x

x

L’avvocato nel dopo emergenza Covid-19

covid-19
covid-19

Sono bastati 3 mesi per fare ciò che gli ultimi 30 anni non erano riusciti a fare.

Si sente dire spesso che nulla sarà come prima e questa volta siamo perfettamente d’accordo. E vi spiego anche perché.

Nelle prime due-tre settimane di lockdown i moltissimi avvocati con cui lavoro ogni giorno nella formazione, nel coaching e nella consulenza organizzativa si lamentavano per il disagio creato dallo smartworking e tutto ciò che esso comportava. Il disagio era legato alla rinuncia improvvisa alle numerose abitudini di ciascuno: uscire di casa al mattino per recarsi in studio, per andare in udienza, per incontrare clienti. Ma non solo. Il disagio era legato alla perdita dei tempi di riferimento che da anni scandiscono le giornate: la riunione in studio, i viaggi, i meeting formativi. Pian piano sono passati i giorni e le settimane e il clima è cominciato a cambiare.

Se qualcuno ancora accusa il colpo per questo stop, molti, moltissimi, mi confessano che finalmente sono riusciti a mettersi in pari con il lavoro arretrato, sono riusciti a dedicare dei momenti a sé stessi anche se di fatto si lavora più di prima, perché si è senza confini tra lavoro e vita privata.

Pian piano questo nuovo stile di vita, dove si può interagire anche a distanza non dispiace; pian piano si è scoperto che si possono fare videoconference, invece di incontrarsi ogni volta con colleghi di sedi diversi o città diverse e con clienti; piano piano si è toccato con mano che ci si può organizzare diversamente, che si possono utilizzare nuovi strumenti organizzativi, dal cloud ai gestionali, dalle piattaforme di videoconference alle chat. Insomma, non è poi così male. E poi finalmente si respira un’aria (nel vero senso della parola) più pulita, lo stress del traffico e del parcheggio che non c’è mai si è ridotto. Certo, non possiamo passare da un estremo all’altro e manca sicuramente il piacere di incontrarsi e fare due chiacchiere in studio, come davanti ad un caffè.

Cosa ci portiamo da questi mesi, dunque? Una nuova epoca, ecco cosa ci portiamo.

Il Coronavirus ha sancito la fine della professione legale dell’era post bellica. Se fino al 2020 le novità erano state poche tutto sommato e l’abitudine della tradizione faceva da file rouge tra le generazioni, i primi mesi del 2020 sono stati dirompenti. La crisi innescata dal Coronavirus è stata senza precedenti. Ha spazzato via in poche settimane ciò che non sono riusciti a fare in anni le innumerevoli proposte di rinnovamento, digitalizzazione, ammodernamento che da più parti si sono susseguite.

Come sempre c’è chi, spaventato e impreparato alle novità, rema contro cercando di minimizzare e riportare tutto come prima, ma non è possibile, i cavalli sono usciti dal recinto e non torneranno più dentro.

La Fase 2 della ripresa, inoltre, si presenta come lenta, complessa e difficile. Rimarrà per necessità e per utilità lo smart working almeno alternato al lavoro in studio. Rimarranno le riunioni in videoconferenza che evitano viaggi in treno che saranno farraginosi, voli in aereo e trasferte costose. Rimarranno, riunioni interne a distanza in videoconferenza e rimarrà l’uso del cloud per avere sempre e dovunque i documenti a disposizione. Rimarranno le chat per interagire velocemente e i gestionali per coordinare attività e tempi. Persino le udienze si svolgeranno in parte on line, così come l’audizione di testimoni, il deposito di fascicoli, la pratica professionale ed esami di abilitazione. Una nuova epoca si è aperta e poi non è così male, tutto sta nell’abituarsi e nel limare le imperfezioni, perché sia decisamente un miglioramento che snellisca tempi decisionali, costi e riduca il blocco della macchina della giustizia. Si può? Sì, certo, se si vuole e si lavora nella direzione delle soluzioni, invece che della polemica.

Chi sarà dunque l’avvocato del dopo Covid-19?

Sarà un professionista rinnovato, prima di tutto nella consapevolezza che non può più andare avanti come prima. Sarà un professionista più tecnologico, che lavora a stretto contatto con il web, con il digitale. Sarà un professionista che si abituerà a lavorare in rete con altri professionisti, a lavorare in team creando squadre di studio e non più individualista. Sarà un manager che imparerà ad organizzare le attività, a gestire il tempo, a comunicare con i collaboratori, a creare motivazione e stile di squadra. Sarà un imprenditore che conoscerà il valore della comunicazione esterna, del saper valorizzare la propria attività e gestire nuovi canali di business, dal public speaking, all’attività autorale con piani di comunicazione. Sarà un professionista che saprà far convivere analogico o digitale, consapevole che le due dimensioni fanno parte oramai della stessa realtà.

Avere un sito di studio ben fatto sarà la base, saper gestire la presenza sui social a cominciare da Linkedin sarà importante, come saper organizzare eventi, formazione, consulenza rappresenterà il giusto completamento della professione, non più limitata alle attività giuridiche di un tempo.

Personalmente penso che tra anni ringrazieremo questo periodo per lo scossone che ci ha dato. Ci voleva qualcosa di forte per smuovere qualcosa di così radicato e oramai divenuto obsoleto.

Ora ci serve una mentalità aperta al futuro, flessibile, ricca di entusiasmo che voglia creare il futuro e non attenderlo per criticarlo. L’Italia intera in questo Fase 2 ha bisogni di persone positive, proattive, visionarie, appassionate, orgogliose di essere italiani, della propria storia e delle proprie tradizioni. I lamentosi, criticoni, scettici, paurosi, che vivono sempre “contro” qualcuno o qualcosa non ci servono.

Abbiamo davanti la ricostruzione del nostro Paese, della professione moderna, del futuro. E che l’entusiasmo sia con noi, prima e più di ogni altra emozione!