioni speciali di istituti di credito ordinario, le banche commerciali ed altri istituti non bancari. In ogni caso, la securitization come tecnica finanziaria ha visto la sua nascita negli stati Uniti d’America, con le prime emissioni di obbligazioni garantite da mutui ipotecari, rafforzati da ulteriori garanzie pubbliche, come nel caso della Federal National Mortage Association.;

([3]) Di tale categoria, elaborata in seno alla dottrina, si occupa LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995.;

([4]) CIAMPAGLIA, “La cartolarizzazione delle poste attive e i suoi scopi: la struttura della securitization”, in Finanza, marketing e produzione, 2000, pag. 7-24;

([5]) Sulla descrizione della problematica che la securitization intende regolamentare, si vedano, tra gli altri, F. BELLI, F. MAZZINI, “Per lanciare il sistema della cartolarizzazione si punta su procedure agili e fisco leggero”, op., cit.; G. IMPERATORI, “Securitization, per l’Italia un trampolino di lancio”, in “il Sole 24 ore” del 24/04/1999, pag. 36; S. ARLOTTI, “Troppo deboli le garanzie”, in “il Sole 24 ore” del 12/07/1999, pag. 9, dove viene però espresso un giudizio negativo, basato sulle difficoltà storiche del nostro mercato finanziario di adattarsi a nuovi istituti finanziari, derivati dalla esperienza internazionale;

([6]) Per l’esatta definizione si veda in “Dizionario Giuridico”, F. De FRANCHIS, Milano, 1984;

([7]) In vero non mancano casi nei quali alla base dell’operazione risiede il meccanismo della surrogazione: “la società cessionaria corrisponde all’originator un importo ragguagliato all’ammontare complessivo del portafoglio crediti selezionato e l’originator, all’atto del pagamento, dichiara espressamente di surrogare il cessionario nella titolarità dei diritti di credito verso i debitori”, in “Nuove leggi civili e commentate”, commentario a cura di Maffei Alberti, “La legge 30 aprile 1999, n. 130. Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti”, N. 5., 2000; pag. 999 e ss., G. GUERRIERI;

([8]) Sono considerate operazioni di securitization anche quelle nelle quali lo SPV non ha dato luogo ad emissione di titoli, ma l’operazione è stata imperniata sulla concessione di un prestito sindacato, come previsto anche dall’art 7 della Legge n. 130/99;

([9]) La securitization in Italia: analisi e prospettive, dattiloscritto dell’ABI del 19 Aprile 1996, dove riporta la definizione di J;Barman, “Securitization on Overwiew”, in The Handbook of asset-Backed Securities, New York Institute of Finance, 1990;

([10])G. ESPOSITO, in “La “Securitization”: profili giuridici di una tecnica finanziaria di successo”, disponibile in www.borsaitalia/securitization/.com.;

([11]) Imprese non più solo bancarie, per le quali il beneficio viene avvertito a livello di ratios;

([12]) Sui vantaggi inerenti alle operazioni di securitization si vedano, tra gli altri, BONTEMPI, La nuova legge sulla cartolarizzazione, in BONTEMPI e SCAGLIARINI, La securitization, Milano, 1999; LA TORRE, Securitization e banche, Bologna, 1999; PARDOLESI, La cartolarizzazione dei crediti in Italia. Commento alla legge 30 aprile 1999 n. 130, Milano, 1999; E. ANDREOLI, “Lo smobilizzo di un portafoglio crediti presenti e futuri quale mezzo di autofinanziamento delle imprese italiane sul mercato dei capitali (prime note in merito all’operazione di “securitization)”, in Quadrimestre 1993, pag. 47; ZUCCHELLA, “La securitization di crediti bancari: esperienze e prospettive”, in Banche e banchieri, 1994, pag. 197 e ss., MAGGIOLINI, “Ristrutturazione del portafoglio crediti: la cartolarizzazione”, in Credito cooperativo, 1998, pag. 36-37; ARTALE, “Guida alla securitization: i vantaggi”, 2000, ABI, n. 15; VENTURA, “La cartolarizzazione dei crediti nell’ordinamento giuridico italiano; un primo commento alla L. 30 aprile 1999, n. 130”, in Giur. It., 1999, pag. 1993 e ss.;

([13]) Altro effetto collaterale positivo dovrebbe essere anche lo sviluppo dell’attività di rating, da taluno considerata come sintomatica rispetto ad un’evoluzione quantitativa nell’ambito del mercato finanziario. In questo senso, E. MONTI, Le asimmetrie informative e l’attività di rating, Roma, 1995;

([14]) NICOLLE, “Introduction to Securitization”, in www.riscltd.demon.ac.uk/introind.htm.; GLENNIE, De BOUTER e LUKE, “Securitization”, 1998, UIA Law Library; HENDERSON, “Securitization”, 1998; LUDICA LR, “Asset securitization-The unsecured creditors prospective”, in Texas Law review, 1998, n. 3, pag. 595 e ss.; MADDEN, “Financing small bank holding companies: Securitization of capital securities”, in Business Lawyer, 1998, n. 1, pag. 93 e ss., dove viene affrontato lo sviluppo delle pubbliche Federal riserve parallelamente alla difficile situazione delle banche di piccola grandezza nell’adottare l’istituto della securitization dovuta, a quel tempo, al rigido regime di tassazione a cui l’operazione era sottoposta;

([15]) Vedi in Appendice, Tabella N. 1;

([16]) Vedi in Appendice, Tabella N. 2;

([17]) Tratto da P. BONTEMPI e G. SCAGLIARINI, La securitization, Milano, 1999;

La securitization ovvero la cartolarizzazione dei crediti.

Origine, struttura e nozione.

Introduzione

1. Origine, struttura e nozione.

1.1. Linee generali.

1.2. Due schemi tipo

Introduzione

La necessità del mercato finanziario di poter fondare la propria stabilità su di un costante sviluppo del processo di distribuzione e attribuzione delle risorse è legato, e strettamente dipendente, alla creazione di strumenti nuovi, che rivestano le caratteristiche più idonee a favorire i bisogni dei diversi operatori del settore.

Per poter considerare detti strumenti adatti, con duplice riferimento al momento storico e agli interessi della iniziativa privata, la valutazione è sempre stata basata sull’adeguatezza di tali nuovi interventi con relazione ai fattori dei flussi di liquidità da essi scaturenti, del fattore del possibile rendimento e del contenimento dell’ulteriore elemento del rischio, congiuntamente alla capacità dei medesimi di superarne le problematiche congenite.

Cosa avviene, dunque, all’interno dello strumento della securitization? Ebbene, la valutazione non si fonda sulla capacità d’impresa di produrre redditi in ragione della semplice detenzione di attività fruttifere; all’opposto, suo fondamento è lo sfruttamento della capacità di un portafoglio, di beni o diritti, “estranei” dal contesto aziendale di provenienza, di produrre flussi di cassa superiori al valore attuale di mercato di beni o diritti dai quali essi hanno origine.

La securitization ha vissuto in Europa alterni destini.

In Italia, l’Asset-backed securitization (Abs) riconosciuta dagli operatori economici, e soprattutto finanziari, come valido strumento funzionale a numerosi dei fini propri delle imprese, vede le sue prime applicazione sul nascere degli anni Novanta.

Ciononostante, le grandi potenzialità di sviluppo di tale istituto erano vanificate dall’assenza di una normativa specifica in materia. Gli operatori di settore erano sempre costretti a “correggere” in corsa la struttura tipica dell’operazione generando, allo stesso tempo, profonde incertezze sul trattamento effettivo dell’operazione sottoposta ad ingenti costi, non corrispondenti alla vera natura “architettonica” dell’operazione.

L’approvazione di un testo normativo ad hoc risponde, dunque, ad una duplice esigenza. Esso consente agli operatori nazionali di ricorrere alla asset securitization liberamente, garantendo l’equilibrio tra i benefici ottenibili e i costi da sostenere e, parallelamente, potenziare il mercato interno, riducendo la dispersione di risorse finanziarie.

Vedremo, tuttavia, come sia estremamente difficoltoso proporre una nozione omnicomprensiva dell’attività di securitization, ciò in ragione sia della varietà di forme nella quali l’operazione può perfezionarsi, sia in virtù delle diverse esigenze che muovono i vari soggetti che vi partecipano.

Nel presente studio l’avvicinamento alla piena comprensione dell’istituto in esame sarà graduale, e sarà diviso in distinti momenti.

In prima analisi l’argomento sarà affrontato in comparazione con le precedenti esperienza estere, e in particolare con quella anglosassone, che ne hanno conosciuto i meccanismi anticipatamente, al fine di sottolinearne i modelli che si sono sviluppati sullo schema base di tale operazione finanziaria.

Successivamente, l’esame dell’istituto affronterà lo studio dei diversi ruoli e delle differenti funzioni riconosciute in capo ai soggetti economici presenti nell’ambito dell’operazione, per poi affrontare le caratteristiche strutturali della stessa e i suoi meccanismi di attuazione.

In tal modo apparirà più agevole l’avvicinamento alla disciplina dettata dalla legge n. 130/1999. L’ultimo passo, infatti, è stato compiuto affrontando il problema dal punto di vista della normativa italiana che ha accolto nel nostro ordinamento l’istituto della securitization, introdotto con il termine di “cartolarizzazione dei crediti” dal nostro legislatore.

Nostra intenzione era, in conclusione, quella di cercare di cogliere il grado di coerenza tra le disposizioni previste dalla legge italiana sulla cartolarizzazione e la natura dell’operazione come nata e sviluppatasi nella prassi internazionale ricostruendo, in maniera più completa e uniforme possibile, i contorni dell’operazione finanziaria di securitization, antecedente naturale del nostro istituto sulla cartolarizzazione dei crediti.

1. Origine, struttura e nozione.

1.1. Linee generali.

Le imprese, e principalmente quelle il cui oggetto sociale consiste in, o include, operazioni di finanziamento a terzi, hanno a loro volta il rilevante problema del proprio autofinanziamento.

Se sono di estrazione bancaria, la provvista deriverà in primo luogo dalla raccolta del risparmio; se al contrario si tratta di imprese industriali o commerciali, dovranno ricorrere a contratti di finanziamento.

Entrambi questi tipi di imprese, proprio in ragione delle loro attività, si vengono a trovare nella disponibilità nel proprio portafoglio di una pluralità di crediti: da qui la necessità dello smobilizzo di questa massa di crediti al fine di acquisire nuove liquidità e di proseguire l’attività di finanziamento verso terzi.

Il punto è rilevante: da tempo tutti gli ordinamenti giuridici affrontano con notevole difficoltà il bisogno di produrre norme intese ad agevolare la provvista delle imprese dedite al credito fondiario ([1]). Nel nostro ordinamento possiamo risalire sino al 1905, anno in cui il r.d. n. 646 istituì le “cartelle fondiarie”, che evidenziavano un collegamento tra i mutui e i titoli emessi dai fondiari a fronte dell’acquisizione della provvista, e che altresì proteggevano i fondiari dalle revocatorie ([2]).

Accanto ai tradizionali strumenti di finanziamento che si concretizzano nell’erogazione di somme di danaro, secondo il consolidato schema dei “contratti di credito”([3]), la prassi finanziaria ha elaborato diversi nuovi meccanismi, che si fondano sull’utilizzo di poste attive di immobilizzazione.

Uno degli strumenti di maggiore spicco che il mercato finanziario ha ideato allo scopo è la securitization, consistente nel tramutare il frutto dell’attività di finanziamento in valori mobiliari da immettere poi sul mercato per raccogliere denaro contante ([4]).

Sebbene l’istituto in considerazione non sia facilmente tipizzabile, vista la moltitudine di varianti che di volta in volta ne possono scaturire, sia in ragione dei vari tipi crediti che possono divenirne oggetto e delle modalità per il loro trasferimento, sia per il folto numero di soggetti che possono partecipare all’operazione, possiamo affermare che la cartolarizzazione si presta alla necessità di procedere allo smobilizzo dei crediti presenti in un portafoglio crediti, e consiste nel reperire sul mercato dei capitali somme dirette a finanziare l’impresa titolare di tale portafoglio. In contropartita, lo stesso portafoglio crediti è destinato unicamente alla soddisfazione dei diritti degli investitori, ossia alla restituzione del capitale impegnato e agli interessi correlati ad esso ([5]).

Lo studio dell’etimologia del termine anglosassone ci permette poi di cogliere l’essenza dell’operazione: il termine securitization prende origine dalla radice security, la quale assume comunemente il significato di “garanzia in generale”; ma, nella forma plurale, securities, essa è impiegata per indicare “titoli mobiliari”, non necessariamente assistiti da garanzia ([6]). Ebbene, nell’ambito dell’istituto che il termine securitization qualifica, entrambe queste caratteristiche sono presenti.

Questo ci porta ad una prima considerazione e cioè che, come meglio potremo analizzare in seguito, nelle operazioni di securitization, che è bene fin d’ora puntualizzare non possono prescindere per la loro realizzazione dell’esistenza di un negozio di cessione dei crediti ([7]), il cessionario non viene garantito dal patrimonio del cedente, in quanto di norma la cessione avviene pro soluto, ma dalla natura stessa dei rapporti ceduti, i quali comportano, in ragione delle garanzie dalle quali sono accompagnate, un notevole frazionamento del rischio di insolvenze.

Siamo dunque nelle condizioni di dare un primo sguardo a quella che è la struttura dell’operazione.

Essa solitamente si articola in due momenti: da un lato l’impresa finanziata (originator) cede il proprio portafoglio crediti, o comunque altre attività in grado di generare flussi di cassa pluriennali, ad un altro soggetto (la società cessionaria o Special Purpose Vehicle); dall’altro, ad opera della società cessionaria, costituitasi proprio al fine di porre in essere l’operazione di cessione e cartolarizzazione e che deve quindi avere quale oggetto esclusivo la gestione di tale procedimento, viene posta in atto l’emissione di titoli rappresentativi di diritti al pubblico ([8]), destinati ad essere soddisfatti grazie al rendimento degli attivi ceduti.

In Italia il termine securitization viene tradotto con “cartolarizzazione o titolarizzazione dei crediti”, ma per dare una definizione completa ed esauriente, soffermandosi, ma solo in prima analisi, sull’aspetto economico dell’istituto, possiamo seguire la definizione che viene fornita dall’ABI ([9]): “La securitization è una tecnica finanziaria mediante la quale i flussi di cassa derivanti da impieghi creditizi, mutui o altre classi di attivo predeterminate, vengono selezionati ed aggregati al fine di costituire supporto finanziario e garanzia ai titoli (asset backed securities), rappresentativi di tali classi di attivo, collocati nel mercato di capitali ([10]).

In prima analisi, dunque, e sempre dal punto di vista economico, sembra possibile inquadrare i vantaggi dell’operazione da un lato, per i soggetti ([11]) che decideranno di porre in essere tali operazioni di securitization, in una migliore gestione dello stato patrimoniale, nella creazione di pronta liquidità, in un abbassamento del rischio valutario e in un aumento di visibilità e di immagine sui mercati ([12]). Dall’altro, prima delle conseguenze di tale pratica, dovrebbe essere quella di favorire lo sviluppo del listino dei titoli negoziabili e al contempo costituire l’alternativa all’interesse circoscritto alle privatizzazioni e alle operazioni di poche, grandi società ([13]).

1.2. Due schemi tipo

Per meglio comprendere dunque le modalità di attuazione di una operazione di securitization, vogliamo qui analizzare in termini essenziali anche mediante il soccorso a modelli grafici, le due trame più comuni per mezzo delle quali è possibile procedere ([14]).

Nel primo modello ([15]), il generatore di crediti, o comunque il finanziatore (originator), ha in portafoglio una massa di crediti che vengono ceduti ad una società, o ente (Special Purpose Vehicle), costituita quest’ultima appositamente per acquistare tali crediti, pagandoli dando vita ad un’operazione di raccolta sul mercato presso il pubblico degli investitori, istituzionali o meno, che saranno garantiti dal portafoglio crediti del finanziatore. Apparentemente semplice, dunque, la struttura delineata da questa ipotesi.

Molto più complessa la struttura del secondo tipo ([16]): in questo caso il titolare dei crediti, allo scopo di assicurarsi una maggiora attendibilità della valutazione sul rischio dell’operazione, li riunisce in un pacchetto ben definito e li cede ad una società finanziaria appositamente istituita (SPV).

Tale società, per corrispondere il corrispettivo dei crediti, emette dei titoli, che possono essere in partecipazione oppure direttamente garantiti dal portafoglio che ha acquisito. Fin qui l’operazione non si discosta da quella appena descritta in precedenza: la gestione dei flussi di pagamento, quella delle eventuali sofferenze ed il recupero degli eventuali insoluti sono tutte operazioni delle quali sia il titolare dei crediti ceduti che il cessionario possono occuparsi; se però questo non avviene, subentra nello schema un terzo soggetto, chiamato “Servicer”, che si impegna contrattualmente a svolgere queste mansioni.

A questo punto fa il suo ingresso nell’andamento dell’operazione, almeno di regola, un quarto soggetto, denominato “credit enhancer”, la cui funzione è fornire garanzia allo SPV, con il conseguente miglioramento del rating del portafoglio crediti, allo scopo di diminuire il rischio di sottoscrizione in capo agli investitori. Infine, i sottoscrittori (underwriters), si onerano di collocare i titoli sul mercato per mezzo dei canali cui hanno accesso. Tale funzione è spesso svolta da una merchant bank ([17]).

In definitiva un meccanismo decisamente complesso e particolareggiato, di difficile traduzione al livello giuridico. Per tale ragione si rende ora necessario un conciso ma esauriente esame dell’evoluzione storica di questo istituto, al fine anche di apprezzare dal profilo comparatistico le precedenti esperienze di sistemi giuridici stranieri.



([1]) Secondo COX, “Introduction and Overwiew”, in “Securitization” a cura di BONSALL, 1990, lontane antenate dello strumento della securitization sono le cartelle rappresentative di mutui ipotecari emesse in Prussia già due secoli orsono;

([2]) Pur essendo la struttura della attuale securitization senza dubbio innovativa, non è senza significato rilevare che tali operazioni abbiano, in realtà, radici molto risalenti nel tempo e che prestiti sotto forma di titoli negoziabili siano esistiti sin dalle prime fasi dell’evoluzione del mercato finanziario. “Già nel secolo passato, in Francia, esistevano meccanismi, incentrati sull’emissione di particolari titoli, simili alle attuali forme di securitization”, così sostengono F. BELLI e F. MAZZINI, in “Per lanciare il sistema della cartolarizzazione si punta su procedure agili e fisco leggero”, in Guida al Diritto n. 25/1999; In Italia, come detto, si fece ricorso alle c.d. “cartelle fondiarie”. Esse furono rimpiazzate negli anni 1975-1976 con l’introduzione delle obbligazioni fondiarie, e nel 1981 con l’introduzione dei certificati di deposito. Il d.p.r. 21 gennaio 1976 n. 7, inoltre, ammetteva al mercato dei mutui ipotecari gli istituti di credito fondiario e sezioni speciali di istituti di credito ordinario, le banche commerciali ed altri istituti non bancari. In ogni caso, la securitization come tecnica finanziaria ha visto la sua nascita negli stati Uniti d’America, con le prime emissioni di obbligazioni garantite da mutui ipotecari, rafforzati da ulteriori garanzie pubbliche, come nel caso della Federal National Mortage Association.;

([3]) Di tale categoria, elaborata in seno alla dottrina, si occupa LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995.;

([4]) CIAMPAGLIA, “La cartolarizzazione delle poste attive e i suoi scopi: la struttura della securitization”, in Finanza, marketing e produzione, 2000, pag. 7-24;

([5]) Sulla descrizione della problematica che la securitization intende regolamentare, si vedano, tra gli altri, F. BELLI, F. MAZZINI, “Per lanciare il sistema della cartolarizzazione si punta su procedure agili e fisco leggero”, op., cit.; G. IMPERATORI, “Securitization, per l’Italia un trampolino di lancio”, in “il Sole 24 ore” del 24/04/1999, pag. 36; S. ARLOTTI, “Troppo deboli le garanzie”, in “il Sole 24 ore” del 12/07/1999, pag. 9, dove viene però espresso un giudizio negativo, basato sulle difficoltà storiche del nostro mercato finanziario di adattarsi a nuovi istituti finanziari, derivati dalla esperienza internazionale;

([6]) Per l’esatta definizione si veda in “Dizionario Giuridico”, F. De FRANCHIS, Milano, 1984;

([7]) In vero non mancano casi nei quali alla base dell’operazione risiede il meccanismo della surrogazione: “la società cessionaria corrisponde all’originator un importo ragguagliato all’ammontare complessivo del portafoglio crediti selezionato e l’originator, all’atto del pagamento, dichiara espressamente di surrogare il cessionario nella titolarità dei diritti di credito verso i debitori”, in “Nuove leggi civili e commentate”, commentario a cura di Maffei Alberti, “La legge 30 aprile 1999, n. 130. Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti”, N. 5., 2000; pag. 999 e ss., G. GUERRIERI;

([8]) Sono considerate operazioni di securitization anche quelle nelle quali lo SPV non ha dato luogo ad emissione di titoli, ma l’operazione è stata imperniata sulla concessione di un prestito sindacato, come previsto anche dall’art 7 della Legge n. 130/99;

([9]) La securitization in Italia: analisi e prospettive, dattiloscritto dell’ABI del 19 Aprile 1996, dove riporta la definizione di J;Barman, “Securitization on Overwiew”, in The Handbook of asset-Backed Securities, New York Institute of Finance, 1990;

([10])G. ESPOSITO, in “La “Securitization”: profili giuridici di una tecnica finanziaria di successo”, disponibile in www.borsaitalia/securitization/.com.;

([11]) Imprese non più solo bancarie, per le quali il beneficio viene avvertito a livello di ratios;

([12]) Sui vantaggi inerenti alle operazioni di securitization si vedano, tra gli altri, BONTEMPI, La nuova legge sulla cartolarizzazione, in BONTEMPI e SCAGLIARINI, La securitization, Milano, 1999; LA TORRE, Securitization e banche, Bologna, 1999; PARDOLESI, La cartolarizzazione dei crediti in Italia. Commento alla legge 30 aprile 1999 n. 130, Milano, 1999; E. ANDREOLI, “Lo smobilizzo di un portafoglio crediti presenti e futuri quale mezzo di autofinanziamento delle imprese italiane sul mercato dei capitali (prime note in merito all’operazione di “securitization)”, in Quadrimestre 1993, pag. 47; ZUCCHELLA, “La securitization di crediti bancari: esperienze e prospettive”, in Banche e banchieri, 1994, pag. 197 e ss., MAGGIOLINI, “Ristrutturazione del portafoglio crediti: la cartolarizzazione”, in Credito cooperativo, 1998, pag. 36-37; ARTALE, “Guida alla securitization: i vantaggi”, 2000, ABI, n. 15; VENTURA, “La cartolarizzazione dei crediti nell’ordinamento giuridico italiano; un primo commento alla L. 30 aprile 1999, n. 130”, in Giur. It., 1999, pag. 1993 e ss.;

([13]) Altro effetto collaterale positivo dovrebbe essere anche lo sviluppo dell’attività di rating, da taluno considerata come sintomatica rispetto ad un’evoluzione quantitativa nell’ambito del mercato finanziario. In questo senso, E. MONTI, Le asimmetrie informative e l’attività di rating, Roma, 1995;

([14]) NICOLLE, “Introduction to Securitization”, in www.riscltd.demon.ac.uk/introind.htm.; GLENNIE, De BOUTER e LUKE, “Securitization”, 1998, UIA Law Library; HENDERSON, “Securitization”, 1998; LUDICA LR, “Asset securitization-The unsecured creditors prospective”, in Texas Law review, 1998, n. 3, pag. 595 e ss.; MADDEN, “Financing small bank holding companies: Securitization of capital securities”, in Business Lawyer, 1998, n. 1, pag. 93 e ss., dove viene affrontato lo sviluppo delle pubbliche Federal riserve parallelamente alla difficile situazione delle banche di piccola grandezza nell’adottare l’istituto della securitization dovuta, a quel tempo, al rigido regime di tassazione a cui l’operazione era sottoposta;

([15]) Vedi in Appendice, Tabella N. 1;

([16]) Vedi in Appendice, Tabella N. 2;

([17]) Tratto da P. BONTEMPI e G. SCAGLIARINI, La securitization, Milano, 1999;