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Personale scolastico: le nomine hanno lasciato il posto ai contratti

Nullità e annullabilità del contratto individuale per reclutare i supplenti
L’Amministrazione scolastica, sebbene nell’esercizio dell’autotutela, non può più revocare o annullare gli incarichi di supplenza conferiti: così come, non di rado, avveniva in passato. Perché oggi la prestazione di lavoro nel pubblico impiego deriva da contratti. Ed i contratti sono assoggettati alla normativa privatistica fissata dal codice civile e dalla contrattazione collettiva. Di conseguenza, nel caso in cui l’Amministrazione ravvisi i termini per procedere, ad esempio, al licenziamento del lavoratore a tempo determinato, per giustificato motivo o per giusta causa, dovrà utilizzare, obbligatoriamente, il cosiddetto recesso unilaterale. Sempre, però, per il tramite di un provvedimento motivato e fermo restando che tale provvedimento potrà essere impugnato in sede di giudizio dinanzi al Giudice del lavoro, o per mezzo delle procedure stragiudiziali di composizione delle controversie di lavoro (conciliazione e arbitrato).

Invero, con la riforma del pubblico impiego, oggi trasfusa e contenuta nel Decreto legislativo n.165/2001, la natura del rapporto di lavoro è mutata da pubblica a privata, ed anche la sua fonte normativa principale non è più la legge ma il contratto collettivo. E’ cambiato, altresì, il modo d’assunzione, giacché il rapporto di lavoro s’instaura con un contratto individuale, preceduto da procedure selettive (art.35 del Decreto legislativo citato), e non più con un provvedimento amministrativo, che era definito " atto di nomina". E se nel recente passato tale atto di reclutamento di pubblici impiegati poteva essere illegittimo, ora, potrà accadere che la costituzione del sinallagma avvenga mediante la stipula di un contratto di lavoro non valido.

Quanto al personale della scuola, si rilevano interessanti problematiche connesse a tali ipotesi di assunzione, che, pur riguardano sia coloro che sono assunti a tempo indeterminato (ex personale di ruolo) sia quanti lavorano a tempo determinato (ex personale non di ruolo), coinvolgono maggiormente proprio i precari, ossia i supplenti (personale a tempo determinato).

A migliore contezza della tematica, occorre preliminarmente osservare che, in generale, il contratto nullo non produce alcun effetto, mentre quello annullabile è produttivo di effetti fino a quanto non sarà annullato dalla pronuncia giudiziale.

Orbene, ai sensi e per gli effetti dell’art.2033 del codice civile, il pagamento di somme di denaro (nel nostro caso la retribuzione) avvenuto a seguito di contratto nullo, andrebbe restituito. Il tal senso si è più volte espresso il Consiglio di Stato, con riferimento a pagamenti corrisposti a favore di dipendenti pubblici: ravvisando in tali ipotesi la fattispecie dell’indebito oggettivo.

Oggi, però, in regime di privatizzazione, melius, di contrattualizzazione del pubblico impiego, la " questio juris" è mutata radicalmente. In materia di contratto di lavoro subordinato, infatti, l’art.2126 cod. civ., rubricato " Prestazione di fatto con violazione di legge", sulla base della distinzione concettuale tra contratto e rapporto di lavoro, mantiene in favore del lavoratore gli effetti del sinallagma già prodotti, anche quando il contratto individuale di lavoro sia nullo o annullabile, sempre che l’invalidità radicale non derivi da causa od oggetto illecito. Sicché, in virtù di tale norma, si realizza, ora anche nel pubblico impiego, una sorta di temporanea conservazione del rapporto. Ciò significa che, alla stregua dell’art.2126 c.c. e deroga ai principi generali degli effetti del contratto invalido, il lavoratore subordinato ha in ogni caso diritto alla retribuzione (ed ad ogni altra prestazione prevista dal contratto e connessa con l’instaurazione del rapporto) per tutto il tempo in cui la prestazione lavorativa sia stata concretamente e realmente effettuata, mentre la P.A. non avrà diritto a ripetere le somme riscosse dal dipendente.

Nel particolare caso del personale scolastico, se l’assunzione a tempo indeterminato di un docente (ex ruolo) avvenga per effetto un contratto invalido (ad esempio per mancanza dei requisiti richiesti per accedere alla selezione di un concorso), l’Amministrazione- datore di lavoro potrà licenziarlo, ossia potrà sicuramente formalizzare il proprio recesso: ciò non di meno sarà fatta salva la retribuzione spettante al docente per tutto il tempo in cui è stata prestata l’attività di insegnamento. Se, invece, l’ipotesi di reclutamento riguarda una supplenza temporanea, conferita erroneamente ed in concorrenza con altri docenti, a chi non n’aveva diritto, la vicenda giuridica si complica. E mancano, ad oggi, decisioni giurisprudenziali, che permettono un orientamento nell’applicare e interpretare la complessa normativa con riferimento al personale della scuola.

Intanto, il docente assunto erroneamente (quindi mediante contratto annullabile) a discapito di altro collega, per l’intera durata della sua prestazione di fatto, per quanto precisato, avrà diritto non solo alla retribuzione, ma godrà anche di altri benefici giuridici (ad esempio: acquisizione di punteggio da far valere per graduarsi meglio nella graduatoria dei supplenti). Il docente estromesso, invece, essendo terzo e non parte del contratto invalido, non potrà impugnarlo e chiederne l’annullamento (la cui relativa azione spetta solo alle parti). Tuttavia, egli potrà spiegare, senz’altro, azione giudiziale per risarcimento dei danni conseguenti alla lesione del diritto alla contrattazione e alla mancata instaurazione del rapporto di lavoro: ma tale tutela e la pronuncia a lui favorevole non incideranno per nulla sui diritti quesiti dall’altro lavoratore- docente (retribuzione e, soprattutto punteggi). Ciò significa che entrambi i docenti acquisiranno punteggi e saranno retribuiti: l’uno ex art. 2126 c.c. (ope legis) l’altro mediante pronuncia giudiziale (ope judicis). Sul piano pratico, però, resterà la beffa del docente cui spettava la regolare supplenza, giacché vedrà invariata la sua posizione in graduatoria rispetto all’altro concorrente, in termini di maggior punteggio relativo, e rimarrà, in ogni caso, il nocumento di tutti gli altri docenti che seguono in graduatoria il docente erroneamente assunto, poiché vedranno aumentare il loro " distacco" relativamente al punteggio accumulato da costui.

Il caso, riportato in quest’intervento, è evidentemente solo un’ipotesi astratta che, tuttavia, potrebbe concretamente avverarsi. Si tratta di fattispecie particolare che rimarca chiaramente la specificità e la peculiarità del rapporto di lavoro del personale scolastico, che meriterebbe una diversa e specifica regolamentazione, distinta da quella che disciplina, in generale, tuttora il lavoro alle dipendenze degli altri comparti della Pubblica Amministrazione, ove il precariato ha carattere eccezionale, mentre nella scuola il ricorso alle supplenze temporanee per il personale docente ed A.T.A. è strumento ontologicamente ordinario.

L’Amministrazione scolastica, sebbene nell’esercizio dell’autotutela, non può più revocare o annullare gli incarichi di supplenza conferiti: così come, non di rado, avveniva in passato. Perché oggi la prestazione di lavoro nel pubblico impiego deriva da contratti. Ed i contratti sono assoggettati alla normativa privatistica fissata dal codice civile e dalla contrattazione collettiva. Di conseguenza, nel caso in cui l’Amministrazione ravvisi i termini per procedere, ad esempio, al licenziamento del lavoratore a tempo determinato, per giustificato motivo o per giusta causa, dovrà utilizzare, obbligatoriamente, il cosiddetto recesso unilaterale. Sempre, però, per il tramite di un provvedimento motivato e fermo restando che tale provvedimento potrà essere impugnato in sede di giudizio dinanzi al Giudice del lavoro, o per mezzo delle procedure stragiudiziali di composizione delle controversie di lavoro (conciliazione e arbitrato).

Invero, con la riforma del pubblico impiego, oggi trasfusa e contenuta nel Decreto legislativo n.165/2001, la natura del rapporto di lavoro è mutata da pubblica a privata, ed anche la sua fonte normativa principale non è più la legge ma il contratto collettivo. E’ cambiato, altresì, il modo d’assunzione, giacché il rapporto di lavoro s’instaura con un contratto individuale, preceduto da procedure selettive (art.35 del Decreto legislativo citato), e non più con un provvedimento amministrativo, che era definito " atto di nomina". E se nel recente passato tale atto di reclutamento di pubblici impiegati poteva essere illegittimo, ora, potrà accadere che la costituzione del sinallagma avvenga mediante la stipula di un contratto di lavoro non valido.

Quanto al personale della scuola, si rilevano interessanti problematiche connesse a tali ipotesi di assunzione, che, pur riguardano sia coloro che sono assunti a tempo indeterminato (ex personale di ruolo) sia quanti lavorano a tempo determinato (ex personale non di ruolo), coinvolgono maggiormente proprio i precari, ossia i supplenti (personale a tempo determinato).

A migliore contezza della tematica, occorre preliminarmente osservare che, in generale, il contratto nullo non produce alcun effetto, mentre quello annullabile è produttivo di effetti fino a quanto non sarà annullato dalla pronuncia giudiziale.

Orbene, ai sensi e per gli effetti dell’art.2033 del codice civile, il pagamento di somme di denaro (nel nostro caso la retribuzione) avvenuto a seguito di contratto nullo, andrebbe restituito. Il tal senso si è più volte espresso il Consiglio di Stato, con riferimento a pagamenti corrisposti a favore di dipendenti pubblici: ravvisando in tali ipotesi la fattispecie dell’indebito oggettivo.

Oggi, però, in regime di privatizzazione, melius, di contrattualizzazione del pubblico impiego, la " questio juris" è mutata radicalmente. In materia di contratto di lavoro subordinato, infatti, l’art.2126 cod. civ., rubricato " Prestazione di fatto con violazione di legge", sulla base della distinzione concettuale tra contratto e rapporto di lavoro, mantiene in favore del lavoratore gli effetti del sinallagma già prodotti, anche quando il contratto individuale di lavoro sia nullo o annullabile, sempre che l’invalidità radicale non derivi da causa od oggetto illecito. Sicché, in virtù di tale norma, si realizza, ora anche nel pubblico impiego, una sorta di temporanea conservazione del rapporto. Ciò significa che, alla stregua dell’art.2126 c.c. e deroga ai principi generali degli effetti del contratto invalido, il lavoratore subordinato ha in ogni caso diritto alla retribuzione (ed ad ogni altra prestazione prevista dal contratto e connessa con l’instaurazione del rapporto) per tutto il tempo in cui la prestazione lavorativa sia stata concretamente e realmente effettuata, mentre la P.A. non avrà diritto a ripetere le somme riscosse dal dipendente.

Nel particolare caso del personale scolastico, se l’assunzione a tempo indeterminato di un docente (ex ruolo) avvenga per effetto un contratto invalido (ad esempio per mancanza dei requisiti richiesti per accedere alla selezione di un concorso), l’Amministrazione- datore di lavoro potrà licenziarlo, ossia potrà sicuramente formalizzare il proprio recesso: ciò non di meno sarà fatta salva la retribuzione spettante al docente per tutto il tempo in cui è stata prestata l’attività di insegnamento. Se, invece, l’ipotesi di reclutamento riguarda una supplenza temporanea, conferita erroneamente ed in concorrenza con altri docenti, a chi non n’aveva diritto, la vicenda giuridica si complica. E mancano, ad oggi, decisioni giurisprudenziali, che permettono un orientamento nell’applicare e interpretare la complessa normativa con riferimento al personale della scuola.

Intanto, il docente assunto erroneamente (quindi mediante contratto annullabile) a discapito di altro collega, per l’intera durata della sua prestazione di fatto, per quanto precisato, avrà diritto non solo alla retribuzione, ma godrà anche di altri benefici giuridici (ad esempio: acquisizione di punteggio da far valere per graduarsi meglio nella graduatoria dei supplenti). Il docente estromesso, invece, essendo terzo e non parte del contratto invalido, non potrà impugnarlo e chiederne l’annullamento (la cui relativa azione spetta solo alle parti). Tuttavia, egli potrà spiegare, senz’altro, azione giudiziale per risarcimento dei danni conseguenti alla lesione del diritto alla contrattazione e alla mancata instaurazione del rapporto di lavoro: ma tale tutela e la pronuncia a lui favorevole non incideranno per nulla sui diritti quesiti dall’altro lavoratore- docente (retribuzione e, soprattutto punteggi). Ciò significa che entrambi i docenti acquisiranno punteggi e saranno retribuiti: l’uno ex art. 2126 c.c. (ope legis) l’altro mediante pronuncia giudiziale (ope judicis). Sul piano pratico, però, resterà la beffa del docente cui spettava la regolare supplenza, giacché vedrà invariata la sua posizione in graduatoria rispetto all’altro concorrente, in termini di maggior punteggio relativo, e rimarrà, in ogni caso, il nocumento di tutti gli altri docenti che seguono in graduatoria il docente erroneamente assunto, poiché vedranno aumentare il loro " distacco" relativamente al punteggio accumulato da costui.

Il caso, riportato in quest’intervento, è evidentemente solo un’ipotesi astratta che, tuttavia, potrebbe concretamente avverarsi. Si tratta di fattispecie particolare che rimarca chiaramente la specificità e la peculiarità del rapporto di lavoro del personale scolastico, che meriterebbe una diversa e specifica regolamentazione, distinta da quella che disciplina, in generale, tuttora il lavoro alle dipendenze degli altri comparti della Pubblica Amministrazione, ove il precariato ha carattere eccezionale, mentre nella scuola il ricorso alle supplenze temporanee per il personale docente ed A.T.A. è strumento ontologicamente ordinario.