Cambi d’appalto: clausole sociali e divieto di licenziamento
Nell’ambito dei servizi – pulizia, mensa, facchinaggio etc. – non di rado accade che le società affidino la gestione dei servizi a società esterne. La fattispecie appena descritta rientra nella tipologia contrattuale disciplinata dagli articoli 1655 e ss. del codice civile in materia di appalto.
Spesso si verificano cambi d’appalto. Il cambio di appalto non è altro che la variazione della società appaltatrice che gestisce un certo servizio esternalizzato dall’azienda committente.
Clausole sociali
Il Ministero del lavoro, nell’interpello n. 22/2012, ha spiegato che la materia della successione negli appalti tra imprese trova la propria disciplina nell’ambito della contrattazione collettiva.
Ad esempio, il Ccnl per i dipendenti di aziende esercenti Igiene ambientale, all’articolo 6, prevede che in tutti casi di cessazione di un appalto di servizi, e di conseguente aggiudicazione dell’appalto a una diversa azienda, i rapporti di lavoro sussistenti con la prima azienda appaltatrice vengono a cessare e l’appaltatrice subentra nella gestione dei rapporti di lavoro se impiegati presso l’azienda cessante nei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione.
Tuttavia, avendo il contratto collettivo un'efficacia soggettivamente limitata, continua il Ministero, le clausole che garantiscono ai lavoratori la continuità del rapporto di lavoro risultano opponibili all’impresa subentrante solo se anch’essa applica lo stesso contratto collettivo o altro contratto che contempli analogo obbligo.
In ambito sempre di cambio d’appalto l’appaltatore che subentra può non essere nella condizione di ricollocare altrove i dipendenti che erano allocati presso il servizio appaltato e quindi l’appaltatore uscente può vedersi costretto a licenziare i dipendenti per giustificato motivo oggettivo in quanto la perdita del servizio appaltato e il fatto che quei dipendenti lavorassero proprio in questo servizio renderebbe legittima la decisione della società.
Come detto la contrattazione collettiva è intervenuta talvolta con le c.d. clausole sociali che disciplinano le ipotesi di successione di appalto.
In tale contesto il cambio di gestione nell’appalto viene disciplinato allo scopo principale di salvaguardare i livelli occupazionali mediante un impegno all’assunzione degli addetti al singolo appalto da parte dell’impresa subentrante, tramite uno strumento contrattuale di tutela dell’occupazione.
La giurisprudenza, più volte chiamata a decidere su questioni attinenti i licenziamenti effettuati per cambio appalto o per mancate assunzioni da parte delle nuove società appaltatrici, ha statuito che, in virtù della previsione da parte della contrattazione collettiva della disciplina del cambio appalto, sussiste per il lavoratore un diritto all’assunzione diretta da parte dell’impresa subentrante in caso di cessazione dell’appalto originario, quindi anche per scadenza del contratto o risoluzione anticipata dello stesso [1].
Inoltre, la tutela prevista dai contratti collettivi non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento per il cambio appalto, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario [2].
Il divieto di licenziamento e COVID
Il Legislatore ed il Governo hanno introdotto norme a salvaguardia dei posti del lavoro dei lavoratori imponendo il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi della legge n. 604/1966, articolo 3, e della legge n. 223/1991 fatta eccezioni alcune ipotesi [3].
Con riguardo alla fattispecie in esame è stata introdotta un’ulteriore attenuazione al divieto di licenziamento.
La conversione del FL n. 18/2020 nella legge n. 27/2020 ha modificato l’articolo 46 in tema di sospensione dei licenziamenti secondo cui la disposizione delle procedura collettive di riduzione del personale e quelle dovute a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non si applicano nelle “ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di una clausola del contratto di appalto.
Tuttavia, non è chiaro:
- se in presenza, ad esempio, di una clausola sociale nei contratti di appalto, l’obbligo di riassunzione in capo al nuovo appaltatore renda automaticamente legittimo il licenziamento del lavoratore a prescindere dalla sia riassunzione o se l’appaltatore uscente dovrà attendere che la riassunzione sia effettiva;
- se i lavoratori impiegati nell’appalto dall’appaltatore uscente in caso di subentro nell’appalto di un nuovo soggetto, debba essere reimpiegati dall’imprenditore subentrante o licenziati dall’imprenditore uscente che ha perso l’appalto.
È auspicabile dunque un nuovo intervento legislativo o istruzioni ministeriali volte a chiarire la situazione.
[1] Cass. n. 12613/2007.
[2] Si vedano Cass. n. 4166/2006; Cass. n. 3337/1998; Cass. n. 15593/2002
[3] Cessazione dell’attività, accordi aziendali che prevedono l’incentivo all’esodo, fallimento senza esercizio provvisorio.