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Novità sulla tutela penale del made in Italy (legge 206/2023)

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Novità sulla tutela penale del made in Italy (legge 206/2023)
 

La legge 206/2023, in vigore dall’11 gennaio 2024, introduce alcune disposizioni per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy.

Mi soffermo brevemente sui profili sanzionatori.

Innanzitutto, viene modificato l’art 517 c.p. (vendita di prodotti industriali con segni mendaci).

Questo il nuovo testo (in grassetto le integrazioni):

Chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.

L’intervento normativo vuole uniformare la disposizione con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo cui anche il depositario, lo spedizioniere, il trasportatore, l'intermediario, il magazziniere possono rispondere del reato di cui all’art. 517 c.p., qualora siano consapevoli del mendacio (ex multis: Cass., III, n. 14644/2005).

Del resto, anche disposizioni analoghe, come quella di cui all’art. 474 c.p., comma 2, (commercio di prodotti falsi), sanzionano la condotta di chi detiene al fine di vendere prodotti contraffatti.

In più occasioni, la Corte di Cassazione ha affermato che mentre l’art. 473 c.p. esige la contraffazione (che consiste nella riproduzione integrale, in tutta la sua configurazione emblematica e denominativa, di un marchio o di un segno distintivo) o l’ alterazione (che ricorre quando la riproduzione è parziale, ma tale da potersi confondere col marchio originario o col segno distintivo), la fattispecie di cui all’art. 517 c.p. prescinde dalla falsità, richiedendo la mera, artificiosa equivocità dei contrassegni, marchi ed indicazioni illegittimamente usati, tali da ingenerare la possibilità di confusione con prodotti similari da parte dei consumatori comuni (V, n. 38068/2005; II, n. 19541/2020).

In secondo luogo, anche il delitto di cui all’art 517-quater c.p. (contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari), consentirà le c.d. operazioni sotto copertura, ai sensi dell’art 9 della legge 146/2006: come è noto, quest’ultima disposizione esclude la punibilità per gli ufficiali di polizia giudiziaria i quali, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine a specifici reati abbiano tenuto condotte, individuate dalla norma, che costituirebbero fattispecie delittuose.

Già la legge 136/2010 aveva inserito nell’art 9 i delitti di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.) e introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.).

L’art 517-quater c.p. punisce chiunque contraffà o altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari e chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.

Va ricordato che i reati citati (artt 517 e 517-quater c.p.) sono reati presupposto della responsabilità dell’ente (art. 25-bis.1 d.lg. 231/2001 - Delitti contro l'industria e il commercio): in relazione ad essi è applicabile all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote e le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2.

Inoltre, allo scopo di rafforzare l'efficacia deterrente delle sanzioni pecuniarie a carico degli acquirenti di merci contraffatte, viene disposto l’aumento del minimo edittale (che passa a 300 euro) dell’illecito amministrativo previsto dall’art 1 D.L. 35/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 80/2005.

Questo il nuovo testo dei commi 7 e 7-bis:

7. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro fino a 7.000 euro l'acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale.

7-bis. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro fino a 7.000 euro l'acquirente finale che, all'interno degli spazi doganali, introduce con qualsiasi mezzo nel territorio dello Stato beni provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che violano le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti, in materia di proprietà industriale e di diritto d'autore, a condizione che i beni introdotti siano pari o inferiori a venti pezzi ovvero abbiano un peso lordo pari o inferiore a 5 chili e che l'introduzione dei beni non risulti connessa a un'attività commerciale.

Infine, viene modificato l’art 81 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. in materia di redazione del verbale di sequestro.

Il verbale deve contenere – a tutela del diritto di difesa - l'elenco delle cose sequestrate, la descrizione delle cautele adottate per assicurarle e l'indicazione della specie e del numero dei sigilli apposti.

Ebbene, la legge integra l’articolo 81, prevedendo che, in caso di beni contraffatti, l’elenco può essere sostituito dalla catalogazione delle cose sequestrate per tipologia e la quantità può essere indicata per massa, volume o peso.

Nella relazione di accompagnamento si aggiunge:

Si tratta di un adeguamento necessario della normativa che descrive le operazioni di verbalizzazione dei beni sequestrati, le quali spesso rallentano le procedure cautelari e procrastinano la custodia dei beni stessi, in quanto richiedono parecchio tempo per la catalogazione minuziosa delle merci, che sono inventariate pezzo per pezzo. La norma, disponendo invece che le stesse merci vengano individuate per quantità e per tipologia, consente uno snellimento delle incombenze e un tempo minore di custodia, soprattutto per tutti quei beni e merci per cui non sia stato proposto o sia decorso il tempo di proposizione del ricorso in impugnazione del provvedimento cautelare e che, pertanto, sono destinati ad essere distrutti.