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Processo di traduzione politico-amministrativa

Teoria applicativa della separazione dei poteri e delle competenze di indirizzo e di gestione finalizzata ad una più concreta prevenzione dei fenomeni corruttivi e di infiltrazione criminale nella PA
traduzione politico-amministrativa
traduzione politico-amministrativa

Sommario

1. Prologo

2. Giurisprudenza

3. Processo di Traduzione politico-amministrativa

 

1. Prologo

All’interno del sistema delle Autonomie Locali, la necessità normativa di una separazione delle competenze tra organi politici e funzioni gestionali, si è manifestata come conseguenza di quel periodo italiano denominato “Tangentopoli”, il quale dal 1992 ha rappresentato un fenomeno diffuso di corruzione politica - coinvolgendo enti pubblici, frazioni di partiti, amministratori, intermediari ed il cui funzionamento apparve dominato dalla ricerca di tangenti.

Alla base di una possibile quadratura di tale fenomeno si renderebbe necessaria la realizzazione di un processo di anticorruzione degli enti locali incentrato su un sistema di verifica, diretto da parte dell’ANAC, che riesca a leggere e discernere, all’interno di un procedimento amministrativo, la linea di indirizzo politico da quella di carattere prettamente tecnico-gestionale.

L’importanza di riuscire a identificare le due sfere (tecnica e politica) significherebbe qualificare l’attività amministrativa e soprattutto depurare le forme di grigio che spesso viaggiano da una sfera all’altra celando la vera volontà dell’azione amministrativa e, in diversi casi, quella di processi criminali infiltrati all’interno degli apparati pubblici.

 

2. Giurisprudenza

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 81 del 3 maggio 2013 ricorda che il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo, spettanti agli organi di governo, e funzioni di gestione amministrativa, proprie dei dirigenti, è stato introdotto dal d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e poi «accentuato» dal legislatore, «proprio per porre i dirigenti (generali) “in condizione di svolgere le loro funzioni nel rispetto dei principî d’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione”» (sentenza n. 104 del 2007).

Con riferimento alla dirigenza amministrativa, la giurisprudenza costituzionale ha affermato più volte che una «netta e chiara separazione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni gestorie» (sentenza n. 161 del 2008) costituisce una condizione «necessaria per garantire il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa» (sentenza n. 304 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 390 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007).

Al principio di imparzialità sancito dall’art. 97 Cost. si accompagna, come «naturale corollario», la separazione «tra politica e amministrazione, tra l’azione del “governo” – che, nelle democrazie parlamentari, è normalmente legata agli interessi di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza – e l’azione dell’“amministrazione” – che, nell’attuazione dell’indirizzo politico della maggioranza, è vincolata invece ad agire senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obbiettivate dall’ordinamento» (sentenza n. 453 del 1990).

La separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione amministrativa, quindi, costituisce un principio di carattere generale, che trova il suo fondamento nell’art. 97 Cost.

L’individuazione dell’esatta linea di demarcazione tra gli atti da ricondurre alle funzioni dell’organo politico e quelli di competenza della dirigenza amministrativa, però, spetta al legislatore. A sua volta, tale potere incontra un limite nello stesso art. 97 Cost.:

nell’identificare gli atti di indirizzo politico amministrativo e quelli a carattere gestionale, il legislatore non può compiere scelte che, contrastando in modo irragionevole con il principio di separazione tra politica e amministrazione, ledano l’imparzialità della pubblica amministrazione.

 

3. Processo di Traduzione politico-amministrativa

Pertanto sarebbe opportuno che venga introdotto presso detti apparati pubblici un sistema di tracciamento dell’azione politica ed amministrativa.

Per ogni procedimento che non abbia una natura puramente programmatoria-regolamentare, dovrà seguire un processo di traduzione dall’azione di indirizzo a quella tecnico-gestionale e reversibile ai fini interpretativi.

L’identificazione, il riconoscimento di tale fase permetterà appunto di individuare e distinguere l’azione politica da quella amministrativa, di impedire quel rimpallo di responsabilità e competenze, di comprendere esattamente il momento in cui l’indirizzo politico si trasforma in attività gestionale e quindi di migliorare l’azione amministrativa stessa, ampliando il principio di trasparenza e consequenzialmente di prevenzione di fenomeni corruttivi.

 

AZIONE POLITICA                                                    AZIONE AMMINISTRATIVA

                                                         (traduzione)

Traduzione anche reversibile ai fini interpretativi della provenienza della volontà politica

 

AZIONE AMMINISTRATIVA                                       AZIONE POLITICA

                                                          (traduzione)

 

Il flusso di traduzione dovrà essere identificato attraverso un processo interpretativo e successivamente materializzato e trascritto dall’ufficio competente in uno specifico registro informatico (trad. n. …./2022) ove si evincerà ogni volontà politica tradotta in esecuzione gestionale per poi essere rendicontato sul Portale unico della Trasparenza.

Gli atti non motivati e privi di tale processo traduttorio rischieranno di essere vaghi e non presenteranno un netto bilanciamento tra indirizzo e gestione.

Un’associazione fra trasparenza, anticorruzione ed informatizzazione connessa all’ANAC che, anche nell’ottica di uno snello processo di self-control, possa gradualmente accompagnare un nuovo percorso normativo che vincoli una fase motivazionale per atti e procedimenti politico-amministrativi e che sia finalizzata ad una concreta attuazione della cultura della legalità nelle PA.