L’inganno della guerra mossa da ideali
Guerre combattute per degli ideali ce ne sono certamente state nella storia, ma più spesso gli ideali vengono usati come propaganda per cementare il consenso dell’opinione pubblica intorno a guerre il cui vero scopo è molto più terra terra. Questioni di potere, di interessi geo-politici, economici. Non fa eccezione quello che sta avvenendo in Ucraina, anche se c’è una spiccata tendenza, anche tra i cattolici, sull’uno e sull’altro fronte, ad ammantare questa guerra di motivazioni ideali quanto mai improbabili. Sgonfiare questi “idealismi” sarà allora utile per svegliarsi a una visione più realistica di quanto sta avvenendo e tornare a tifare per il raggiungimento rapido di un accordo che faccia tacere le armi, prima che la situazione vada fuori controllo (con certi capi di governo che ci ritroviamo è un rischio molto alto).
Mi limito a due opposte narrazioni. La prima è quella che vede in questa guerra l’Ucraina come simbolo della difesa dei valori europei di libertà e democrazia contro il totalitarismo russo, dell’aspirazione alla pace contro la violenza prevaricatrice di un paese rimasto imperialista pur con il cambiare dei regimi. È la riproposizione dello schema della guerra fredda, su cui il presidente ucraino Zelensky e i governi europei insistono per compattare l’opinione pubblica occidentale contro Putin e giustificare l’invio di armamenti all’Ucraina.
Che la Russia non sia un modello di democrazia e libertà è pacifico; che Putin abbia commesso una grave e ingiustificabile violazione del diritto internazionale attaccando l’Ucraina dovrebbe essere altrettanto pacifico, ma pretendere che Putin abbia di fronte quello che durante la Guerra fredda veniva chiamato il “mondo libero” fa abbastanza ridere. Se c’è oggi una istituzione internazionale che ricorda da vicino l’Unione Sovietica questa è l’Unione Europea, come peraltro negli ultimi anni ci hanno più volte ricordato i governi di quei paesi che hanno aderito alla UE dopo decenni nel Patto di Varsavia.
E se oggi questi paesi comprensibilmente temono il risveglio della Russia, ciò non toglie che la deriva socialista occidentale sia più forte che mai. Due anni di gestione della pandemia, sommati al terrorismo climatico, alla dittatura gender e alla “Cancel Culture” dovrebbero aver chiarito ormai che l’Occidente è diventata la patria di un nuovo totalitarismo. Esattamente come aveva avvertito Giovanni Paolo II: «Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia» (Centesimus Annus, no. 46).
Per quanto poi riguarda specificamente gli Stati Uniti, solo un ingenuo può ancora ritenere che siano mossi dall’amore per la libertà dei popoli: basterebbe soltanto dare un’occhiata agli alleati Usa in Medio Oriente. Ma è un fatto che solo in questa crisi gli interessi strategici ed economici fanno sì che l’amministrazione Biden soffi costantemente sul fuoco, così come le amministrazioni passate (pre-Trump) hanno avuto un ruolo importante nella destabilizzazione della regione. A questo si deve poi aggiungere necessariamente il rilievo sulla questione aborto: senza neanche scomodare Santa madre Teresa di Calcutta, governi che promuovono come diritto umano fondamentale l’eliminazione degli esseri umani più indifesi, possono essere considerati credibili quando parlano di pace?
La seconda narrazione, all’opposto, vede la Russia di Putin a difesa della tradizione e dell’identità cristiana contro l’Occidente corrotto e il Nuovo Ordine Mondiale. Che l’Occidente sia corrotto e che ci sia un totalitarismo crescente nelle nostre società lo abbiamo appena detto. Ma che questo promuova automaticamente sul campo Putin quale defensor fidei, è un’idea a dir poco bizzarra. Se davvero, come ha lasciato intendere il patriarca di Mosca Kirill, la guerra scatenata da Putin fosse contro un Occidente che impone i Gay Pride come segno di appartenenza alla società dei buoni, bisognerebbe dire che come minimo ha sbagliato obiettivo: dovrebbe colpire Bruxelles invece del Donbass e di Mariupol.
Né devono ingannare i riferimenti spirituali e la vicinanza alla Chiesa ortodossa: la religione come instrumentum regni è tutto fuorché una novità in Russia. Ed è anche molto pericoloso usare l’equazione “il nemico del mio nemico è mio amico”, perché con lo stesso metro allora dovremmo sostenere il fondamentalismo islamico e la Cina (e sarà forse per questo che un eminente prelato vaticano ebbe a dire che la Cina è il paese che meglio applica la Dottrina sociale della Chiesa?). Ed è curioso che, pur di andare contro gli odiati yankee, si consideri irrilevante o, peggio, giustificato, mettere in discussione la sovranità territoriale di un paese riconosciuto dalla comunità internazionale, con distruzioni, morti e milioni di profughi. Cosa c’entrano i poveri cittadini ucraini in fuga con il Nuovo Ordine Mondiale (poi mi piacerebbe che qualcuno definisse chiaramente cosa intende per Nuovo Ordine Mondiale)? Credo non ci si renda conto della gravità di certe affermazioni: se passa l’idea di Putin secondo cui l’Ucraina non è un paese, ma è solo parte della Russia, perché allora non dare ragione all’Iran secondo cui Israele non esiste?
La verità è che se cominciassimo a liberare la nostra mente dalle visioni romanzate della guerra e degli ideali che la muovono, ritroveremmo un sano realismo che ci farebbe guardare ai veri interessi in gioco, e spingere perché gli opposti interessi trovino una composizione a un tavolo negoziale. È curioso notare che le basi di un accordo, quale si profila in queste ore, ci fanno chiedere: e allora non era possibile pensarci prima di scatenare questo casino? C’è davvero qualcuno che possa sentirsi assolto dalle gravi responsabilità di aver provocato questa guerra?