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Concessioni balneari: stop alle proroghe sine die

Due importanti sentenze del mese di novembre del Consiglio di Stato
Spiaggia del Sardinero Santader
Ph. Consuelo Corsini / Spiaggia del Sardinero Santader

Stop alle proroghe delle concessioni balneari senza termine temporale

Il Consiglio di Stato con le sentenze emesse dall’Adunanza plenaria (numeri 17 e 18) del 9 novembre 2021 ha stabilito la proroga delle concessioni balneari solo fino al dicembre 2023 "al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere".

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato. "Dal giorno successivo - precisa - non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà aperto alle regole della concorrenza".

I Giudici amministrativi, loro malgrado, si sono sostituiti alla politica ed hanno con le due sentenze modificato quello che la politica italiana aveva reso immodificabile pur essendo palesemente illegittimo e indifendibile.

Nella parte motiva della decisione numero 18 del Consiglio di Stato si legge: ”Alla luce delle considerazioni che precedono deve, quindi, ritenersi che anche l’art. 12 della direttiva 2006/123 sia applicabile al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime, con conseguente incompatibilità comunitaria, anche sotto tale profilo, della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata delle concessioni già rilasciate.

È peraltro indiscutibile che il confronto competitivo, oltre ad essere imposto dal diritto dell’Unione, risulta coerente con l’evoluzione della normativa interna sull’evidenza pubblica, che individua in tale metodo non solo lo strumento più efficace per la scelta del miglior “contraente” (in tal caso, concessionario), cioè del miglior interlocutore della pubblica amministrazione, ma anche come mezzo per garantire trasparenza alle scelte amministrative e apertura del settore dei servizi al di là di barriere all’accesso.

Inoltre, il confronto è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita”.

Chiosano i giudici di Palazzo Spada: “In conclusione, pertanto, l’incompatibilità comunitaria della legge nazionale che ha disposto la proroga ex lege delle concessioni demaniali produce come effetto, anche nei casi in cui siano stati adottati formali atti di proroga e nei casi in cui sia intervenuto un giudicato favorevole, il venir meno degli effetti della concessione, in conseguenza della non applicazione della disciplina interna.

L’Adunanza plenaria è, tuttavia, consapevole del notevole impatto (anche sociale ed economico) che tale immediata non applicazione può comportare, specie in un contesto caratterizzato da un regime di proroga che è frutto di interventi normativi stratificatisi nel corso degli anni. Basterà ricordare che la prima proroga, fino al 31 dicembre 2015, fu disposta dall’art. 1, comma 18, d.l. n. 194 del 2009, convertito con modificazione in legge 26 febbraio 2010, n. 25. Il termine del 31 dicembre 2015 fu successivamente prorogato sino al 31 dicembre 2020 per effetto della successiva legge 24 dicembre 2012, n. 228, e, infine, approssimandosi la scadenza del 31 dicembre 2020, l’art. 1, commi 682 e 683 ha disposto l’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2033.

Nel corso di queste ripetute proroghe, il legislatore, anche per fare fronte alle procedure di infrazione nel frattempo aperte dalla Commissione europea, aveva “annunciato” il “riordino della materia in conformità dei principi di derivazione europea” (così l’art. 24, comma 3-septies d.l. n. 113 del 2016, convertito in legge n. 160 del 2016); come è noto, tuttavia, la nuova normativa volta a garantire compatibilità con l’ordinamento europeo non è mai intervenuta.

Ne è derivata una situazione di sicura incertezza, che sarebbe ulteriormente alimentata dall’improvvisa cessazione di tutti i rapporti concessori in atto, come conseguenza della immediata non applicazione della legge nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione.

In questo quadro normativo, l’Adunanza plenaria, applicando principi analoghi a quelli già espressi nella sentenza n. 13 del 2017, ritiene allora che, a fronte di un quadro di incertezza normativa, sussistano i presupposti per modulare gli effetti temporali della propria decisone.

La deroga alla retroattività trova fondamento nel principio di certezza del diritto: si limita la possibilità per gli interessati di far valere la norma giuridica come interpretata, se vi è il rischio di ripercussioni economiche o sociali gravi, dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base di una diversa interpretazione normativa, sempre che risulti che i destinatari del precetto erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni (in tal senso, ma con riferimento all’ordinamento comunitario, Corte di giustizia, 15 marzo 2005, in C-209/03).

Nel caso di specie, peraltro, la graduazione degli effetti è resa necessaria dalla constatazione che la regola in base alla quale le concessioni balneari debbono essere affidate in seguito a procedura pubblica e imparziale richiede di prevedere un intervallo di tempo necessario per svolgere la competizione, nell’ambito del quale i rapporti concessori continueranno a essere regolati dalla concessione già rilasciata.

Detto periodo deve essere congruo rispetto all’esigenza funzionale di espletare le gare e di evitare il significativo impatto economico e sociale che altrimenti deriverebbe dall’improvvisa decadenza dei rapporti concessori in essere. Al tempo stesso, il lasso temporale non può essere elusivo dell’obbligo di adeguamento della realtà nazionale all’ordinamento comunitario.

L’intervallo temporale potrebbe altresì consentire a Governo e Parlamento di approvare doverosamente una normativa che possa finalmente riordinare la materia e disciplinare in conformità con l’ordinamento comunitario il sistema di rilascio delle concessioni demaniali. È, infatti, compito del legislatore farsi carico di una disciplina che, nel rispetto dei principi dell’ordinamento dell’Unione e degli opposti interessi, sia in grado di contemperare le ormai ineludibili istanze di tutela della concorrenza e del mercato con l’altrettanto importante esigenza di tutela dei concessionari uscenti.

Pertanto, l’Adunanza plenaria, consapevole della portata nomofilattica della presente decisione, della necessità di assicurare alle amministrazioni un ragionevole lasso di tempo per intraprendere sin d’ora le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara, nonché degli effetti ad ampio spettro che inevitabilmente deriveranno su una moltitudine di rapporti concessori, ritiene che tale intervallo temporale per l’operatività degli effetti della presente decisione possa essere congruamente individuato al 31 dicembre 2023.

Scaduto tale termine, tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se via sia – o meno – un soggetto subentrante nella concessione.

Si precisa sin da ora che eventuali proroghe legislative del termine così individuato (al pari di ogni altra disciplina comunque diretta ad eludere gli obblighi comunitari) dovranno naturalmente considerarsi in contrasto con il diritto dell’Unione e, pertanto, immediatamente non applicabili ad opera non solo del giudice, ma di qualsiasi organo amministrativo, doverosamente legittimato a considerare, da quel momento, tamquam non esset le concessioni in essere.: