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Mercenari, contractors: semplicemente sicurezza privata

Dettagli di colori
Ph. Erika Pucci / Dettagli di colori

Mercenari, contractors: in realtà sicurezza privata. La legislazione nazionale e internazionale vigente. Esame della proposta di legge in materia dei servizi di sicurezza privata e dell’impiego delle guardie giurate, assunte con regolare contratto, disciplinandone l’attività all’estero.

La necessità di una legislazione nazionale è dettata dall’elevato numero di aziende italiane che operano in Paesi ove esistono situazioni di rischio. Il testo che proponiamo esclude l’eventualità di estendere ai servizi di sicurezza privata la possibilità di svolgere azioni militari dirette o a sostegno di forze militari, nazionali o di altri Paesi.

La scelta di ricorrere a soggetti privati per garantire o migliorare le condizioni di sicurezza delle popolazioni o di particolari settori di attività ha radici antiche e si è sviluppata nelle varie epoche, con modalità diverse in relazione all’evoluzione dell’organizzazione statuale.

 

Breve excursus storico

Nell’antica Roma le guardie erano chiamate praefecti nocturni, vigilavano e custodivano beni pubblici e privati ed erano sottoposte agli ordini di quattro autorità, gli edili, eletti dal Senato.

Nel basso medioevo si organizzarono milizie cittadine, poste sotto il controllo del podestà, la più alta carica civile nel governo delle città dell’Italia centro-settentrionale in quel periodo storico. Le milizie vigilavano nelle città durante la notte e nei mercati urbani ed extraurbani.

Nel periodo dei comuni, le milizie vennero poste alle dipendenze delle corporazioni, divenendo corpi autonomi di milizia urbana, autorizzati a proteggere in via esclusiva i beni e gli interessi degli appartenenti alla corporazione.

 

Normativa italiana in materia

La prima normativa dello Stato italiano risale al 1890, con la legge 21 dicembre 1890, n. 7321, che regolò il servizio e le attribuzioni per gli ufficiali reggenti di pubblica sicurezza e introdusse concetti che ancora oggi sono, in gran parte, alla base dello stato giuridico delle guardie particolari giurate: requisiti determinati, regolamento unico, approvazione del prefetto e giuramento prestato davanti al pretore. Oggi la materia è disciplinata dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, più volte aggiornato nel corso del tempo.

Un tratto saliente dell’attività di sicurezza privata è rappresentato dal fatto che non è consentito un servizio a tutela delle persone, rimanendo questa funzione riservata dalla legge esclusivamente alle Forze di polizia dello Stato.

Con il regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 28 dicembre 2012, n. 266, ora sostituito dal regolamento di cui decreto 7 novembre 2019, n. 139, è stata sancita la possibilità di impiegare professionisti della sicurezza privata, denominati guardie giurate, su navi mercantili battenti bandiera italiana, a tutela dell’imbarcazione stessa e del carico trasportato.

Sono, inoltre, disciplinate le modalità di detenzione e di trasporto delle armi sia a bordo della nave sia sulla terraferma. Le circolari del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza del 19 ottobre 2013 e del 9 dicembre 2019 hanno in seguito dettato disposizioni attuative dei citati regolamenti.

Le norme che abbiamo oggi, quindi, si limitano alla previsione di compiti delle guardie giurate entro i confini nazionali (infatti le navi sono considerate territorio nazionale) e alla tutela dei beni e non delle persone.

In realtà, l’orizzonte giuridico dello Stato nazionale è di fatto superato da tempo a seguito dei profondi cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni, così come è sempre più alto il numero delle imprese di sicurezza privata che operano fuori del territorio nazionale.

Molte di queste imprese, in assenza di una legislazione che autorizzi le imprese di sicurezza privata a operare al di fuori del territorio nazionale, si avvalgono dei servizi prestati da imprese straniere, il cui operato non può in alcun modo essere regolamentato dallo Stato italiano.

È questa una realtà del nostro tempo che, da un lato, rende necessarie forme ulteriori per soddisfare le esigenze di sicurezza oltre i confini dello Stato nazionale, proprio per garantire la dovuta protezione dei beni e del personale delle imprese che operano all’estero, e, dall’altro, rende necessaria una legislazione nazionale per disciplinarle.

Di questo argomento si è occupata, il 17 maggio 2017, anche la Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo con la relazione 2016/2238(INI) sulle imprese di sicurezza private, che contiene una serie di indicazioni.

Nella relazione si definisce la funzione dei servizi di sicurezza come “sorveglianza o protezione armata di edifici, impianti, proprietà e persone, qualsiasi forma di trasferimento di conoscenze attraverso applicazioni di sicurezza e polizia, sviluppo e attuazione di misure di sicurezza delle informazioni e altre attività associate”.

La relazione, pur distinguendo le attività di sicurezza dall’attività militare, con l’espressione “servizio di sicurezza” comprende entrambe non tralasciando, però, di ammonire, per quanto riguarda queste ultime, che “l’impiego delle imprese di sicurezza private non può in alcun caso essere sostitutivo del personale delle forze armate nazionali” e che le “attività esternalizzate alle imprese di sicurezza private nelle zone di conflitto dovrebbero essere limitate a un sostegno logistico e alla protezione di impianti, senza l’effettiva presenza di imprese di sicurezza private nelle zone in cui sono in corso attività di combattimento”.

Inoltre, si sottolinea l’importanza del controllo parlamentare sull’utilizzo delle imprese di sicurezza private da parte degli Stati membri.

Per quanto riguarda il diritto internazionale, si ritiene utile ricordare che l’Italia ha aderito, il 15 giugno 2009, al Documento di Montreux, il primo documento internazionale che ribadisce gli obblighi in materia di diritto internazionale vigenti per gli Stati con riferimento alle attività delle società militari e delle imprese di sicurezza private.

Il Documento elenca una serie di buone pratiche volte ad assistere gli Stati nell’adozione di misure adeguate finalizzate all’adempimento dei loro obblighi giuridici internazionali.

Altrettanto importante è il Codice di condotta internazionale per le imprese di sicurezza privata (International Code of Conduct for Private Security Service Providers), che definisce parametri e princìpi professionali basati sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

Il Codice, unico nel suo genere, è stato il frutto di un’iniziativa lanciata dalla Svizzera nel 2010 ed è stato recepito da diverse imprese di sicurezza privata, da altrettante associazioni professionali e da organizzazioni umanitarie nonché da settori particolarmente sensibili della società civile.

Concretamente, il Codice di condotta internazionale richiede alle società aderenti di rispettare i diritti umani e il diritto internazionale umanitario nel fornire ser- vizi di sicurezza privata in aree in cui lo Stato di diritto è fragile, nonché di agire nel rispetto del diritto applicabile, sia esso locale, regionale o nazionale.

L’adesione avviene su base volontaria e a pagamento, ma le elevate tariffe di adesione non sono accessibili per tutte le imprese di sicurezza privata.

È auspicabile che anche l’Italia aderisca a questo importante Codice e si adoperi a livello dell’Unione europea per- ché lo facciano anche gli altri Stati membri. Finora gli unici Paesi che lo hanno sottoscritto sono la Svezia e il Regno Unito.

Considerate l’eccezionalità e la delicatezza del servizio richiesto alle imprese di sicurezza privata che operano all’estero, nei limiti stabiliti dalla presente proposta di legge, è necessario che chiunque si avvale delle loro prestazioni definisca contrattualmente l’obbligo di aderire ai princìpi volontari sulla sicurezza e sui diritti umani (Voluntary Principles on Security and Human Rights), adottati in seguito all’iniziativa sui princìpi volontari istituita nel 2000 secondo i princìpi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.

La proposta di legge appena stampata dalla Camera dei Deputati si occupa dei servizi di sicurezza privata e dell’impiego delle guardie giurate, assunte con regolare contratto, disciplinandone l’attività all’estero.

I proponenti ritengono necessario adottare una legislazione nazionale soprattutto in considerazione dell’elevato numero di aziende italiane che operano in Paesi ove esistono situazioni di rischio.

Il testo presentato esclude l’eventualità di estendere ai servizi di sicurezza privata la possibilità di svolgere azioni militari dirette o a sostegno di forze militari, nazionali o di altri Paesi.

Esame della proposta di legge.

L’articolo 1 definisce lo stato giuridico dei servizi di sicurezza privata estendendo le competenze in materia di protezione non solo ai beni delle imprese ma anche al personale delle stesse.

L’articolo 2 individua l’ambito territoriale di applicazione.

L’articolo 3 elenca i requisiti professionali abilitanti al servizio, necessari al per- sonale delle imprese di sicurezza privata per essere autorizzato a operare fuori del territorio nazionale.

L’articolo 4 definisce un codice di condotta al quale devono attenersi le imprese di sicurezza privata e chiunque intende avvalersi del loro operato.

L’articolo 5 disciplina il tipo di armamento utilizzabile, rimettendo il rilascio delle necessarie autorizzazioni alle autorità del Paese in cui opererà l’impresa di sicurezza privata.

L’articolo 6 stabilisce una riserva di giurisdizione da parte dell’Italia, che dovrà essere stabilita mediante specifici trattati internazionali stipulati attraverso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

L’articolo 7 prescrive alle imprese di sicurezza privata di assicurare il coordinamento con le autorità militari italiane eventualmente presenti nello Stato estero nel quale operano.

L’articolo 8 stabilisce gli obblighi e le modalità di comunicazione con le autorità estere e nazionali per tutto ciò che riguarda gli atti amministrativi previsti dagli ordinamenti nazionali e sopranazionali.

L’articolo 9 introduce la figura di un responsabile del servizio, al quale spetta tra l’altro il compito di garantire comunicazioni sicure con il personale incaricato del suo svolgimento.