x

x

Lo Statuto del contribuente risale la china delle leggi

Forse si intravede una schiarita per lo Statuto del contribuente, la celeberrima legge n.212/2000, il cui ruolo guida nell’ordinamento tributario è stato messo di recente in discussione dalla Consulta.

Infatti, il Ddl sul federalismo fiscale, tra i principi generali del sistema tributario, menziona proprio la legge n.212/2000, cioè lo Statuto del contribuente.

Tale importante riconoscimento giunge dopo che la Corte Costituzionale, in alcuni interventi aveva «declassato» il provvedimento a legge ordinaria. Si deve rammentare che lo Statuto è stato spesso maltrattato dal legislatore ma più volte valorizzato dalla Corte di Cassazione.

Nell’ambito del primo profilo, è sufficiente evidenziare le numerose proroghe dei termini dei controlli, teoricamente vietate e la continua adozione di disposizioni retroattive. Si ricorderà anche che, viceversa, quando si è discusso della tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente, garantito nell’articolo 10 della legge 212 la Cassazione ha spesso elevato i principi statuto a livello di principi generali dell’ordinamento tributario, cui l’interprete deve attenersi nell’applicare le disposizioni fiscali (v. Cass., sez. V, sentenza del 21/02/2008 n. 4388, Pres. Lupi, Est. Di Iasi; Cass. sez. V, sentenza del 22/09/2003n. 14000, Pres. Favara, Est. Merone; Cass. Sez. V, sent. 29/12/2003 n. 19801, Pres. Cristarella Orestano, Est. Papa; Cass. sez. V, sent. 14/04/2004 n.7080, Pres. Favara, est. Monaci).

In alcuni casi, la Cassazione ha affermato che la violazione del principio dell’affidamento del contribuente provoca la nullità dell’intera pretesa impositiva (Cass. sez. V., sent. 06/10/2006 n. 21513, Pres. Saccucci, Est. Magno). Inoltre, spesso la Suprema corte ha affermato l’efficacia retroattiva dei principi contenuti nella legge (v. tra le altre, Cass. sez. V., sent. 10/12/2002 n. 17576, Pres. Finocchiaro, Est. Di Palma, secondo la quale:“l’art. 10 della L. 212/2000 […] costituisce una delle disposizioni statutarie che, per essere espressive - ai sensi dell’art. 1 della stessa legge n. 212 - dei principi generali, anche di rango costituzionale, già immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario, vincolano l’interprete in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione adeguatrice a Costituzione, ed è - pertanto - applicabile anche ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore”).

Il ridimensionamento della legge 212/2000 è invece da attribuire a recenti interventi della Corte Costituzionale (segnatamente v. ordinanza n. 41/2008 e sentenza n. 58/2009). Nella prima, sulla nozione di area edificabile, la Consulta ha affermato l’irrilevanza del mancato rispetto delle regole in ordine all’adozione delle disposizioni interpretative, osservando come la legge 212/2000 stia alla pari delle altre leggi ordinarie e, come tale, sia suscettibile di abrogazione implicita. Con la sentenza 58/2009, riferita alla legittimità delle cartelle prive dell’indicazione del responsabile del procedimento ha ribadito che lo Statuto è legge ordinaria e non riveste rango costituzionale neppure come norma interposta (in argomento cfr. M. Siclari, Le «norme interposte» nel giudizio di costituzionalità, Padova, 1992, 141).

Si ricorderà che la Consulta aveva dichiarato la validità delle cartelle fiscali "mute", cioè senza l’indicazione dell’autore del procedimento, prima del primo giugno 2008 (v. la citata sent. n.58 del 2009, depositata il 23 febbraio 2009). Sostanzialmente con la legge del 28 febbraio 2008 n. 31, conversione del cd. decreto milleproroghe, si consideravano valide le cartelle fiscali non compilate correttamente prima di quella data (appunto il primo giugno dello stesso anno). La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata da alcune Commissioni tributarie e da un Giudice di pace.

Alcuni giudici tributari avevano sollevato la questione facendo riferimento all’articolo 97 della Costituzione sul buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione. Per esempio la Commissione Tributaria provinciale di Isernia aveva affermato di escludere che il legislatore possa imporre il rispetto di principi costituzionali solo a partire da una certa data aveva comunque evidenziato il contrasto tra la disposizione (cartelle mute illegittime ma solo a partire da una certa data) con alcuni principi dello Statuto del contribuente. A questi rilievi aveva risposto l’Avvocatura dello Stato, in difesa dell’Erario, sottolineando che la mancata indicazione del responsabile del procedimento è “una mera irregolarità insuscettibile di determinare l’invalidità dell’atto”. Con argomentazioni simili si erano rivolti alla Consulta anche il Giudice di pace di Genova e la Commissione provinciale tributaria di Lucca. Oltre al 97, erano stati sollevati dubbi sulla costituzionalità della norma del milleproroghe, in riferimento a vari articoli della Costituzione.

I giudici della Consulta, nella sentenza n. 58/2009, affermano che la previsione che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione debbano tassativamente indicare il responsabile del procedimento è volta ad assicurare la trasparenza amministrativa, l’informazione del cittadino e il suo diritto di difesa, ma lo Statuto del Contribuente, fa notare la Consulta, “a differenza di quanto fa per altre disposizioni, non commina la nullità per la violazione della disposizione indicata e neanche la nullità, in mancanza di un’espressa previsione normativa, può dedursi dai principi dell’articolo 97 della Costituzione".

Forse si intravede una schiarita per lo Statuto del contribuente, la celeberrima legge n.212/2000, il cui ruolo guida nell’ordinamento tributario è stato messo di recente in discussione dalla Consulta.

Infatti, il Ddl sul federalismo fiscale, tra i principi generali del sistema tributario, menziona proprio la legge n.212/2000, cioè lo Statuto del contribuente.

Tale importante riconoscimento giunge dopo che la Corte Costituzionale, in alcuni interventi aveva «declassato» il provvedimento a legge ordinaria. Si deve rammentare che lo Statuto è stato spesso maltrattato dal legislatore ma più volte valorizzato dalla Corte di Cassazione.

Nell’ambito del primo profilo, è sufficiente evidenziare le numerose proroghe dei termini dei controlli, teoricamente vietate e la continua adozione di disposizioni retroattive. Si ricorderà anche che, viceversa, quando si è discusso della tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente, garantito nell’articolo 10 della legge 212 la Cassazione ha spesso elevato i principi statuto a livello di principi generali dell’ordinamento tributario, cui l’interprete deve attenersi nell’applicare le disposizioni fiscali (v. Cass., sez. V, sentenza del 21/02/2008 n. 4388, Pres. Lupi, Est. Di Iasi; Cass. sez. V, sentenza del 22/09/2003n. 14000, Pres. Favara, Est. Merone; Cass. Sez. V, sent. 29/12/2003 n. 19801, Pres. Cristarella Orestano, Est. Papa; Cass. sez. V, sent. 14/04/2004 n.7080, Pres. Favara, est. Monaci).

In alcuni casi, la Cassazione ha affermato che la violazione del principio dell’affidamento del contribuente provoca la nullità dell’intera pretesa impositiva (Cass. sez. V., sent. 06/10/2006 n. 21513, Pres. Saccucci, Est. Magno). Inoltre, spesso la Suprema corte ha affermato l’efficacia retroattiva dei principi contenuti nella legge (v. tra le altre, Cass. sez. V., sent. 10/12/2002 n. 17576, Pres. Finocchiaro, Est. Di Palma, secondo la quale:“l’art. 10 della L. 212/2000 […] costituisce una delle disposizioni statutarie che, per essere espressive - ai sensi dell’art. 1 della stessa legge n. 212 - dei principi generali, anche di rango costituzionale, già immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario, vincolano l’interprete in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione adeguatrice a Costituzione, ed è - pertanto - applicabile anche ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore”).

Il ridimensionamento della legge 212/2000 è invece da attribuire a recenti interventi della Corte Costituzionale (segnatamente v. ordinanza n. 41/2008 e sentenza n. 58/2009). Nella prima, sulla nozione di area edificabile, la Consulta ha affermato l’irrilevanza del mancato rispetto delle regole in ordine all’adozione delle disposizioni interpretative, osservando come la legge 212/2000 stia alla pari delle altre leggi ordinarie e, come tale, sia suscettibile di abrogazione implicita. Con la sentenza 58/2009, riferita alla legittimità delle cartelle prive dell’indicazione del responsabile del procedimento ha ribadito che lo Statuto è legge ordinaria e non riveste rango costituzionale neppure come norma interposta (in argomento cfr. M. Siclari, Le «norme interposte» nel giudizio di costituzionalità, Padova, 1992, 141).

Si ricorderà che la Consulta aveva dichiarato la validità delle cartelle fiscali "mute", cioè senza l’indicazione dell’autore del procedimento, prima del primo giugno 2008 (v. la citata sent. n.58 del 2009, depositata il 23 febbraio 2009). Sostanzialmente con la legge del 28 febbraio 2008 n. 31, conversione del cd. decreto milleproroghe, si consideravano valide le cartelle fiscali non compilate correttamente prima di quella data (appunto il primo giugno dello stesso anno). La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata da alcune Commissioni tributarie e da un Giudice di pace.

Alcuni giudici tributari avevano sollevato la questione facendo riferimento all’articolo 97 della Costituzione sul buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione. Per esempio la Commissione Tributaria provinciale di Isernia aveva affermato di escludere che il legislatore possa imporre il rispetto di principi costituzionali solo a partire da una certa data aveva comunque evidenziato il contrasto tra la disposizione (cartelle mute illegittime ma solo a partire da una certa data) con alcuni principi dello Statuto del contribuente. A questi rilievi aveva risposto l’Avvocatura dello Stato, in difesa dell’Erario, sottolineando che la mancata indicazione del responsabile del procedimento è “una mera irregolarità insuscettibile di determinare l’invalidità dell’atto”. Con argomentazioni simili si erano rivolti alla Consulta anche il Giudice di pace di Genova e la Commissione provinciale tributaria di Lucca. Oltre al 97, erano stati sollevati dubbi sulla costituzionalità della norma del milleproroghe, in riferimento a vari articoli della Costituzione.

I giudici della Consulta, nella sentenza n. 58/2009, affermano che la previsione che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione debbano tassativamente indicare il responsabile del procedimento è volta ad assicurare la trasparenza amministrativa, l’informazione del cittadino e il suo diritto di difesa, ma lo Statuto del Contribuente, fa notare la Consulta, “a differenza di quanto fa per altre disposizioni, non commina la nullità per la violazione della disposizione indicata e neanche la nullità, in mancanza di un’espressa previsione normativa, può dedursi dai principi dell’articolo 97 della Costituzione".