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Più decisioni espresse e meno silenzio assenso per gli atti della P.A.

Più decisioni espresse e meno silenzio assenso per gli atti della P.A.
Più decisioni espresse e meno silenzio assenso per gli atti della P.A.

1. L’istituto del silenzio assenso nella Pubblica Amministrazione

L’istituto del silenzio assenso rappresenta uno strumento efficace di semplificazione dell'attività amministrativa, nonché un elemento incisivo per l’adozione del provvedimento finale.

Precedentemente tale istituto era disciplinato ai sensi dell’articolo 20 della Legge 7 agosto 1990, n. 241ed applicato cioè non solo ad una tassativa elencazione di procedimenti, bensì a tutti i procedimenti ad istanza di parte, (esclusi quelli disciplinati dall’articolo 19 “Segnalazione certificata di inizio attività”), finalizzati al rilascio di provvedimenti amministrativi. Per questi casi «il silenzio dell’amministrazione competente equivaleva a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunicava all’interessato, nel termine indicato dall’articolo 2, commi 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indiceva una conferenza di servizi. 

Inoltre il silenzio assenso non operava per gli atti e i procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente; per quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, alla salute e alla pubblica incolumità; per i casi in cui la normativa europea impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali; quelli in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché per gli atti e i procedimenti individuati con appositi D.P.C.M. e adottati su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti.

2. Il passaggio alla nuova normativa

Con l’introduzione della nuova normativa assistiamo ad una mera rivoluzione paradigmatica del silenzio-assenso, specie in riferimento all’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo, ai rapporti con la conferenza di servizi, alle modalità di formazione di tale istituto e all’esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio-assenso (prima e dopo l’adozione del provvedimento finale).

L’articolo 17-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’articolo 3 della Legge 7 agosto 2015, n. 124 recita testualmente:

“1. Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.

2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi”.

3. Rapporti fra cittadino e pubblica amministrazione

Partendo da quanto affermato nel Parere n. 839 del 30 marzo 2016, in materia di SCIA, l’articolo 21-nonies, nel fissare un termine finale generale per l’adozione di atti di autotutela (e, nel caso della SCIA, di atti repressivi, inibitori o conformativi), ha introdotto un ‘nuovo paradigma’ nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione: nel quadro di una regolamentazione attenta ai valori della trasparenza e della certezza, il legislatore ha fissato termini decadenziali di valenza nuova, non più volti a determinare l’inoppugnabilità degli atti nell’interesse dell’amministrazione, ma a stabilire limiti al potere pubblico nell’interesse dei cittadini, al fine di consolidare le situazioni soggettive dei privati.

A tale nuova regola generale, che riforma i rapporti ‘esterni’ dell’amministrazione con i privati, corrisponde – introdotta ad opera dell’articolo 17-bis – una seconda regola generale, che pervade i rapporti ‘interni’ tra amministrazioni: quella, appunto, del silenzio-assenso ‘endoprocedimentale’.

4. Rapporti fra diverse Amministrazioni

Come per il silenzio ordinario, il silenzio assenso tra amministrazioni pone taluni interrogativi di carattere sistematico, uno dei più rilevanti attiene alla possibilità per l’amministrazione partecipante di negare il proprio assenso in un momento successivo alla scadenza del termine di formazione del silenzio. Al fine di dare una maggiore interpretazione attuativa della norma possiamo considerare il parere n. 1640/2016 della Commissione Speciale del Consiglio di Stato del 23 giugno, depositato in data 13 luglio, con il quale la Commissione si è pronunciata su un articolato quesito presentato dall’Ufficio legislativo del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione afferente alcuni problemi applicativi dell’articolo 17-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’articolo 3 della Legge 7 agosto 2015, n. 124, tra cui anche l’attuazione dell’istituto tra amministrazioni.

In tutti i casi in cui il procedimento amministrativo è destinato a concludersi con una decisione ‘pluristrutturata’ (nel senso che la decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra Amministrazione), il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo.

Inoltre  l’articolo 17-bis prevede due meccanismi di semplificazione tra loro collegati:

- da un lato, incide sui tempi dell’azione amministrativa, prevedendo un termine unico di trenta giorni (destinato a prevalere, tranne il caso delle Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili di cui al comma 3, sui diversi termini previsti dalle vigenti disposizioni) entro il quale l'Amministrazione co-decidente rende l'assenso;

- dall’altro, in un’ottica di stigmatizzazione dell’inerzia, equipara il silenzio all’assenso, consentendo all’Amministrazione procedente di adottare il provvedimento finale.

5. Firma del provvedimento

In riferimento alla firma del provvedimento, nel caso in cui l’Amministrazione interpellata rimanga silente, il provvedimento potrà essere sottoscritto soltanto dall’Amministrazione procedente, dando atto, nelle premesse o in calce al provvedimento, dell’invio dello schema di provvedimento e del decorso del termine per il silenzio assenso.

Ciò non impedisce all’amministrazione rimasta inerte nel termine stabilito di procedere, spontaneamente, alla sottoscrizione del provvedimento: tale firma esprime, nella sostanza, un assenso esplicito, il quale, seppure tardivo, non è né illegittimo né inutiliter datum, poiché contribuisce alla stabilità e certezza dell’atto stesso.

È il caso di sottolineare che, anche in caso di unica firma dell’atto, questo resta comunque imputabile altresì all’amministrazione rimasta formalmente inerte.

6. Legittimità dell’atto

Un ulteriore quesito è relativo al fatto di stabilire se una volta ottenuto l’assenso per silentium, l’atto non sia esposto al rischio della illegittimità per difetto di motivazione o per carenza di istruttoria e se tali potenziali lacune possano essere colmate dall’intervento surrogatorio dell’amministrazione procedente.

Al riguardo, la Commissione ha ritenuto che l’articolo 17-bis – come, in generale, tutte le disposizioni che prevedono il silenzio assenso – legittimi l’espressione della volontà provvedimentale anche attraverso l’inerzia prolungata per un determinato termine. In tal caso, dunque, la motivazione esplicita non è più richiesta come elemento strutturale dell’atto. In linea empirica, del resto, la motivazione può considerarsi insita nell’adesione implicita alla ‘proposta’ di atto formulata dall’amministrazione procedente.

La portata generale di tale nuovo paradigma fornisce una importante indicazione sul piano applicativo dell’articolo 17-bis, poiché ne consente una interpretazione estensiva, quale che sia l’amministrazione coinvolta e quale che sia la natura del procedimento pluristrutturato.

7. Amministrazione celere e trasparente

Viene pertanto fluidificata l’azione amministrativa, neutralizzando gli effetti negativi e paralizzanti del silenzio amministrativo, dapprima nei rapporti con i privati (art. 3, comma 6-ter del Decreto-Legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 marzo 2005, n. 80 che ha riscritto l’articolo 20 della Legge n. 241 del 1990, generalizzando la regola del silenzio assenso) e ora anche nei rapporti tra pubbliche amministrazioni.

Sotto il profilo sistematico, infine, il riferimento è al principio di trasparenza (anch’esso desumibile dall’articolo 97 della Costituzione) che, specie dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 25 maggio 2016, n. 97, ormai informa come principio generale l’intera attività amministrativa.

L’introduzione di rimedi di semplificazione dissuasivi e stigmatizzanti il silenzio contribuisce, quindi, anche a dare piena attuazione al principio di trasparenza dell’azione amministrativa: l’arresto del procedimento non può più avvenire con un comportamento per definizione “opaco”, quale è l’inerzia; al contrario, invece, le perplessità di un'amministrazione sull’iter procedimentale devono diventare espresse e non trapelare attraverso un sistema di silente inerzia, pertanto, appare evidente l’intenzione del legislatore di ridurre l’attuazione di taciti provvedimenti, favorendo, sempre più, l’assunzione di decisioni espresse.

1. L’istituto del silenzio assenso nella Pubblica Amministrazione

L’istituto del silenzio assenso rappresenta uno strumento efficace di semplificazione dell'attività amministrativa, nonché un elemento incisivo per l’adozione del provvedimento finale.

Precedentemente tale istituto era disciplinato ai sensi dell’articolo 20 della Legge 7 agosto 1990, n. 241ed applicato cioè non solo ad una tassativa elencazione di procedimenti, bensì a tutti i procedimenti ad istanza di parte, (esclusi quelli disciplinati dall’articolo 19 “Segnalazione certificata di inizio attività”), finalizzati al rilascio di provvedimenti amministrativi. Per questi casi «il silenzio dell’amministrazione competente equivaleva a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunicava all’interessato, nel termine indicato dall’articolo 2, commi 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indiceva una conferenza di servizi. 

Inoltre il silenzio assenso non operava per gli atti e i procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente; per quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, alla salute e alla pubblica incolumità; per i casi in cui la normativa europea impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali; quelli in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché per gli atti e i procedimenti individuati con appositi D.P.C.M. e adottati su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti.

2. Il passaggio alla nuova normativa

Con l’introduzione della nuova normativa assistiamo ad una mera rivoluzione paradigmatica del silenzio-assenso, specie in riferimento all’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo, ai rapporti con la conferenza di servizi, alle modalità di formazione di tale istituto e all’esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio-assenso (prima e dopo l’adozione del provvedimento finale).

L’articolo 17-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’articolo 3 della Legge 7 agosto 2015, n. 124 recita testualmente:

“1. Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.

2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi”.

3. Rapporti fra cittadino e pubblica amministrazione

Partendo da quanto affermato nel Parere n. 839 del 30 marzo 2016, in materia di SCIA, l’articolo 21-nonies, nel fissare un termine finale generale per l’adozione di atti di autotutela (e, nel caso della SCIA, di atti repressivi, inibitori o conformativi), ha introdotto un ‘nuovo paradigma’ nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione: nel quadro di una regolamentazione attenta ai valori della trasparenza e della certezza, il legislatore ha fissato termini decadenziali di valenza nuova, non più volti a determinare l’inoppugnabilità degli atti nell’interesse dell’amministrazione, ma a stabilire limiti al potere pubblico nell’interesse dei cittadini, al fine di consolidare le situazioni soggettive dei privati.

A tale nuova regola generale, che riforma i rapporti ‘esterni’ dell’amministrazione con i privati, corrisponde – introdotta ad opera dell’articolo 17-bis – una seconda regola generale, che pervade i rapporti ‘interni’ tra amministrazioni: quella, appunto, del silenzio-assenso ‘endoprocedimentale’.

4. Rapporti fra diverse Amministrazioni

Come per il silenzio ordinario, il silenzio assenso tra amministrazioni pone taluni interrogativi di carattere sistematico, uno dei più rilevanti attiene alla possibilità per l’amministrazione partecipante di negare il proprio assenso in un momento successivo alla scadenza del termine di formazione del silenzio. Al fine di dare una maggiore interpretazione attuativa della norma possiamo considerare il parere n. 1640/2016 della Commissione Speciale del Consiglio di Stato del 23 giugno, depositato in data 13 luglio, con il quale la Commissione si è pronunciata su un articolato quesito presentato dall’Ufficio legislativo del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione afferente alcuni problemi applicativi dell’articolo 17-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’articolo 3 della Legge 7 agosto 2015, n. 124, tra cui anche l’attuazione dell’istituto tra amministrazioni.

In tutti i casi in cui il procedimento amministrativo è destinato a concludersi con una decisione ‘pluristrutturata’ (nel senso che la decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra Amministrazione), il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo.

Inoltre  l’articolo 17-bis prevede due meccanismi di semplificazione tra loro collegati:

- da un lato, incide sui tempi dell’azione amministrativa, prevedendo un termine unico di trenta giorni (destinato a prevalere, tranne il caso delle Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili di cui al comma 3, sui diversi termini previsti dalle vigenti disposizioni) entro il quale l'Amministrazione co-decidente rende l'assenso;

- dall’altro, in un’ottica di stigmatizzazione dell’inerzia, equipara il silenzio all’assenso, consentendo all’Amministrazione procedente di adottare il provvedimento finale.

5. Firma del provvedimento

In riferimento alla firma del provvedimento, nel caso in cui l’Amministrazione interpellata rimanga silente, il provvedimento potrà essere sottoscritto soltanto dall’Amministrazione procedente, dando atto, nelle premesse o in calce al provvedimento, dell’invio dello schema di provvedimento e del decorso del termine per il silenzio assenso.

Ciò non impedisce all’amministrazione rimasta inerte nel termine stabilito di procedere, spontaneamente, alla sottoscrizione del provvedimento: tale firma esprime, nella sostanza, un assenso esplicito, il quale, seppure tardivo, non è né illegittimo né inutiliter datum, poiché contribuisce alla stabilità e certezza dell’atto stesso.

È il caso di sottolineare che, anche in caso di unica firma dell’atto, questo resta comunque imputabile altresì all’amministrazione rimasta formalmente inerte.

6. Legittimità dell’atto

Un ulteriore quesito è relativo al fatto di stabilire se una volta ottenuto l’assenso per silentium, l’atto non sia esposto al rischio della illegittimità per difetto di motivazione o per carenza di istruttoria e se tali potenziali lacune possano essere colmate dall’intervento surrogatorio dell’amministrazione procedente.

Al riguardo, la Commissione ha ritenuto che l’articolo 17-bis – come, in generale, tutte le disposizioni che prevedono il silenzio assenso – legittimi l’espressione della volontà provvedimentale anche attraverso l’inerzia prolungata per un determinato termine. In tal caso, dunque, la motivazione esplicita non è più richiesta come elemento strutturale dell’atto. In linea empirica, del resto, la motivazione può considerarsi insita nell’adesione implicita alla ‘proposta’ di atto formulata dall’amministrazione procedente.

La portata generale di tale nuovo paradigma fornisce una importante indicazione sul piano applicativo dell’articolo 17-bis, poiché ne consente una interpretazione estensiva, quale che sia l’amministrazione coinvolta e quale che sia la natura del procedimento pluristrutturato.

7. Amministrazione celere e trasparente

Viene pertanto fluidificata l’azione amministrativa, neutralizzando gli effetti negativi e paralizzanti del silenzio amministrativo, dapprima nei rapporti con i privati (art. 3, comma 6-ter del Decreto-Legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 marzo 2005, n. 80 che ha riscritto l’articolo 20 della Legge n. 241 del 1990, generalizzando la regola del silenzio assenso) e ora anche nei rapporti tra pubbliche amministrazioni.

Sotto il profilo sistematico, infine, il riferimento è al principio di trasparenza (anch’esso desumibile dall’articolo 97 della Costituzione) che, specie dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 25 maggio 2016, n. 97, ormai informa come principio generale l’intera attività amministrativa.

L’introduzione di rimedi di semplificazione dissuasivi e stigmatizzanti il silenzio contribuisce, quindi, anche a dare piena attuazione al principio di trasparenza dell’azione amministrativa: l’arresto del procedimento non può più avvenire con un comportamento per definizione “opaco”, quale è l’inerzia; al contrario, invece, le perplessità di un'amministrazione sull’iter procedimentale devono diventare espresse e non trapelare attraverso un sistema di silente inerzia, pertanto, appare evidente l’intenzione del legislatore di ridurre l’attuazione di taciti provvedimenti, favorendo, sempre più, l’assunzione di decisioni espresse.