x

x

Le nuove co.co.co.

co.co.co.
co.co.co.

Le modifiche legislative introdotte dalla Legge 128/2019, di conversione del Decreto Legge 101/2019, apportano significative modifiche alla normativa sul lavoro etero-organizzato, sia in quella in cui disciplina ex novo la figura del rider autonomo puro, che risulterà tuttavia beneficiario di tutele sconosciute alla maggior parte dei co.co.co.

È o fare un passo indietro e riepilogare quanto prevedeva il Decreto Legislativo 81/2015, all’articolo 2, contenente la disciplina delle co.co.co in origine con cui si è superato il lavoro a progetto. 

La norma in esame, infatti, nel superare l’impianto normativo previgente (basato sul prototipo mai del tutto decollato del lavoro a progetto), ha previsto l’applicazione della normativa in materia di lavoro subordinato anche alle collaborazioni autonome che si concretizzino in prestazioni:

- esclusivamente personali;

- continuative;

- le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente, anche con riferimento a tempi e luogo di lavoro.

Per aversi applicazione della normativa in materia di lavoro subordinato, dunque, non è più necessaria la prova (senza dubbio più onerosa) della c.d. “eterodirezione” ad opera del committente-datore di lavoro (secondo lo schema dell’articolo 2094 Codice Civile), ma è sufficiente quella della c.d. etero-organizzazione (evidentemente un minus della subordinazione, ma un plus rispetto al coordinamento), in presenza della quale si applica la disciplina del lavoro subordinato pur in mancanza di potere disciplinare e ius variandi datoriale, obbligo di giustificazione di assenze da parte del prestatore, etc.[1].

Tuttavia, qualora il collaboratore si fosse avvalso di altro personale o la collaborazione non fosse stata continuativa la collaborazione poteva considerarsi genuina. 

Ora il nuovo testo è il seguente “1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.

La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento:

a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

b) alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;

c) alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

d-bis) alle collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367; (3)

d-ter) alle collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74.

nonché “nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

Da una prima osservazione si evince che tali collaborazioni potranno sostanziarsi anche in una prestazione “prevalentemente” (e non più “esclusivamente”) personale e che potranno non essere continuative. In questi due casi se etero-organizzate rientreranno nell’alveo del lavoro subordinato. 

Pertanto, la normativa in materia di lavoro subordinato potrà essere estesa anche a quei collaboratori autonomi (ad esempio, artigiani) che si avvalgano – per l’esecuzione della prestazione – dell’operato di altri lavoratori.

Viene dunque modificato il concetto di etero-organizzazione: la libertà di organizzazione su tempi e luoghi di lavoro non è più decisiva. L’etero-organizzazione può esistere in varie forme e modi anche digitali.

Su come debba essere intesa l’etero-organizzazione, inevitabilmente, si apriranno numerosi e accesi dibattiti, forse ancor più divisivi di quelli emersi nel previgente contesto normativo.

Una seconda osservazione riguarda i casi di esclusione che vengono ampliati. In particolare sono esclusi da campo di applicazione dell’articolo 2:

  • le collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367;
  • le collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74 ovvero quelle riguardanti il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico.

Infine occorre ricordare un’altra disposizione – l’articolo 409 Codice Procedura Civile – che, come ricorderete, è stato proprio di recente modificato al fine di renderlo compatibile con il mutato contesto normativo.

Il nuovo articolo 409 Codice Procedura Civile, infatti, oltre a prevedere l’applicazione del rito del lavoro a tutti i “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”, ha cercato di fornire una prima definizione di “coordinamento”, affermando che “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”.

L’articolo 409 Codice Procedura Civile ci ricorda, infatti, che ben può esservi una co.co.co. genuina (che, in quanto tale, sfugge all’applicazione della normativa sul lavoro subordinato), qualora le modalità di interazione tra committente e collaboratore non vadano oltre il mero coordinamento, ovvero laddove i due si confrontino, nell’esecuzione del contratto, nella pianificazione delle attività e nella verifica sul corretto raggiungimento degli obiettivi, nei termini concordati tra le parti

Vi sarà, invece, una co.co.org., in quanto tale assoggettata alla disciplina del lavoro subordinato, in tutti i casi in cui il committente pretenda di esercitare un significativo potere di ingerenza e controllo sull’attività del collaboratore, al punto da limitarne l’autonomia organizzativa[2].

In più va segnalata una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 1663 del 24 gennaio 2020.) sui Riders ma il cui contenuto investe anche le collaborazioni coordinate e continuative.

Infatti, le valutazioni espresse sono alla base di enunciazioni giurisprudenziali che possono riverberare i propri effetti anche per lavoratori che, pur operando in settori del tutto diversi, si trovano, sotto l’aspetto normativo (etero organizzazione, continuità e personalità) in situazioni del tutto analoghe.

La decisione della Corte si è basata sul vecchio testo dell’articolo 2 ora, parzialmente, riformato dalla legge n. 128/2019 che ha convertito, con modificazioni il Decreto Legge n. 101/2019.

Posto che il Ministero del lavoro ha sempre sostenuto che l’attività lavorativa si svolge sia in maniera subordinata che in maniera autonoma, con l’avvento delle collaborazioni coordinate e continuative si era introdotto un terzo genus.

La tesi “sposata” dalla Cassazione è non un tertium genus ma, secondo lo spirito che ha permeato la riforma del 2015, e ferma restando l’autonomia, viene constatato che si è in presenza di un rafforzamento delle tutele offerte ai lavoratori con misure del tutto equivalenti a quelle dei lavoratori subordinati.

La Corte dichiara i riders titolari di contratto di collaborazione continuativa, nel caso di specie, lavoratori subordinati. La Corte si sofferma anche sulle collaborazioni ex articolo 409 n. 3 Codice Procedura Civile incentrando l’attenzione sul coordinamento dell’attività del collaboratore, elemento presente anche nelle collaborazioni ex articolo 2, comma 1, Decreto Legislativo n. 81/2015, osservando che nelle prime le modalità sono stabilite di comune accordo tra le parti ed eseguite in autonomia dal prestatore, mentre nelle seconde esse sono, sovente, frutto della imposizione del committente (come nel caso di specie relativo ai riders), integrando, quindi, gli estremi della etero organizzazione[3].

 

[1] Cfr. con “La tutela dei riders nella L. 128/2019: verso la fine (inconsapevole) delle co.co.co.?”, di Sergio Passerini e Matteo Motroni – avvocati – Studio Legale Ichino Brugnatelli e Associati – la Circolare di lavoro e previdenza n. 48-49 2019, ed. Euroconference, pag 1-2.

[2] Cfr. con “La tutela dei riders nella L. 128/2019: verso la fine (inconsapevole) delle co.co.co.?”, di Sergio Passerini e Matteo Motroni – avvocati – Studio Legale Ichino Brugnatelli e Associati – la Circolare di lavoro e previdenza  n. 48-49 2019, ed. Euroconference, pag 4.

[3] Cfr. con “Le collaborazioni dopo la sentenza della Cassazione sui riders” di Eufranio Massi ed. Ipsoa.