L’impedimento del controllo in materia ambientale nel d.lg. 231/2001

L’impedimento del controllo in materia ambientale nel d.lg. 231/2001
Il decreto-legge 8 agosto 2025 n. 116 contiene “disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti, per la bonifica dell'area denominata Terra dei fuochi, nonché in materia di assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi”.
Il decreto apporta modifiche al sistema repressivo degli illeciti ambientali, anche nell’ambito della responsabilità da reato degli enti collettivi.
Tra gli altri, diventa reato-presupposto ex art 25-undecies d.lg. 231/2001 il reato previsto dall’art 452-septies c.p. (Impedimento del controllo), con sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote (nessuna sanzione interdittiva) a carico dell’ente.
Fino ad oggi l’impedimento del controllo poteva rilevare in ambito 231 solo se costituiva lo scopo di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati ambientali (cfr. art 452-octies, richiamato dall’art 25-undecies).
L’impedimento del controllo
L’art. 452-septies prevede che del delitto in questione risponda, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, colui che negando l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza o igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti.
Con l’introduzione dell’art. 452-septies, viene presidiato l’esercizio di qualsivoglia funzione di controllo e di vigilanza ambientale, svolta da qualunque soggetto titolato per legge ad esercitarla ed in qualunque ambito di materia.
Il controllo costituisce “una fase della vigilanza nonché il suo culmine, nel senso che il concreto svolgersi dell’attività di vigilanza può far emergere le condizioni o i presupposti perché si proceda all’atto di controllo, controllo il cui svolgimento si può imporre, ad esempio, a seguito dell’acquisizione, nel concreto esercizio della funzione di vigilanza, di una notizia qualificata di avvenuta violazione delle prescrizioni del titolo autorizzativo e, più in generale, delle norme di settore; così come può immaginarsi lo svolgimento di un atto di controllo anche senza il previo svolgimento di un’attività di vigilanza da parte del controllore, come nel caso di vigilanza svolta da un soggetto diverso dal titolare della potestà di controllo che, a quest’ultima, faccia una segnalazione qualificata di violazione (si può immaginare il caso di una segnalazione all’organo titolare della potestà di controllo da parte di un’associazione, ad esempio, come Legambiente)”[1].
La tutela dell’esercizio dell’attività di controllo in materia ambientale era riconducibile, prima della legge 68/2015, ricorrendone i presupposti, alle disposizioni generali di cui agli artt. 336 e 337 c.p. (violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale) e alla fattispecie speciale prevista dall’art. 137, comma 8, Codice Ambiente, in tema di controllo sugli scarichi.
Inoltre, l’art. 452-septies contiene pure il riferimento alle materie dell’igiene e della sicurezza sui luoghi di lavoro, il che amplia in maniera potenzialmente significativa il perimetro applicativo della fattispecie (ancorchè in maniera non sistematica, posta la sua collocazione nel Titolo VI-bis del codice penale, dedicato ai delitti contro l’ambiente).
Trattasi di reato comune e pertanto applicabile a “chiunque”, quindi non solo al titolare dell’autorizzazione ma anche a quello sprovvisto di tale titolo (e, in teoria, anche al pubblico ufficiale titolare della funzione di controllo).
Il delitto rientra tra quelli per i quali l’art. 452-undecies c.p. prevede, in caso di condanna o di patteggiamento, la confisca delle cose che costituirono il prodotto o il profitto del reato o che servirono alla commissione del medesimo, fatto salvo il caso in cui tali cose appartengano a persona estranea al reato.
Le attività di controllo rilevanti
Nel settore dei rifiuti, titolare della potestà di controllo è la Provincia, ex art 197 Codice Ambiente, la quale può avvalersi dell’ARPA per controlli periodici sulle imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti.
Per quanto riguarda la Parte IV del Codice Ambiente (gestione dei rifiuti) entra in gioco il Ministero dell’Ambiente, che, a tal fine, si avvale dell’ISPRA e può procedere ad audit (art. 206-bis).
In materia di emissioni in atmosfera, le funzioni di controllo sono esercitate dalla Regione o dalla diversa autorità indicata dalla legge regionale o dalla provincia autonoma o dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
L’art. 269, comma 9, prevede che “L’autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli stabilimenti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell’autorizzazione. Il gestore fornisce a tale autorità la collaborazione necessaria per i controlli, anche svolti mediante attività di campionamento ed analisi e raccolta di dati ed informazioni, funzionali all’accertamento del rispetto delle disposizioni della parte quinta del presente decreto. Il gestore assicura in tutti i casi l’accesso in condizioni di sicurezza, anche sulla base delle norme tecniche di settore, ai punti di prelievo e di campionamento”.
In tema di controllo sugli scarichi, il fondamento normativo della relativa funzione è costituito dall’art. 128, che prevede che l’autorità competente effettui il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.
L’art. 129 indica gli strumenti del controllo: ispezioni e prelievi necessari all’accertamento del rispetto dei valori limiti di emissione, per consentire i quali il gestore dello stabilimento ha l’obbligo di far accedere i rappresentanti dell’autorità di controllo.
È poi, come detto, l’art. 137, comma 8, a contenere una fattispecie contravvenzionale – se il fatto non costituisce più grave reato – per il caso in cui il titolare dello scarico non consenta l’accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo.
Alla funzione di controllo ambientale può ricondursi anche la verifica dell’adempimento della prescrizione ex art. 318-quater.
Rileva la funzione di controllo ex art. 14 legge 36/2001 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), il quale consente al personale incaricato dei controlli per conto delle amministrazioni provinciali e comunali di accedere agli impianti che costituiscono fonte di emissioni elettromagnetiche e richiedere i dati, le informazioni ed i documenti necessari per l’espletamento delle proprie funzioni.
Infine, la funzione di controllo prevista dalla legge 447/1995 (legge quadro sull’inquinamento acustico): il personale della provincia può accedere agli impianti ed alle sedi di attività che costituiscono fonte di rumore e richiedere i dati, le informazioni ed i documenti necessari per l’espletamento delle proprie funzioni (il gestore dell’attività non può opporre il segreto industriale).
Esempi di condotte di impedimento del controllo
In dottrina si sono enucleate alcune condotte che possono integrare il delitto in esame, a titolo esemplificativo[2]:
- diniego di accesso ai luoghi ove deve essere effettuato il controllo;
- predisposizione di bypass degli scarichi;
- sottrazione alla vista di una massiccia diluizione degli stessi;
- mirata riduzione dell’attività di un impianto;
- occultamento di specifiche attività incidenti sul carico inquinante di un determinato processo produttivo;
- rifiuto della necessaria collaborazione che determini le conseguenze descritte dalla fattispecie in esame.
Infine, l’occultamento della documentazione esistente presso l’azienda, il c.d. giro bolla (falsificazione del F.I.R.) e l’informativa falsa o carente circa l’attività dell’azienda in campo ambientale.
[1] G. De Nozza, La tutela penale delle funzioni di controllo e di vigilanza in materia ambientale, 21 ottobre 2022, in https://unaltroambiente.it/.
[2] G. De Nozza, La tutela penale delle funzioni di controllo e di vigilanza in materia ambientale, 21 ottobre 2022, in https://unaltroambiente.it/ e dottrina ivi citata.