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L’art.8 del decreto 138/2011 convertito dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148

Churchill diceva: non ogni cambiamento è miglioramento ma non ci può essere miglioramento senza cambiamento.

È oramai ampiamente condiviso che "il" problema dell’Italia sia la crescita zero e che questa sia a sua volta il frutto di una insufficiente dinamica della produttività.

L’art.8 del decreto 138/2011 da poco convertito dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148 è già stato definito: sovvertimento dell’ordine delle fonti del diritto, attentato ai diritti dei lavoratori, si propongono referendum contro l’art. 8 legge 138/2011, appelli contro tale norma etc., ma la stessa lettera di Trichet e Draghi al Primo Ministro Italiano, di questa estate, era chiara nel chiedere tali cambiamenti come necessari.

Si legge testualmente in tale lettera:

a) “È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena

liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.

b) C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione.

L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si

muove in questa direzione.

c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi”.

In seguito alla riforma delle relazioni sindacali introdotta mediante l’Accordo interconfederale fra CONFINDUSTRIA e CGIL, CISL e UIL del 28 giugno 2011, la contrattazione decentrata acquista un ruolo di primo piano nella disciplina dei rapporti di lavoro:

L’art. 8 del D.L. n. 138/2011 “Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità” ha riconosciuto un maggior potere alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale statuisce che i contratti collettivi di lavoro, aziendali o territoriali, sottoscritti da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario.

Sono inoltre espressamente disciplinabili dalla contrattazione aziendale e territoriale le materie inerenti: “a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell’orario di lavoro; e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio

Il comma 3 dello stesso art. 8 ha stabilito che le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.

Inoltre in data 21 settembre 2011, Confindustria e sindacati hanno firmato, in via definitiva, l’Accordo Interconfederale del 28 giugno u.s. su contratti e rappresentanza, rendendolo il medesimo pienamente operativo. Detta sottoscrizione, a dire di alcuni, “neutralizza”, di fatto, gli effetti dell’art. 8 della Manovra Economica varata dal Governo (D.L. n. 138/2011 conv. in L. n. 148/2011); il Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, afferma che l’Accordo definisce i criteri di rappresentatività delle organizzazioni sindacali sulla base delle deleghe dei lavoratori verificate dall’INPS (le cui maggioranze rendono le intese applicabili a tutti) e che il Governo ha già avviato una più ampia verifica per offrire anche ad altre categorie gli strumenti per l’adozione di un analogo criterio.

La riforma della contrattazione decentrata, a sommesso avviso dello scrivente, rappresenta un fatto di notevole rilievo per il Mezzogiorno, ma non solo.

L’obiettivo di rinnovare l’attuale sistema contrattuale, con la ricerca di un bilanciamento di equilibri tra contrattazione nazionale e decentrata, può essere un’occasione importante per ridare coerenza ed efficacia al sistema.

L’attuale insistenza sul ruolo centrale affidato al contratto nazionale è all’origine di disfunzioni che ne rendono sempre più difficile i rinnovi; con le lenti dell’ideologismo qualcuno non si accorge che il contratto decentrato è più vicino ai lavoratori e alle esigenze di quest’ultimi.

I dati recentemente pubblicati da Eurofond, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, mostrano la volontà di governi e imprese di abbracciare un nuovo percorso per affrontare la crisi globale dei mercati: lo spostamento della contrattazione dal livello nazionale settoriale a quello aziendale.

In Europa si afferma, infatti, che al fine di attuare un’efficace strategia per l’occupazione è necessaria una profonda riforma degli assetti istituzionali che regolamentano il mercato del lavoro, nonché una maggiore flessibilità nelle norme a protezione dell’occupazione (OECD, 1994; OECD 1999).

Vi è, infatti, un orientamento che ritiene necessario decentrare il disegno e l’attuazione delle politiche del lavoro ad un livello di governance sub-nazionale -regioni, province, comuni-, secondo una logica che vede nelle politiche di sviluppo locale, e nella partecipazione diretta dei soggetti sociali interessati, il mezzo attraverso cui è possibile raggiungere la coesione tra i Paesi che compongono l’Unione Europea (Buti, Pench e Sestito, 1998; Soltwedel, Dohse e Kreige-Boden, 1999.

Il “modello europeo” è stato per molto tempo caratterizzato da una contrattazione centralizzata legata strettamente a un sistema di relazioni industriali centralizzato. La contrattazione era fortemente centralizzata, all’interno della quale i sindacati e le associazioni degli imprenditori riuscivano ad attenuare l’insorgere di conflitti scambiando norme a protezione dei lavoratori occupati con moderazione e compressione dei differenziali salariali.

In questi ultimi anni si è passati ad un modello di “decentralizzazione” (Eichengreen e Iversen, 1999). Da questa riorganizzazione produttiva è sempre più difficile applicare regole del tipo “uguale salario a uguale mansione” mentre risulta più utile gestire il mercato del lavoro “interno” all’impresa in maniera tale da migliorare lo stato delle relazioni industriali in azienda.

Sembrerebbe necessario puntare a rendere più flessibili i salari per permettere alla imprese di attrarre e trattenere i lavoratori più qualificati (Lindbeck e Snower, 1996) e, quindi, la contrattazione in questo caso deve puntare ad essere più decentralizzata; è forse rilevante sottolineare che il decentramento della contrattazione non può essere disgiunto da un diverso assetto delle relazioni industriali, anch’esso su base decentrata. Le relazioni industriali, quindi, riguardando il sistema di garanzie a protezione dell’occupazione devono necessariamente e far sì che esse si adattino alle necessità proprie dei vari mercati del lavoro locali.



Riferimenti bibliografici

Amendola A., Caroleo F.E., Garofano M. (1997), “Labour Market and Decentralized Decision Making: an Institutional Approach”, Labour, (11), 3, 497-516.

Antonelli G., Paganetto L. (a cura di) (1999), Disoccupazione e basso livello di attività, il Mulino, Bologna.

Arrighetti A., Seravalli G. (a cura di) (1999), Istituzioni intermedie e sviluppo locale,Donzelli, Roma

Biagioli M., Caroleo F. E., Destefanis S. (a cura di) (1999), “Introduzione” a Struttura della contrattazione, differenziali salariali e occupazione in ambiti regionali, ESI, Napoli.

Coe D., Snower D. J. (1997), Policies Complementarities: The Case for Fundamental Labor Market Reform”, IMF Staff Papers, vol. 44, March, 1-35.

Casavola P., Gavosto A., Sestito P. (1995), “Salari e mercato del lavoro locale”, Lavoro e Relazioni Industriali, n. 4.

Costabile L. (a cura di) (1996), Istituzioni e sviluppo economico del Mezzogiorno, il Mulino, Bologna.

Dell’Aringa C., Lucifora C., (2000) “Inside the Black Box: Labour Market Institutions, Wage Formation and Unemployment in Italy”, Nota di Lavoro 66, Fondazione Eni Enrico Mattei, Milano

EEAG (2004), Report on the European Economy 2004, IFO, Institute of Economic Research, Monaco.

Eichengreen B., Iversen T. (1999), “Institutions and Economic Performance: Evidence from the Labour Market“, Oxford Review of Economic Policy, vol. 15, n. 4, 121-138.

Elmeskov J., Martin J., Scarpetta S. (1999), “Key Lessons for Labour Market Reforms: Evidence from OECD Countries’ Experience”, Swedish Economic Policy

Review.

Faini R. (1999), “Flessibilità e mercato del lavoro nel Mezzogiorno: una terapia senza controindicazioni?”, in Biagioli M., Caroleo F. E., Destefanis S. (a cura di), Struttura

della contrattazione, flessibilità e differenziali salariali in ambiti regionali ESI, Napoli.

Freeman R. B., Gibbson R. (1993), “Getting Together and Breaking Apart: the Decline of Centralized Collective Bargaining”, NBER Working Paper, n. 4464, Cambridge, Mass.

Giannola A. (1999), “Sviluppo economico e occupazione: costo del lavoro, vincoli finanziari e crescita delle imprese nel Mezzogiorno”, in Biagioli M., Caroleo F. E., Destefanis S. (a cura di), Struttura della contrattazione, flessibilità e differenziali salariali in ambiti regionali ESI, Napoli.

IMF (1999), Imf World Emplyment Outlook, Washington.

Jackman J. (1999), “Wage-setting Behaviour in a Monetary Union - a Role for the European Social Partnership”, Paper prepared for the conference of the National Bank of Austria on “Possibilities and Limitations of Monetary Policy”, Vienna, June.

Churchill diceva: non ogni cambiamento è miglioramento ma non ci può essere miglioramento senza cambiamento.

È oramai ampiamente condiviso che "il" problema dell’Italia sia la crescita zero e che questa sia a sua volta il frutto di una insufficiente dinamica della produttività.

L’art.8 del decreto 138/2011 da poco convertito dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148 è già stato definito: sovvertimento dell’ordine delle fonti del diritto, attentato ai diritti dei lavoratori, si propongono referendum contro l’art. 8 legge 138/2011, appelli contro tale norma etc., ma la stessa lettera di Trichet e Draghi al Primo Ministro Italiano, di questa estate, era chiara nel chiedere tali cambiamenti come necessari.

Si legge testualmente in tale lettera:

a) “È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena

liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.

b) C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione.

L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si

muove in questa direzione.

c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi”.

In seguito alla riforma delle relazioni sindacali introdotta mediante l’Accordo interconfederale fra CONFINDUSTRIA e CGIL, CISL e UIL del 28 giugno 2011, la contrattazione decentrata acquista un ruolo di primo piano nella disciplina dei rapporti di lavoro:

L’art. 8 del D.L. n. 138/2011 “Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità” ha riconosciuto un maggior potere alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale statuisce che i contratti collettivi di lavoro, aziendali o territoriali, sottoscritti da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario.

Sono inoltre espressamente disciplinabili dalla contrattazione aziendale e territoriale le materie inerenti: “a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell’orario di lavoro; e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio

Il comma 3 dello stesso art. 8 ha stabilito che le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.

Inoltre in data 21 settembre 2011, Confindustria e sindacati hanno firmato, in via definitiva, l’Accordo Interconfederale del 28 giugno u.s. su contratti e rappresentanza, rendendolo il medesimo pienamente operativo. Detta sottoscrizione, a dire di alcuni, “neutralizza”, di fatto, gli effetti dell’art. 8 della Manovra Economica varata dal Governo (D.L. n. 138/2011 conv. in L. n. 148/2011); il Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, afferma che l’Accordo definisce i criteri di rappresentatività delle organizzazioni sindacali sulla base delle deleghe dei lavoratori verificate dall’INPS (le cui maggioranze rendono le intese applicabili a tutti) e che il Governo ha già avviato una più ampia verifica per offrire anche ad altre categorie gli strumenti per l’adozione di un analogo criterio.

La riforma della contrattazione decentrata, a sommesso avviso dello scrivente, rappresenta un fatto di notevole rilievo per il Mezzogiorno, ma non solo.

L’obiettivo di rinnovare l’attuale sistema contrattuale, con la ricerca di un bilanciamento di equilibri tra contrattazione nazionale e decentrata, può essere un’occasione importante per ridare coerenza ed efficacia al sistema.

L’attuale insistenza sul ruolo centrale affidato al contratto nazionale è all’origine di disfunzioni che ne rendono sempre più difficile i rinnovi; con le lenti dell’ideologismo qualcuno non si accorge che il contratto decentrato è più vicino ai lavoratori e alle esigenze di quest’ultimi.

I dati recentemente pubblicati da Eurofond, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, mostrano la volontà di governi e imprese di abbracciare un nuovo percorso per affrontare la crisi globale dei mercati: lo spostamento della contrattazione dal livello nazionale settoriale a quello aziendale.

In Europa si afferma, infatti, che al fine di attuare un’efficace strategia per l’occupazione è necessaria una profonda riforma degli assetti istituzionali che regolamentano il mercato del lavoro, nonché una maggiore flessibilità nelle norme a protezione dell’occupazione (OECD, 1994; OECD 1999).

Vi è, infatti, un orientamento che ritiene necessario decentrare il disegno e l’attuazione delle politiche del lavoro ad un livello di governance sub-nazionale -regioni, province, comuni-, secondo una logica che vede nelle politiche di sviluppo locale, e nella partecipazione diretta dei soggetti sociali interessati, il mezzo attraverso cui è possibile raggiungere la coesione tra i Paesi che compongono l’Unione Europea (Buti, Pench e Sestito, 1998; Soltwedel, Dohse e Kreige-Boden, 1999.

Il “modello europeo” è stato per molto tempo caratterizzato da una contrattazione centralizzata legata strettamente a un sistema di relazioni industriali centralizzato. La contrattazione era fortemente centralizzata, all’interno della quale i sindacati e le associazioni degli imprenditori riuscivano ad attenuare l’insorgere di conflitti scambiando norme a protezione dei lavoratori occupati con moderazione e compressione dei differenziali salariali.

In questi ultimi anni si è passati ad un modello di “decentralizzazione” (Eichengreen e Iversen, 1999). Da questa riorganizzazione produttiva è sempre più difficile applicare regole del tipo “uguale salario a uguale mansione” mentre risulta più utile gestire il mercato del lavoro “interno” all’impresa in maniera tale da migliorare lo stato delle relazioni industriali in azienda.

Sembrerebbe necessario puntare a rendere più flessibili i salari per permettere alla imprese di attrarre e trattenere i lavoratori più qualificati (Lindbeck e Snower, 1996) e, quindi, la contrattazione in questo caso deve puntare ad essere più decentralizzata; è forse rilevante sottolineare che il decentramento della contrattazione non può essere disgiunto da un diverso assetto delle relazioni industriali, anch’esso su base decentrata. Le relazioni industriali, quindi, riguardando il sistema di garanzie a protezione dell’occupazione devono necessariamente e far sì che esse si adattino alle necessità proprie dei vari mercati del lavoro locali.



Riferimenti bibliografici

Amendola A., Caroleo F.E., Garofano M. (1997), “Labour Market and Decentralized Decision Making: an Institutional Approach”, Labour, (11), 3, 497-516.

Antonelli G., Paganetto L. (a cura di) (1999), Disoccupazione e basso livello di attività, il Mulino, Bologna.

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Biagioli M., Caroleo F. E., Destefanis S. (a cura di) (1999), “Introduzione” a Struttura della contrattazione, differenziali salariali e occupazione in ambiti regionali, ESI, Napoli.

Coe D., Snower D. J. (1997), Policies Complementarities: The Case for Fundamental Labor Market Reform”, IMF Staff Papers, vol. 44, March, 1-35.

Casavola P., Gavosto A., Sestito P. (1995), “Salari e mercato del lavoro locale”, Lavoro e Relazioni Industriali, n. 4.

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Dell’Aringa C., Lucifora C., (2000) “Inside the Black Box: Labour Market Institutions, Wage Formation and Unemployment in Italy”, Nota di Lavoro 66, Fondazione Eni Enrico Mattei, Milano

EEAG (2004), Report on the European Economy 2004, IFO, Institute of Economic Research, Monaco.

Eichengreen B., Iversen T. (1999), “Institutions and Economic Performance: Evidence from the Labour Market“, Oxford Review of Economic Policy, vol. 15, n. 4, 121-138.

Elmeskov J., Martin J., Scarpetta S. (1999), “Key Lessons for Labour Market Reforms: Evidence from OECD Countries’ Experience”, Swedish Economic Policy

Review.

Faini R. (1999), “Flessibilità e mercato del lavoro nel Mezzogiorno: una terapia senza controindicazioni?”, in Biagioli M., Caroleo F. E., Destefanis S. (a cura di), Struttura

della contrattazione, flessibilità e differenziali salariali in ambiti regionali ESI, Napoli.

Freeman R. B., Gibbson R. (1993), “Getting Together and Breaking Apart: the Decline of Centralized Collective Bargaining”, NBER Working Paper, n. 4464, Cambridge, Mass.

Giannola A. (1999), “Sviluppo economico e occupazione: costo del lavoro, vincoli finanziari e crescita delle imprese nel Mezzogiorno”, in Biagioli M., Caroleo F. E., Destefanis S. (a cura di), Struttura della contrattazione, flessibilità e differenziali salariali in ambiti regionali ESI, Napoli.

IMF (1999), Imf World Emplyment Outlook, Washington.

Jackman J. (1999), “Wage-setting Behaviour in a Monetary Union - a Role for the European Social Partnership”, Paper prepared for the conference of the National Bank of Austria on “Possibilities and Limitations of Monetary Policy”, Vienna, June.