x

x

Peculato - Cassazione Penale: non configurabile in capo all’addetto alla biglietteria della stazione per insussistenza della qualifica di incaricato di un pubblico servizio

Peculato - Cassazione Penale: non configurabile in capo all’addetto alla biglietteria della stazione per insussistenza della qualifica di incaricato di un pubblico servizio
Peculato - Cassazione Penale: non configurabile in capo all’addetto alla biglietteria della stazione per insussistenza della qualifica di incaricato di un pubblico servizio

La Cassazione ha stabilito che, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, non sussiste la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio di cui all’articolo 358 del Codice Penale qualora il soggetto si limiti allo svolgimento di semplici mansioni di ordine e alla prestazione di opera meramente materiale.

 

Il caso in esame

La Suprema Corte si è espressa a seguito di ricorso proposto da una dipendente di Trenitalia S.p.a., avverso la sentenza con cui la Corte d’appello territoriale, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto la lavoratrice responsabile del reato di peculato di cui all’articolo 314 del Codice Penale “per essersi appropriata, quale incaricata di pubblico servizio, nella sua qualità di addetta alle vendite dei titoli di viaggio al pubblico presso la stazione ferroviaria […], di un biglietto da 55,50 euro di cui aveva il possesso, ceduto verso corrispettivo e senza contabilizzazione all’utente […], che lo pagava a sue mani”.

Con detto ricorso, l’imputata lamentava violazione dell’articolo 358 del Codice Penale, disciplinante la qualifica di incaricato di un pubblico servizio, ed erronea qualificazione giuridica della condotta contestata nella fattispecie di peculato di cui all’articolo 314 del Codice Penale anziché in quella di appropriazione indebita di cui all’articolo 646 del Codice Penale, “in quanto la ricorrente, quale addetta alla biglietteria di stazione ferroviaria inquadrata come operatrice commerciale, esercitava al momento dei fatti elementari mansioni materiali alle dipendenze di Trenitalia S.p.a.”. Per tale ragione, secondo la ricorrente, non poteva ritenersi sussistente in capo alla ricorrente la qualifica soggettiva di incaricato di un pubblico servizio, necessaria per il configurarsi del reato proprio di peculato.

 

La decisione della Suprema Corte

Al fine di dare soluzione alla questione giuridica prospettata nel ricorso proposto, in ordine alla sussistenza in capo alla ricorrente della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, necessaria per la configurazione del reato di peculato, la Corte di legittimità ha dettagliatamente analizzato la disposizione definitoria della qualifica soggettiva richiamata, prevista dall’articolo 358 del Codice Penale.

In particolare, ritenuta preliminarmente l’irrilevanza, secondo la formulazione codicistica, così come modificata dalla legge 26 agosto 1990, n. 86, della natura pubblicistica o meno dell’ente in cui il soggetto è inserito, i giudici della Cassazione hanno evidenziato come la disposizione esaminata richieda, per la sussistenza della qualifica soggettiva di incaricato di un pubblico servizio, la prestazione “a qualunque titolo” di un pubblico servizio, definito quest’ultimo come un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, allo stesso modo della pubblica funzione (rilevante per la qualifica di pubblico ufficiale) ma caratterizzata dalla mancanza di poteri tipici di quest’ultima (deliberativi, autoritativi e certificativi).

Inoltre, per espressa previsione legislativa, il pubblico servizio è escluso in caso di svolgimento di semplici mansioni di ordine e di prestazione di opera meramente materiale.

Secondo la Cassazione, proprio in ragione di quest’ultimo aspetto, non poteva ritenersi sussistente in capo alla ricorrente la qualifica di incaricato di un pubblico servizio, essendo “l’addetto alla biglietteria ferroviaria sprovvisto di qualsivoglia potere autoritativo e certificativo allorché, come nell’attività oggetto di contestazione, emette i titoli di viaggio e ne incassa il corrispettivo”.

I giudici hanno rilevato come l’attività realizzata dalla ricorrente si risolvesse “nell’esercizio di mansioni di ordine, meramente esecutive di operazioni interamente predefinite nelle loro caratteristiche e non comportanti alcun impegno ideativo od organizzativo, né scelte discrezionali […], operazioni quasi interamente meccanizzate, del tutto analoghe a quelle che lo stesso utente può ormai realizzare autonomamente servendosi per l’acquisto del titolo di viaggio delle apparecchiature automatiche allo scopo installate nella maggior parte delle stazioni ferroviarie”.

Pertanto, i giudici di merito avevano errato nel ritenere sussistente la qualifica di incaricato di un pubblico servizio sulla base dell’argomento secondo il quale l’imputata aveva svolto nell’occasione contestata la peculiare funzione di concludere un contratto tra Trenitalia, ente privato ma con connotazioni pubblicistiche, e i fruitori del servizio ferroviario, contribuendo così alla formazione della volontà dell’ente, detenendo denaro della società e certificando la relativa contabilità attraverso sistemi informatici a tal fine predisposti. Ciò in quanto “la partecipazione dell’addetta alla biglietteria alla conclusione, di fatto meccanizzata, di contratti di trasporto del tutto standardizzati e all’incasso dei corrispettivi, anch’essi predefiniti nel loro ammontare, è connotata da assoluta serialità e dall’assenza di qualsivoglia discrezionalità o impegno ideativo rispetto alle analoghe funzioni assicurate da apparecchi automatici di vendita”.

Esclusa, pertanto, la veste di incaricato di pubblico servizio, la Cassazione ha qualificato la condotta posta in essere dalla ricorrente, come accertata dai giudici del merito, nel reato (comune) di appropriazione indebita e ne ha rilevato l’estinzione per prescrizione, essendo decorso il termine massimo di sette anni e sei mesi dal momento della sua consumazione.

Per tali ragioni, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45465)