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PEF: revisione nell’emergenza da COVID nelle concessioni di servizi

Prospettiva
Ph. Fabio Toto / Prospettiva

Indice:

1. Premessa

2. Disciplina del Piano Economico Finanziario

3.  Il PEF nell’emergenza COVID quale strumento di salvaguardia dell’equilibrio economico finanziario in corso di rapporto

4. Normativa post Covid in materia di concessioni

5. Conclusioni

 

Abstract

La disciplina delle procedure concessorie, prevista dal D.Lgs. n. 50/2016, si è dovuta fronteggiare con le problematiche dovute al COVID-19. Il Piano Economico Finanziario (PEF), strumento attraverso il quale l’offerente dimostra la sostenibilità economico finanziaria degli investimenti, della connessa gestione e la coerenza nel suo complesso, è stato l’unico mezzo con cui si sono potute arginare le conseguenze di sbilancio       economico dovute all’emergenza.

Il presente articolo, dopo un approfondimento sulla disciplina del PEF, ripercorre i passi, le innovazioni operate dal legislatore durante la situazione emergenziale e l’acceso dibattito riguardo la disciplina della revisione del PEF correlata alle norme del codice civile in quanto compatibili.

The procedure governing administrative concessions, provided by D.Lgs. n. 50/2016, has encountered the problems due to the COVID-19. The Piano Economico Finanziario (PEF), instrument through which the offeror demonstrates the financial economic sustainability of investment, of the related management and overall coherence, was the only means by which it was possible to stem the consequences of economic imbalance due to the emergency,

This article, after a deepening of the PEF discipline, retraces the steps, the innovations made by the legislator during the emergency and the heated debate about the discipline of the PEF review, related to the rules of the Civil Code as compatible.

 

1. Premessa

Nell’ambito delle procedure concessorie, disciplinate dalla parte III del D. Lgs. n. 50/2016, “Nuovo Codice dei Contratti Pubblici”, per le quali si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e II del codice, assumono particolare rilevanza e significato due concetti tra loro collegati: il rischio operativo e l’equilibrio economico finanziario. Mentre il rischio operativo, elemento essenziale della concessione di servizi, si trasferisce in capo al concessionario e si collega alla capacità di questi “in condizioni operative normali” di trarre un’utile dalla gestione del servizio, l’equilibrio economico finanziario, si esplicita nel Piano Economico Finanziario (PEF) quale documento realizzato dall’offerente, in sede di gara, che chiarisce i presupposti e le condizioni di base che determinano l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione per l’intero arco del periodo concessorio. Il presente lavoro nel delineare questi due aspetti, tra loro connessi, ne approfondisce alcune questioni legate all’emergenza da COVID 19, ponendo particolare attenzione al comma 6 dell’articolo 165 in tema di revisione del Piano Economico finanziario e all’applicabilità alle concessioni dei principi del codice civile, richiamati dall’articolo 11 della legge n. 241/1990 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” ed, in particolare, all’articolo 1467 del codice civile.

 

2. Disciplina del Piano Economico finanziario

Nei contratti di concessione di lavori e servizi, come definiti dall’articolo 3 comma 1 lett. uu) e vv) del D. Lgs. n. 50/2016, la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato (articolo 165, D. Lgs. n. 50/2016). Tali contratti, di natura aleatoria, comportano il trasferimento al concessionario del “rischio operativo”[i]. Nell’ambito di queste procedure assume centrale rilievo il Piano Economico Finanziario (PEF) quale base del rapporto di concessione. Il PEF è quel documento “volto a dimostrare la concreta capacità del concorrente di correttamente eseguire la prestazione per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico-finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l’intero periodo; ciò consente alla Stazione Appaltante di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto del contratto. Il PEF è dunque un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta e non si sostituisce a questa, ma ne rappresenta un supporto per la valutazione di congruità, per provare che l’impresa va a trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività[ii].

Un PEF, pertanto, si pone l’obiettivo di individuare:

  • Le capacità di reddito dell’attività che si intende gestire con la realizzazione del progetto (produzione di beni e/o erogazione di servizi);
  • I fabbisogni finanziari correlati alla realizzazione delle opere e dell’investimento nel suo complesso.

La convenienza economica di un investimento è, pertanto, legata alla capacità del progetto di creare valore/reddito nell’arco temporale di durata della concessione e quindi di generare un livello di redditività adeguato sia rispetto al capitale investito che alle aspettative dell’investitore privato.

Il PEF si compone di tre sezioni:

  1. Il Piano Economico che, partendo dal dato dei “ricavi” di ogni singolo periodo, sottrae i costi fissi e variabili fino ad ottenere l’utile netto;
  2. Il Piano Finanziario che, all’utile netto, apporta le variazioni finanziarie, in aumento e in diminuzione, aggiungendo i costi non finanziari, come gli ammortamenti e sottraendo gli investimenti;
  3. Lo Stato Patrimoniale, documento dove sono rappresentati secondo le regole del bilancio civilistico le attività e le passività.

La durata del PEF mentre nelle concessioni a tempo determinato copre tutta la durata della concessione, nei casi di progetti a tempo indeterminato, copre quel periodo di tempo minimo necessario sufficiente a recuperare interamente il capitale investito.

Nell’ambito dei progetti di Project Financing, per l’ammissibilità dei progetti, è spesso utilizzata l’asseverazione del PEF, consistente in una dichiarazione attraverso la quale la società di asseverazione certifica la sostenibilità economico finanziaria del piano e la coerenza nel suo complesso.

L’importanza del Piano Economico Finanziario nelle concessioni emerge, in tutta la sua evidenza, agli articoli 165 “Rischio ed equilibrio economico finanziario nelle concessioni” e articolo 171 “Garanzie procedurali nei criteri di aggiudicazione”.

La disposizione di cui all’articolo 165 del Codice dei contratti pubblici disciplina gli aspetti definitori generali delle concessioni di lavori e servizi, mutuandoli, in gran parte, dall’articolo 5, par. 1 della Direttiva 2014/23/UE. Rispetto alla normativa previgente, sono messi a regime, in via generalizzata, per tutti i tipi di concessioni, gli strumenti per la c.d. bancabilità ed il finanziamento delle opere, la sostenibilità ed il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario, la defiscalizzazione degli investimenti.

L’articolo 171 del Codice, invece, impone, a carico della Stazione Appaltante, l’onere di inserire nel bando di concessione o nell’invito a presentare offerte l’espressa indicazione che la concessione è vincolata alla piena attuazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo stesso per la realizzazione degli investimenti in opere pubbliche e che l’offerta deve espressamente contenere, a pena di esclusione, l’impegno espresso da parte del concessionario al rispetto di tali condizioni.

Nelle concessioni di lavori e servizi la maggior parte dei ricavi in capo al concessionario deriva dalla propria attività gestoria in favore di soggetti terzi ovvero della stessa amministrazione. Questo comporta che l’oggetto della concessione debba consentire la redditività esterna della stessa. Correlato al profilo di redditività esterna è il trasferimento del rischio operativo, definito dal Codice come il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda, ovvero sul lato dell’offerta o di entrambi, che deve essere appannaggio esclusivo del privato. Avendo presente la diversa metodologia di allocazione del rischio, che costituisce il discrimine tanto concettuale quanto funzionale tra la concessione e l’appalto ordinario, la norma in commento statuisce che l’equilibrio economico-finanziario dell’operazione rappresenta il presupposto indefettibile per la corretta allocazione dei rischi contrattuali. L’equilibrio economico-finanziario rappresenta la necessaria e contestuale presenza delle condizioni di convenienza economica e finanziaria. Per convenienza economica deve intendersi la capacità del progetto di creare valore nell’arco di durata del contratto e di generare un livello di redditività sufficiente a coprire il capitale investito, mentre per sostenibilità finanziaria deve intendersi la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento. Nel rappresentare questi aspetti di sostenibilità complessiva dell’operazione, il Codice introduce un limite ai trasferimenti diretti dell’amministrazione a corrispettivo della concessione, che non possono superare il 49% del costo di investimento complessivo (era il 30% prima del decreto correttivo n. 56/2017). Questo limite costituisce anche un limite alla utilizzabilità dello strumento concessorio che deve essere riservato a fattispecie in cui i flussi di cassa siano sufficienti a coprire il 51% dell’investimento, comprensivo del margine di profitto dell’impresa esecutrice. Sebbene il concessionario assuma su di sé il rischio della gestione, il grado di rischio, predeterminato nel PEF, deve essere in equilibrio per tutta la durata della concessione. Per questo la norma, ad ulteriore garanzia di permanenza della corretta allocazione del rischio, al comma n. 6 introduce la possibilità, “al verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario” di poter revisionare la concessione stessa, mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. E, in mancanza di accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario le parti possono recedere dal contratto.

 

3. Il PEF nell’emergenza COVID quale strumento di salvaguardia dell’equilibrio economico finanziario in corso di rapporto

L’utilizzo di questa norma, a seguito della pandemia da COVID 19, nel primo lockdown a partire da marzo 2020, unitamente ai numerosi provvedimenti di urgenza emanati dal legislatore, ha cercato di mitigare i danni subiti dalle attività imprenditoriali in Italia. Se è pacifico che incombe in capo al concessionario l’assunzione dell’alea del rischio operativo, tuttavia questi non è tenuto a subire le conseguenze negative dovute ad eventi non prevedibili ed a sé non imputabili. Al determinarsi di tali eventi la legge consente la possibilità (“può comportare”) di far luogo alla sua revisione in modo da rideterminare le condizioni di equilibrio ovvero la risoluzione dello stesso. Anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC),  ha chiarito che “tra gli eventi non imputabili all’operatore economico che danno diritto a una revisione del PEF rientrano gli eventi di forza maggiore tali da rendere oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso, in tutto o in parte, l’adempimento delle obbligazioni contrattuali”[iii].

Accanto a questa disciplina speciale, prevista dal legislatore del codice dei contratti, appare utile approfondire l’applicabilità, anche al mondo delle concessioni-contratto dei principi ricavabili dal codice civile e ciò in ragione del fatto che “l’impatto economico della pandemia si potrebbe essere manifestato in maniera così dirompente da non rendere sufficiente un congegno come quello dell’articolo 165 del d. lgs. n. 50 del 2016, sia perché potrebbero esservi clausole – che la prassi testimonia essere sparse nelle varie convenzioni di concessione- le quali comprimono le aspettative del concessionario, limitando il suo diritto alla revisione del PEF, ovvero riducendo o addirittura azzerando il rilievo dei ricavi ed amplificando il suo rischio operativo[iv].

Ai sensi dell’articolo 30 comma 8 del D. Lgs. n. 50/2016 “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice (omissis) alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”. L’articolo 11 della Legge n. 241/1990 “Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento” prevede, inoltre, la possibilità, per l’amministrazione procedente (rectius la Stazione Appaltante) di concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo. A tali accordi si applicano, ove non diversamente previsto “i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”. Secondo una consolidata giurisprudenza l’articolo 11 della legge n. 241/1990 rappresenta la porta di ingresso, nel mondo del diritto amministrativo, se non delle norme civilistiche, quantomeno dei principi da esso richiamati, posto che i rimedi previsti a tutela del sinallagma contrattuale devono coordinarsi con le norme del diritto amministrativo in un bilanciamento tra l’uno e l’altro ambito. Si passi ad esaminare, a questo punto, la norma prevista dall’articolo 1467 del codice civile rubricato “Contratto con prestazioni corrispettive”: Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto”. Sembrerebbe dal disposto normativo che l’evento lockdown, assumendo in sé i requisiti di “evento straordinario” e “imprevedibile” possa far concludere per l’applicabilità dei principi in esso richiamati in tutti i casi di concessioni secondo il codice dei contratti laddove, per una delle cause indicate in narrativa, non possa procedersi ad applicarsi l’articolo 165 comma 6 del D. Lgs. n. 50/2016. Il successivo articolo 1469 del codice civile “Contratto aleatorio”, tuttavia dispone che “Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori”, negando, pertanto, l’applicazione della risoluzione per eccessiva onerosità ai contratti di concessione oggetto della presente disamina. L’interpretazione maggioritaria, tuttavia, non disconosce l’utilizzo dell’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità ad ogni contratto aleatorio, tanto è vero che specifici rimedi, a tutela della perturbazione dei rischi, sono riconosciuti dall’ordinamento ai contratti di assicurazione di cui agli articoli 1897 e 1898 del codice civile. La possibilità di ammettere, in questi casi, l’applicazione dei principi di cui all’articolo 1467 del c.c., copre, a tutela del concessionario, quei casi limite, dove il disposto dell’articolo 165 comma 6 del codice dei contratti pubblici, sembri non operare. Ovvero: per la presenza, nel contratto di concessione, di clausole convenzionali che limitino la possibilità di ricorrere a tale rimedio, nonché dal fatto che la norma oggetto di esame non prevede l’obbligo di procedere alla revisione del PEF, ma una semplice possibilità: “Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio”. In tutti questi casi, invocare l’applicabilità, nei contratti di concessione, dell’istituto di cui all’articolo 1467 del codice civile, potrebbe essere di significativa utilità per superare la presenza degli ostacoli al ricorso di cui all’articolo 165 comma 6 del codice dei contratti, nonché per confermare l’esistenza, in capo al concessionario di un diritto (o interesse legittimo, ma non è questa la sede per approfondire la questione) ad una pretesa giuridicamente azionabile. Inoltre, ci si pone il seguente interrogativo: se si ritiene applicabile l’articolo 1467 del codice civile anche alle concessioni amministrative, che tipo di rimedio è azionabile da parte del concessionario? Solo quello previsto dalla norma, avente natura risolutoria, ovvero anche la possibilità di ricorrere ad una revisione contrattuale, in favore del concessionario, rimedio però non esplicitato dalla norma del codice civile? Mentre per il primo quesito, ovvero per l’applicabilità dell’articolo 1467 ai contratti di concessione pubblica, la giurisprudenza ha da tempo ammesso l’esistenza di tale rimedio anche in tali contratti, più incerta è la soluzione sul secondo quesito. Se si ammettesse la possibilità di applicare al rapporto di concessione solo il rimedio, disciplinato dall’articolo 1467 del c.c., per eccessiva onerosità, la portata applicativa della norma sarebbe piuttosto limitata e non soddisferebbe né il concessionario, né probabilmente la pubblica amministrazione.  Per questo, si tende a ritenere che sia possibile, secondo una interpretazione teleologicamente orientata, ammettere anche la possibilità di procedere ad una revisione del contratto. A sostegno di tale teoria vale l’articolo 1467 terzo comma del codice civile che prevede come “la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”. Inoltre, in tema di appalto, l’articolo 1664 del codice civile, riconosce, la possibilità, in capo all’appaltatore, al sopraggiungere di “circostanze imprevedibili” di chiedere una revisione del contratto. Pertanto, in considerazione del fatto che non la norma nella sua interezza debba essere applicata nelle concessioni pubblicistiche, ma i principi ricavabili dal codice civile, e che accanto all’istituto della risoluzione, unico rimedio disciplinato dall’articolo 1467 del codice civile, vi sono altri principi ed istituti applicabili, tra cui l’articolo 1375 del codice civile che prescrive il principio di buona fede oggettiva e correttezza nelle relazioni contrattuali, unita alla considerazione che la mera ipotesi risolutoria potrebbe penalizzare il principio della continuità del servizio, con conseguenze anche gravi e non solo per il concessionario ma anche per la pubblica amministrazione e per i fruitori del servizio (si ricorda che il contratto di concessione è un contratto trilaterale) inducono a ritenere applicabile anche il fondamento ad una pretesa alla revisione del rapporto contrattuale in capo al concessionario, ai sensi dell’articolo 1467 del codice civile, anche mediante forme di ristoro economico che avvalorano la tesi di fondo della possibilità, in capo ai concessionari di servizi, di utilizzare, in proprio favore, tutti i rimedi consentiti dall’ordinamento giuridico per far fronte alla grave situazione economica creatasi in seguito alla pandemia COVID 19, sia quelli previsti dal decreto legislativo n. 50/2016 che dalle disposizioni del codice civile esaminate.

 

4. Normativa post Covid in materia di concessioni

Per far fronte alla grave crisi economica determinata dall’emergenza pandemia, il legislatore è intervenuto in più riprese per sostenere le imprese, effettuando stanziamenti a beneficio di quei settori che vedono la presenza dei concessionari di servizi, nonché disponendo, al verificarsi di determinate fattispecie l’obbligo per la Pubblica Amministrazione concedente di procedere a revisionare il PEF.

In proposito, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, il D.L. n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020 “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonchè di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” (c.d Decreto Rilancio) ha previsto le seguenti misure di sostegno:

  1. L’articolo 28 bis attinente le concessioni per il servizio di ristoro tramite distributori automatici, che presentino un calo del fatturato, dovuto ai provvedimenti limitativi degli effetti pandemici, superiore al 33%, prevede l’obbligo per le amministrazioni concedenti di attivare la procedura di revisione del piano economico finanziario prevista dall’articolo 165 comma 6 del codice dei contratti pubblici, al fine di rideterminare le condizioni di equilibrio economico delle singole concessioni, per il solo periodo interessato dalla citata emergenza;
  2. L’articolo 216 comma 1 intervenendo su quanto previsto dal D.L. 18/2020 (ha prorogato (dal 31 maggio 2020) al 30 settembre 2020 il termine di sospensione per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all'affidamento di impianti sportivi pubblici, da parte di Federazioni sportive nazionali, Enti di promozione sportiva, Società e Associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche. Ha prorogato, inoltre, il termine per i versamenti dei canoni, fissandolo al 30 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 3 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di settembre 2020;
  3. L’articolo 216 comma 2 al fine di favorire il graduale recupero dei proventi non incassati a seguito della sospensione delle attività sportive e l'ammortamento degli investimenti effettuati o programmati, ha previsto che le parti dei rapporti di concessione degli impianti sportivi pubblici possono concordare tra loro, su richiesta del concessionario, la revisione dei rapporti concessori in scadenza entro il 31 luglio 2023, mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario originariamente pattuite, anche attraverso la proroga della durata del rapporto, comunque non superiore a ulteriori 3 anni. In caso di mancato accordo, le parti possono recedere dal contratto. In tal caso, il concessionario ha diritto ai rimborsi indicati. La revisione del rapporto concessorio può essere concordata anche in considerazione della necessità di fare fronte ai sopravvenuti maggiori costi per la predisposizione delle misure organizzative idonee a garantire condizioni di sicurezza tra gli utenti e ai minori ricavi dovuti alla riduzione del numero delle presenze all'interno degli impianti sportivi;
  4. L’articolo 200 del medesimo decreto prevede, in materia di trasporto pubblico locale, l’istituzione di un fondo presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che vada a sostenere il settore del trasporto pubblico locale e regionale a seguito degli effetti negativi derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID 19.

 

5. Conclusioni

La giurisprudenza da tempo ha riconosciuto e ribadito che i rapporti tra privati e pubblica amministrazione devono essere informati al principio di buona fede ed anche il legislatore, quando ha voluto mostrare il suo favor per la rinegoziazione solidaristica, lo ha fatto esplicitamente con il comma 2 dell'articolo 216 d.l. 19 maggio 2020, n. 34, il quale prevede, per le parti dei rapporti di concessione di impianti sportivi, la possibile «rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario originariamente pattuite». In questo modo la solidarietà può effettivamente giocare un ruolo, essendo sorretta da statuizioni legislative. Ed ancora, se l’articolo 11 della Legge n. 241/1990 rappresenta la porta d’ingresso dei principi civilistici all’interno della disciplina amministrativa, questa non potrà discostarsi da quelli che sono anche i principi fondamentali della Costituzione.

Di stretta conseguenza, per quanto applicabili, si ritiene che siano compatibili gli approdi giurisprudenziali e dottrinali sul punto. In particolare nella situazione verificatasi con l’epidemia da Covid-19, vi è stata la presa d'atto che nel nostro ordinamento mancano efficaci strumenti conservativi del rapporto per far fronte alle sopravvenienze: tale strumento potrebbe consistere nell’introduzione di un obbligo di rinegoziazione secondo buona fede, che si tradurrebbe in un dovere di condurre costruttivamente le trattative, con spirito propositivo, seguendo i criteri degli artt. 1175 e 1375 c.c.

Pertanto, la prospettiva cui tendere, con riguardo anche alla disciplina delle concessioni, affinché siano rispettate sia la conservazione del contratto che la tutela del contraente più debole, è quella di assumere un approccio che valorizzi l’analisi economica del diritto dei contratti sostituendo alla logica del negozio rigido, nell’ambito della realtà più complessa di quelli a lungo termine, quella dinamica della leale collaborazione delle parti affinché si riesca comunque a perseguire il fine cui l’accordo tendeva, mantenendo un equilibrio contrattuale.

E ciò al fine di dare attuazione ad un diritto negoziale caratterizzato da un’equa ripartizione del rischio ed un oggettivo equilibrio tra le prestazioni, e soprattutto improntato ai doveri di solidarietà di assoluto rilievo in un periodo in cui, la situazione di emergenza non solo sanitaria ma anche economico-sociale, non colpisce tutti allo stesso modo.

Ci si auspica, quindi, che il passo successivo possa essere quello di dare fondamento normativo espresso, non solo in ambito civilistico ma anche amministrativo, a siffatto obbligo, così come ad esempio già previsto nei principi UNIDROIT, che riflettono le regole comuni ai principali sistemi nazionali.

 

 

[i] Per “rischio operativo” l’articolo 3 comma 1 lett. zz) del D.Lgs. n. 50/2016 intende: “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico.  Si considera che l’operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l'insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione”.

[ii] Consiglio di Stato, sez. V, 13 ottobre 2020, n. 6168

[iii]ANAC, Linee Guida n. 9, di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 recanti “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato, approvate dal Consiglio dell’Autorità con Delibera n. 318 del 28 marzo 2018.

[iv] F. Cintioli, Le conseguenze della pandemia da Covid-19 sulle concessioni di servizi e sull’equilibrio economico finanziario, in “Il diritto dell’economia, ISSN 1123-3036, anno 66, n. 103 (3 2020), pagg. 13-34.