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Nausea 3D? niente paura, meglio così: spunti sulla garanzia in presenza della stampa 3D

Nausea 3D? niente paura, meglio così: spunti sulla garanzia in presenza della stampa 3D
Nausea 3D? niente paura, meglio così: spunti sulla garanzia in presenza della stampa 3D

Nausea 3D? niente paura, meglio così: spunti sulla garanzia in presenza della stampa 3D

È un buon segno che il tema della stampa 3D stia lentamente uscendo dalle prime pagine dei quotidiani generalisti. Quasi non fa più notizia. Naturalmente mi piace essere paradossale e ancora questo declino non si vede distintamente, forse si intravvede.

Perché è (sarebbe) una buona notizia? Perché dalla saga dei mirabolanti successi della stampa 3D si passa più attentamente all’esame delle implicazioni e degli scenari della tecnologia, che è poi l’intento che abbiamo seguito con il Professor Galli nel curare il volume Stampa 3D. Una rivoluzione che cambierà il mondo? la cui seconda edizione in uscita ad ottobre 2015, sempre per Filodiritto Editore, sarà integrata con contributi in nuovi campi e soprattutto vedrà eliminato il punto interrogativo del titolo. Allora aveva senso, oggi no.

Mi piace quindi avanzare alcuni spunti su temi che confesso di avere trascurato sino ad oggi, ma che, alla luce delle domande che mi sono state rivolte da chi le stampanti le produce e le usa quotidianamente, sono tutt’altro che secondari.

Nei contratti tra imprenditori – esco volutamente dalla logica di quelli con i consumatori – tra le ipotesi che comportano l’esclusione dell’operatività della garanzia sul macchinario, il produttore generalmente inserisce l’uso improprio, la manutenzione non autorizzata, ecc..

Fermo restando che sull’obbligo dell’utilizzo di materiali/componenti/ricambi originali incide la disciplina antitrust dell’Unione Europea, mi sembra che il caso della stampa 3D  comporti il sorgere di ipotesi distinte.

Supponiamo che l’impresa compratrice e utilizzatrice della macchina si avvalga di una stampante 3D per riprodurre un pezzo danneggiato, grazie all’importazione mediante scanner dell’immagine in 3D del medesimo pezzo. Questo tipo di operazione può essere invocata dal produttore per dichiarare l’utilizzatore decaduto dalla garanzia? 

L’utilizzatore potrà invocare che il pezzo sostituito è una riproduzione esatta di quello precedente e, eventualmente, che la parte del macchinario interessata dalla sostituzione non è rilevante ai fini del funzionamento, ad esempio perché con funzioni meramente protettive (ciò che porta ulteriori conseguenze in termini di sicurezza sul lavoro e responsabilità da prodotto) o addirittura esclusivamente ornamentali/estetiche. La parte venditrice sosterrà invece, ad esempio, che oltre alla forma e alla funzione assume rilevanza il materiale del pezzo sostituito, che potrebbe non essere lo stesso ovvero non avere le medesime caratteristiche di resistenza.

Forse non ci porremmo queste domande qualora il pezzo sostituito dall’utilizzatore fosse un componente. In questo caso la posizione dell’utilizzatore sarebbe più difficilmente difendibile anche se è ben vero che il componente originario potrebbe essere stato realizzato con la tecnologia della stampa 3D con un determinato materiale. Potrebbe in questo caso il produttore rifiutare di fornire la garanzia ovvero fare derivare dall’attività dell’utilizzatore una decadenza?

Apro un inciso: in questo scenario come potrebbe cambiare il testo della scheda tecnica e del “libretto di istruzioni”? potrebbe trovare spazio la specifica indicazione della modalità di produzione con stampa 3D e del relativo materiale. Il produttore potrebbe mettere a disposizione del compratore/utilizzatore i file e le specifiche del materiale da utilizzare e, qualora il componente/pezzo sia realizzato in difformità, farne derivare la decadenza dalla garanzia.

Penso che la novità consista nella facilità e velocità con la quale operazioni di sostituzione di questo tipo possono essere effettuate grazie alla tecnologia della stampa 3D. Facilità e velocità che potrebbero risultare decisive qualora il pezzo incida sul funzionamento , ad esempio sui livelli di performance, della macchina, che il compratore ha naturalmente interesse a mantenere senza attendere l’intervento del venditore, che per quanto conforme a quanto previsto dal contratto, non è mai tempestivo come si vorrebbe.

E allora? sul piano contrattuale – valutati i profili sulla concorrenza – potrebbe essere opportuno, per quanto possa oggi apparire un vezzo, che i venditori di macchine (forse precorrendo i tempi) inseriscano già tra le ipotesi di decadenza o comunque di non operatività della garanzia, anche quella dell’utilizzo della stampa 3D – se non autorizzata per iscritto – a fini di sostituzione di pezzi, componenti, ricambi, decidendo se commisurare la misura a seconda che l’intervento interessi o meno componenti che incidono direttamente sulla funzionalità della macchina.

Il fenomeno potrà essere regolamentato qualora la venditrice, eventualmente d’intesa con la casa produttrice, metta a disposizione del compratore una galleria di file con la riproduzione esatta del pezzo/componente da sostituire, invitando il cliente al fai da te: oppure, come avevo anticipato nel mio contributo nella prima edizione del volume sulla stampa 3D, coinvolgendo distributori, rivenditori, installatori di fiducia ai quali è consentito un accesso protetto ai file con i componenti, affinché possano procedere alla stampa e poi recarsi dal cliente che ha chiesto l’intervento. Ciò comporterebbe una potenziale, sensibile riduzione del tempo di intervento.

A ben guardare non mi sembra che discorso molto diverso possa farsi nel caso di beni di consumo. L’era delle stampanti consumer (evito di entrare nel ginepraio delle previsioni in ordine allo sviluppo del fenomeno, se cioè esso potrà avere un’estensione simile a quella delle stampanti per la carta) rende la domanda non così peregrina, e credo che potrà essere irresistibile la tentazione di coloro che avranno a disposizione la stampante, anche solo accedendo ai tanti FabLab ormai di diffusione capillare, ovvero avvalendosi di service a pagamento.

Ancor più irresistibile potrà essere ricorrere alla stampa 3D di pezzi da sostituire non tanto perché obsoleti o danneggiati, ma semplicemente per ragioni estetiche, di gusto personale. Questa del resto pare anche la direzione del mercato e delle stesse case produttrici, che consentono l’acquisto del pezzo – e un domani del semplice file – per procedere alla sostituzione di quello che oggi non ci piace più e domani potrà anche tornarci a piacere.

Insomma, forse ora è il momento di introdurre temi di confronto, per i manuali c’è tempo.

Nausea 3D? niente paura, meglio così: spunti sulla garanzia in presenza della stampa 3D

È un buon segno che il tema della stampa 3D stia lentamente uscendo dalle prime pagine dei quotidiani generalisti. Quasi non fa più notizia. Naturalmente mi piace essere paradossale e ancora questo declino non si vede distintamente, forse si intravvede.

Perché è (sarebbe) una buona notizia? Perché dalla saga dei mirabolanti successi della stampa 3D si passa più attentamente all’esame delle implicazioni e degli scenari della tecnologia, che è poi l’intento che abbiamo seguito con il Professor Galli nel curare il volume Stampa 3D. Una rivoluzione che cambierà il mondo? la cui seconda edizione in uscita ad ottobre 2015, sempre per Filodiritto Editore, sarà integrata con contributi in nuovi campi e soprattutto vedrà eliminato il punto interrogativo del titolo. Allora aveva senso, oggi no.

Mi piace quindi avanzare alcuni spunti su temi che confesso di avere trascurato sino ad oggi, ma che, alla luce delle domande che mi sono state rivolte da chi le stampanti le produce e le usa quotidianamente, sono tutt’altro che secondari.

Nei contratti tra imprenditori – esco volutamente dalla logica di quelli con i consumatori – tra le ipotesi che comportano l’esclusione dell’operatività della garanzia sul macchinario, il produttore generalmente inserisce l’uso improprio, la manutenzione non autorizzata, ecc..

Fermo restando che sull’obbligo dell’utilizzo di materiali/componenti/ricambi originali incide la disciplina antitrust dell’Unione Europea, mi sembra che il caso della stampa 3D  comporti il sorgere di ipotesi distinte.

Supponiamo che l’impresa compratrice e utilizzatrice della macchina si avvalga di una stampante 3D per riprodurre un pezzo danneggiato, grazie all’importazione mediante scanner dell’immagine in 3D del medesimo pezzo. Questo tipo di operazione può essere invocata dal produttore per dichiarare l’utilizzatore decaduto dalla garanzia? 

L’utilizzatore potrà invocare che il pezzo sostituito è una riproduzione esatta di quello precedente e, eventualmente, che la parte del macchinario interessata dalla sostituzione non è rilevante ai fini del funzionamento, ad esempio perché con funzioni meramente protettive (ciò che porta ulteriori conseguenze in termini di sicurezza sul lavoro e responsabilità da prodotto) o addirittura esclusivamente ornamentali/estetiche. La parte venditrice sosterrà invece, ad esempio, che oltre alla forma e alla funzione assume rilevanza il materiale del pezzo sostituito, che potrebbe non essere lo stesso ovvero non avere le medesime caratteristiche di resistenza.

Forse non ci porremmo queste domande qualora il pezzo sostituito dall’utilizzatore fosse un componente. In questo caso la posizione dell’utilizzatore sarebbe più difficilmente difendibile anche se è ben vero che il componente originario potrebbe essere stato realizzato con la tecnologia della stampa 3D con un determinato materiale. Potrebbe in questo caso il produttore rifiutare di fornire la garanzia ovvero fare derivare dall’attività dell’utilizzatore una decadenza?

Apro un inciso: in questo scenario come potrebbe cambiare il testo della scheda tecnica e del “libretto di istruzioni”? potrebbe trovare spazio la specifica indicazione della modalità di produzione con stampa 3D e del relativo materiale. Il produttore potrebbe mettere a disposizione del compratore/utilizzatore i file e le specifiche del materiale da utilizzare e, qualora il componente/pezzo sia realizzato in difformità, farne derivare la decadenza dalla garanzia.

Penso che la novità consista nella facilità e velocità con la quale operazioni di sostituzione di questo tipo possono essere effettuate grazie alla tecnologia della stampa 3D. Facilità e velocità che potrebbero risultare decisive qualora il pezzo incida sul funzionamento , ad esempio sui livelli di performance, della macchina, che il compratore ha naturalmente interesse a mantenere senza attendere l’intervento del venditore, che per quanto conforme a quanto previsto dal contratto, non è mai tempestivo come si vorrebbe.

E allora? sul piano contrattuale – valutati i profili sulla concorrenza – potrebbe essere opportuno, per quanto possa oggi apparire un vezzo, che i venditori di macchine (forse precorrendo i tempi) inseriscano già tra le ipotesi di decadenza o comunque di non operatività della garanzia, anche quella dell’utilizzo della stampa 3D – se non autorizzata per iscritto – a fini di sostituzione di pezzi, componenti, ricambi, decidendo se commisurare la misura a seconda che l’intervento interessi o meno componenti che incidono direttamente sulla funzionalità della macchina.

Il fenomeno potrà essere regolamentato qualora la venditrice, eventualmente d’intesa con la casa produttrice, metta a disposizione del compratore una galleria di file con la riproduzione esatta del pezzo/componente da sostituire, invitando il cliente al fai da te: oppure, come avevo anticipato nel mio contributo nella prima edizione del volume sulla stampa 3D, coinvolgendo distributori, rivenditori, installatori di fiducia ai quali è consentito un accesso protetto ai file con i componenti, affinché possano procedere alla stampa e poi recarsi dal cliente che ha chiesto l’intervento. Ciò comporterebbe una potenziale, sensibile riduzione del tempo di intervento.

A ben guardare non mi sembra che discorso molto diverso possa farsi nel caso di beni di consumo. L’era delle stampanti consumer (evito di entrare nel ginepraio delle previsioni in ordine allo sviluppo del fenomeno, se cioè esso potrà avere un’estensione simile a quella delle stampanti per la carta) rende la domanda non così peregrina, e credo che potrà essere irresistibile la tentazione di coloro che avranno a disposizione la stampante, anche solo accedendo ai tanti FabLab ormai di diffusione capillare, ovvero avvalendosi di service a pagamento.

Ancor più irresistibile potrà essere ricorrere alla stampa 3D di pezzi da sostituire non tanto perché obsoleti o danneggiati, ma semplicemente per ragioni estetiche, di gusto personale. Questa del resto pare anche la direzione del mercato e delle stesse case produttrici, che consentono l’acquisto del pezzo – e un domani del semplice file – per procedere alla sostituzione di quello che oggi non ci piace più e domani potrà anche tornarci a piacere.

Insomma, forse ora è il momento di introdurre temi di confronto, per i manuali c’è tempo.