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L’omologazione dei ricevitori di radiodiffusione: fonti normativa e soggetti

SOMMARIO

1. Premessa

2. Termini tecnici e linguaggio giuridico: il percorso legislativo verso standards comuni

3. Direttive comunitarie in tema di radiotelecomunicazioni

4. Marcatura "ce" e organismi di normalizzazione

5. Ruolo della cept

6. Conclusioni

1. Premessa

Anche i normali ricevitori della bande della radiodiffusione (broadcasting) commercializzati

in Italia devono riportare la marcatura di conformità <CE> apposta in rilievo sull’esterno dell’apparecchiatura oppure su una placca di identificazione.

Precedentemente, i ricevitori costruiti appunto per la ricezione delle sole trasmissioni

broadcasting riportavano un bollino di omologazione con indicati i decreti 25.6.1985 e 27.8.1987dell’allora Ministro delle Poste e Telecomunicazioni.

Una dettagliata normativa sulle caratteristiche che le apparecchiature radio (oltre che le

apparecchiature terminali di telecomunicazioni) devono possedere per potersi fregiare della marcature CE, è contenuta nella direttiva 1999/5/CE meglio nota come direttiva R&TTE (Radio Equipment and Telecommunications Terminal Equipment). Tale direttiva (attuata dall’Italia con il decreto legislativo 9 maggio 2001, n.269) esclude però la propria applicazione "alle apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva".

Esamineremo in questo articolo quale significato debba pertanto attribuirsi alla marcatura CE apposta su tali ricevitori.

2. Termini tecnici e linguaggio giuridico: il percorso legislativo verso standards comuni

E’ possibile avere una buona visione d’insieme di tale argomento nel sito di Q&C - Qualità e

Competitività (di iniziativa dell’UNI) consultabile all’indirizzo http://www.qec.it/mu/ce.asp. Da tale sito abbiamo ricavato alcune delle definizioni contenute nel paragrafo presente e nel successivo n. 4.

Leggiamo ora alcune definizioni, estratte da due decreti legislativi attuativi di direttive

comunitarie, il primo (614/1996) abrogato (ma assorbito nel contenuto) dal secondo (269/2001):

- specifica tecnica: è la specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità, le prestazioni, la sicurezza e le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili ad un prodotto per quanto riguarda la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marcature e l’etichettatura (art. 1, lett. i, d.lgs. 12.11.1996, n. 614 e art. 1, lett. h, d.lgs. 9.5.2001, n. 269);

- regola tecnica comune (CTR - Common Technical Regulation): è la regola tecnica derivata da norme tecniche internazionali o europee, valida nei paesi dell’Unione europea e contenente solo i requisiti essenziali, la cui osservanza è obbligatoria (art. 1, lett. m, d.lgs. 614/1996);

- norma tecnica (TS - Technical Standard): è la specifica tecnica adottata da un organismo normativo riconosciuto ai fini di un’applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non è obbligatoria (art. 1, lett. l, d.lgs. 614/1996);

- norma armonizzata: è la specifica tecnica adottata da un organismo di normalizzazione riconosciuto, in forza di un mandato della Commissione europea e secondo le procedure di informazione dettate da precedenti direttive allo scopo di stabilire un "requisito europeo", al quale non è obbligatorio conformarsi ma il cui rispetto fa presumere la conformità ai requisiti essenziali di cui all’articolo 3 (art. 1, lett.i, d.lgs. 269/2001).

I requisiti essenziali generali indicati dalla direttiva R&TTE sono:

- la protezione della salute e della sicurezza dell’utente o di qualsiasi altra persona (sono quelli della direttiva LVD);

- la protezione per quanto riguarda la compatibilità elettromagnetica (sono quelli della direttiva EMC).

Le citate direttive vengono esaminate nel successivo paragrafo 3.

Si noti la forte spinta impressa dal legislatore (comunitario e poi nazionale) che ha fatto seguire al primo timido passo della "norma tecnica" quello ben più marcato della "norma armonizzata", legata saldamente ad un obiettivo di standardizzazione europea.

La norma tecnica appena definita era comunque un concetto differente ed avanzato rispetto alla "norma tecnica" di cui ai due decreti ministeriali del 1985 e 1987 citati in premessa e oggetto di un prossimo articolo. Infatti, se andiamo a leggere le norme tecniche per i ricevitori di radiodiffusione sonora in essi contenute, notiamo la previsione di aspetti dettagliati quali - ad esempio - la "misura della tensione di disturbo introdotta nella rete di alimentazione", la "irradiazione dovuta all’oscillatore locale", la "tensione di disturbo alla frequenza dell’oscillatore locale ai morsetti d’antenna". Quindi una disciplina - quella dei vecchi decreti - volta a regolamentare con atto di un’autorità statale anche i minimi dettagli, mentre le definizioni appena descritte hanno la comune caratteristica di fare riferimento a norme individuate da organismi tecnici, senza descriverle nel dettaglio.

Quali i difetti di una minuziosa normativa qual era invece quella dei due decreti del 1985 e 1987? A nostro parere i seguenti:

- la pretesa di considerare le regole di carattere tecnico come valide solo in quanto contenute all’interno di testi emanati da una pubblica autorità (invece di fare semplice riferimento a quanto elaborato dagli organismi del settore);

- le difficoltà create da tale sistema, il quale - per i tempi legate alle proprie procedure - non riusciva a recepire puntualmente le novità scientifiche e tecniche elaborate dalla scienza applicata in un settore di rapidissimo sviluppo quale quello delle comunicazioni elettroniche.

Il rapporto con una norma armonizzata, invece, non è di puntuale corrispondenza, ma

di semplice compatibilità. Infatti il criterio del c.d. nuovo approccio dettato nel 1985 dall’Unione europea prevede - al posto di una normativa dettagliata - la semplice indicazione degli obiettivi ai quali adeguarsi, individuati - per il settore delle comunicazioni elettroniche - nella conformità degli apparecchi ricevitori ai requisiti essenziali (vedi in proposito il sito ufficiale http://www.newapproach.org/)

Riportiamo la ripartizione delle competenze in materia di standards, come stabilita dalla normativa comunitaria:

- le istituzioni comunitarie individuano, per mezzo delle direttive, i requisiti essenziali che devono essere posseduti dalle apparecchiature;

- gli organismi europei di normalizzazione (OEN, di cui al successivo paragrafo 4) approvano, mediante le norme armonizzate, le specifiche tecniche di cui gli operatori hanno bisogno per progettare e fabbricare prodotti conformi ai requisiti essenziali stabiliti dalle direttive;

- una volta formulata la norma armonizzata da un OEN, deve seguire la decisione - da parte della Commissione europea - di pubblicare il numero di riferimento di tale norma sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea;

- in ogni Stato membro poi, gli organismi nazionali di normalizzazione (NSO, di cui al successivo paragrafo 4) "traspongono" le norme armonizzate europee in norme tecniche nazionali;

- la norma tecnica deve essere recepita - dalle competenti autorità - mediante atto statale. Se questo ultimo passaggio non dovesse avvenire, in quello Stato non potrà operare la presunzione di conformità (nonostante l’avvenuta pubblicazione del numero di riferimento sulla Gazzetta dell’Unione);

- infine l’atto statale - contenente i numeri di riferimento delle norme armonizzate - viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dello Stato.

A tale proposito è da rilevare che il decreto legislativo 269 del 2001 - che attua

la più recente direttiva R&TTE - con il proprio articolo 5 ha reso ancora più snella la procedura prevedendo che "gli apparecchi conformi alle norme armonizzate, o a parte di esse, i cui numeri di riferimento siano stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, si presumono conformi ai requisiti essenziali elencati nell’articolo 3 nella misura in cui siano contemplati nelle dette norme armonizzate o in parte di esse". Non è più ritenuta necessaria, pertanto, la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, confermando così nel settore delle comunicazioni elettroniche la prevalenza non solo della norma ma anche della fonte comunitaria.

La conformità ad una norma armonizzata è pertanto una strada agevolata, offerta ai

fabbricanti per far riconoscere il proprio prodotto conforme ai requisiti essenziali. L’applicazione delle norme armonizzate, infatti, equivale all’effettuazione di tutta una serie di prove e verifiche altrimenti più impegnative per giungere alla marcatura CE (infatti il punto 27 delle premesse della direttiva R&TTE afferma in proposito "che è nel pubblico interesse disporre di norme armonizzate a livello europeo, in relazione alla progettazione ed alla produzione di apparecchiature radio e di apparecchiature terminali di telecomunicazione; che il rispetto delle suddette norme pone in essere una presunzione di conformità ai requisiti essenziali; che sono consentiti altri mezzi per dimostrare la conformità ai requisiti essenziali…").

Riteniamo giusto che l’ultima parola - sulla opportunità o meno di recepire una certa

soluzione tecnica - spetti sempre all’autorità politica. Un conto però è scegliere se adottare oppure non adottare una regola tecnica formulata da organismi del settore; tutt’altra cosa è invece dettare integralmente tale regola mediante un testo dell’autorità statale, come invece è stato fatto con i due decreti del 1985 e 1987 (con il rischio che essa possa essere manipolata mascherando con motivazioni tecniche quelle che altro non sono che scelte politiche).

Infatti la direttiva R&TTE (art. 5 comma 2) prevede che la Commissione europea oppure uno Stato membro dell’Unione si rivolgano al "Comitato per la valutazione della conformità e per la sorveglianza del mercato nel settore delle telecomunicazioni" (TCAM), nel caso reputassero la conformità con una norma armonizzata tale da non garantire il rispetto dei requisiti essenziali.

Terminiamo questo paragrafo ricordando che il 18 maggio 1998 tra Comunità europea e Stati Uniti è stato stipulato a Londra un "Accordo sul reciproco riconoscimento" (ARR) delle attività di valutazione in alcuni settori, tra i quali i tre settori di nostro interesse delle "apparecchiature per le telecomunicazioni", della "compatibilità elettromagnetica" e della "sicurezza elettrica".

E’ da precisare che tale accordo riguarda il reciproco riconoscimento dei risultati delle attività di valutazione svolte dagli organismi di valutazione designati dalle due Parti, ma non l’accettazione delle norme o dei regolamenti tecnici, come nemmeno il riconoscimento di una equivalenza tra esse (salvo, per quest’ultimo caso, un’esplicita previsione). (L’ARR è visibile in http://europa.eu.int/eurlex/pri/it/oj/dat/1999/l_031/l_03119990204it00030080.pdf).

3. Direttive comunitarie in tema di radiotelecomunicazioni

Le direttive comunitarie poste a disciplina del settore delle radiotelecomunicazioni hanno il dichiarato obiettivo del ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri mediante appunto le "norme armonizzate" (adottate dagli OEN cui è stato conferito mandato dalla Commissione europea).

Ricordiamo brevemente la differenza tra due atti giuridici comunitari facenti ormai parte a pieno titolo, e in modo sempre più rilevante, anche dell’ordinamento giuridico dei singoli Stati dell’Unione europea:

- regolamento: le sue disposizioni sono applicabili direttamente nei singoli Stati membri, senza necessità di uno speciale ordine di esecuzione. Tale atti del diritto comunitario sono pertanto direttamente vincolanti per gli Stati, le loro istituzioni e le loro autorità;

- direttiva: a differenza del regolamento, non impone direttamente una disciplina bensì mira al ravvicinamento delle legislazioni nazionali, mediante l’eliminazione delle contraddizioni e la graduale riduzione delle differenze tra le legislazioni nazionali. La direttiva vincola pertanto gli Stati membri dell’Unione europea solo per quanto riguarda l’obiettivo da raggiungere: naturalmente più l’obiettivo è precisato, meno margine di manovra resta agli Stati riguardo ai contenuti.

Pertanto le disposizioni di una direttiva non sostituiscono automaticamente le normative nazionali (come avviene invece con i regolamenti), ma gli Stati membri sono comunque obbligati ad adeguare la propria legislazione a quella comunitaria mediante un atto di attuazione.

Ricordiamo infine che ai sensi del Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, la denominazione Comunità economica europea è divenuta semplicemente Comunità europea: è per tale motivo che il numero identificativo di regolamenti e direttive riporta i suffissi CEE oppure CE, a seconda della data di adozione.

Quali delle direttive a tutt’oggi in vigore nell’Unione europea riguardano in qualche

modo (direttamente o indirettamente) i nostri ricevitori BC? Vediamo le principali:

- 1973/23/CEE (bassa tensione - LVD o LVE): si applica ad ogni materiale elettrico destinato ad essere adoperato ad una tensione nominale compresa fra 50 e 1000 V in corrente alternata e fra 75 e 1500 V in corrente continua (tali limiti sono stati però successivamente disapplicati dall’art. 3 della direttiva R&TTE, proprio in riferimento alle apparecchiature radio ed alle apparecchiature terminali di telecomunicazione).

La Low Voltage Directive o L.V. Equipment è stata attuata nell’ordinamento giuridico italiano dalla legge 18.10.1977, n. 791 (modificata poi dal d.lgs. 25.11.1996, n. 626), seguita negli anni da più decreti ministeriali di recepimento dei testi trasposti delle norme armonizzate.

Dal suo campo di applicazione sono stati esclusi i disturbi radioelettrici, oggetto di direttive specifiche;

- 1989/336/CEE (compatibilità elettromagnetica - EMC): ha l’obiettivo di garantire alle radiocomunicazioni, nonché ai dispositivi, apparecchi o sistemi il cui funzionamento è soggetto alle perturbazioni elettromagnetiche provocate da apparecchi elettrici ed elettronici, una sufficiente protezione dai disturbi provocati da tali perturbazioni. Gli apparecchi radio utilizzati dai radioamatori (salvo quelli disponibili in commercio) sono invece esclusi dal settore di applicazione della presente direttiva.

La direttiva è stata attuata con decreto legislativo 4.12.1992, n. 476, poi abrogato e sostituito dal d.lgs. 12.11.1996, n. 615.

Abbiamo già incontrato un’ulteriore direttiva relativa alle radiotelecomunicazioni, non

applicabile però alle "apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva" (scelta ben precisa, operata in origine dagli stessi organismi comunitari):

- 1999/5/CE (apparecchiature radio e terminali di telecomunicazioni) (R&TTE): questa direttiva - che abroga la 1998/13 - prende atto che la precedente non contemplava la fascia di mercato delle apparecchiature radio. La R&TTE si pone pertanto come disciplina organica sia delle "apparecchiature radio" così come delle "apparecchiature terminali di telecomunicazione".

Attuata con decreto legislativo 9.5.2001, n. 269. Il termine di attuazione di tale direttiva era stato fissato al 7 aprile 2000, ma l’Italia mancò all’appuntamento. Per coprire in qualche maniera il periodo sino alla data di entrata in vigore del decreto 269 (8 luglio 2001) ed evitare l’apertura di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea, il Ministro delle Comunicazioni fu costretto ad adottare in data 17.4.2000 una circolare (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 101 del successivo 3 maggio) con la quale venne data istruzione ai propri uffici di attenersi comunque alle nuove disposizioni europee. Una conferma della prevalenza - in questo settore - della normativa comunitaria su quella nazionale.

Segnaliamo che il decreto legislativo 269/2001, con l’articolo 16 ha intelligentemente effettuato un’operazione di raccordo con le direttive precedenti. Infatti:

¨ il rispetto delle norme tecniche previste nelle direttive LVD e EMC - i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee - può costituire la base per la presunzione di conformità ai requisiti essenziali generali;

¨ il rispetto della direttiva 1998/13 - pur se non attuata dall’Italia - può costituire la base per la presunzione di conformità ai requisiti essenziali specifici.

E’ per questo che l’articolo 11 della stesso decreto consente al fabbricante di scegliere - per dimostrare la conformità dell’apparecchio ai requisiti essenziali - in alternativa le procedure della direttiva R&TTE oppure tra quelle delle direttive LVD e EMC.

Perché l’Unione europea non ha inteso applicare tale direttiva proprio ai ricevitori

broadcasting, confermando così una scelta già operata in precedenza con le direttive attuate mediante il decreto legislativo 614/1996 (ora abrogato e sostituito dal decreto 269/2001)? A tale proposito, utilissima è la lettura delle premesse (i c.d. "consideranda") al testo della direttiva R&TTE. Da essa ricaviamo che:

- il diritto comunitario prevede che gli ostacoli alla libera circolazione delle merci all’interno della Comunità derivanti da divergenze delle legislazioni nazionali relative alla commercializzazione dei prodotti possono giustificarsi solo nella misura in cui i requisiti a livello nazionale siano necessari e proporzionati; che, pertanto, l’armonizzazione delle legislazioni deve limitarsi alle disposizioni necessarie a determinare i requisiti essenziali relativi alle apparecchiature radio e alle apparecchiature terminali di telecomunicazione (punto 12 delle premesse);

- i requisiti essenziali per una data categoria di apparecchiature radio o apparecchiature terminali di telecomunicazione dovrebbero dipendere dalla natura e dalle esigenze della categoria stessa; che tali requisiti debbono essere applicati con discernimento, per non frenare l’innovazione tecnologica o la risposta alle esigenze di una libera economia di mercato (vedi punto 13).

Riassumendo, per l’Unione europea:

- i requisiti nazionali devono essere necessari e proporzionati;

- le norme armonizzate devono riguardare solo i requisiti essenziali;

- anche i requisiti essenziali devono essere applicati con discernimento.

E’ legittimo allora ritenere che i radioricevitori BC siano stati esonerati

dall’applicazione della direttiva R&TTE per un unico semplicissimo motivo: perché si è ritenuto di lasciare tale settore completamente libero, non ritenendo evidentemente giustificabile alcun controllo o limitazione.

4. Marcatura "CE" e organismi di normalizzazione

Esclusa la conformità alla direttiva R&TTE, cosa viene attestato allora dalla marcatura CE apposta sui nostri ricevitori BC? Dopo quanto esaminato nel paragrafo precedente, la risposta è semplice: solamente la conformità alle due direttive LVD (bassa tensione) e EMC (compatibilità elettromagnetica).

Come anticipato al paragrafo 2, lo strumento principe di attuazione dei principi dettati dalle direttive europee è quello delle cosiddette "norme armonizzate". Esse sono adottate:

- per il settore elettrico ed elettronico dal CENELEC (Comitato europeo per la standardizzazione elettrotecnica, composto dagli omologhi organismi nazionali (NSO) dei paesi europei: per l’Italia il Comitato Elettrotecnico Italiano - CEI).

La legge n. 186 dell’1 marzo 1968 riconosce l’autorità delle norme CEI e stabilisce che "materiali, macchine, installazioni e impianti elettrici e elettronici realizzati con tali norme si considerano a regola d’arte".

- per il settore dell’informatica e delle telecomunicazioni dall’ETSI (Istituto europeo per le norme di telecomunicazione) al quale aderiscono ancora il CEI e l’Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione (ISCOM o ISCTI, già Istituto Superiore delle Poste e delle Telecomunicazioni) del Ministero delle Comunicazioni);

- per tutti gli altri settori: dal CEN (Comitato europeo di normalizzazione al quale aderisce l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione - UNI).

Gli organismi europei di normalizzazione hanno il compito di formulare sia gli standards richiesti dal mercato così come le norme armonizzate a sostegno della legislazione europea. A tale scopo essi mantengono strettissime relazioni non solo con l’Unione europea, ma anche con l’EFTA (l’Associazione europea di libero scambio, che vede tra i suoi membri ormai solo Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein).

La collaborazione tra UE ed EFTA ha dato luogo ad un’ulteriore realtà economica denominata SEE (Spazio economico europeo), entrato in vigore il 1° gennaio 1994. Esso consente ad Islanda, Liechtenstein e Norvegia di godere dei benefici del mercato unico dell’UE senza tutti i diritti e gli obblighi che ne comporterebbe l’appartenenza.

La Svizzera non ha inteso farne parte, impegnandosi comunque a rimanere in contatto con le istituzioni dell’UE; nel settore delle telecomunicazioni, in particolare, la Confederazione ha una politica di "eurocompatibilità" molto marcata. Vedi http://www.bakom.ch/it/amt/internationales/taetigkeit/unioneuropeenne/index.html).

Sono i predetti organismi che emanano le European Norms (ENs), che incontriamo nella vita di ogni giorno mediante l’indicazione del comitato di standardizzazione, della sigla EN e di un numero identificativo (le norme armonizzate in applicazione della direttiva LVD sono formulate solo da CENELEC, mentre per quelle applicative delle direttive EMC e R&TTE concorrono tutti e tre gli organismi di normalizzazione).

Per quanto riguarda l’ETSI, scopo principale è lo sviluppo e la pubblicazione delle

norme europee nel campo delle telecomunicazioni, denominate norme ETSI EN o ETSI ETS della serie 300-000 (ETS sta per European Telecommunication Standards. Esistono anche le norme I-ETS - Interim ETS - di validità limitata a tre anni, trascorsi i quali vengono convertite nelle ETS permanenti oppure ritirate).

Tali norme che vengono poi trasmesse agli organismi locali che ne assicurano la "trasposizione" a livello nazionale. Per l’Italia è il CONCIT (Comitato nazionale per il Coordinamento per l’informatica e le telecomunicazioni, formato da CEI, UNI e ISCOM) ad effettuare tale trasposizione, posta a base del successivo recepimento nell’ordinamento giuridico.

Una volta trasposte dagli organismi nazionali e recepite dalle leggi statali, di tali norme deve

poi garantirsi l’attuazione: a questo provvedono i cosiddetti "organismi notificati", i quali sono autorizzati al rilascio della marcatura CE (sono chiamati "notificati" in quanto, affinché il loro operato possa venir riconosciuto in tutta l’Unione europea, ogni Stato membro deve appunto rendere noto sia alla Commissione sia agli altri Stati l’elenco degli organismi da esso designati). Per l’Italia sono:

- per la direttiva EMC: ISCOM

- per la direttiva R&TTE: IMQ (Istituto Italiano del Marchio di Qualità) e ancora ISCOM

Si noti che per l’ISCOM il ruolo di "co-autore" (NSO) delle norme armonizzate coincide con quello di "attuatore" (organismo competente) delle stesse.

Per quanto riguarda i momenti della immissione in mercato e della messa in esercizio, il decreto 269/2001 stabilisce

all’articolo 9 che il Ministero delle comunicazioni in collaborazione con gli organi di Polizia, può avvalersi, ai fini della sorveglianza sul mercato, dei laboratori dell’Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione o dei laboratori privati accreditati. A tale proposito il Ministro delle Comunicazioni ha emanato i decreti 25 febbraio 2002, n.84 (Regolamento concernente la procedura di accreditamento dei laboratori di prova) e 30 ottobre 2002, n. 275 (Regolamento concernente la sorveglianza ed i controlli sulle apparecchiature radio e sulle apparecchiature terminali di telecomunicazione). Vedi in proposito agli indirizzi http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=630 e http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=693.

¨ per la direttiva LVD il meccanismo è diverso, in quanto l’accertamento di conformità degli apparecchi alla direttiva "bassa tensione" è affidato agli stessi costruttori. Infatti la legge 18.10.1977, n. 791 (che già con l’art. 7 nel testo originario aveva consentito - accanto al rilascio di un attestato di conformità da parte degli organismi competenti - anche la "dichiarazione di conformità" rilasciata dallo stesso costruttore del prodotto), con le modifiche e integrazioni apportate dal decreto legislativo 25.11.1996, n. 626 ha definitivamente attribuito all’autocertificazione del produttore il ruolo di strumento di tutela delle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione.

La stessa direttiva comunitaria R&TTE, peraltro, ha esteso tale regime di autocertificazione alla generalità delle apparecchiature radio e degli apparati terminali di telecomunicazioni.

5. Ruolo della CEPT

In Europa non sono solo l’Unione europea e gli OEN a concorrere alla formazione delle norme tecniche e giuridiche in materia di comunicazioni elettroniche. Infatti, quando l’Unione era al di là da venire ed esisteva solo un embrione incarnato dalla triade MEC-CECA-EURATOM, era già all’opera la Conferenza Europea delle Amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni, istituzione - allora come adesso - ben distinta e indipendente da quelle comunitarie. Basti solo pensare che la CEPT raggruppa le Amministrazioni di 46 Stati (tutti quelli dell’Europa comunemente intesa oltre a Turchia e Azerbaigian), ben più vasta quindi della UE o del SEE.

Fondata nel 1959, la CEPT è l’organizzazione regionale europea che si occupa dei servizi postali e di telecomunicazione. Sono membri della CEPT le amministrazioni degli Stati europei, che siano altresì membri dell’UPU (Unione Postale Universale) o dell’ITU (Unione Internazionale delle Telecomunicazioni): per l’Italia l’ Autoritá per le Garanzie nelle Comunicazioni ed il Ministero delle Comunicazioni.

A riprova della reciproca autonomia tra Autorità e Ministero, segnaliamo che dal 30 giugno 2004 è in vigore fra i due Enti il nuovo Accordo di collaborazione che disciplina l’attività di cooperazione nelle materie di rispettiva competenza, lo svolgimento coordinato sul territorio di funzioni rilevanti per il sistema integrato delle comunicazioni ed il necessario raccordo ai fini della partecipazione alle attività comunitarie e internazionali.

L’Accordo sostituisce i precedenti datati 2 luglio 1998 e 28 gennaio 2003.

Per lo svolgimento di attività di propria competenza, è previsto che l’Autorità possa avvalersi delle risorse umane e strumentali degli organi ministeriali, ma non l’inverso.

Suddivisa al proprio interno in più settori, per quanto riguarda le telecomunicazioni è da segnalare l’Electronic Communications Committee (ECC) istituito nel 2001 in sostituzione del precedente ERC.

La CEPT adotta proprie decisioni e raccomandazioni ma - a differenza di quelle della UE - gli Stati membri non hanno stringenti obblighi di tempo per recepirle nei propri ordinamenti. Gli atti della Conferenza, ad ogni modo, non sono dei documenti senza valore, in quanto gli Stati molto difficilmente rifiutano di recepire nei propri ordinamenti gli atti di una organizzazione che ha lo scopo di sviluppare le politiche nel campo delle radiocomunicazioni e di coordinare gli aspetti normativi e tecnici unitamente a quello delle frequenze.

Per cogliere la rilevanza giuridica della CEPT, è da ricordare che - anche se istituita mediante un accordo firmato a Montreaux il 26 giugno 1959 tra Amministrazioni postelegrafoniche (e non tra Stati, come per esempio la UE) - il suo atto costitutivo è un documento recepito dal nostro ordinamento quale vero e proprio atto di diritto internazionale ( reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1960, n. 774).

Gli atti della CEPT vengono invece recepiti mediante decreto ministeriale oppure decreto presidenziale, a riprova del carattere di semplice atto amministrativo oppure di regolamento (atto amministrativo - in questo caso del Governo - avente contenuto normativo) attribuito alla disposizione che viene recepita nell’ordinamento interno.

Ricordiamo che le direttive comunitarie vengono invece attuate con decreto legislativo, mediante cioè un atto avente forza di legge mentre, per essere attuate mediante regolamento, vi deve essere un’espressa autorizzazione legislativa (art. 3, lett. c della legge 9 marzo 1989, n. 86).

Gli Stati membri della UE fanno tutti parte anche della CEPT: come conciliare questa doppia appartenenza? L’Unione europea certamente avverte l’esigenza di un maggior coordinamento tra le discipline dettate dalle istituzioni comunitarie con quelle della CEPT, ma naturalmente bisogna tener conto che alla CEPT aderiscono molti paesi extracomunitari.

Notiamo comunque che le direttive europee fanno riferimento ai deliberati della CEPT così come questi ultimi - sia pure rivolti anche a Stati non comunitari - citino le direttive esaminate in precedenza al paragrafo 3. UE e CEPT hanno in comune il fatto di citare nei propri atti i numeri di riferimento delle norme armonizzate formulate dagli OEN, e in particolare dall’ETSI.

Una conferma che, comunque, CEPT ed UE non siano assimilabili è il fatto che non tutto -

nel mondo delle comunicazioni elettroniche - viene disciplinato a livello comunitario: ad esempio, un settore strategico, dove gli Stati dell’Unione agiscono individualmente gelosi della propria sovranità quello dell’assegnazione delle frequenze. Naturalmente vi è sempre la ricerca di un coordinamento, ma esso non è assicurato dalla UE, bensì da altri organismi internazionali quali l’UIT e le sue WRC (Conferenze mondiali delle radiocomunicazioni) e RRC (Conferenze regionali sulle radiocomunicazioni) e appunto dalla CEPT, che in tale settore esercita un ruolo di rilievo.

Anche se i deliberati dell’ITU e della CEPT sono posti a base dei successivi piani nazionali, il punto 8 dell’Introduzione al vigente Piano di ripartizione delle frequenze (adottato dall’Italia con il D.M. Comunicazioni 8.7.2002) dispone che "nel caso di nuove primarie esigenze civili o militari che non possano essere soddisfatte con le attribuzioni di frequenze previste nel presente piano, o in occasione di eventi eccezionali, specifiche assegnazioni di frequenze in deroga al piano stesso possono essere effettuate tramite particolari accordi tra Ministero delle comunicazioni e Ministero della difesa".

Quanto sopra nonostante lo stesso decreto riconosca - nelle premesse - "l’opportunità di recepire decisioni e raccomandazioni emanate dalla CEPT con la finalità di conseguire una maggiore armonizzazione in campo europeo".

Il piano dell’Italia è consultabile al sito http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=349).

Un Comitato quale l’ECC ha bisogno di un ufficio che funga da supporto permanente e operativamente snello: a tale scopo è stato istituito l’European Radiocommunications Office (ERO) avente il compito fondamentale di pubblicare decisioni e raccomandazioni dell’ECC e di tenere aggiornata la lista dei recepimenti operati dagli Stati membri (vedi in proposito all’indirizzo http://www.ero.dk/documentation/docs/imploverview.asp).

Inoltre - incorporando nel frattempo l’ European Telecommunications Office (ETO) - l’ERO si è posto l’obiettivo di elaborare un proposta per una piano europeo di ripartizione delle frequenze, da implementare nel 2008 (tale piano dovrebbe poi essere posto dalle Amministrazioni degli Stati membri a base dei propri piani nazionali).

Notiamo come l’ERO, pur se supporto dell’ECC, abbia assunto negli anni un ruolo, se non autonomo, indubbiamente di rilievo all’interno della CEPT.

Troppo lungo sarebbe esaminare, sia pure superficialmente, le decisioni e raccomandazioni della ECC; ad ogni modo possiamo osservare:

- deliberati fondamentali sono quelli che stabiliscono i criteri di assegnazione delle radio-frequenze, posti poi a base dell’approvazione del proprio piano nazionale di ripartizione da parte di ogni Stato europeo;

- sono ancora i deliberati ERC e ECC ad individuare le bande di frequenza per l’avvio di sistemi di trasmissione che ci accompagnano nelle nostre attività (tra essi rileviamo alcune sigle, alcune delle quali ormai familiari PMR 446, GSM, DECT, DCS 1800, HIPERLANs, TETRA, UMTS e UMTS/IMT-2000, CT1 e CT2, MWS, VSAT, SNG, DMO e MVDS;

- con tali deliberati sono anche state individuate le applicazioni esonerate dalla necessità di un’apposita autorizzazione (ad esempio gli apparati a corto raggio destinati esclusivamente all’impiego quali i "radiogiocattoli", oppure i telecomandi dilettantistici oppure ancora i radiocomandi per apriporte e apricancelli);

- di carattere non tanto tecnico, ma "politico" sono invece quelle decisioni o raccomandazioni intervenute sulla "portabilità" degli apparecchi radio Segnaliamo in proposito:

- la raccomandazione T/R 61-01 che ha previsto il riconoscimento della licenza di radioamatore CEPT, determinando così una semplificazione delle procedure delle autorizzazioni provvisorie all’ingresso in Italia e consentendo ai radioamatori non residenti di trasferire la propria stazione, per la durata dei loro soggiorni temporanei, nei Paesi membri della CEPT che hanno adottato la raccomandazione stessa (recepita dall’Italia con il decreto del Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni 1.12.1990),

- la raccomandazione T/R 61-02 riguardante l’adeguamento delle prove d’esami per il conseguimento della patente radioamatoriale armonizzata "HAREC" (recepita con decreto del Ministro delle Comunicazioni 11.2.2003),

- le decisioni (CEPT) ERC/DEC (95)01, ERC/DEC(97)05, ERC/DEC(98)11, ERC/DEC(98)01, 02, 03 e 04 sulla libera circolazione di svariate apparecchiature radio nei Paesi membri della CEPT (recepite con D.P.R. 27 gennaio 2000 n.64).

Osserviamo che le decisioni e le raccomandazioni CEPT non si occupano - a differenza

della normativa comunitaria - dei requisiti tecnici delle apparecchiature, concentrandosi invece sulle frequenze utilizzabili e sulla modalità di uso e circolazione delle apparecchiature medesime (argomenti non trattati dalle direttive dell’Unione europea). E’ un’ulteriore riprova dell’assoluta distinzione tra le due istituzioni.

6. Conclusioni

Nei capitoli precedenti è stato esaminato come la direttiva comunitaria R&TTE abbia posto regole chiare e semplici per la commercializzazione delle apparecchiature radio e delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni, escludendo al tempo stesso - con intenti liberalizzatori - l’estensione di tali regole alle normali apparecchiature radio di sola ricezione, utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva.

Il combinato disposto della direttiva R&TTE con le direttive LVD ed EMC ha progressivamente portato alla disapplicazione della normativa nazionale in materia di prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiocomunicazioni, dettata dai due decreti del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni 25.6.1985 e 27.8.1987.

La disapplicazione non è stata però totale, in quanto di tali decreti è tuttora vigente un paragrafo (il numero 3) riportante "prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva". Prescrizioni che - solo per l’Italia - si aggiungono a quelle dettate per gli altri Stati UE dalle citate direttive comunitarie.

In un successivo articolo verranno illustrati ed argomentati i forti dubbi sulla legittimità di tali ulteriori prescrizioni, non presenti nelle legislazioni degli altri membri dell’Unione.

SOMMARIO

1. Premessa

2. Termini tecnici e linguaggio giuridico: il percorso legislativo verso standards comuni

3. Direttive comunitarie in tema di radiotelecomunicazioni

4. Marcatura "ce" e organismi di normalizzazione

5. Ruolo della cept

6. Conclusioni

1. Premessa

Anche i normali ricevitori della bande della radiodiffusione (broadcasting) commercializzati

in Italia devono riportare la marcatura di conformità <CE> apposta in rilievo sull’esterno dell’apparecchiatura oppure su una placca di identificazione.

Precedentemente, i ricevitori costruiti appunto per la ricezione delle sole trasmissioni

broadcasting riportavano un bollino di omologazione con indicati i decreti 25.6.1985 e 27.8.1987dell’allora Ministro delle Poste e Telecomunicazioni.

Una dettagliata normativa sulle caratteristiche che le apparecchiature radio (oltre che le

apparecchiature terminali di telecomunicazioni) devono possedere per potersi fregiare della marcature CE, è contenuta nella direttiva 1999/5/CE meglio nota come direttiva R&TTE (Radio Equipment and Telecommunications Terminal Equipment). Tale direttiva (attuata dall’Italia con il decreto legislativo 9 maggio 2001, n.269) esclude però la propria applicazione "alle apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva".

Esamineremo in questo articolo quale significato debba pertanto attribuirsi alla marcatura CE apposta su tali ricevitori.

2. Termini tecnici e linguaggio giuridico: il percorso legislativo verso standards comuni

E’ possibile avere una buona visione d’insieme di tale argomento nel sito di Q&C - Qualità e

Competitività (di iniziativa dell’UNI) consultabile all’indirizzo http://www.qec.it/mu/ce.asp. Da tale sito abbiamo ricavato alcune delle definizioni contenute nel paragrafo presente e nel successivo n. 4.

Leggiamo ora alcune definizioni, estratte da due decreti legislativi attuativi di direttive

comunitarie, il primo (614/1996) abrogato (ma assorbito nel contenuto) dal secondo (269/2001):

- specifica tecnica: è la specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità, le prestazioni, la sicurezza e le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili ad un prodotto per quanto riguarda la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marcature e l’etichettatura (art. 1, lett. i, d.lgs. 12.11.1996, n. 614 e art. 1, lett. h, d.lgs. 9.5.2001, n. 269);

- regola tecnica comune (CTR - Common Technical Regulation): è la regola tecnica derivata da norme tecniche internazionali o europee, valida nei paesi dell’Unione europea e contenente solo i requisiti essenziali, la cui osservanza è obbligatoria (art. 1, lett. m, d.lgs. 614/1996);

- norma tecnica (TS - Technical Standard): è la specifica tecnica adottata da un organismo normativo riconosciuto ai fini di un’applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non è obbligatoria (art. 1, lett. l, d.lgs. 614/1996);

- norma armonizzata: è la specifica tecnica adottata da un organismo di normalizzazione riconosciuto, in forza di un mandato della Commissione europea e secondo le procedure di informazione dettate da precedenti direttive allo scopo di stabilire un "requisito europeo", al quale non è obbligatorio conformarsi ma il cui rispetto fa presumere la conformità ai requisiti essenziali di cui all’articolo 3 (art. 1, lett.i, d.lgs. 269/2001).

I requisiti essenziali generali indicati dalla direttiva R&TTE sono:

- la protezione della salute e della sicurezza dell’utente o di qualsiasi altra persona (sono quelli della direttiva LVD);

- la protezione per quanto riguarda la compatibilità elettromagnetica (sono quelli della direttiva EMC).

Le citate direttive vengono esaminate nel successivo paragrafo 3.

Si noti la forte spinta impressa dal legislatore (comunitario e poi nazionale) che ha fatto seguire al primo timido passo della "norma tecnica" quello ben più marcato della "norma armonizzata", legata saldamente ad un obiettivo di standardizzazione europea.

La norma tecnica appena definita era comunque un concetto differente ed avanzato rispetto alla "norma tecnica" di cui ai due decreti ministeriali del 1985 e 1987 citati in premessa e oggetto di un prossimo articolo. Infatti, se andiamo a leggere le norme tecniche per i ricevitori di radiodiffusione sonora in essi contenute, notiamo la previsione di aspetti dettagliati quali - ad esempio - la "misura della tensione di disturbo introdotta nella rete di alimentazione", la "irradiazione dovuta all’oscillatore locale", la "tensione di disturbo alla frequenza dell’oscillatore locale ai morsetti d’antenna". Quindi una disciplina - quella dei vecchi decreti - volta a regolamentare con atto di un’autorità statale anche i minimi dettagli, mentre le definizioni appena descritte hanno la comune caratteristica di fare riferimento a norme individuate da organismi tecnici, senza descriverle nel dettaglio.

Quali i difetti di una minuziosa normativa qual era invece quella dei due decreti del 1985 e 1987? A nostro parere i seguenti:

- la pretesa di considerare le regole di carattere tecnico come valide solo in quanto contenute all’interno di testi emanati da una pubblica autorità (invece di fare semplice riferimento a quanto elaborato dagli organismi del settore);

- le difficoltà create da tale sistema, il quale - per i tempi legate alle proprie procedure - non riusciva a recepire puntualmente le novità scientifiche e tecniche elaborate dalla scienza applicata in un settore di rapidissimo sviluppo quale quello delle comunicazioni elettroniche.

Il rapporto con una norma armonizzata, invece, non è di puntuale corrispondenza, ma

di semplice compatibilità. Infatti il criterio del c.d. nuovo approccio dettato nel 1985 dall’Unione europea prevede - al posto di una normativa dettagliata - la semplice indicazione degli obiettivi ai quali adeguarsi, individuati - per il settore delle comunicazioni elettroniche - nella conformità degli apparecchi ricevitori ai requisiti essenziali (vedi in proposito il sito ufficiale http://www.newapproach.org/)

Riportiamo la ripartizione delle competenze in materia di standards, come stabilita dalla normativa comunitaria:

- le istituzioni comunitarie individuano, per mezzo delle direttive, i requisiti essenziali che devono essere posseduti dalle apparecchiature;

- gli organismi europei di normalizzazione (OEN, di cui al successivo paragrafo 4) approvano, mediante le norme armonizzate, le specifiche tecniche di cui gli operatori hanno bisogno per progettare e fabbricare prodotti conformi ai requisiti essenziali stabiliti dalle direttive;

- una volta formulata la norma armonizzata da un OEN, deve seguire la decisione - da parte della Commissione europea - di pubblicare il numero di riferimento di tale norma sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea;

- in ogni Stato membro poi, gli organismi nazionali di normalizzazione (NSO, di cui al successivo paragrafo 4) "traspongono" le norme armonizzate europee in norme tecniche nazionali;

- la norma tecnica deve essere recepita - dalle competenti autorità - mediante atto statale. Se questo ultimo passaggio non dovesse avvenire, in quello Stato non potrà operare la presunzione di conformità (nonostante l’avvenuta pubblicazione del numero di riferimento sulla Gazzetta dell’Unione);

- infine l’atto statale - contenente i numeri di riferimento delle norme armonizzate - viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dello Stato.

A tale proposito è da rilevare che il decreto legislativo 269 del 2001 - che attua

la più recente direttiva R&TTE - con il proprio articolo 5 ha reso ancora più snella la procedura prevedendo che "gli apparecchi conformi alle norme armonizzate, o a parte di esse, i cui numeri di riferimento siano stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, si presumono conformi ai requisiti essenziali elencati nell’articolo 3 nella misura in cui siano contemplati nelle dette norme armonizzate o in parte di esse". Non è più ritenuta necessaria, pertanto, la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, confermando così nel settore delle comunicazioni elettroniche la prevalenza non solo della norma ma anche della fonte comunitaria.

La conformità ad una norma armonizzata è pertanto una strada agevolata, offerta ai

fabbricanti per far riconoscere il proprio prodotto conforme ai requisiti essenziali. L’applicazione delle norme armonizzate, infatti, equivale all’effettuazione di tutta una serie di prove e verifiche altrimenti più impegnative per giungere alla marcatura CE (infatti il punto 27 delle premesse della direttiva R&TTE afferma in proposito "che è nel pubblico interesse disporre di norme armonizzate a livello europeo, in relazione alla progettazione ed alla produzione di apparecchiature radio e di apparecchiature terminali di telecomunicazione; che il rispetto delle suddette norme pone in essere una presunzione di conformità ai requisiti essenziali; che sono consentiti altri mezzi per dimostrare la conformità ai requisiti essenziali…").

Riteniamo giusto che l’ultima parola - sulla opportunità o meno di recepire una certa

soluzione tecnica - spetti sempre all’autorità politica. Un conto però è scegliere se adottare oppure non adottare una regola tecnica formulata da organismi del settore; tutt’altra cosa è invece dettare integralmente tale regola mediante un testo dell’autorità statale, come invece è stato fatto con i due decreti del 1985 e 1987 (con il rischio che essa possa essere manipolata mascherando con motivazioni tecniche quelle che altro non sono che scelte politiche).

Infatti la direttiva R&TTE (art. 5 comma 2) prevede che la Commissione europea oppure uno Stato membro dell’Unione si rivolgano al "Comitato per la valutazione della conformità e per la sorveglianza del mercato nel settore delle telecomunicazioni" (TCAM), nel caso reputassero la conformità con una norma armonizzata tale da non garantire il rispetto dei requisiti essenziali.

Terminiamo questo paragrafo ricordando che il 18 maggio 1998 tra Comunità europea e Stati Uniti è stato stipulato a Londra un "Accordo sul reciproco riconoscimento" (ARR) delle attività di valutazione in alcuni settori, tra i quali i tre settori di nostro interesse delle "apparecchiature per le telecomunicazioni", della "compatibilità elettromagnetica" e della "sicurezza elettrica".

E’ da precisare che tale accordo riguarda il reciproco riconoscimento dei risultati delle attività di valutazione svolte dagli organismi di valutazione designati dalle due Parti, ma non l’accettazione delle norme o dei regolamenti tecnici, come nemmeno il riconoscimento di una equivalenza tra esse (salvo, per quest’ultimo caso, un’esplicita previsione). (L’ARR è visibile in http://europa.eu.int/eurlex/pri/it/oj/dat/1999/l_031/l_03119990204it00030080.pdf).

3. Direttive comunitarie in tema di radiotelecomunicazioni

Le direttive comunitarie poste a disciplina del settore delle radiotelecomunicazioni hanno il dichiarato obiettivo del ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri mediante appunto le "norme armonizzate" (adottate dagli OEN cui è stato conferito mandato dalla Commissione europea).

Ricordiamo brevemente la differenza tra due atti giuridici comunitari facenti ormai parte a pieno titolo, e in modo sempre più rilevante, anche dell’ordinamento giuridico dei singoli Stati dell’Unione europea:

- regolamento: le sue disposizioni sono applicabili direttamente nei singoli Stati membri, senza necessità di uno speciale ordine di esecuzione. Tale atti del diritto comunitario sono pertanto direttamente vincolanti per gli Stati, le loro istituzioni e le loro autorità;

- direttiva: a differenza del regolamento, non impone direttamente una disciplina bensì mira al ravvicinamento delle legislazioni nazionali, mediante l’eliminazione delle contraddizioni e la graduale riduzione delle differenze tra le legislazioni nazionali. La direttiva vincola pertanto gli Stati membri dell’Unione europea solo per quanto riguarda l’obiettivo da raggiungere: naturalmente più l’obiettivo è precisato, meno margine di manovra resta agli Stati riguardo ai contenuti.

Pertanto le disposizioni di una direttiva non sostituiscono automaticamente le normative nazionali (come avviene invece con i regolamenti), ma gli Stati membri sono comunque obbligati ad adeguare la propria legislazione a quella comunitaria mediante un atto di attuazione.

Ricordiamo infine che ai sensi del Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, la denominazione Comunità economica europea è divenuta semplicemente Comunità europea: è per tale motivo che il numero identificativo di regolamenti e direttive riporta i suffissi CEE oppure CE, a seconda della data di adozione.

Quali delle direttive a tutt’oggi in vigore nell’Unione europea riguardano in qualche

modo (direttamente o indirettamente) i nostri ricevitori BC? Vediamo le principali:

- 1973/23/CEE (bassa tensione - LVD o LVE): si applica ad ogni materiale elettrico destinato ad essere adoperato ad una tensione nominale compresa fra 50 e 1000 V in corrente alternata e fra 75 e 1500 V in corrente continua (tali limiti sono stati però successivamente disapplicati dall’art. 3 della direttiva R&TTE, proprio in riferimento alle apparecchiature radio ed alle apparecchiature terminali di telecomunicazione).

La Low Voltage Directive o L.V. Equipment è stata attuata nell’ordinamento giuridico italiano dalla legge 18.10.1977, n. 791 (modificata poi dal d.lgs. 25.11.1996, n. 626), seguita negli anni da più decreti ministeriali di recepimento dei testi trasposti delle norme armonizzate.

Dal suo campo di applicazione sono stati esclusi i disturbi radioelettrici, oggetto di direttive specifiche;

- 1989/336/CEE (compatibilità elettromagnetica - EMC): ha l’obiettivo di garantire alle radiocomunicazioni, nonché ai dispositivi, apparecchi o sistemi il cui funzionamento è soggetto alle perturbazioni elettromagnetiche provocate da apparecchi elettrici ed elettronici, una sufficiente protezione dai disturbi provocati da tali perturbazioni. Gli apparecchi radio utilizzati dai radioamatori (salvo quelli disponibili in commercio) sono invece esclusi dal settore di applicazione della presente direttiva.

La direttiva è stata attuata con decreto legislativo 4.12.1992, n. 476, poi abrogato e sostituito dal d.lgs. 12.11.1996, n. 615.

Abbiamo già incontrato un’ulteriore direttiva relativa alle radiotelecomunicazioni, non

applicabile però alle "apparecchiature radio di sola ricezione utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva" (scelta ben precisa, operata in origine dagli stessi organismi comunitari):

- 1999/5/CE (apparecchiature radio e terminali di telecomunicazioni) (R&TTE): questa direttiva - che abroga la 1998/13 - prende atto che la precedente non contemplava la fascia di mercato delle apparecchiature radio. La R&TTE si pone pertanto come disciplina organica sia delle "apparecchiature radio" così come delle "apparecchiature terminali di telecomunicazione".

Attuata con decreto legislativo 9.5.2001, n. 269. Il termine di attuazione di tale direttiva era stato fissato al 7 aprile 2000, ma l’Italia mancò all’appuntamento. Per coprire in qualche maniera il periodo sino alla data di entrata in vigore del decreto 269 (8 luglio 2001) ed evitare l’apertura di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea, il Ministro delle Comunicazioni fu costretto ad adottare in data 17.4.2000 una circolare (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 101 del successivo 3 maggio) con la quale venne data istruzione ai propri uffici di attenersi comunque alle nuove disposizioni europee. Una conferma della prevalenza - in questo settore - della normativa comunitaria su quella nazionale.

Segnaliamo che il decreto legislativo 269/2001, con l’articolo 16 ha intelligentemente effettuato un’operazione di raccordo con le direttive precedenti. Infatti:

¨ il rispetto delle norme tecniche previste nelle direttive LVD e EMC - i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee - può costituire la base per la presunzione di conformità ai requisiti essenziali generali;

¨ il rispetto della direttiva 1998/13 - pur se non attuata dall’Italia - può costituire la base per la presunzione di conformità ai requisiti essenziali specifici.

E’ per questo che l’articolo 11 della stesso decreto consente al fabbricante di scegliere - per dimostrare la conformità dell’apparecchio ai requisiti essenziali - in alternativa le procedure della direttiva R&TTE oppure tra quelle delle direttive LVD e EMC.

Perché l’Unione europea non ha inteso applicare tale direttiva proprio ai ricevitori

broadcasting, confermando così una scelta già operata in precedenza con le direttive attuate mediante il decreto legislativo 614/1996 (ora abrogato e sostituito dal decreto 269/2001)? A tale proposito, utilissima è la lettura delle premesse (i c.d. "consideranda") al testo della direttiva R&TTE. Da essa ricaviamo che:

- il diritto comunitario prevede che gli ostacoli alla libera circolazione delle merci all’interno della Comunità derivanti da divergenze delle legislazioni nazionali relative alla commercializzazione dei prodotti possono giustificarsi solo nella misura in cui i requisiti a livello nazionale siano necessari e proporzionati; che, pertanto, l’armonizzazione delle legislazioni deve limitarsi alle disposizioni necessarie a determinare i requisiti essenziali relativi alle apparecchiature radio e alle apparecchiature terminali di telecomunicazione (punto 12 delle premesse);

- i requisiti essenziali per una data categoria di apparecchiature radio o apparecchiature terminali di telecomunicazione dovrebbero dipendere dalla natura e dalle esigenze della categoria stessa; che tali requisiti debbono essere applicati con discernimento, per non frenare l’innovazione tecnologica o la risposta alle esigenze di una libera economia di mercato (vedi punto 13).

Riassumendo, per l’Unione europea:

- i requisiti nazionali devono essere necessari e proporzionati;

- le norme armonizzate devono riguardare solo i requisiti essenziali;

- anche i requisiti essenziali devono essere applicati con discernimento.

E’ legittimo allora ritenere che i radioricevitori BC siano stati esonerati

dall’applicazione della direttiva R&TTE per un unico semplicissimo motivo: perché si è ritenuto di lasciare tale settore completamente libero, non ritenendo evidentemente giustificabile alcun controllo o limitazione.

4. Marcatura "CE" e organismi di normalizzazione

Esclusa la conformità alla direttiva R&TTE, cosa viene attestato allora dalla marcatura CE apposta sui nostri ricevitori BC? Dopo quanto esaminato nel paragrafo precedente, la risposta è semplice: solamente la conformità alle due direttive LVD (bassa tensione) e EMC (compatibilità elettromagnetica).

Come anticipato al paragrafo 2, lo strumento principe di attuazione dei principi dettati dalle direttive europee è quello delle cosiddette "norme armonizzate". Esse sono adottate:

- per il settore elettrico ed elettronico dal CENELEC (Comitato europeo per la standardizzazione elettrotecnica, composto dagli omologhi organismi nazionali (NSO) dei paesi europei: per l’Italia il Comitato Elettrotecnico Italiano - CEI).

La legge n. 186 dell’1 marzo 1968 riconosce l’autorità delle norme CEI e stabilisce che "materiali, macchine, installazioni e impianti elettrici e elettronici realizzati con tali norme si considerano a regola d’arte".

- per il settore dell’informatica e delle telecomunicazioni dall’ETSI (Istituto europeo per le norme di telecomunicazione) al quale aderiscono ancora il CEI e l’Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione (ISCOM o ISCTI, già Istituto Superiore delle Poste e delle Telecomunicazioni) del Ministero delle Comunicazioni);

- per tutti gli altri settori: dal CEN (Comitato europeo di normalizzazione al quale aderisce l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione - UNI).

Gli organismi europei di normalizzazione hanno il compito di formulare sia gli standards richiesti dal mercato così come le norme armonizzate a sostegno della legislazione europea. A tale scopo essi mantengono strettissime relazioni non solo con l’Unione europea, ma anche con l’EFTA (l’Associazione europea di libero scambio, che vede tra i suoi membri ormai solo Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein).

La collaborazione tra UE ed EFTA ha dato luogo ad un’ulteriore realtà economica denominata SEE (Spazio economico europeo), entrato in vigore il 1° gennaio 1994. Esso consente ad Islanda, Liechtenstein e Norvegia di godere dei benefici del mercato unico dell’UE senza tutti i diritti e gli obblighi che ne comporterebbe l’appartenenza.

La Svizzera non ha inteso farne parte, impegnandosi comunque a rimanere in contatto con le istituzioni dell’UE; nel settore delle telecomunicazioni, in particolare, la Confederazione ha una politica di "eurocompatibilità" molto marcata. Vedi http://www.bakom.ch/it/amt/internationales/taetigkeit/unioneuropeenne/index.html).

Sono i predetti organismi che emanano le European Norms (ENs), che incontriamo nella vita di ogni giorno mediante l’indicazione del comitato di standardizzazione, della sigla EN e di un numero identificativo (le norme armonizzate in applicazione della direttiva LVD sono formulate solo da CENELEC, mentre per quelle applicative delle direttive EMC e R&TTE concorrono tutti e tre gli organismi di normalizzazione).

Per quanto riguarda l’ETSI, scopo principale è lo sviluppo e la pubblicazione delle

norme europee nel campo delle telecomunicazioni, denominate norme ETSI EN o ETSI ETS della serie 300-000 (ETS sta per European Telecommunication Standards. Esistono anche le norme I-ETS - Interim ETS - di validità limitata a tre anni, trascorsi i quali vengono convertite nelle ETS permanenti oppure ritirate).

Tali norme che vengono poi trasmesse agli organismi locali che ne assicurano la "trasposizione" a livello nazionale. Per l’Italia è il CONCIT (Comitato nazionale per il Coordinamento per l’informatica e le telecomunicazioni, formato da CEI, UNI e ISCOM) ad effettuare tale trasposizione, posta a base del successivo recepimento nell’ordinamento giuridico.

Una volta trasposte dagli organismi nazionali e recepite dalle leggi statali, di tali norme deve

poi garantirsi l’attuazione: a questo provvedono i cosiddetti "organismi notificati", i quali sono autorizzati al rilascio della marcatura CE (sono chiamati "notificati" in quanto, affinché il loro operato possa venir riconosciuto in tutta l’Unione europea, ogni Stato membro deve appunto rendere noto sia alla Commissione sia agli altri Stati l’elenco degli organismi da esso designati). Per l’Italia sono:

- per la direttiva EMC: ISCOM

- per la direttiva R&TTE: IMQ (Istituto Italiano del Marchio di Qualità) e ancora ISCOM

Si noti che per l’ISCOM il ruolo di "co-autore" (NSO) delle norme armonizzate coincide con quello di "attuatore" (organismo competente) delle stesse.

Per quanto riguarda i momenti della immissione in mercato e della messa in esercizio, il decreto 269/2001 stabilisce

all’articolo 9 che il Ministero delle comunicazioni in collaborazione con gli organi di Polizia, può avvalersi, ai fini della sorveglianza sul mercato, dei laboratori dell’Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione o dei laboratori privati accreditati. A tale proposito il Ministro delle Comunicazioni ha emanato i decreti 25 febbraio 2002, n.84 (Regolamento concernente la procedura di accreditamento dei laboratori di prova) e 30 ottobre 2002, n. 275 (Regolamento concernente la sorveglianza ed i controlli sulle apparecchiature radio e sulle apparecchiature terminali di telecomunicazione). Vedi in proposito agli indirizzi http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=630 e http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=693.

¨ per la direttiva LVD il meccanismo è diverso, in quanto l’accertamento di conformità degli apparecchi alla direttiva "bassa tensione" è affidato agli stessi costruttori. Infatti la legge 18.10.1977, n. 791 (che già con l’art. 7 nel testo originario aveva consentito - accanto al rilascio di un attestato di conformità da parte degli organismi competenti - anche la "dichiarazione di conformità" rilasciata dallo stesso costruttore del prodotto), con le modifiche e integrazioni apportate dal decreto legislativo 25.11.1996, n. 626 ha definitivamente attribuito all’autocertificazione del produttore il ruolo di strumento di tutela delle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione.

La stessa direttiva comunitaria R&TTE, peraltro, ha esteso tale regime di autocertificazione alla generalità delle apparecchiature radio e degli apparati terminali di telecomunicazioni.

5. Ruolo della CEPT

In Europa non sono solo l’Unione europea e gli OEN a concorrere alla formazione delle norme tecniche e giuridiche in materia di comunicazioni elettroniche. Infatti, quando l’Unione era al di là da venire ed esisteva solo un embrione incarnato dalla triade MEC-CECA-EURATOM, era già all’opera la Conferenza Europea delle Amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni, istituzione - allora come adesso - ben distinta e indipendente da quelle comunitarie. Basti solo pensare che la CEPT raggruppa le Amministrazioni di 46 Stati (tutti quelli dell’Europa comunemente intesa oltre a Turchia e Azerbaigian), ben più vasta quindi della UE o del SEE.

Fondata nel 1959, la CEPT è l’organizzazione regionale europea che si occupa dei servizi postali e di telecomunicazione. Sono membri della CEPT le amministrazioni degli Stati europei, che siano altresì membri dell’UPU (Unione Postale Universale) o dell’ITU (Unione Internazionale delle Telecomunicazioni): per l’Italia l’ Autoritá per le Garanzie nelle Comunicazioni ed il Ministero delle Comunicazioni.

A riprova della reciproca autonomia tra Autorità e Ministero, segnaliamo che dal 30 giugno 2004 è in vigore fra i due Enti il nuovo Accordo di collaborazione che disciplina l’attività di cooperazione nelle materie di rispettiva competenza, lo svolgimento coordinato sul territorio di funzioni rilevanti per il sistema integrato delle comunicazioni ed il necessario raccordo ai fini della partecipazione alle attività comunitarie e internazionali.

L’Accordo sostituisce i precedenti datati 2 luglio 1998 e 28 gennaio 2003.

Per lo svolgimento di attività di propria competenza, è previsto che l’Autorità possa avvalersi delle risorse umane e strumentali degli organi ministeriali, ma non l’inverso.

Suddivisa al proprio interno in più settori, per quanto riguarda le telecomunicazioni è da segnalare l’Electronic Communications Committee (ECC) istituito nel 2001 in sostituzione del precedente ERC.

La CEPT adotta proprie decisioni e raccomandazioni ma - a differenza di quelle della UE - gli Stati membri non hanno stringenti obblighi di tempo per recepirle nei propri ordinamenti. Gli atti della Conferenza, ad ogni modo, non sono dei documenti senza valore, in quanto gli Stati molto difficilmente rifiutano di recepire nei propri ordinamenti gli atti di una organizzazione che ha lo scopo di sviluppare le politiche nel campo delle radiocomunicazioni e di coordinare gli aspetti normativi e tecnici unitamente a quello delle frequenze.

Per cogliere la rilevanza giuridica della CEPT, è da ricordare che - anche se istituita mediante un accordo firmato a Montreaux il 26 giugno 1959 tra Amministrazioni postelegrafoniche (e non tra Stati, come per esempio la UE) - il suo atto costitutivo è un documento recepito dal nostro ordinamento quale vero e proprio atto di diritto internazionale ( reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1960, n. 774).

Gli atti della CEPT vengono invece recepiti mediante decreto ministeriale oppure decreto presidenziale, a riprova del carattere di semplice atto amministrativo oppure di regolamento (atto amministrativo - in questo caso del Governo - avente contenuto normativo) attribuito alla disposizione che viene recepita nell’ordinamento interno.

Ricordiamo che le direttive comunitarie vengono invece attuate con decreto legislativo, mediante cioè un atto avente forza di legge mentre, per essere attuate mediante regolamento, vi deve essere un’espressa autorizzazione legislativa (art. 3, lett. c della legge 9 marzo 1989, n. 86).

Gli Stati membri della UE fanno tutti parte anche della CEPT: come conciliare questa doppia appartenenza? L’Unione europea certamente avverte l’esigenza di un maggior coordinamento tra le discipline dettate dalle istituzioni comunitarie con quelle della CEPT, ma naturalmente bisogna tener conto che alla CEPT aderiscono molti paesi extracomunitari.

Notiamo comunque che le direttive europee fanno riferimento ai deliberati della CEPT così come questi ultimi - sia pure rivolti anche a Stati non comunitari - citino le direttive esaminate in precedenza al paragrafo 3. UE e CEPT hanno in comune il fatto di citare nei propri atti i numeri di riferimento delle norme armonizzate formulate dagli OEN, e in particolare dall’ETSI.

Una conferma che, comunque, CEPT ed UE non siano assimilabili è il fatto che non tutto -

nel mondo delle comunicazioni elettroniche - viene disciplinato a livello comunitario: ad esempio, un settore strategico, dove gli Stati dell’Unione agiscono individualmente gelosi della propria sovranità quello dell’assegnazione delle frequenze. Naturalmente vi è sempre la ricerca di un coordinamento, ma esso non è assicurato dalla UE, bensì da altri organismi internazionali quali l’UIT e le sue WRC (Conferenze mondiali delle radiocomunicazioni) e RRC (Conferenze regionali sulle radiocomunicazioni) e appunto dalla CEPT, che in tale settore esercita un ruolo di rilievo.

Anche se i deliberati dell’ITU e della CEPT sono posti a base dei successivi piani nazionali, il punto 8 dell’Introduzione al vigente Piano di ripartizione delle frequenze (adottato dall’Italia con il D.M. Comunicazioni 8.7.2002) dispone che "nel caso di nuove primarie esigenze civili o militari che non possano essere soddisfatte con le attribuzioni di frequenze previste nel presente piano, o in occasione di eventi eccezionali, specifiche assegnazioni di frequenze in deroga al piano stesso possono essere effettuate tramite particolari accordi tra Ministero delle comunicazioni e Ministero della difesa".

Quanto sopra nonostante lo stesso decreto riconosca - nelle premesse - "l’opportunità di recepire decisioni e raccomandazioni emanate dalla CEPT con la finalità di conseguire una maggiore armonizzazione in campo europeo".

Il piano dell’Italia è consultabile al sito http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=349).

Un Comitato quale l’ECC ha bisogno di un ufficio che funga da supporto permanente e operativamente snello: a tale scopo è stato istituito l’European Radiocommunications Office (ERO) avente il compito fondamentale di pubblicare decisioni e raccomandazioni dell’ECC e di tenere aggiornata la lista dei recepimenti operati dagli Stati membri (vedi in proposito all’indirizzo http://www.ero.dk/documentation/docs/imploverview.asp).

Inoltre - incorporando nel frattempo l’ European Telecommunications Office (ETO) - l’ERO si è posto l’obiettivo di elaborare un proposta per una piano europeo di ripartizione delle frequenze, da implementare nel 2008 (tale piano dovrebbe poi essere posto dalle Amministrazioni degli Stati membri a base dei propri piani nazionali).

Notiamo come l’ERO, pur se supporto dell’ECC, abbia assunto negli anni un ruolo, se non autonomo, indubbiamente di rilievo all’interno della CEPT.

Troppo lungo sarebbe esaminare, sia pure superficialmente, le decisioni e raccomandazioni della ECC; ad ogni modo possiamo osservare:

- deliberati fondamentali sono quelli che stabiliscono i criteri di assegnazione delle radio-frequenze, posti poi a base dell’approvazione del proprio piano nazionale di ripartizione da parte di ogni Stato europeo;

- sono ancora i deliberati ERC e ECC ad individuare le bande di frequenza per l’avvio di sistemi di trasmissione che ci accompagnano nelle nostre attività (tra essi rileviamo alcune sigle, alcune delle quali ormai familiari PMR 446, GSM, DECT, DCS 1800, HIPERLANs, TETRA, UMTS e UMTS/IMT-2000, CT1 e CT2, MWS, VSAT, SNG, DMO e MVDS;

- con tali deliberati sono anche state individuate le applicazioni esonerate dalla necessità di un’apposita autorizzazione (ad esempio gli apparati a corto raggio destinati esclusivamente all’impiego quali i "radiogiocattoli", oppure i telecomandi dilettantistici oppure ancora i radiocomandi per apriporte e apricancelli);

- di carattere non tanto tecnico, ma "politico" sono invece quelle decisioni o raccomandazioni intervenute sulla "portabilità" degli apparecchi radio Segnaliamo in proposito:

- la raccomandazione T/R 61-01 che ha previsto il riconoscimento della licenza di radioamatore CEPT, determinando così una semplificazione delle procedure delle autorizzazioni provvisorie all’ingresso in Italia e consentendo ai radioamatori non residenti di trasferire la propria stazione, per la durata dei loro soggiorni temporanei, nei Paesi membri della CEPT che hanno adottato la raccomandazione stessa (recepita dall’Italia con il decreto del Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni 1.12.1990),

- la raccomandazione T/R 61-02 riguardante l’adeguamento delle prove d’esami per il conseguimento della patente radioamatoriale armonizzata "HAREC" (recepita con decreto del Ministro delle Comunicazioni 11.2.2003),

- le decisioni (CEPT) ERC/DEC (95)01, ERC/DEC(97)05, ERC/DEC(98)11, ERC/DEC(98)01, 02, 03 e 04 sulla libera circolazione di svariate apparecchiature radio nei Paesi membri della CEPT (recepite con D.P.R. 27 gennaio 2000 n.64).

Osserviamo che le decisioni e le raccomandazioni CEPT non si occupano - a differenza

della normativa comunitaria - dei requisiti tecnici delle apparecchiature, concentrandosi invece sulle frequenze utilizzabili e sulla modalità di uso e circolazione delle apparecchiature medesime (argomenti non trattati dalle direttive dell’Unione europea). E’ un’ulteriore riprova dell’assoluta distinzione tra le due istituzioni.

6. Conclusioni

Nei capitoli precedenti è stato esaminato come la direttiva comunitaria R&TTE abbia posto regole chiare e semplici per la commercializzazione delle apparecchiature radio e delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni, escludendo al tempo stesso - con intenti liberalizzatori - l’estensione di tali regole alle normali apparecchiature radio di sola ricezione, utilizzate esclusivamente per ricevere servizi di radiodiffusione sonora e televisiva.

Il combinato disposto della direttiva R&TTE con le direttive LVD ed EMC ha progressivamente portato alla disapplicazione della normativa nazionale in materia di prevenzione ed eliminazione dei disturbi alle radiocomunicazioni, dettata dai due decreti del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni 25.6.1985 e 27.8.1987.

La disapplicazione non è stata però totale, in quanto di tali decreti è tuttora vigente un paragrafo (il numero 3) riportante "prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva". Prescrizioni che - solo per l’Italia - si aggiungono a quelle dettate per gli altri Stati UE dalle citate direttive comunitarie.

In un successivo articolo verranno illustrati ed argomentati i forti dubbi sulla legittimità di tali ulteriori prescrizioni, non presenti nelle legislazioni degli altri membri dell’Unione.