Le Fondazioni lirico-sinfoniche come laboratorio di amministrazione culturale: tra ibridazione giuridica, responsabilità gestionale e nuove traiettorie di riforma
Le Fondazioni lirico-sinfoniche come laboratorio di amministrazione culturale: tra ibridazione giuridica, responsabilità gestionale e nuove traiettorie di riforma
Abstract (italiano)
Le Fondazioni lirico-sinfoniche costituiscono uno dei più significativi esperimenti di ibridazione tra modelli pubblici e privatistici nell’ambito dell’amministrazione culturale italiana. Nate con l’obiettivo di superare le rigidità dell’ente pubblico tradizionale, esse si sono progressivamente trasformate in organizzazioni complesse, caratterizzate da una forte interdipendenza con il settore pubblico e da un sistema articolato di controlli. Il contributo propone una lettura critica dell’evoluzione normativa, giurisprudenziale e dottrinale delle Fondazioni lirico-sinfoniche, soffermandosi sulle tensioni strutturali del modello, sulla natura giuridica a geometria variabile di tali enti e sulle loro potenzialità come laboratorio di innovazione amministrativa.
Abstract (English)
Lyric-Symphonic Foundations represent one of the most significant experiments in the hybridization between public and private models within Italian cultural administration. Originally conceived to overcome the rigidity of traditional public bodies, they have progressively evolved into complex organizations characterized by strong interdependence with the public sector and a sophisticated system of controls. This article offers a critical analysis of the legislative, judicial and scholarly evolution of Lyric-Symphonic Foundations, focusing on their variable-geometry legal nature and their potential as laboratories for administrative innovation.
Premessa
Nel panorama dell’amministrazione culturale italiana, le Fondazioni lirico-sinfoniche occupano una posizione di assoluto rilievo, non soltanto per il valore artistico delle attività svolte, ma anche per la complessità del modello istituzionale che le caratterizza. Esse rappresentano un punto di intersezione tra politiche culturali, sostenibilità economico-finanziaria e assetti organizzativi, ponendosi come banco di prova delle trasformazioni più ampie dell’amministrazione pubblica contemporanea.
Evoluzione normativa e assetto istituzionale
La trasformazione degli enti lirici in Fondazioni di diritto privato, operata con il d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367, si inseriva in un più ampio processo di riforma dell’azione amministrativa, ispirato ai principi di efficienza, flessibilità gestionale e apertura al contributo dei privati. Il legislatore mirava a superare le rigidità tipiche dell’ente pubblico tradizionale, affidando alle Fondazioni una maggiore autonomia organizzativa e gestionale, pur nel quadro di una vigilanza pubblica funzionale alla tutela dell’interesse culturale.
L’impianto originario della riforma del 1996 presupponeva una chiara distinzione tra funzioni di indirizzo pubblico e gestione operativa, affidando a quest’ultima un ruolo centrale nella programmazione artistica ed economica. Tuttavia, le difficoltà finanziarie strutturali del settore hanno determinato una serie di interventi normativi correttivi, spesso adottati in chiave emergenziale, che hanno progressivamente inciso sull’equilibrio iniziale del modello.
In particolare, i il d.l. 30 aprile, n. 64, “Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e di attività culturali”, noto come il decreto Bondi, convertito, con modificazioni, nella legge n. 100 del 30/2010 e il d.l. 8 agosto 2013, n. 91, “Decreto valore cultura”, decreto Bray, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112/2013 hanno rafforzato i poteri di controllo e di intervento del Ministero della cultura, ridefinendo gli assetti di governance, introducendo strumenti di risanamento e condizionando in modo sempre più stringente l’autonomia gestionale delle Fondazioni. Ne è derivato un assetto istituzionale caratterizzato da una privatizzazione prevalentemente formale, accompagnata da una sostanziale permanenza di logiche pubblicistiche.
L’evoluzione normativa descritta evidenzia una tensione strutturale tra l’esigenza di garantire la tutela dell’interesse culturale nazionale e la necessità di responsabilizzare gli organi gestionali rispetto ai risultati economico-finanziari e artistici. Tale tensione, lungi dall’essere patologica, rappresenta una caratteristica intrinseca del modello delle Fondazioni lirico-sinfoniche, che richiede strumenti di governo più sofisticati rispetto alle categorie tradizionali.
Natura giuridica e dibattito dottrinale: l’ente a geometria variabile
Il dibattito dottrinale sulla natura giuridica delle Fondazioni lirico-sinfoniche è particolarmente articolato e costituisce uno dei nodi teorici più rilevanti del settore. Una parte significativa della dottrina ha sottolineato come tali enti siano formalmente inquadrabili nel diritto privato, ma sostanzialmente inseriti in un circuito pubblicistico di finanziamento, indirizzo e controllo.
In questa prospettiva, Sabino Cassese ha efficacemente descritto le Fondazioni come enti “privati per forma e pubblici per funzione”, evidenziando come la privatizzazione organizzativa non comporti una corrispondente privatizzazione delle finalità perseguite. Altri autori, tra cui Marcello Clarich e Luisa Torchia, hanno messo in luce l’inadeguatezza delle categorie tradizionali, proponendo un approccio funzionale fondato sull’analisi dell’attività svolta e degli interessi coinvolti.
In tale contesto si inserisce la nozione di “ente a geometria variabile”, utilizzata in dottrina per descrivere soggetti la cui disciplina giuridica muta in funzione delle attività esercitate, delle risorse impiegate e dell’intensità dell’interesse pubblico coinvolto. Applicata alle Fondazioni lirico-sinfoniche, questa categoria consente di spiegare la coesistenza di regole privatistiche e pubblicistiche, senza ricorrere a forzature concettuali.
Giurisprudenza e consolidamento del modello ibrido
La giurisprudenza costituzionale, amministrativa e contabile ha svolto un ruolo fondamentale nel chiarire la fisionomia giuridica delle Fondazioni lirico-sinfoniche, contribuendo a consolidare un modello improntato a criteri di funzionalità e tutela dell’interesse pubblico.
Sul piano costituzionale, la sentenza Corte cost., 21 aprile 2011, n. 153 (resa in relazione all’art. 1 del d.l. n. 64 del 2010, come convertito), costituisce un passaggio chiave: la Corte ha ricondotto gli interventi di riassetto ordinamentale e organizzativo delle Fondazioni lirico-sinfoniche alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti pubblici nazionali e di ordinamento civile, valorizzando la dimensione unitaria dell’interesse pubblico culturale perseguito.
Quanto alla giurisprudenza amministrativa, una decisione frequentemente richiamata è Cons. St., sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5781, relativa alla Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, che mostra – già in fase “genetica” del modello – la complessità dei rapporti tra disciplina speciale, autonomia organizzativa e interferenze pubblicistiche. In una diversa prospettiva, ma con rilevanti ricadute sistemiche, Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5617 (sull’elenco ISTAT e sulla qualificazione di alcuni enti ai fini dei vincoli di finanza pubblica) è spesso impiegata in dottrina per discutere la permeabilità delle categorie pubbliche rispetto a soggetti formalmente privatizzati.
Di rilievo è infine la giurisprudenza contabile. La Corte dei conti, nelle relazioni e nelle deliberazioni delle Sezioni di controllo ha più volte richiamato le Fondazioni al rispetto dei principi di sana amministrazione, evidenziando come l’equilibrio economico-finanziario costituisca parte integrante della tutela dell’interesse culturale.
Prospettive di riforma e conclusioni
La ricostruzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale consente di superare una lettura meramente emergenziale delle Fondazioni lirico-sinfoniche e di collocarle all’interno di una riflessione più ampia sull’evoluzione dell’amministrazione della cultura. Esse non possono essere interpretate come un’anomalia del sistema, bensì come una delle sue espressioni più avanzate, nelle quali si concentrano, in forma particolarmente evidente, le tensioni tra autonomia, responsabilità e controllo pubblico.
In questa prospettiva, la natura giuridica a geometria variabile delle Fondazioni non costituisce un limite da correggere, ma una caratteristica strutturale da governare. Il problema non è stabilire se esse siano enti pubblici o privati, quanto piuttosto definire assetti di governance capaci di rendere effettiva l’autonomia gestionale senza indebolire la tutela dell’interesse culturale e l’uso responsabile delle risorse pubbliche.
Una riforma realmente innovativa dovrebbe quindi spostare l’attenzione dal rafforzamento dei controlli formali alla qualità delle decisioni, investendo sulla professionalità manageriale, sulla chiarezza delle responsabilità e su sistemi di valutazione delle performance che tengano conto non solo degli equilibri economico-finanziari, ma anche della qualità artistica e dell’impatto culturale delle attività svolte.
Letta in questa chiave, l’esperienza delle Fondazioni lirico-sinfoniche può offrire indicazioni utili anche per altri settori della cultura e dei servizi pubblici, contribuendo a ridefinire il rapporto tra Stato, istituzioni culturali e comunità di riferimento. È in questa capacità di anticipare modelli di amministrazione più maturi e responsabili che risiede, probabilmente, la loro principale sfida per il futuro.