Pari opportunità nel Pubblico Impiego: Comitati Unici di Garanzia e i Piani di Azioni Positive

Persistono tutt’oggi differenze di trattamento e discriminazioni nei luoghi di lavoro che impediscono il pieno sviluppo della persona
pubblica amministrazione
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Abstract

Nonostante il tasso di occupazione delle donne sia cresciuto in maniera significativa negli ultimi venti anni, permangono notevoli criticità in tema di parità di diritti e di opportunità, a fronte di una legislazione che, almeno formalmente, sembra garantire una sostanziale parità giuridica. Lo sforzo del legislatore è sempre più proteso verso un’ottica di progressiva eliminazione delle discriminazioni fondate sul genere e di adozione di sempre maggiori tutele. Il presente articolo tratta del tema delle pari opportunità nel pubblico impiego, soffermando l’attenzione in particolare sui Piani di Azioni Positive e sui Comitati Unici di Garanzia, anche alla luce del Decreto Legislativo n. 80/2021 e dell’introduzione, nelle pubbliche amministrazioni, del Piano Integrato di Attività ed Organizzazione.


Abstract

Although the employment rate of women has risen significantly in the last twenty years, considerable problems remain in the field of equal rights and opportunities, in the face of legislation that, at least formally, seems to guarantee substantial legal equality. The effort of the Italian law maker is increasingly directed towards a progressive elimination of discrimination based on gender and the adoption of increasingly greater safeguards. This article deals with the issue of equal opportunities in the public sector, focusing in particular on the Positive Action Plans and the Single Guarantee Committees, also in the light of Decreto Legislativo n. 80/2021 and in the light of the introduction, in public administrations, of the Integrated Plan of Activities and Organization.

 

Indice

1. Premessa

2. Legislazione Europea e italiana sulle pari opportunità

2.1 I Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni

3. I Piani di Azioni Positive (PAP)

4. Attuazione e monitoraggio

5. Collaborazione con altri organismi


1. Premessa

Sono numerose le norme costituzionali che prevedono politiche attive in favore di una pari opportunità tra uomini e donne nel mondo del lavoro e che tendono a porre in essere interventi positivi per creare le condizioni affinché possano svilupparsi condizioni di vita ottimali.

Il lavoro rappresenta, difatti, per la Costituzione Repubblicana, la prima declinazione della nostra democrazia: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

L’articolo 3, prosegue: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

L’articolo 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.

E per ultimo, con norma inserita dalla legge costituzionale n. 3/2001, il legislatore costituzionale ha aggiunto all’articolo 51 comma 1” che recita: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, un periodo che recita: “A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità fra uomini e donne”.

Se da un punto di vista giuridico non esistono più preclusioni o discriminazioni stabilite per legge e, dunque, non è più in discussione la parità giuridica, persistono, tutt’oggi differenze di trattamento e discriminazioni nei luoghi di lavoro che impediscono il pieno sviluppo della persona, in particolar modo della donna nella sua specificità così come delle persone disabili.

Il presente articolo sviluppa e approfondisce questi temi nell’ambito del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, passando in rassegna gli organi all’uopo previsti dal legislatore e le loro prerogative, con particolare riferimento ai Comitati Unici di Garanzia (CUG) e ai Piani di Azioni Positive (PAP).


2. Legislazione Europea e italiana sulle pari opportunità

L’uguaglianza di genere assume per l’ordinamento comunitario valore primario, tanto da avere rappresentato, nel tempo, e nel continuare a rappresentare, un elemento strategico ed imprescindibile per il raggiungimento degli obiettivi generali dell’Unione Europea, come ad esempio quello del raggiungimento di un tasso di occupazione complessivo pari al 75% per uomini e donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni, target fissato nel quadro della Strategia per la crescita Europa 2020, livello raggiungibile solo attraverso un incremento del livello di occupazione femminile, indicatore rilevante dello sviluppo socio-economico di un Paese.

Tale strategia non si limita a concentrare gli sforzi sul mero incremento del dato femminile di forza lavoro, ma accanto all’aspetto quantitativo, affianca un aspetto qualitativo, altrettanto importante, che pone particolare attenzione al tema della conciliazione dei tempi di vita e dei tempi lavoro quale strumento utile per il raggiungimento di un migliore tasso di occupazione che si concili con le esigenze familiari e le responsabilità della vita privata.

In tale “humus” si inseriscono la Risoluzione del Parlamento Europeo del 9 giugno 2015 sulla “Strategia dell’UE per la parità tra uomini e donne dopo il 2015” che ha sottolineato l’importanza di porre in essere “azioni positive” che siano volte a promuovere la composizione tra vita familiare, privata e vita professionale, quali modalità di lavoro flessibile (si pensi al part-time, al telelavoro o allo smart working), la Roadmap della Commissione Europea “New Start to address the challenges of work-life balance faced by working Families” (2015) che ha il pregio di delineare le misure da porre in essere per innalzare i livelli di occupazione femminile come previsto dalla Strategia Europa 2020 e non da ultima l’“Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” (2015) che, tra i suoi 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, annovera il “Goal 5” interamente alla Parità di Genere, per poi specificare nel “Goal 8.5” (Lavoro dignitoso e crescita economica), come strumento di attuazione, “entro il 2030, raggiungere la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutte le donne e gli uomini, anche per i giovani e le persone con disabilità, e la parità di retribuzione per lavoro di pari valore”.

Questi temi sono stati fatti propri dal legislatore italiano in una serie di provvedimenti adottati avendo come riferimento le indicazioni comunitarie.

Le amministrazioni pubbliche, come disciplinato dall’articolo 7 del Decreto Legislativo n. 165/2001, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, sono tenute a garantire la parità e le pari opportunità tra uomini e donne, l’assenza di ogni forma di discriminazione, diretta ed indiretta, relativa al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell’accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro, così come un ambiente improntato al benessere organizzativo.

Il Decreto Legislativo n. 150/2009 “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”, riconosce la rilevanza del principio delle pari opportunità quale ambito di misurazione e valutazione della performance organizzativa delle amministrazioni pubbliche (articolo 8).


2.1 I Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni

Un ulteriore tassello verso il pieno riconoscimento dei principi di parità e pari opportunità tra uomini e donne nel pubblico impiego, è dato dalle modifiche al Decreto Legislativo n. 165/2001 introdotte dalla Legge n. 183 del 04 novembre 2010 e dall’istituzione dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni” (d’ora in avanti anche CUG) previsti e disciplinati dall’articolo 32 della legge n. 183 che ha novellato l’articolo 57 del Decreto Legislativo n. 165/2001, che sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati, già esistenti nelle pubbliche amministrazioni, per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni previste dalla legge, dai contratti collettivi relativi al personale delle amministrazioni pubbliche o da altre disposizioni, tutto ciò senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il CUG, ai sensi del comma 02 dell’articolo 57 del TUPI ha una composizione paritetica ed è costituito da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello di amministrazione e da un pari numero di rappresentanti dell’amministrazione in modo da assicurare nel complesso la presenza paritaria di entrambi i generi.

Le modalità di funzionamento dei CUG, ai sensi dell’articolo 57 comma 04 del TUPI, sono demandate dalla legge ad apposite linee guida contenute in una direttiva emanata dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Al riguardo si sono succedute, nel tempo, diverse Linee Guida. La prima, del 23 maggio 2007, recante “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche. La seconda, del 4 marzo 2011, Linee guida sulle modalità di funzionamento dei Comitati Unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni”.

L’organo esecutivo di governo, alla luce degli indirizzi comunitari e delle disposizioni normative intervenute, ha elaborato la direttiva n. 2/2019 Misure per promuovere le pari opportunità e rafforzare il ruolo dei comitati unici di garanzia nelle amministrazioni pubbliche”.

La Direttiva pone particolare attenzione alle procedure di nomina dei CUG. Difatti, al fine di individuare soggetti competenti e preparati per la funzione da svolgere, l’amministrazione è tenuta ad espletare, preliminarmente, una procedura comparativa, trasparente, alla quale possa partecipare tutto il personale interessato in servizio nell’amministrazione.

Il mandato dei componenti del CUG è rinnovabile, proprio al fine di non disperdere il patrimonio di esperienza da questi maturato e sempre nel rispetto della procedura comparativa elemento imprescindibile per la nomina.

Sono previsti, anche, componenti supplenti, che partecipano alle riunioni del CUG in caso di assenza ovvero impedimento dei componenti titolari, ovvero anche in presenza di questi ultimi, qualora per le loro competenze ed esperienze sia ritenuta necessaria la loro presenza o il Presidente del CUG lo ritenga utile.

Il presidente del CUG, ai sensi dell’articolo 57 comma 02 del Decreto Legislativo n. 165/2001, è designato dall'amministrazione.

I compiti del CUG, all’interno dell’amministrazione pubblica di riferimento, sono plurimi e si possono riassumere essenzialmente in compiti di natura propositiva, consultiva e di verifica.

  • Compiti di natura propositiva: nell’ambito di tale funzione assume particolare rilevanza l’apporto del Comitato in sede di predisposizione dei Piani di Azioni Positive (anche PAP, vedi infra) tesi a favorire l’uguaglianza sostanziale sul lavoro tra uomini e donne, nonché le condizioni di benessere lavorativo e a prevenire e/o rimuovere conflitti e situazioni di discriminazione o violenze morali, psicologiche, mobbing, disagio organizzativo all’interno della sede di lavoro;
  • Compiti di natura consultiva: il CUG formula pareri sui progetti di riorganizzazione dell’amministrazione di riferimento, sui piani di formazione del personale, sulle forme di flessibilità lavorativa nonché sugli interventi di conciliazione e sui criteri di valutazione del personale. Le amministrazioni devono porre particolare attenzione a non omettere mai di acquisire i relativi pareri del CUG in tali ambiti;
  • Compiti di verifica: Il CUG ha l’onere di relazionare, una volta l’anno (entro il 30 marzo) sullo stato di attuazione del Piano Triennale di Azioni Positive, nonché sul monitoraggio degli incarichi conferiti sia al personale dirigenziale che a quello non dirigenziale, sulle indennità e posizioni organizzative allo scopo di discernere eventuali differenze retributive tra uomini e donne. Il CUG svolge, inoltre, importanti funzioni di verifica sull’assenza o meno di forme di violenza o discriminazione nel luogo di lavoro pubblico, avvalendosi se il caso di un Nucleo di ascolto organizzato, interno all’amministrazione, costituito dal Presidente del Comitato in collaborazione con l’ufficio gestione del personale dell’ente di riferimento.

I CUG svolgono la loro attività in collaborazione con la consigliera o il consigliere nazionale di parità.

La mancata costituzione di tali comitati comporta la responsabilità dei dirigenti incaricati della gestione del personale, da valutare, anche, al fine del raggiungimento degli obiettivi di performance individuale.


3. I Piani di Azioni Positive (PAP)

Elemento centrale per l’ottimizzazione delle azioni poste a migliorare l’efficienza delle prestazioni anche attraverso la realizzazione di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità, di benessere organizzativo e, infine, contrastare qualsiasi forma di discriminazione e di violenza per i lavoratori è da ravvisarsi, per il legislatore, nei “Piani triennali di azioni positive”.

I Piani triennali di azioni positive sono disciplinati dall’articolo 48 del Decreto Legislativo n. 198/2006 c.d., “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”, rubricato Azioni positive nelle pubbliche amministrazioni”.

La norma individua in capo alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le province, i comuni e gli altri enti pubblici economici, sentiti, nell’ordine, le organizzazioni sindacali più rappresentative, le rappresentanze sindacali unitarie, il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici e la consigliera o il consigliere nazionale di parità, ovvero il Comitato per le pari opportunità eventualmente previsto dal contratto collettivo, nonché la consigliera o il consigliere di parità territorialmente competente, i soggetti che predispongono piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne.

Due sono gli aspetti critici circa il PAP: il percorso di redazione ed approvazione e i relativi contenuti. Analizziamoli compiutamente:

Percorso di redazione dei PAP

Le amministrazioni chiamate a redigere ed approvare i PAP si trovano dinanzi ad un’apparente dicotomia: da un lato, l’articolo 48 del Decreto Legislativo n. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) assegna l’iniziativa all’Amministrazione, prevedendo che siano sentiti in proposito le RSU ovvero, in mancanza le organizzazioni rappresentative nell’ambito del comparto e dell’area di interesse, riferendo (in ciò conforme la Direttiva n. 2/2019) eventuali inadempienze in capo all’Amministrazione. Al contrario, invece, la Direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri 2/2019 ribadisce come “nell’ambito della funzione propositiva del CUG, riveste particolare importanza quella riguardante la predisposizione dei Piani di Azioni Positive”.

Si ritiene di risolvere questa apparente antinomia assegnando al CUG un proprio specifico ruolo propositivo, nei confronti dell’Amministrazione, esprimendo inviti, suggerimenti e ipotesi circa le azioni positive da inserire nei PAP. L’Amministrazione, prendendo in considerazione tali sollecitazioni, pervenute dal CUG, predispone il PAP e acquisisce i pareri previsti dalla norma, naturalmente acquisendo anche il parere del CUG che esercita in tal modo il proprio ruolo consultivo. L’Amministrazione provvede alla approvazione del PAP, allegandolo (anche) al Piano delle Performance.

Il CUG, quindi, attraverso la Relazione sulla situazione del personale, ne monitorerà annualmente la progressiva realizzazione, esercitando, in tal modo, i propri compiti di verifica.

La medesima disposizione introduce, quale sanzione per il caso di mancata adozione del “PAP” il divieto, previsto dall’articolo 6 comma 6 del Decreto Legislativo n. 165/2001 di procedere ad assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.

Al riguardo, nella prassi, si è consolidato negli anni un orientamento, da parte di diversi enti, non conforme al dettato della legge, consistente nella predisposizione dei Piani di Azioni Positive (PAP) da parte dei CUG costituiti e nell’aggiornamento annuale degli stessi.

In proposito si osserva come ai sensi dell’articolo 57 comma 04 del Testo Unico del Pubblico impiego (TUPI): “Le modalità di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate da linee guida contenute in una direttiva emanata di concerto dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri”.

Ora, queste Linee Guida (l’ultima vigente è la n. 2/2019) al paragrafo 3.2 “Piani triennali di azioni positive” 4° capoverso prevedono: “Il Piano triennale di azioni positive deve essere aggiornato entro il 31 gennaio di ogni anno, anche come allegato al Piano della Performance.

C’è da rimanere sconcertati e per più ragioni.

La prima ragione è nel soggetto competente alla elaborazione dei Piani di Azioni Positive. L’articolo 57 04 comma del TUPI demanda ad una successiva Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri (nel caso che ci occupa la Direttiva n. 2/2019) le modalità di funzionamento dei CUG.

È evidente che i Piani di Azioni Positive, per il loro articolato procedimento di formazione, non attengono né alle competenze esclusive dei CUG, né tantomeno al loro funzionamento.

La seconda ragione è da rinvenirsi nell’aggiornamento dei Piani. Il legislatore nell’ambito dei Piani Triennali di Programmazione, quando ha voluto che gli stessi fossero aggiornati annualmente lo ha specificamente disposto (vedasi ex multis articolo 1 comma 2-bis L. n. 190/2012 “Il Piano Nazionale Anticorruzione ha durata triennale ed è aggiornato annualmente”; ovvero articolo 6 comma 2 D.L. n. 80/2021 “Il Piano Integrato di Attività ed Organizzazione ha durata triennale e viene aggiornato annualmente”).

Ora, l’articolo 48 del Decreto Legislativo n. 198 del 2006, al comma 1, secondo capoverso, dispone che i Piani di Azioni Positive “hanno durata triennale”, nulla dicendo in merito ad un loro aggiornamento annuale. Se il legislatore avesse voluto che gli stessi fossero aggiornati annualmente lo avrebbe detto, tanto più che le sanzioni per la mancata predisposizione del Piano (e non del loro aggiornamento, inesistente per legge e che non può essere introdotto tramite una mera direttiva ministeriale) sono gravi, i.e., l’impossibilità di assumere nuovo personale compreso quello appartenente alle categorie protette.

Ci si troverebbe, quindi, di fronte ad un obbligo, non previsto dalla legge, ma solo da una circolare ministeriale, in materia di tutela dei lavoratori che porterebbe a conseguenze nefaste per gli stessi, con l’impossibilità di assumere nuovo personale, ivi comprese le categorie protette.

Per tali ragioni si ritiene che, conformemente alla legge, sussista in capo alle amministrazioni l’obbligo di redigere Piani Triennali di Azioni Positive, ma non necessariamente di procedere ad un loro aggiornamento annuale, a meno che lo stesso non lo si ritenga necessario e funzionale alle ragioni dell’ente.

Contenuti dei PAP

In merito ai contenuti dei PAP il Decreto Legislativo n. 198/2006 nulla dice al riguardo, prevedendo solamente che “le amministrazioni dello Stato […] predispongono piani di azioni positive”, aventi come fine “la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne”, “l’inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono sottorappresentate” e “il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi”.

Sovviene, in proposito, la Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 2/2019 e i relativi allegati, dai quali si può evincere e delineare una bozza di PAP, da adattare per ogni singola amministrazione secondo le proprie specificità, che preveda quantomeno:

  • L’attuazione delle previsioni di cui all’articolo 14 della Legge n. 124/2015 in materia di lavoro flessibile e conciliazione dei tempi vita/lavoro, in favore di coloro che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e in favore dei soggetti che prestano attività di volontariato;
  • Garantire la piena attuazione della normativa in materia di congedi personali;
  • Favorire il reinserimento del personale assente dal lavoro per lunghi periodi (maternità, malattia, congedi parentali);
  • Promuovere progetti finalizzati alla mappatura delle competenze professionali, per conoscere e valorizzare la qualità del lavoro dei dipendenti dell’amministrazione ed accrescere i livelli di efficienza, efficacia ed economicità del lavoro, avendo come punto di riferimento gli stakeholders esterni;
  • Prevedere percorsi di formazione ed aggiornamento del personale sui temi della promozione della cultura di genere;
  • Prevedere misure di tutela nei codici etici e di condotta;
  • Prevedere nei documenti di bilancio, programmazione e rendicontazione specifiche voci di spesa indirizzare al personale dipendente femminile e quante al personale maschile e ad entrambi i sessi.


4. Attuazione e monitoraggio

La fase dell’attuazione e del monitoraggio rappresenta la chiave di volta (ovvero l’insuccesso) di tutti i programmi, ambiziosi sulla carta, che tuttavia non hanno un riscontro pratico se non, a volte, un mero riscontro adempimentale.

Per questo per il successo delle politiche in tema di pari opportunità e parità tra generi nella pubblica amministrazione, importanza particolare è rivolta alla fase di attuazione e monitoraggio (successivo e concomitante).

Entro il 1° Marzo di ogni anno le Amministrazioni trasmettono al CUG una relazione che riporti le seguenti informazioni:

  • Analisi quantitativa del personale suddiviso per genere e per appartenenza alle aree funzionali e dirigenziali;
  • L’indicazione aggregata, distinta per genere, delle retribuzioni medie, evidenziando eventuali scostamenti tra i sessi;
  • La descrizione delle azioni realizzate nell’anno precedente con evidenziazione dei capitoli di spesa e dell’ammontare delle risorse impiegate;
  • L’indicazione dei risultati raggiunti con le azioni positive intraprese al fine di prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione;
  • La descrizione delle azioni da realizzare negli anni successivi, con l’evidenziazione, per ciascuna di esse, dei capitoli di spesa e dell’ammontare delle risorse da impegnare;
  • Il bilancio di genere dell’amministrazione.

Tale relazione confluirà, poi, come allegato alla relazione che il CUG predispone e presenta all’amministrazione entro il 30 marzo di ogni anno.

La Relazione è anche indirizzata al Dipartimento della Funzione Pubblica e al Dipartimento per le pari opportunità.


5. Collaborazione con altri organismi

Particolare importanza, per ultimo, riveste la collaborazione dei CUG con altri organismi, interni all’ente di riferimento, vedasi ad esempio gli Organismi Indipendenti di Valutazione, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) previsto dall’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 81/2008, il Responsabile delle Risorse Umane e, in particolare, il Responsabile dei Processi di inserimento delle persone con disabilità, previsto dall’articolo 17 comma 1 lett. z) della Legge Delega Madia e che ha trovato puntuale riscontro nel Decreto Legislativo n. 75 del 25 maggio 2017, Capo V, “Misure di sostegno alla disabilità”, articolo 10 rubricato “Modifiche all’articolo 39 del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, che ha introdotto al Decreto legislativo n. 165/2001, gli articoli 39-bis, 39-ter e 39-quater, con riferimento specifico alla istituzione della Consulta Nazionale per l’integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità e del Responsabile dei processi di inserimento delle persone con disabilità.

Attesa l’importanza dei temi trattati dai CUG e dal Responsabile dei processi di inserimento delle persone con disabilità, in particolar modo con riferimento alla verifica della piena attuazione dei processi di inserimento del personale disabile, assicurando la rimozione di eventuali situazioni di disagio e di difficoltà di integrazione, si coglie l’auspicio di una fusione delle due figure, a tutt’oggi non pienamente valorizzate, se non in misura meramente adempimentale al fine di porre le tematiche sulla piena parità tra le donne lavoratrici e i lavoratori e, il pieno inserimento dei disabili, nel mondo del lavoro, sempre più una delle priorità delle pubbliche amministrazioni.


6. Le pari opportunità nel Piano integrato di Attività ed Organizzazione (PIAO)

Con il D.L. del 09.06.2021 n. 80 “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia”, convertito con modifiche con la L. 06.08.2021, n. 113, è stato introdotto nelle pubbliche amministrazioni il “Piano Integrato di attività e Organizzazione”, allo scopo di assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese.

Il “Piano” si propone l’obiettivo di assorbire molti degli atti di programmazione e pianificazione cui sono tenute le amministrazioni.

A tal fine, in un’ottica condivisa e ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del Decreto Legislativo n. 281/1997, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito della Conferenza Unificata. Stato-Regioni-Enti Locali, ha presentato una bozza di decreto che disciplina, in modo compiuto, il contenuto del Piano.

La bozza di decreto, seppure approvata in sede di Conferenza Unificata è attualmente sottoposta anche al parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari che, a loro volta, si dovranno esprimere.

Essa prevede che le misure di cui all’articolo 48 del Decreto Legislativo n. 198/2006 “Azioni positive nelle pubbliche amministrazioni” vadano a confluire in una apposita sezione del Piano Integrato di Attività ed Organizzazione di cui all’articolo 6, del decreto legge 09 giugno 2021, al fine di assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne.

Si resta in attesa, tuttavia, del Decreto definitivo che confermi l’impianto testé esposto.

 

Letture consigliate:

  1. L. Califano, Parità dei diritti e discriminazioni di genere, in federalismi.it, 10 marzo 2021;
  2. A. Lamanna, Disabilità: il Responsabile dei processi di inserimento nelle pubbliche amministrazioni, in Filodiritto.com, 10 settembre 2020;
  3. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Direttiva n. 2/2019 “Misure per promuovere le pari opportunità e rafforzare il ruolo dei Comitati Unici di Garanzia nelle Amministrazioni Pubbliche”.