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Prestare l’auto ricevuta in comodato d’uso integra il reato di appropriazione indebita

Appropriazione indebita
Appropriazione indebita

Indice

1. Il caso in esame

2. La soluzione della Corte di Cassazione

 

La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito (con sentenza 31 maggio 2019, n. 24471) che integra il reato di appropriazione indebita di cui all’articolo 646 codice penale il mero utilizzo di un bene oltre i limiti consentiti dal titolo per il quale legittimamente lo si possiede.

 

1. Il caso in esame

Il ricorrente era stato condannato dai giudici di merito per il reato di appropriazione indebita per aver consegnato un’autovettura ricevuta in comodato d’uso ad un soggetto terzo. Nel ricorso, lo stesso deduceva violazione di legge, rilevando come il prestare ad un terzo un bene oggetto di comodato non potesse integrare la fattispecie delittuosa di cui all’articolo 646 codice penale secondo la nozione ricavabile dalla disposizione codicistica, potendo tale condotta rilevare esclusivamente sul piano civilistico come inadempimento contrattuale.

 

2. La soluzione della Corte di Cassazione

Al fine di dare soluzione alla questione giuridica prospettata nel ricorso, la Suprema Corte ha evidenziato come, in tema di appropriazione indebita d’uso, si siano formati due distinti orientamenti giurisprudenziali:

(i) secondo un primo orientamento, più risalente, la fattispecie incriminatrice sussisterebbe solo in caso di inversione del possesso in dominio. Dunque, “l’uso, come qualsiasi profitto che si ricavi illegittimamente dalla cosa posseduta, può essere assunto, in concorso dell’elemento subiettivo, come elemento di    prova dell’avvenuta appropriazione, ma non può, di per sé, essere considerato sufficiente ad integrare l’estremo obiettivo del delitto”. All’atto materiale,  eccedente le facoltà inerenti al possesso, deve accompagnarsi l’esplicita o implicita, ma inequivocabile, manifestazione di volontà di tenere la cosa come propria.  Pertanto, non configura la fattispecie di cui all’articolo 646 codice penale la semplice appropriazione indebita d’uso;

(ii) secondo un diverso orientamento, l’uso, costituendo un modo di esercizio del diritto di proprietà, se eccedente i limiti previsti dal titolo in virtù del quale legittimamente si possiede il bene, può integrare la fattispecie criminosa in oggetto se accompagnata dalla volontà di disporre della cosa come se fosse propria.

Nel caso in esame, i giudici di legittimità hanno ritenuto di aderire a tale ultimo orientamento giurisprudenziale, in base al quale sussiste “il reato di appropriazione indebita, anche nell’ipotesi di uso indebito della cosa […]. Quello che conta è che l’uso indebito del bene sia avvenuto trascendendo completamente i limiti del titolo in virtù del quale l’agente deteneva in custodia il bene, di modo che l’atto comporti un impossessamento, sia pure temporaneo, del bene, determinandosi così quell’inversione del possesso che costituisce l’elemento oggettivo della struttura del reato”.

Pur ritenendo configurata la fattispecie criminosa di appropriazione indebita, essendo decorso medio tempore il tempo di prescrizione del reato, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per estinzione del reato.