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Piero Calamandrei: discorso “Amici e compagni”

Piero Calamndrei
Piero Calamndrei

Piero Calamandrei il 18 febbraio 1956 a Roma tenne il discorso “Amici e compagni” in un convegno che celebrava il primo decennale della Costituzione.

Nel discorso “Amici e compagni” Piero Calamandrei si rivolge ai giovani e indica la lunga strada che deve percorrere la Costituzione per essere effettivamente attuata per modificare “questa società in cui ancora viviamo” e che, “così come è, non può continuare e deve essere modificata.

Trascorreranno pochi mesi e Piero Calamandrei morirà nella sua amata Firenze il 27 settembre del 1956.

Il discorso “Amici e compagni” è stato pubblicato postumo dalla rivista “Il Ponte” ed è passato inosservato e quasi dimenticato nella bibliografia dedicata a Piero Calamandrei.

Sono trascorsi 65 anni ed amaro constatare che la Costituzione non è stata, ancora, attuata completamente. Nel discorso Piero Calamandrei esclama: E c’è l’articolo 36: il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro; in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa.

Questo, o giovani che mi ascoltate è, il punto essenziale della Costituzione!

Finché in Italia ci sarà una sola persona, un solo lavoratore, che cerchi lavoro e non lo abbia, una sola famiglia di lavoratori a cui non sia garantita una esistenza libera e dignitosa, ci sarà lavoro per voi, o giovani! Lungo lavoro, lungo lavoro da compiere per realizzare la Costituzione! Questo è il punto essenziale”.
 

Piero Calamandrei: parole e pensieri attuali oggi più che mai

Lo scorso anno Filodiritto ha pubblicato il Discorso sulla Costituzione pronunciato da Piero Calamandrei a Milano nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi per illustrare in modo accessibile a tutti i principi morali e giuridici che stanno a fondamento della nostra vita associativa.

Una splendida conversazione, ironica e tagliente sull’osservanza della Costituzione che lo lasciava molto scettico: “Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità; per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani, un po’ una malattia dei giovani. La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica”.

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Quest’anno per ricordare Piero Calamandrei, Filodiritto propone il discorso “Amici e compagni”.

Un discorso vibrante, a tratti commovente, rivolto ai giovani nel ricordo di tutti “i nostri predecessori che sono arrivati a parlare attraverso questi articoli”.

Buona lettura!

Avv. Riccardo Radi


Piero Calamandrei: discorso “Amici e compagni”
 

“… Amici, io voglio dirvi che se la Costituzione fosse soltanto una legge, cioè come diceva stamani Parri, una realtà tipografica, la Costituzione non sarebbe niente, perché le leggi finché sono in mano di noi giuristi artefici di formule, sono formule pulite ma vuote; le leggi perché vivano occorre metterci dentro il sangue, occorre metterci dentro l’anima. E questo convegno deve servire a metter sangue e anima dentro la Costituzione!

Amici! dieci anni, ma oggi non è la fine di un decennio, è un altro decennio che comincia. Oggi è l’inizio di un altro decennio.

Vedete, via via che passano gli anni, e che ci si ritrova in questi convegni siamo sempre meno quelli di quel tempo, quelli che si ritrovano da allora sono più bianchi e più curvi.

Se si trattasse soltanto di commemorare quel che è stato, sarebbe una riunione piena di malinconia. Vecchi compagni che si ritrovano e che commemorano insieme con triste dolcezza quello che fu e che non è più. Queste riunioni di reduci sono dolci ma meste.

Quello che conta, o amici, non è rimpianto, non è la nostalgia, non è il ritrovarsi tra vecchi compagni. Quello che conta è il sapere che cosa è la Costituzione per i giovani.

Che cosa sarà la Costituzione nel prossimo decennio: che cosa la Resistenza ha lasciato verso l’avvenire. Questo è quello che conta. Non le nostre nostalgie, non le nostre mestizie.

Io non sono, su quella che è stata la lotta contro gli ostacoli, contro le ostilità palesi e nascoste e sotterranee anticostituzionali, di questo decennio trascorso, così ottimista come gli amici che hanno parlato prima di me: l’amico Piccardi, l’amico Lombardi.

C’è ancora, in larghi strati burocratici e dirigenti, diffidenza contro la Costituzione.

Chi parla della Costituzione ancora in certe questure, in molte questure, presso molte magistrature, viene considerato un sovversivo (…).

Come vedete, ci sono ancora delle resistenze, ma saranno superate.

Guardiamo, guardiamo all’avvenire, e domandiamoci che cosa è, per i giovani, la Costituzione. Che cosa si può fare perché i giovani sentano la Costituzione come una cosa loro, perché sentano che nel difendere, nello sviluppare la Costituzione, continua, sia pure in forme diverse, quella Resistenza per la quale i loro fratelli maggiori esposero e molti persero la vita.

Amici! Uno dei miracoli del periodo della Resistenza, fu la concordia, fra partiti diversi, dai liberali ai comunisti, su un programma comune. Era un programma di battaglia: via i fascisti! Via i tedeschi!

Questo programma fu adempiuto. Ma il programma comune di pace fu fatto in un momento successivo. E fu la Costituzione.

La Costituzione deve essere considerata non come una legge, come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico. La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo di legge realizzare.

Vedete, la nostra Costituzione, lo riconoscono anche i socialisti non è una Costituzione che ponga per meta all’Italia la trasformazione della società in società socialista. La Costituzione è venuta fuori da un compromesso fra diverse ideologie. Vi ha contribuito il liberalismo, vi ha contribuito l’ispirazione mazziniana, via ha contribuito il marxismo, via ha contribuito il solidarismo cristiano. Questi vari partiti sono riusciti a mettersi d’accordo su un programma comune e si sono impegnati a realizzarlo. La parte più viva, più vitale, più piene di avvenire della Costituzione, come vi dicevo bene Piccardi e Lombardi, non è costituita da quella architettura, da quella struttura di organi costituzionali che ci sono e potrebbero non esserci, che sono in questo modo e potrebbero essere diversi, la parte vera è vitale della Costituzione è quella che si può chiamare la parte programmatica, quella che pone delle mete, che si debbono gradualmente raggiungere, per il raggiungimento delle quali vale anche oggi e più varrà in avvenire l’impegno delle nuove generazioni.

È stato detto, giustamente, che le carte costituzionali hanno in sé un elemento polemico, un elemento polemico contro il regime caduto. Di solito le costituzioni popolari, come è la nostra, vengono fuori da una rivoluzione; dal momento in cui vengono approvate, c’è ancora in chi l’approva il bruciore delle sofferenze, delle umiliazioni patite nel periodo della tirannia. Ed è naturale che negli articoli della Costituzione ci siano ancora echi di questi risentimenti, e ci sia una polemica contro il regime caduto e l’impegno di non far risorgere questo regime, di non far ripetere, permettere ancora quegli stessi oltraggi. Per questo nella nostra Costituzione ci sono diverse norme che parlano espressamente, vietandone la ricostituzione, del partito fascista. Ma nella nostra Costituzione c’è qualcosa di più, questo soprattutto i giovani devono comprendere.

C’è una polemica contro il presente non contro il passato. C’è una polemica contro questa società in cui noi ancora viviamo, il riconoscimento che questa società così com’è, non può continuare e deve essere modificata. La consacrazione di inconvenienti intollerabili, di ingiustizie insopportabili, che la Costituzione si impegna, che il popolo italiano, fedele alla Costituzione, si impegna ad eliminare.

L’amico Lombardi vi ricordava quello che è certamente l’articolo più bello della Costituzione, quello che per il quale forse si potrebbero dare molti degli altri. È l’articolo 3. Il quale vi dice che è compito, cioè qualche cosa che non è compiuto, e che si dovrà compiere in avvenire, compito della Repubblica, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, i quali limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Questo è l’impegno.

Ma anche nell’articolo 4 c’è un altro impegno. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto.

E c’è l’articolo 36: il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro; in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa.

Questo, o giovani che mi ascoltate è, il punto essenziale della Costituzione!

Finché in Italia ci sarà una sola persona, un solo lavoratore, che cerchi lavoro e non lo abbia, una sola famiglia di lavoratori a cui non sia garantita una esistenza libera e dignitosa, ci sarà lavoro per voi, o giovani! Lungo lavoro, lungo lavoro da compiere per realizzare la Costituzione! Questo è il punto essenziale.

E i giovani devono sentire la grandezza, la santità, direi quasi religione, di questo impegno, questo senso di solidarietà, questo senso per cui ogni uomo non è solo nella società, per cui la sorte di ciascuno di noi è la sorte di tutti, per cui basta che ci sia uno la cui sorte non corrisponde a quella voluta dalla Costituzione, perché tutti ci sentiamo colpevoli di questa mancanza, di questa carenza costituzionale.

La nostra Costituzione, si può dire, è una Costituzione programmatica, in evoluzione.

Non crediate che per farla evolvere, basti leggerla. Non crediate bastino i giuristi, che la commentano e la illustrano. Bisogna metterci dentro delle forze politiche, delle forze morali. In questa Carta Costituzionale che pare così fredda, così fatta di articoli compassati e in stile, direi quasi, burocratico, in realtà, come io dicevo qualche giorno fa qui a Roma, ad una riunione di giovani, in realtà in questa Carta ci sono gli echi di voci auguste, di voci che vengono da lontano e che parlano, e che sono arrivate fino a noi attraverso questi articoli.

Quando io leggo nell’articolo 11, quando io leggo che l’Italia ripudia la guerra, come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e che considera la patria italiana come una patria fra altre patrie, ma questa voce io la conosco, questa voce io l’ho sentita.

Questa è la voce di Mazzini.

Quando io leggo in un altro articolo che tutte le religioni in Italia sono uguali, devono avere un regime di uguaglianza, ma questa voce io l’ho sentita!

È la voce di Cavour!

E quando io leggo in un altro articolo che il nostro esercito deve essere un esercito democratico, ispirato alla ideologia democratica, ma questo è Garibaldi!

E quando leggo che la pena di morte è abolita, ma questo è Cesare Beccaria!

Nella nostra Costituzione ci sono tutti i nostri predecessori, che sono arrivati a parlare attraverso questi articoli.

Ma ci sono quelli più vicini! Quando io sento parlare dei diritti del lavoro e di questa dignità che i lavoratori devono avere, di questa redenzione dalla miseria che non è soltanto redenzione economica, ma che è redenzione morale, ma io sento la voce di Gobetti, di Rosselli, di Gramsci dei cari amici che abbiamo conosciuto!

Dietro questi articoli, amici, c’è tanto sangue e tante lacrime e tanto sacrificio!

Lo ricordava stamani l’amico Parri. Io ho detto, una volta, anche questo ai giovani che son tutta la nostra speranza, tutta la nostra certezza. Io ho detto che in Inghilterra, che è il Paese che ha la più antica Costituzione del mondo, che risale al 1215, gli inglesi vanno in pellegrinaggio in quel castello dove la Costituzione fu elargita.

Essi vedono, il turista che va in automobile nell’interno dell’Inghilterra vede ogni tanto dei cartelli con delle frecce che indicano dove si trova questo luogo.

Qui i giovani devono andare in pellegrinaggio sulle montagne, devono andare in pellegrinaggio nelle prigioni, nei campi di concentramento, ovunque, ovunque un italiano si sacrificò, fu impiccato, fu fucilato, torturato, perché finalmente si potesse arrivare a questa Costituzione. In ognuno di questi luoghi è nata la Costituzione! In ognuno di quei luoghi bisogna che i giovani vadano in pellegrinaggio!

Si ricordino, si ricordino i giovani, la nostra non è una Costituzione conservatrice; in Italia oggi, questa è la realtà, i soli sovversivi sono i conservatori!

Ma i giovani non sono conservatori. I giovani guardano in avanti. Ricordatevi, o giovani! La Resistenza non è stata invano!

La Resistenza, la Costituzione, siete voi!

Piero Calamandrei