Commento a sentenza della sezione quinta del Consiglio di Stato n. 08145/2025 REG.PROV.COLL. e n. 02474/2025 REG.RIC., con specifico richiamo all’eventuale anomalia dell’offerta

Scalo Cavallo, Favignana, Agosto 2017
Ph. Francesca Russo / Scalo Cavallo, Favignana, Agosto 2017

Commento a sentenza della sezione quinta del Consiglio di Stato n. 08145/2025 REG.PROV.COLL. e n. 02474/2025 REG.RIC., con specifico richiamo all’eventuale anomalia dell’offerta

 

La sentenza in discorso prende atto in via preventiva dalla proposizione di un ricorso contraddistinto dal numero di registro generale 2474 del 2025 da parte di INCOM SpA in proprio e quale mandataria del costituendo RTI con omissis, avverso il Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

e nei confronti

di Catapano S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati omissis e omissis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 2949 del 2025, resa tra le parti.
In buona sostanza il motivo del contendere è relativo all’impugnazione dell’aggiudicazione  in favore della controinteressata Catapano S.r.l., con specifico richiamo al lotto 3 della “procedura aperta per la conclusione di sette “accordi quadro” della durata di 48 mesi, ognuno dei quali con un solo operatore economico, per la fornitura di materiali di vestiario ed equipaggiamento utili a colmare il fabbisogno logistico connesso alla nuova assegnazione/rinnovo dei capi di vestiario per gli anni 2024/2027”, suddivisa in n.7 lotti.

Il lotto 3 della procedura concorsuale aveva per oggetto la “Fornitura di n. 50.000 pantaloni corti estivi con banda per NRM e n. 65.000 pantaloni lunghi estivi”, del valore complessivo di euro 5.630.800,00.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso con sentenza n. 2949 del 2025, appellata da INCOM. S.p.a. per i seguenti motivi di diritto:

I. erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar non ha escluso Catapano dalla gara, ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. e) e dell’art. 98, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 36/2023, per avere la stessa reso dichiarazioni fuorvianti e/o mendaci;

II. erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto ricompresi nei corrispettivi dovuti alle ausiliarie anche il costo di parte degli accessori (fodere e teline);

III. erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto ricompresi nei corrispettivi dovuti alle ausiliarie anche parte degli oneri generali;

IV. erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar afferma l’equilibrio generale dell’offerta di Catapano e comunque la mancata contestazione di esso da parte di Incom;

V. erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto motivato il provvedimento di aggiudicazione; violazione di legge (artt. 3 e 21-octies della l. n. 241/1990 e art 97 della Costituzione).

Operata tale doverosa premessa volta a consentire al cortese lettore di avere un’idea sufficientemente chiara della problematica che viene in rilievo.

Ordunque l’appello INCOM S.p.a. per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 2949 del 2025 che ha respinto il ricorso dell’odierna appellante proposto avverso l’aggiudicazione alla controinteressata Catapano S.r.l. del lotto 3 della “procedura aperta per la conclusione di sette “accordi quadro” della durata di 48 mesi, ognuno dei quali con un solo operatore economico, per la fornitura di materiali di vestiario ed equipaggiamento utili a colmare il fabbisogno logistico connesso alla nuova assegnazione / rinnovo dei capi di vestiario per gli anni 2024/2027” suddivisa in n.7 lotti.

Più specificamente, il lotto 3 della procedura concorsuale aveva per oggetto la “Fornitura di n. 50.000 pantaloni corti estivi con banda per NRM e n. 65.000 pantaloni lunghi estivi”, del valore complessivo di euro 5.630.800,00.

Con il primo motivo di appello Incom ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha escluso Catapano per la mendacità delle dichiarazioni rese in sede di gara ritenendo come non si potesse “dire dimostrata una falsità nelle dichiarazioni rese dall’Aggiudicataria in sede di verifica”.

In realtà, per l’appellante non vi sarebbe corrispondenza tra quanto documentato in gara da Catapano (in specie nei contratti di avvalimento e nell’offerta economica) e quanto dichiarato nell’ambito del subprocedimento di anomalia.

Il mero raffronto tra i corrispettivi convenuti nei contratti di avvalimento e i dati inseriti nelle “Schede analisi costi” darebbe, invero, immediata contezza del fatto che il costo sostenuto per l’approntamento dei pantaloni lunghi avrebbe addirittura condotto ad una perdita di 43 centesimi a capo, mentre quello per l’approntamento dei pantaloni corti con banda per NRM avrebbe condotto a un marginalissimo utile di appena 68 centesimi, inferiore al prezzo dichiarato, mentre l’utile indicato nell’offerta economica – identificato da Catapano in euro 508.645,50 – sarebbe esistente unicamente nelle dichiarazioni mendaci della stessa, atteso che in realtà lo stesso sarebbe di soli euro 5.588,72 (pari a circa 1/100 rispetto a quanto affermato).

Con il secondo motivo di appello Incom ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto incluso il costo di parte degli accessori (per fodere e teline) all’interno dei corrispettivi dovuti alle ausiliarie, ritenendoli arbitrariamente dei “tessuti”.

E ciò, nonostante la chiarezza delle specifiche tecniche, che avevano separato la descrizione di quel che doveva essere inteso quale tessuto e quello che, invece, doveva essere inteso come accessorio.

Con il terzo motivo di appello Incom ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto incluso il costo di parte degli oneri generali all’interno dei corrispettivi dovuti alle ausiliarie.

Con il quarto motivo la sentenza è stata, invece, impugnata nella parte in cui, partendo da un presupposto per l’appellante errato, quello secondo cui “La contestazione della Incom Spa, come visto, ha investito non l’equilibrio complessivo dell’offerta”, sarebbe giunta ad affermare come Incom avesse unicamente contestato l’allocazione degli utili tra Catapano e le ausiliarie, confermando, per tale via, la congruità dell’offerta di Catapano medesima.

Con il quinto motivo la sentenza è stata impugnata nella parte in cui, rigettando il secondo motivo di impugnazione, ha ritenuto motivato il provvedimento di aggiudicazione.

Nel caso di specie si sarebbe, invero, di fronte a un’ipotesi di doppia motivazione per relationem non ammessa in ambito amministrativo (avendo l’atto di aggiudicazione richiamato il provvedimento del RUP del 7 agosto 2024, che a sua volta richiamava il verbale della commissione tecnica n. 3 del 6 agosto 2024); in ogni caso, posto il fondamentale principio secondo cui tutti i documenti ai quali ci si riferisce devono essere resi disponibili alla parte, nel caso di specie ciò non sarebbe avvenuto, non avendo la stazione appaltante messo a disposizione dell’appellante il verbale della commissione tecnica n. 3 del 6 agosto 2024.

L’amministrazione intimata ha contestato la fondatezza dell’appello, così come la controinteressata, che ha, altresì, sollevato in via preliminare plurime eccezioni di inammissibilità e irricevibilità dei motivi di gravame e della documentazione da ultimo depositata dall’appellante.

L’appello è infondato nel merito in relazione a tutti i motivi dedotti, che il Collegio ritiene di esaminare congiuntamente perché strettamente connessi tra loro, potendosi assorbire l’esame delle eccezioni preliminari sollevate da Catapano.

I giudici del Consiglio di Stato hanno ritenuto che la sentenza impugnata sia del tutto condivisibile, atteso che è logico ricomprendere nell’ambito delle prestazioni oggetto dei contratti di avvalimento con omissis e omissis anche gli accessori (fodere e teline), che sono pur sempre tessuti, perché essenziali per la realizzazione del prodotto, del tutto demandata, nell’appalto di specie, a tali soggetti, di cui l’aggiudicataria si avvale e che sopportano, altresì, di conseguenza, la quota delle spese generali relativa al loro operato.

Sempre con riferimento ai contratti di avvalimento con omissis, omissis e omissis, si evince che solo le prime due si occupano di fornire e lavorare i tessuti, mentre la terza si limita a fornire le certificazioni necessarie richieste dalla lex specialis anche a fini premiali e a mettere a disposizione gli stabilimenti in cui operare.

Sul punto risulta inequivocabile anche alla luce delle dichiarazioni fornite da omissis e omissis, versate in atti, alle quali la Catapano si è rivolta in seguito al deposito da parte dell’appellante della nota di omissis, secondo cui sono le stesse ad occuparsi della tessitura (la prima) e del finissaggio (la seconda) anche delle fodere e delle teline.

Al contrario, la nota rilasciata da omissis all’appellante l’11 marzo 2025, su sua richiesta, dopo lo svolgimento del giudizio di primo grado - pur tralasciando i rilevanti profili di inammissibilità della stessa sollevati da Catapano in considerazione dell’assunto contrasto con il divieto di novazione in appello ai sensi dell’art. 104 c.p.a.- non può costituire neppure un principio di prova di quanto sostenuto da Incom, atteso che dalla stessa, in considerazione della sua fumosità, non risulta dimostrata, come invece assume l’appellante, la sussistenza tra Catapano e omissis di accordi finalizzati alla fornitura da parte dell’ultima di fodere e teline e che, quindi, considerando i costi anche di tali materiali nell’ambito dell’offerta dell’aggiudicataria, residuerebbe un utile irrisorio.

In realtà, come ritenuto dalla controinteressata, è verosimile invece, come risulta anche dalla nota, che omissis riporti il contenuto di una richiesta proveniente da Catapano stessa, datata 6 marzo 2025, in ordine alla quotazione delle prestazioni relative alla fodera rayon ginocchiera e alla fodera per cintura, fondello, nasello e tasche per la realizzazione delle uniformi oggetto della procedura, richiesta che rivestiva una probabile finalità meramente esplorativa, per accertare la correttezza dei prezzi indicati per tali prestazioni da omissis e omissis, nonché dalla stessa omissis nell’ottica di eventuali futuri rapporti commerciali.

Con specifico riferimento ai contratti di avvalimento, si evidenzia che dal contenuto degli stessi si ricava un generico riferimento ai tessuti, con la conseguenza che può desumersi la prova di quanto sostenuto dall’appellante.

In realtà, nei corrispettivi dei contratti di avvalimento sottoscritti con le ausiliarie omissis e omissis sono ricompresi, oltre al costo del tessuto principale, anche quelli relativi alle fodere e teline, nonché, trattandosi di avvalimenti di natura tecnico-operativa, anche gli ulteriori costi di tutte le attività effettivamente demandate alle ausiliarie.

Più specificamente, omissis, deve effettuare la fase di tessitura di tutte le materie prime e i filati (che, oltretutto, deve anche reperire), ivi inclusa, dunque, la tessitura delle fodere e delle teline, che sono inequivocabilmente tessuti;

in seguito, atteso che i tessuti che derivano dalla lavorazione del telaio sono greggi e, dunque, non sono direttamente utilizzabili per le confezioni, a omissis è demandata la fase di finissaggio, effettuando la stessa tutte le operazioni finali di raffinazione dei tessuti (preparazione, bruciapelo, lavaggio, asciugatura, trattamento idrorepellente, e via di seguito).

Anche nel contratto di avvalimento con omissis viene, infatti, utilizzato il termine generico “tessuto”, per indicare che l’ausiliaria effettua proprio l’attività di finissaggio di tutti i tessuti, incluse fodere e teline, che sono sostanzialmente tessuti, anche avuto riguardo alla loro composizione.

Fodere e teline, infatti, non sono accessori ma veri e propri tessuti essenziali, ottenuti con procedimento di tessitura e finissaggio, senza i quali non è possibile la realizzazione del pantalone; sono, in particolare, parti essenziali per la realizzazione delle tasche e della cintura, contrariamente agli accessori, che non sono parti essenziali, perché sostituibili.

Ne consegue che i corrispettivi dei contratti di avvalimento non remunerano esclusivamente il costo del tessuto principale, ma anche di fodere e teline, facenti parte dei costi indicati, nelle schede analisi, quali materie prime, e che, dunque, Catapano non ha reso alcuna dichiarazione mendace.

Trattandosi di tessuti, la realizzazione delle stesse è già ricompresa nell’ambito dei contratti di avvalimento con omissis e omissis, con la conseguenza che anche i relativi costi sono ricompresi nel corrispettivo pattuito e che ciascuna impresa operante nella filiera sopporta una quota parte delle spese generali e degli altri oneri relativi alle operazioni dalla stessa effettuate.

L’offerta formulata da Catapano risulta, quindi, del tutto congrua.

In ogni caso, anche l’appellante ammette che dalla stessa residuerebbe un utile, seppur irrisorio, per cui l’offerta non sarebbe in perdita.

Ed invero, alla luce della consolidata giurisprudenza amministrativa, al fine della valutazione della congruità di un’offerta è sufficiente anche un utile irrisorio, e persino nullo, se la gara procura comunque benefici valutabili economicamente. “Non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico” (cfr., per tutte, Cons. Stato, V, 27 gennaio 2022, n. 591).

Con riferimento, infine, all’ultimo motivo dedotto, concernente l’assunta erroneità della sentenza in considerazione dell’inidoneità della motivazione dell’aggiudicazione, è sufficiente osservare che le ragioni che hanno indotto la stazione appaltante a disporre l’affidamento della commessa in favore di Catapano risultano perfettamente dal provvedimento del RUP del 7 agosto 2024, di validazione di congruità dell’offerta della stessa, richiamato nel provvedimento di aggiudicazione, all’interno del quale è confluito, sostanzialmente, l’intero contenuto del verbale della Commissione tecnica n. 3 del 6 agosto 2024, e che, pertanto, ne condivide integralmente la motivazione.

Ne consegue che, nella specie, risulta la perfetta legittimità dei provvedimenti impugnati, nonché della sentenza appellata.

Sulla scorta di quanto sopra argomentato l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata di reiezione del ricorso di primo grado.

Una volta conclusa la vicenda giurisdizionale occorre affrontare con specifico riferimento al tema dell’eventuale anomalia dell’offerta.

Sul punto si rileva che gli orientamenti consolidati della giurisprudenza amministrativa evidenziano che al fine della valutazione della congruità di un’offerta è sufficiente anche un utile irrisorio, e persino nullo, se la gara procura comunque benefici valutabili economicamente. “Non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico” (cfr., per tutte, Cons. Stato, V, 27 gennaio 2022, n. 591).

La valutazione di congruità dell’offerta che la stazione appaltante è chiamata a svolgere deve essere eseguita in modo complessivo, sintetico, e non parcellizzato o atomistico (cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 settembre 2024, n. 7582; sez. V, 28 marzo 2023, n. 3196), in maniera da valorizzare nell’insieme le singole voci di cui si compone la proposta contrattuale formulata dall’operatore economico, poiché questione essenziale del giudizio di verifica della congruità dell’offerta è se quest’ultima, nonostante le imprecisioni o le manchevolezze nella quantificazione di alcune voci di costo, sia comunque complessivamente affidabile (giudizio che, come noto, ha natura necessariamente globale e sintetica, non potendo risolversi in una parcellizzazione delle singole voci di costo e costituisce frutto di apprezzamento tecnico riservato all’amministrazione appaltante, non sindacabile in giustizia se non per illogicità, manifesta irragionevolezza, arbitrarietà (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2021, n. 2437).
Tale risultato si ottiene, secondo i principi appena richiamati, solo se si accerti che gli eventuali scostamenti o errori di valutazione non trovino compensazione, o copertura sotto il profilo economico-finanziario, in altre voci, quali quelle per spese generali, fondi accantonamenti rischi, utile d’impresa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 novembre 2024, n. 9514; sez. V, 14 aprile 2023, n. 3857). Fermo restando che salvo il caso in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è dato stabilire una soglia di utile al di sotto della quale l’offerta va considerata anomala, potendo anche un utile modesto comportare un vantaggio significativo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 13 luglio 2021, n. 5283; sez. V, 22 marzo 2021, n. 2437).

In definitiva, pertanto, come più volte precisato dalla giurisprudenza amministrativa, negli appalti a corpo in cui la somma complessiva offerta copre l’esecuzione di tutte le prestazioni contrattuali, il computo metrico estimativo risulta irrilevante al fine di determinare il contenuto dell’offerta economica (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5161; Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2057; Cons. Stato, VI, 4 gennaio 2016, n. 15; Cons. Stato, VI, 4 agosto 2009, n. 4903; Cons. Stato, IV, 26 febbraio 2015, n. 963)” (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 682 del 22 gennaio 2024).

Tale orientamento è stato confermato anche sotto la vigenza del nuovo codice degli appalti: cfr. T.a.r. per la Campania, sez. I, sentenza n. 6402 del 22 novembre 2024 che, con riferimento ad un appalto il cui prezzo è stabilito a corpo, ha ritenuto nulla la clausola del Disciplinare che imponeva, a pena di esclusione, che l’offerta economica fosse corredata, tra l’altro, del “computo Metrico migliorie estimativo, redatto con le stesse modalità di quello progettuale, nel quale dovranno essere riportate solo le opere previste nelle migliorie proposte, con i relativi prezzi ed analisi”. Il Tar Napoli ha ritenuto, in particolare, che tale clausola, “stabilendo di fatto un’ipotesi di esclusione non prevista dalla legge, contrasta(sse) con il principio consolidato secondo cui negli appalti con prezzo a corpo il prezzo contrattuale è unicamente quello che coincide con l’offerta economica, da cui sono estranei sia i computi metrici estimativi, sia le analisi dei prezzi”.

Sul punto se ne ha conferma da CdS, sez. V, del 17.10.2002, n. 5657 ove viene affermato expressis verbis che nel concetto di offerta economicamente più vantaggiosa rientra, sicuramente, anche l’offerta a costo zero, a ciò si aggiunga che l’importo dell’appalto è indicato in via presuntiva, ma non è imposto alcun limite minimo neppure alla soglia di anomalia dell’offerta, evidenziando, peraltro, che ove viene in proposito affermato: che “nel concetto di offerta economicamente più vantaggiosa rientra, sicuramente, anche l’offerta a costo zero”; “non solo l’importo dell’appalto è indicato in via presuntiva, ma non è imposto alcun limite minimo neppure alla soglia di anomalia dell’offerta”; che nell’ambito del settore commerciale relativo ai programmi informatici (c.d. software), è di comune dominio che offerte in licenza d’uso a costo zero non sono inusuali né eccezionali, poiché di frequente “l’interesse maggiore del produttore o del fornitore di software non è quello di percepire immediatamente un prezzo, bensì quello di acquisire esperienza (know how) attraverso la concreta sperimentazione del prodotto e di conseguire il vantaggio economico, sia pure posticipato, derivante dalla valorizzazione sul mercato nazionale e internazionale che ad esso riviene dalla sua utilizzazione presso una determinata struttura burocratica o aziendale” (T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 1 agosto 2011, n. 6825).

Sul piano eurocomunitario la Corte di Giustizia ha espresso, persino in relazione alle offerte complessivamente pari a zero, il principio per cui “l’art. 2, par. 1, pt. 5, della direttiva 2014/24/UE, come modificata dal regolamento 2017/2365 della Commissione, deve essere interpretato nel senso che esso non costituisce un fondamento giuridico per il rigetto dell’offerta nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per il solo motivo che il prezzo proposto nell’offerta è di EURO zero” (Corte di Giustizia, 10 settembre 2020, in causa C-367/19), e ciò perché “dalla logica sottesa all’articolo 69 della direttiva 2014/24 risulta che un’offerta non può automaticamente essere respinta per il solo motivo che il prezzo proposto è di EUR 0”, con la conseguenza che l’eventuale anomalia dell’offerta deve essere verificata in concreto e puntualmente motivata, rimanendo fermo che “le amministrazioni aggiudicatrici, in caso di sospetto di offerta anormalmente bassa, sono tenute a verificare l’effettiva sussistenza di tale carattere anormalmente basso prendendo in considerazione tutti gli elementi pertinenti del bando di gara e del capitolato d’oneri” (Corte di Giustizia, 15 settembre 2022, in causa C-669/20)”.
Per stabilire quando un’offerta può essere definita anomala – vale a dire senza un margine minimo e, dunque, in perdita – si deve sempre fare riferimento alla fattispecie concreta.

La giurisprudenza in materia ha stabilito il principio, salvo il caso in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è dato stabilire una soglia di utile al di sotto della quale l’offerta va considerata anomala, potendo anche un utile modesto comportare un vantaggio significativo (Cons. Stato Sez. V, 22/03/2021, n. 2437; Cons. Stato Sez. III, Sent., 13-07-2021, n. 5283)” (Consiglio di Stato sez. III, 8 aprile 2025, n. 2980).

A ciò aggiungasi che “La gratuità della prestazione è d’altra parte consentita in linea di principio, ove non preclusa dalla legge di gara o dal meccanismo di calcolo del punteggio (come chiarito dal precedente di questa Sezione n. 1307 del 2016)” (Consiglio di Stato sez. III, 10 marzo 2025, n.1978); evenienza ostativa che nel caso di specie, peraltro, non ricorre considerando tutte le componenti della fornitura.

In conclusione, per le ragioni esposte, essendo stata illegittimamente disposta l’esclusione della società ricorrente, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Al riguardo va specificato che in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta non è sufficiente per l’operatore economico “spiegare” in via meramente assertiva le ragioni relative alla riduzione dei costi rispetto alle previsioni della lex specialis: il concorrente, infatti, deve fornire giustificazioni specifiche, credibili e soprattutto documentate, idonee a consentire una verifica sulle ragioni poste a fondamento della sostenibilità dell’offerta.
E’ vero che l’art. 110 del decreto legislativo n. 36/2023 utilizza il termine “spiegazioni”, ma ciò non può – irragionevolmente – interpretarsi nel senso che non sussista in capo all’impresa un adeguato onere di dimostrazione e di prova, sicché la stazione appaltante sarebbe tenuta, pur in difetto di ogni riscontro obiettivo, a prender per buono tutto ciò che il concorrente dichiari.
Ciò non può tradursi in un onere della prova dal contenuto impossibile o eccessivamente oneroso, residuando peraltro l’esigenza che le giustificazioni siano corredate da elementi probatori sufficientemente puntuali (listini, preventivi, contratti, simulazioni contabili, dati storici aziendali) e che non si risolvano in semplici affermazioni.

In buona sostanza, sussiste l’onere di “spiegare provando” e le giustificazioni devono, quindi, essere, assistite da una base documentale seria e verificabile, sulla quale la stazione appaltante è chiamata ad esprimere il proprio giudizio tecnico – entro i noti limiti insindacabile – sull’affidabilità complessiva dell’offerta.

La stazione appaltante non è poi tenuta a chiedere chiarimenti su tutti gli elementi dell’offerta e su tutti i costi, anche marginali, ma può legittimamente limitarsi alla richiesta di giustificativi con riferimento alle voci di costo più rilevanti, in grado di incidere sulla complessiva attendibilità dell’offerta sì da renderla non remunerativa e inidonea ad assicurare il corretto svolgimento del servizio (Cons. di Stato, sez. III, 14 novembre 2018, n. 6430). Inoltre, in sede di procedimento di verifica dell’anomalia, è pacificamente ammessa la progressiva riperimetrazione, nella dialettica della fase giustificativa, dei parametri di costo, con compensazione delle precedenti sottostime e sovrastime, sia per porre rimedio a originari errori di calcolo, sia, più in generale, in tutti i casi in cui l’entità dell’offerta economica rimanga immutata Consiglio di Stato, sez. III, 31 maggio 2022, n. 4406; sez. V, 2 agosto 2021, n. 5644).

Nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, solo quest’ultima è immodificabile, laddove le giustificazioni sono sicuramente modificabili e integrabili: ciò del resto coerentemente alla finalità, precipua del sub-procedimento di verifica, di appurare ed apprezzare l’idoneità, l’adeguatezza e la congruità dell’offerta (rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto), finalità che giustifica pertanto del tutto ragionevolmente la modificazione delle giustificazioni e dei chiarimenti. Inoltre, in sede di verifica di anomalia, risultano parimente ammesse – ferma restando la non modificabilità dell’offerta – le giustificazioni che si fondano su errori di calcolo, ovvero su fatti sopravvenuti o su sopravvenienze normative, alla cui stregua risulti chiara la congruità ed adeguatezza dell’offerta così come originariamente formulata” (T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, n. 1278/2021).

Nel contempo è stato altresì precisato con considerazioni che il Collegio condivide che “nelle gare pubbliche, nella procedura di verifica di anomalia è ammissibile la modifica delle giustificazioni relative alle varie componenti del prezzo dell’offerta, ferma restando la immodificabilità dell’offerta stessa nel suo complessivo importo economico” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 29 gennaio 2021, n. 146).

D’altro canto va rammentato che “la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto e per contro sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile” (in tal senso Cons.di Stato, sez. V, n. 3480 del 2018).
Alla luce delle superiori considerazioni risulta chiarito che nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, solo quest’ultima è immodificabile, mentre le giustificazioni sono sicuramente modificabili e integrabili: ciò del resto coerentemente alla finalità, precipua del sub-procedimento di verifica, di appurare ed apprezzare l’idoneità, l’adeguatezza e la congruità dell’offerta (rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto): finalità che giustifica pertanto del tutto ragionevolmente la integrabilità e perfino la modificazione delle giustificazioni e dei chiarimenti.

Addirittura, in sede di verifica di anomalia, risultano parimenti ammesse – ferma restando la non modificabilità dell’offerta – le giustificazioni che si fondano su errori di calcolo, ovvero su fatti sopravvenuti o su sopravvenienze normative, alla cui stregua risulti chiara la congruità ed adeguatezza dell’offerta così come originariamente formulata (da ultimo T.A.R. Salerno, sez. II, n. 1011/2025; T.A.R. Napoli, sez. I, n.1838/2024).

Difatti “nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, solo quest’ultima è immodificabile, laddove le giustificazioni sono sicuramente modificabili e integrabili: ciò del resto coerentemente alla finalità, precipua del sub-procedimento di verifica, di appurare ed apprezzare l’idoneità, l’adeguatezza e la congruità dell’offerta (rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto), finalità che giustifica pertanto del tutto ragionevolmente la modificazione delle giustificazioni e dei chiarimenti. Inoltre, in sede di verifica di anomalia, risultano parimente ammesse – ferma restando la non modificabilità dell’offerta – le giustificazioni che si fondano su errori di calcolo, ovvero su fatti sopravvenuti o su sopravvenienze normative, alla cui stregua risulti chiara la congruità ed adeguatezza dell’offerta così come originariamente formulata” (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 30 ottobre 2018, n. 1837; Consiglio di Stato sez. VI, 10 novembre 2015, n. 5102).

Nella vicenda all’esame del Collegio, tenuto conto delle censure mosse dalla ricorrente, non risulta che la controinteressata abbia in qualche modo modificato la propria offerta, mentre piuttosto il RUP ha legittimamente chiesto un’integrazione di giustificazioni ritenendosi, infine, sulla base della cospicua documentazione presentata e depositata agli atti di causa, soddisfatto delle giustificazioni complessivamente rese e della documentazione di supporto fornita. I motivi in esame sono dunque infondati.

Allo stesso modo, poi, non sono suscettibili di favorevole apprezzamento le censure articolate ai punti III.4 e III.5 del ricorso introduttivo, integrate dalle ulteriori deduzioni sub II.1.3 dell’atto di motivi aggiunti, nei quali la ricorrente ha sostenuto che, in ogni caso, il margine di utile d’impresa dell’ATI aggiudicataria sarebbe stato troppo “risicato” sia in generale che tenuto conto della natura plurisoggettiva del RTI aggiudicatario.

L’argomento è innanzitutto inammissibile, in quanto la ricorrente, oltre al richiamo alla esiguità relativa del margine di utile, non fornisce alcun elemento di critica apprezzabile e valutabile nell’ambito dello scrutinio del Giudice amministrativo.

D’altro canto, di per sé, è ininfluente, se non accompagnato da considerazioni più specifiche in tal caso non introdotte, il richiamo alla natura plurisoggettiva del RTI aggiudicatario, tenuto conto che le offerte vengono parametrate in assoluto, né vi sono valutazioni diverse per le compagini plurisoggettive in qualsiasi forma le stesse si presentino.

Occorre altresì aggiungere che, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta debba essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, che per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Cons. Stato, sez. V, n. 4559/2023).

In ogni caso, nelle relazioni giustificative (cfr. Doc. N. 1 (relazione) e doc. N. 3) vengono richiamate le giustificazioni offerte.
Nello specifico, risulta agli atti che a seguito delle richieste di chiarimenti pervenute dal RUP con riguardo alle Spese Generali, di fornire “la scomposizione analitica delle voci che concorrono alla determinazione delle spese generali” l’A.T.I. aggiudicataria abbia fornito la documentazione richiesta, ritenuta congrua dal RUP in relazione alla giustificazione complessiva della offerta economica.

In tema di modifiche dell’offerta in sede di giustificazioni dell’anomalia, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha posto in risalto che “il principio generale del contraddittorio consente al concorrente di modificare le giustificazioni, sempre che resti ferma l’entità dell’offerta economica, in ossequio alla regola di immodificabilità dell’offerta…’ (Cons. Stato,V, 8 gennaio 2019, n. 171)”, considerato peraltro che “‘[…] il principio della immodificabilità della offerta economica sancito ora dall’art. 83 comma 9 del codice si riferisce alle dichiarazioni negoziali di volontà e non anche a quelle di scienza che riguardano giustificazione economica della offerta mediante scomposizione delle voci di costo (Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1049)” (Cons. Stato, V, 26 febbraio 2021, n. 1637).

Riguardo al costo della manodopera, si è così posto in risalto, in particolare, che altro è la relativa indicazione ex art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, altro la modifica della voce, con la conseguenza che una volta “accertato che non rileva la questione della mancata indicazione dei costi della manodopera, la questione prospettata dall’appellante e la “immodificabilità dell’offerta” obbliga a muoversi su un piano diverso, quello della verifica della congruità dei costi della manodopera, da svolgersi in contraddittorio con l’offerente e sulla scorta delle giustificazioni o spiegazioni da questo prodotte” (Cons. Stato, V, 30 giugno 2020, n. 4140).
In particolare, per quel che qui interessa, la giurisprudenza ha affermato sul costo della manodopera che “è possibile procedere a compensazioni tra sottostime o sovrastime o, comunque, a modifiche delle voci di costo indicate negli stessi giustificativi, purché siano rispettati i seguenti limiti: – l’entità dell’offerta economica deve restare ferma in ossequio alla regola di immodificabilità dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2020, n. 1449; V, 8 gennaio 2019, n. 171); – le singole voci di costo possono essere modificate solo per sopravvenienze di fatto o normative che comportino una riduzione dei costi o per originari comprovati errori di calcolo o per altre plausibili ragioni (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2020, n. 1874; V, 26 giugno 2019, n. 4400; V, 10 ottobre 2017, n. 4680); – non è possibile rimodulare le voci di costo senza alcuna motivazione e al solo scopo di ‘far quadrare i conti’ ossia per assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato ma siano superate le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo (cfr. Cons. Stato, V, 22 maggio 2015, n. 2581; sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676; VI, 7 febbraio 2012, n. 636; VI, 15 giugno 2010, n. 3759)” (Cons. Stato, V, 26 ottobre 2020, n. 6462; cfr. anche Id., 14 aprile 2020, n. 2383; 18 ottobre 2021, n. 6957; in senso parzialmente difforme, cfr. Cons. Stato, V, 11 dicembre 2020, n. 7943, che si richiama “indirettamente” a Cons. Stato, Ad. plen. n. 7 del 2020, la quale riguarda tuttavia la diversa questione della indicazione degli oneri di manodopera e sicurezza in sede di offerta)